Consiglio di Stato sezione V sentenza n. 3033 depositata il 21 maggio 2018
N. 03033/2018REG.PROV.COLL.
N. 04577/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 4577 del 2017, proposto da
OB s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Federico Boezio, con domicilio eletto presso lo studio Maria Stefania Masini, in Roma, via A. Gramsci, n. 24;
contro
Comune di Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonello Mandarano, Stefania Pagano, Emilio Luigi Pregnolato, Sabrina Maria Licciardo, Danilo Parvopasso, Sara Pagliosa e Giuseppe Lepore, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via Polibio, n. 15;
G. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giovanni Monti e Silvia Lazzarino, con domicilio eletto presso lo studio Giovanni Corbyons, in Roma, via Cicerone, n. 44;
nei confronti
HB s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia – Milano, Sez. I, n. 00815/2017, resa tra le parti, concernente la concessione del diritto di superficie su un immobile di proprietà del Comune di Milano.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Milano e della G. s.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 aprile 2018 il Cons. Alessandro Maggio e uditi per le parti gli avvocati Sciacca, in dichiarata delega di Boezio, Pregnolato e Monti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Il Comune di Milano ha indetto una gara per l’affidamento in concessione del diritto di superficie su un immobile di sua proprietà ubicato in Ripa di Porta Ticinese n. 83, sottoposto a vincolo dalla Direzione Generale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Lombardia.
In base al bando l’assegnatario avrebbe dovuto provvedere alla riqualificazione complessiva dello stabile, incluso il recupero architettonico, e al successivo utilizzo del medesimo per l’esercizio dell’attività ricettiva e di attività complementari ed integrative rispetto ad essa.
A tali fini i concorrenti avrebbero dovuto presentare una proposta concernente la conservazione, il recupero e la riqualificazione del bene.
2. All’esito della valutazione delle offerte pervenute la gara è stata aggiudicata all’ATI fra la G. s.r.l. (capogruppo) e la HB s.r.l. (d’ora in avanti solo ATI G.).
Ritenendo l’aggiudicazione illegittima la OB s.r.l. l’ha impugnata con ricorso e successivi motivi aggiunti al TAR Lombardia, il quale con sentenza 10/4/2017, n. 815 (sez. I), ha respinto il gravame.
3. Avverso la sentenza la OB ha proposto appello.
Per resistere al ricorso si sono costituiti in giudizio il Comune di Milano e la G..
Con successive memorie tutte le parti hanno illustrato le proprie tesi difensive.
4. Alla pubblica udienza del 19/4/2018 la causa è passata in decisione.
5. Può prescindersi dall’esame delle eccezioni di rito sollevate dalle parti appellate essendo l’appello da respingere nel merito.
6. Col primo motivo l’appellante censura l’impugnata sentenza nella parte in cui ha dichiarato improcedibili, per sopravvenuta carenza d’interesse, il primo e il quarto motivo del ricorso introduttivo del giudizio in considerazione dell’intervenuta approvazione del progetto di recupero dell’ATI Gastrameco da parte della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Milano.
Deduce l’appellante che il Tribunale avrebbe travisato il senso delle doglianze, atteso che avrebbe formato oggetto di contestazione il fatto che la proposta che ha ottenuto l’aggiudicazione è stata necessariamente modificata in modo sostanziale sulla base dei suggerimenti della Soprintendenza (intervenuti prima che quest’ultima la valutasse ufficialmente) perché non conforme a prescrizioni e vincoli stabiliti dalla stessa Soprintendenza e dal bando (art. 6), di modo che non avrebbe potuto essere positivamente valutata dalla Commissione di gara.
La lagnanza è da condividere nella parte in cui è diretta a contestare la pronunciata improcedibilità del primo motivo, stante l’evidente interesse dell’odierna appellante a far accertare se la proposta dell’aggiudicataria fosse o meno conforme alle prescrizioni della lex specialis.
La doglianza va, dunque, affrontata nel merito e risulta infondata.
L’art. 2 del bando disponeva che i “progetti dovranno prevedere la riqualificazione complessiva dell’immobile, ossia il suo recupero architettonico … sia la sua rifunzionalizzazione, garantendo un utilizzo ottimale di tutte le sue parti e delle aree pertinenziali. I progetti dovranno conformarsi con quanto previsto ai successivi articoli e nell’allegato Documento Preliminare alla Progettazione (DPP) (Allegato A)”.
