Consiglio di Stato, sezione V, sentenza n. 7160 depositata il 22 ottobre 2019
07160/2019 REG.PROV.COLL.
N. 02465/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 2465 del 2017, proposto da
A. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Filippo Lattanzi, Matilde Tariciotti e Francesco Cardarelli, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Filippo Lattanzi in Roma, via G. P. Da Palestrina, n.47;
contro
Ac. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Paolo Valensise, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via XXIV Maggio, n. 43;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Seconda, n. 03099/2017, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ac. s.p.a.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 luglio 2019 il Cons. Stefano Fantini e uditi per le parti gli avvocati Filippo Lattanzi e, in sostituzione dell’avv. Valensise, Alfredo Vitale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.- La A. s.p.a. ha interposto appello nei confronti della sentenza 3 marzo 2017, n. 3099 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sez. II ter, che ha respinto il suo ricorso avverso il provvedimento in data 9 luglio 2013 con cui Ac. s.p.a. ne aveva disposto l’esclusione dalla procedura negoziata per l’affidamento dell’appalto avente ad oggetto la gestione in overflow di servizi di call center e back office.
Il disciplinare della procedura di gara prevedeva che ciascun concorrente dovesse presentare per l’ammissione, oltre alla domanda di partecipazione, l’attestazione del possesso dei requisiti di cui agli artt. 38 e 39 del d.lgs. n. 163 del 2006 ed ulteriori impegni, tra cui il “Questionario amministrativo-modello 2”, generato dalla piattaforma di e-procurement di Ac. e prevedente la dichiarazione di non avere commesso grave negligenza o malafede nell’esecuzione di prestazioni affidate da Ac., ovvero un grave errore nell’esercizio dell’attività professionale.
L’esclusione era stata disposta per essere A. Spa incorsa nella fattispecie ostativa di cui all’art. 38, comma 1, lett. f), del d.lgs. n. 163 del 2006, avendo commesso grave negligenza e malafede nell’esecuzione di un precedente contratto, consistente nell’inadempimento alla clausola di manleva contenuta nell’art. 16 del contratto di appalto del 19 gennaio 2004 (avente ad oggetto servizi analoghi a quelli oggetto di gara), a mente del quale l’operatore economico era tenuto a rivalere l’Amministrazione «di ogni e qualsiasi pretesa dovesse essere verso Ac. formulata dal personale impiegato da COS per l’erogazione dei servizi di cui al presente contratto». In particolare Ac. ha lamentato di avere subito un pregiudizio economico per effetto dell’accoglimento delle pretese avanzate da settantadue dipendenti dell’appaltatrice, i quali avevano rivendicato il diritto alla costituzione del rapporto di lavoro con Ac. stessa; atteso che detto pregiudizio non era stato ristorato (come stabilito dal Tribunale di Roma con sentenza n. 6417 del 2011, confermata dalla Corte d’Appello di Roma con sentenza 29 novembre 2017, n. 7495) da A. Spa, ne sarebbe scaturita la violazione della clausola di manleva prevista nel contratto del 2004.
2. – Con il ricorso in primo grado la A. s.p.a. (già CCS s.p.a.) aveva impugnato la propria esclusione dalla gara deducendo che Ac. non le aveva mai contestato la violazione della predetta clausola di manleva, né risultava quantificato l’importo dovuto; il contestato inadempimento non aveva alcun nesso con l’espletamento del servizio, sì che il provvedimento sarebbe stato affetto da travisamento dei fatti.
3. – La sentenza appellata ha respinto il ricorso in quanto, a fronte della previsione di cui all’art. 38, comma 1, lett. f), del d.lgs. n. 163 del 2006, il sindacato di legittimità del giudice amministrativo sulla motivazione del rifiuto deve essere mantenuto sul piano della verifica della non pretestuosità della valutazione degli elementi di fatto esibiti. Nel caso di specie, l’inadempimento rispetto alla clausola di manleva aveva comportato per Ac. un notevole onere finanziario, tanto che la medesima aveva chiesto la chiamata in giudizio di A. Spa; ha precisato poi la sentenza che «in questo quadro, la decisione discrezionale di Ac. di escludere la ricorrente dalla procedura negoziata di affidamento di un analogo contratto di prestazione di servizi non appare affetta da manifesta irragionevolezza ed illogicità».
4.- Con il ricorso in appello la società A. ha dedotto l’erroneità della predetta sentenza, sostenendo essenzialmente che essa non avrebbe rilevato l’irragionevolezza del provvedimento gravato in relazione alle modalità con cui Ac. aveva contestato l’inadempimento dell’obbligo di manleva, comunque in assenza di un inadempimento – tradottosi in una risoluzione – e allegando che la manleva aveva natura accessoria rispetto al contratto e non afferiva al contenuto delle prestazioni sue proprie.
5. – Si è costituita in resistenza Ac. s.p.a. concludendo per la reiezione del ricorso.
6. – All’udienza pubblica dell’11 luglio 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1.- Il primo motivo di appello critica la sentenza che non avrebbe adeguatamente apprezzato la insussistenza del motivo ostativo del grave inadempimento del contratto del 19 gennaio 2004, in particolare la circostanza per cui Ac., pur in pendenza dei contenziosi lavoristici, non aveva mai contestato ad A. Spa la violazione dell’obbligo di manleva prima del 2009, epoca in cui A. Spa aveva azionato il procedimento monitorio per ottenere il pagamento dei corrispettivi contrattuali ancora dovuti (pari ad euro 333.000,00); non vi era stata alcuna risoluzione contrattuale anticipata, né altro accertamento obiettivo della presunta grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni, né una determinazione dell’entità del pregiudizio, se non quale effetto della sommatoria delle condanne inflitte dal giudice del lavoro ad Ac..
