CONSIGLIO di STATO sentenza n. 4152 del 24 ottobre 2016 sez. II
LAVORO – SICUREZZA SUL LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO – PUBBLICO IMPIEGO – EQUO INDENNIZZO – COMMISSIONE MEDICO OSPEDALIERA – RICONOSCIMENTO DELLA DIPENDENZA DELLE INFERMITA’ DA CAUSA DI SERVIZIO
FATTO e DIRITTO
1.Con istanze del 17 dicembre 2004 e del 28 novembre 2006 l’assistente capo della Polizia di Stato meglio indicato in epigrafe (in servizio dal 1984) ha chiesto al Ministero dell’Interno il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle seguenti infermità: “esiti di colecistectomia laparoscopica per colecistite acuta litiasica” e “gastroduodenite cronica in esiti cicatriziali di ulcera duodenale”ai fini della concessione dell’equo indennizzo per entrambe le infermità.
Sottoposto a visita della Commissione Medico Ospedaliera dell’Ospedale Militare di Milano, ai sensi del D.P.R. n. 461/2001, la Commissione con verbali 28 settembre 2005 n. 1423 e 7 marzo 2007 n. 262 dichiarava entrambe le patologie dipendenti da causa di servizio con una menomazione complessiva dell’integrità fisica ascrivibile alla tabella A, categoria 6, misura minima .
1.1. Invece il Comitato per Verifica delle Cause di Servizio (C.V.C.S.), organo competente, in via esclusiva, a pronunciarsi sulla dipendenza dell’infermità da causa di servizio a norma del citato D.P.R. n. 461/2001, con parere n. 46230/2007 emesso il 7 ottobre 2008 si è pronunciato negativamente per entrambe le infermità, dichiarandole non dipendenti da fatti di servizio.
In particolare ha affermato che:
(a) “la colecistectomia non può riconoscersi dipendente da causa di servizio, in quanto trattasi di infiammazione della colecisti sul cui determinismo rivestono un ruolo favorente l’irritazione chimica o pregressi fatti settici, specialmente a livello intestinale, per cui è da escludere che sulla sua insorgenza ed evoluzione il servizio prestato possa aver assunto rilevanza causale o concausale efficiente e determinante”;
(b) “la gastroduodenite cronica non può riconoscersi dipendente da causa di servizio, trattandosi di affezione prevalentemente a sfondo neuro-distonico endogeno, sull’insorgenza e decorso della quale, nel caso di specie, non può avere nocivamente influito, neppure sotto il profilo concausale efficiente e determinante, il servizio reso e non caratterizzato da condizioni di particolare e protratta gravosità”.
Il Ministero dell’Interno, con decreto n. 1738/IIN del 22 marzo 2011, uniformandosi al parere del Comitato Verifica Cause di Servizio, ha respinto le domande presentate dall’interessato per ottenere il riconoscimento della dipendenza dal servizio e la concessione dell’equo indennizzo per entrambe le due infermità.
1.2. Con ricorso al T.A.R. Lombardia (r.g. 2379/2011)l’interessato, con vari articolati motivi, ha chiesto l’annullamento, previa sospensione, del decreto ministeriale e del connesso parere del Comitato.
Con sentenza n. 3131/2012 (pubblicata il 19 dicembre 2012) il TAR Lombardia ha respinto il ricorso, spese compensate.
1.3. Con l’appello in epigrafe l’interessato ha impugnato la sentenza del TAR, chiedendone la riforma con quattro articolati motivi .
Si sono costituiti il Ministero dell’Interno ed il ministero dell’Economia e della Finanze, chiedendo il rigetto dell’appello; il Ministero dell’Interno ha meglio illustrato le proprie argomentazioni con successiva memoria.
Alla pubblica udienza meglio indicata in epigrafe, sentiti i difensori presenti per le parti, la causa è passata in decisione .