Il suddetto DPP ha dettato gli “indirizzi progettuali” così descrivendoli: “Recuperare l’edificio sia dal punto di vista architettonico mediante interventi finalizzati alla valorizzazione della tipologia a casa di ringhiera tipica dell’ambito dei Navigli, sia dal punto di vista funzionale tramite l’inserimento di unità ricettiva-ostello affiancata da attività indipendenti dalla funzione principale che fungano da filtro tra la funzione privata interna e quella pubblica esterna.
Per la realizzazione dell’ostello dovranno essere rispettati tutti i requisiti richiesti dalla normativa per questa tipologia di attività
Essendo l’immobile sottoposto a vincolo diretto, il progetto di recupero dovrà essere sottoposto alla preventiva autorizzazione delle competenti Soprintendenze ai sensi dell’art. 21, commi 4 e 5 del D. Lgs. 42/2004 s.m.i.. I lavori, le opere e le nuove destinazioni d’uso, da individuarsi nel programma di rifunzionalizzazione, non dovranno in ogni caso comportare interventi invasivi e distruttivi tali da alterare la spazialità e le caratteristiche distributive e tipologiche originarie dei beni assicurando altresì la loro integrità ai sensi dell’art. 29, comma 4, del D.Lgs citato così come riportato nel provvedimento di autorizzazione all’alienazione …”.
I successivi artt. 10 e 12 del medesimo bando stabilivano a loro volta che i concorrenti dovessero presentare, ai fini della partecipazione alla selezione, non un vero e proprio progetto, nemmeno allo stadio di preliminare, ma un mero studio di fattibilità degli interventi di recupero e riuso proposti.
Solo dopo l’aggiudicazione il concorrente prescelto avrebbe dovuto produrre il vero e proprio progetto di recupero edilizio, come si ricava inequivocabilmente dall’art. 13, lett. b), del bando, e solo quest’ultimo avrebbe dovuto superare il successivo vaglio della Soprintendenza per i Beni Culturali e Paesaggistici della Lombardia, come emerge dall’art. 6, comma 3, del bando.
Orbene, come si ricava dall’art. 14, comma 1, del D.P.R. 5/10/2010, n. 207, lo studio di fattibilità, ha, per sua natura, un grado di approfondimento minimale, traducendosi in una relazione illustrativa atta ad esporre, a grandi linee, gli aspetti fondamentali dei lavori da eseguire secondo quanto specificato nella citata norma.
E’pertanto connaturale all’essenza stessa dello studio di fattibilità l’evenienza che nelle successive fasi della progettazione possano intervenire modifiche e integrazioni, salvo che queste non comportino un completo e totale stravolgimento dell’idea di massima iniziale.
Quindi, contrariamente a quanto dedotto dall’appellante:
a) lo studio di fattibilità proposto dall’ATI G. non era contrario né al bando, né alle prescrizioni della Soprintendenza o perlomeno non sono stati evidenziati specifici aspetti di contrasto;
b) la non perfetta coincidenza tra studio di fattibilità e successivo progetto di recupero è del tutto connaturale al diverso grado di dettaglio dei due tipi di elaborati.
7. Il mezzo di gravame va invece dichiarato inammissibile nella parte in cui è diretto a contestare il capo dell’impugnata sentenza con cui è stata dichiarata l’improcedibilità del quarto motivo del ricorso introduttivo del giudizio.
Con tale motivo l’odierna appellante aveva censurato il punteggio attribuito all’offerta tecnica dell’ATI G. con riferimento alla voce di cui all’art. 12, punto B.3, del bando (ribasso rispetto ai prezzi massimi previsti dal bando), assumendo che la Commissione giudicatrice avesse premiato le addizioni volumetriche previste dalla detta concorrente senza tener conto della possibilità che la Soprintendenza non le autorizzasse.
Rispetto al contenuto della censura prospettata in primo grado risulta del tutto ininfluente far accertare, così come dedotto in appello, che la Commissione abbia “illegittimamente considerato il progetto/studio di fattibilità conforme alle prescrizioni e ai vincoli stabiliti dalla Soprintendenza, violando le prescrizioni del bando …”, perché ciò non costituiva oggetto della doglianza proposta in primo grado.
Il motivo d’appello è, comunque, infondato in quanto constatata l’intervenuta autorizzazione delle dette addizioni volumetriche da parte della Soprintendenza, correttamente il Tribunale ha ritenuto la censura improcedibile.