Il secondo ed il terzo motivo, che possono essere esaminati congiuntamente al primo, in ragione del rapporto di complementarietà tra gli stessi intercorrente, concernono l’omessa valutazione della gravità dell’inadempimento di A. Spa, risalente nel tempo e collegato ad una clausola contrattuale accessoria (non concernente cioè l’esercizio dell’attività professionale o l’esecuzione delle prestazioni contrattuali).
Tali motivi sono infondati.
L’art. 38, comma 1, lett. f), del d.lgs. n. 163 del 2006, con il riferimento alla grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate all’impresa partecipante alla gara, rimette alla stazione appaltante la valutazione, rispettivamente, del profilo oggettivo e soggettivo del comportamento tenuto dall’impresa nel corso dell’esecuzione del rapporto contrattuale, prescindendo del tutto dall’inadempimento od inesattezza della prestazione ex art. 1218 Cod. civ.
Con riferimento al caso di specie occorre tenere conto che Ac. ha chiesto, sin dal 2006, allorchè intimata nella controversia di lavoro, la chiamata in giudizio di A. Spa, istanza disattesa dal giudice; non ha dunque inutilmente atteso l’esperimento dell’azione monitoria da parte di quest’ultima, peraltro derivante proprio dall’esercizio di una modalità di autotutela contrattuale da parte di Ac. in funzione della clausola di manleva.
L’entità del pregiudizio, idoneo a qualificare la negligenza, è quello discendente dalla transazione raggiunta da Ac. con la parte prevalente dei ricorrenti, da cui è derivato, sul piano degli effetti, un significativo esborso di danari, pari a euro 2.571.218,75. Va comunque aggiunto che, nel sistema dell’art. 38, comma 1, lett. f), la gravità della generica negligenza o dell’inadempimento a specifiche obbligazioni contrattuali va commisurata al pregiudizio arrecato alla fiducia, all’affidamento che la stazione appaltante deve poter riporre, “ex ante”, nell’impresa cui decide di affidare l’esecuzione di un nuovo contratto (Cons. Stato, V, 21 gennaio 2011, n. 409).
Ai fini dell’art. 38, comma 1, lett. f), del d.lgs. n. 163 del 2006 l’esclusione dalla gara d’appalto si fonda sulla necessità di garantire, sin dall’inizio, l’elemento fiduciario nei rapporti contrattuali con l’amministrazione; conseguentemente, ai fini dell’esclusione di un concorrente, è sufficiente che l’amministrazione valuti in maniera motivata la negligenza o malafede del concorrente, che ha comportato ragionevolmente il venire meno della fiducia nell’impresa (Cons. Stato, V, 17 settembre 2018, n. 5424).
Non occorre – ai fini dell’esclusione de qua – un accertamento della responsabilità del contraente per l’inadempimento in relazione ad un precedente rapporto contrattuale, quale sarebbe richiesto per l’esercizio di un potere sanzionatorio, ma è sufficiente una motivata valutazione dell’amministrazione in ordine alla grave negligenza o malafede nell’esercizio delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara, che abbia fatto venire meno la fiducia nell’impresa (Cons. Stato, V, 25 febbraio 2015, n. 943).
Quanto all’eccepita accessorietà della clausola di manleva, è sufficiente rilevare che la stessa è strettamente conseguenziale, realizzando un’assunzione di garanzia da parte dell’obbligato, a beneficio del debitore garantito. Non può infatti ragionevolmente negarsi che l’art. 38, comma 1, lett. f), del d.lgs. n. 163 del 2006 è posto a presidio dei principi di lealtà ed affidabilità professionale del concorrente, a tutela dell’individuazione del miglior contraente al fine di concretizzare l’interesse pubblico che sta alla base della gara (così Cons. Stato, V, 25 giugno 2018, n. 3925), il che implica un’inevitabile ampiezza contenutistica dell’ambito di valutazione rimessa alla stazione appaltante.
2. – Con il quarto mezzo di gravame viene poi riproposto il primo motivo aggiunto con il quale era censurata la contraddittorietà dell’agire di Ac. che dapprima aveva escluso, poi ammesso alla fase di prequalifica la società A. Spa, per poi escluderla in ragione della grave negligenza o malafede con la nota in data 8 maggio 2014.
Il motivo è infondato, come emerge dalla serena lettura della nota da ultimo richiamata, con la quale la stazione appaltante ha precisato che la precedente richiesta era stata il frutto di un errore materiale, confermando al contempo il giudizio di esclusione (per insussistenza del requisito generale di partecipazione di cui all’art. 38, comma 1, lett. f), del d.lgs n. 163 del 2006).
3. – Alla stregua di quanto esposto, l’appello va respinto.
La particolarità della controversia integra le ragioni che per legge consentono la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa tra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 luglio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli, Presidente
Fabio Franconiero, Consigliere
Raffaele Prosperi, Consigliere
Stefano Fantini, Consigliere, Estensore
Anna Bottiglieri, Consigliere
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Stefano Fantini | Carlo Saltelli | |
IL SEGRETARIO
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