8. Col secondo mezzo di gravame l’appellante denuncia l’errore asseritamente commesso dal giudice di prime cure nel respingere la prima e la seconda (rectius sesta) doglianza del ricorso per motivi aggiunti “stante l’estraneità della soprintendenza alla procedura di gara e la soggezione della stessa alle previsioni di cui all’art. 21, d.lgs. n. 42/2004 che non sono state affatto violate per la circostanza che sia stato valutato un progetto cui sono state apportate modifiche rispetto a quello presentato alla commissione di gara”.
La contestata motivazione non sarebbe condivisibile in quanto con la prima doglianza, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale, non sarebbe stata censurata la determinazione della Soprintendenza di approvare un progetto diverso da quello risultato vincitore della selezione e comunque indebitamente modificato con l’assistenza della stessa Soprintendenza, bensì la presentazione da parte dell’ATI G.:
a) in prima battuta di uno studio di fattibilità che prevedeva una “nuova costruzione” (consistente in un ampliamento dell’immobile “mediante l’aggiunta di un volume trasparente in aderenza al foyer-reception dell’Ostello”)
b) successivamente di un progetto, definito dalla stessa concorrente di “manutenzione straordinaria nella fase inziale e di restauro e risanamento conservativo nella fase principale”, che, in contrasto con la detta definizione, con gli artt. 3, 6 e 12 del bando, con l’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001, con l’art. 27 della L.R. n. 12/2005 e con le NTA del PGT di Milano, contemplava ancora una “nuova costruzione”.
Il Tribunale avrebbe, inoltre, travisato il contenuto dei due motivi laddove ha affermato che il progetto della controinteressata “sarebbe stato indebitamente modificato con l’assistenza della soprintendenza stessa”.
Difatti non avrebbe considerato che l’assistenza tecnica fatta oggetto di contestazione non è quella data alla controinteressata in sede di rilascio dell’autorizzazione finale, ma quella concessa in via di fatto che è risultata decisiva al fine di rendere il progetto dell’aggiudicataria compatibile con le prescrizioni del bando.
La doglianza non merita accoglimento.
Con le indicate censure di primo grado (prima e sesta del ricorso per motivi aggiunti) la OB ha impugnato la determinazione della Soprintendenza per aver approvato un progetto diverso da quello risultato aggiudicatario e per aver posto “in essere interventi di correzione o aiuto del privato al fine di rendere il progetto consono ai criteri e alle valutazioni che la stessa Soprintendenza applica per rilasciare autorizzazioni e nullaosta”.
Orbene, l’unico compito della Soprintendenza era quello di valutare se il progetto sottoposto al suo esame (ovvero quello redatto dopo l’aggiudicazione) fosse compatibile con le prescrizioni di vincolo inerenti al bene e nessuna norma di gara o del bando imponeva che tale progetto non subisse modifiche, anche suggerite, in un’ottica collaborativa, dalla stessa autorità statale, rispetto alla proposta valutata dalla Commissione di gara (che come sopra chiarito si sostanziava in un mero studio di fattibilità).
9. Col terzo motivo l’appellante lamenta che il Tribunale avrebbe errato a ritenere che non occorresse la verbalizzazione del giudizio espresso da ciascun componente della Commissione esaminatrice in relazione ad ognuno dei parametri di valutazione.
Nel caso di specie infatti l’esplicitazione del giudizio emesso da ciascun commissario sarebbe stata espressamente prevista e disciplinata dalla Commissione nella formulazione dei criteri per l’attribuzione dei punteggi.
Il motivo è infondato.
Né la lex specialis della gara, né i criteri di massima per l’attribuzione dei punteggi fissati dalla Commissione giudicatrice stabilivano che dovessero essere esternati e verbalizzati i giudizi emessi da ciascun singolo commissario.
Il Tribunale ha fatto pertanto corretta applicazione della massima giurisprudenziale secondo cui nelle: “gare pubbliche non sussiste l’obbligo della specifica indicazione dei punteggi attribuiti dai singoli commissari, trattandosi di formalità interna relativa ai lavori della Commissione esaminatrice, i cui giudizi, ai fini della verbalizzazione e della pubblicità esterna, sono sufficientemente documentati con la sola attribuzione del voto complessivo finale” (Cons. Stato, Sez. V, 14/2/2018, n. 952; Sez. III, 8/9/2015, n. 4209; Sez. IV, 16/2/2012, n. 810).
10. Col quarto mezzo di gravame si denuncia l’errore commesso dal Tribunale nel dichiarare irricevibile la terza censura del ricorso per motivi aggiunti con la quale era stato dedotto che l’offerta dell’ATI G. avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara per aver proposto un ampliamento dell’immobile (consistente nell’aggiunta di un volume trasparente in aderenza al foyer- reception) non consentito perché modificativo della sagoma del bene e perché in contrasto con la normativa urbanistica avendo il lotto esaurito la sua capacità edificatoria.
Secondo l’appellante tale motivo sarebbe stato prospettato sin dal ricorso introduttivo, costituendo la doglianza contenuta nei motivi aggiunti una mera specificazione.
Il motivo è infondato.
Infatti è vero che il ricorso introduttivo faceva riferimento alla presenza di “nuovi volumi”, ma sempre in maniera generica senza mai specificare quali fossero i nuovi ingombri di cui si censurava l’illegittima previsione, così da rendere sotto questo profilo inammissibile la censura.
Solo con la terza doglianza del ricorso per motivi aggiunti (notificato nel settembre 2016) l’appellante ha specificato che la contestazione riguardava “il volume trasparente in aderenza al foyer-reception dell’ostello”, ma ciò ha fatto quand’ormai era trascorso il termine decadenziale, tenuto conto che, come correttamente rilevato dal Tribunale, la presenza del nuovo volume doveva ritenersi nota all’appellante quantomeno dal 7/7/2015, data in cui la medesima ha depositato in giudizio la relazione tecnica allegata all’offerta dell’ATI G. la quale contemplava siffatto volume.
11. Con un ulteriore motivo si censura l’impugnata sentenza nella parte in cui ha dichiarato inammissibile la quarta doglianza dei motivi aggiunti con la quale era stata dedotta l’illegittima presentazione da parte della controinteressata di due progetti diversi.
Il Tribunale ha basato la decisione sulla mancata impugnazione del provvedimento in data 23/9/2016 col quale il Comune avrebbe approvato lo schema di convenzione al quale sarebbe stato allegato il progetto di recupero dell’ATI G..
Tuttavia l’amministrazione comunale non avrebbe adottato alcun atto di approvazione del nuovo progetto, né avrebbe approvato la convenzione.
In ogni caso, la pronuncia di inammissibilità sarebbe stata erronea anche se il progetto modificato fosse stato approvato, atteso che sarebbe stato chiaro l’intendimento della OB di contestare la divergenza tra il progetto approvato dalla Commissione di gara e quello sopposto all’esame della Soprintendenza.
Del resto il Tribunale ha espressamente esaminato il motivo di gravame affermando che: “Dalla lettura del bando si rinvengono una pluralità di elementi che consentono di escludere che lo schema progettuale che i concorrenti erano chiamati ad allegare all’offerta tecnica dovesse avere un livello di dettaglio tale da essere successivamente immodificabile … Se è da ritenersi che tale facoltà incontri un limite, legato alla necessità che non sia eluso il rispetto delle regole e dei principi a base dell’evidenza pubblica, laddove sia apportata un modifica sostanziale ai caratteri essenziali dell’offerta, un tale limite, nel caso di specie, non può dirsi superato”.
L’affermazione secondo cui il detto “limite” non risulterebbe superato, peraltro non motivata, non sarebbe però condivisibile in quanto il progetto dell’ATI G. avrebbe ottenuto l’aggiudicazione solo perché in contrasto con le prescrizioni del bando e della Soprintendenza.
La censura, fondata quanto alla contestata pronuncia di inammissibilità, atteso che non risulta dimostrata l’intervenuta approvazione del progetto, è comunque infondata nel merito.
Ed invero per un verso nel motivo d’appello non risultano specificati quali sarebbero gli elementi di contrasto tra la proposta dell’ATI Gastaneco e le prescrizioni del bando e della Soprintendenza e per altro verso, come più sopra chiarito, le modifiche apportate alla proposta allegata all’offerta nella successiva fase della progettazione non costituiscono fonte di illegittimità.
12. Il ricorso va, in definitiva, respinto.
Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che la Sezione ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
Sussistono eccezionali ragioni, connesse alla peculiarità e complessità delle questioni affrontate, per disporre l’integrale compensazione di spese e onorari di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 aprile 2018 con l’intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli, Presidente
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere
Fabio Franconiero, Consigliere
Raffaele Prosperi, Consigliere
Alessandro Maggio, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Alessandro Maggio | Carlo Saltelli | |
IL SEGRETARIO
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