2. Quanto sopra premesso in fatto, in diritto la questione concerne la contestata legittimità del decreto 22 marzo 2011, n. 1738/IIN con cui il Ministero dell’Interno ha respinto la domanda dell’interessato per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle infermità: “esiti di colecistectomia laparoscopica per colecistite acuta litiasica” e “gastroduodenite cronica in esiti cicatriziali di ulcera duodenale”.
2.1. È opportuno dare brevi cenni sul quadro normativo di riferimento vigente in tema di procedimento per il riconoscimento della causa di servizio ai fini del’equo indennizzo.
Il D.P.R. n. 461/2001( innovando la disciplina di cui al DPR n. 1092/1973) ha disciplinato tre rilevanti aspetti del procedimento per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio : (a) ha fissato la competenza della C.M.O. a diagnosticare l’infermità, a datarne la insorgenza e la conoscibilità, nonché a classificare l’invalidità permanente da essa derivante, esclusa ogni pronuncia sulla causa di servizio; (b) ha attribuito espressamente all’organo collegiale centrale (ora denominata Comitato per la verifica delle cause di servizio) la pronuncia sulla causa di servizio; (c) ha reso vincolante per l’amministrazione la pronuncia del C.V.C.S.( ex CPPO di cui al DPR n. 1092/1973), salva solo la facoltà di chiedere (per una sola volta) il riesame da parte dello stesso Comitato.
2.2. Su questi aspetti questo Consiglio di Stato, con orientamento costante, ha affermato che “A far data dall’entrata in vigore del D.P.R. 29 ottobre 2001 n. 461, il parere del Comitato di verifica sulla causa di servizio è vincolante per l’Amministrazione, diversamente da quello in precedenza reso dal Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie, che invece era solo obbligatorio; di conseguenza non sussiste alcun obbligo a carico dell’Amministrazione di motivare le ragioni per cui non recepisce il parere della Commissione medica ospedaliera, atteso che, con la nuova disciplina introdotta dal cit. D.P.R. n. 461 del 2001, la procedura per il riconoscimento della causa di servizio è stata sostanzialmente riformata, in quanto la Commissione medica ospedaliera deve pronunciare solo sull’esistenza dell’infermità, mentre è il Comitato di verifica che è chiamato ad esprimere un parere sulla dipendenza da cause di servizio, al quale l’Amministrazione è tenuta a conformarsi, salva soltanto la facoltà di richiedere, motivatamente, un ulteriore parere allo stesso Comitato, al quale è poi tenuta comunque ad adeguarsi”( vedi ex multis, CdS, IV Sezione, 4 maggio 2011 n. 2683).
2.3. Quanto all’appello in epigrafe, con il primo motivo l’interessato chiede la riforma della sentenza impugnata, deducendo che, nel respingere la censura di violazione dell’art. 10 bis legge n. 241/1990, il giudice di primo grado, da un lato, avrebbe erroneamente applicato di ufficio l’art. 21 octies legge n. 241/1990, mentre gli sarebbe precluso accertare se il contenuto del provvedimento avrebbe potuto essere diverso, e, dall’altro, non avrebbe indicato in udienza, dandone atto a verbale, che intendeva porre a fondamento della decisione l’applicabilità di ufficio dell’art. 21 octies citato, e, quindi, incorrendo nella violazione dell’art. 73, comma 3, cpa, non avrebbe consentito la replica della parte interessata.
2.3.1. Il motivo va disatteso.
Infatti, sotto il profilo sostanziale, poiché la controversia all’esame concerne un provvedimento vincolato, non sussiste il problema dell’onere dell’Amministrazione di dimostrare che il contenuto del provvedimento medesimo non poteva essere diverso e, quindi, al giudice non è precluso di applicare anche di ufficio l’art. 21 octies della legge n. 241/1990.
Né risulta pertinente la citazione di un precedente giurisprudenziale ( CdS, IV, n. 3048/2013), fatta dall’appellante a sostegno della tesi che il giudice di primo grado (mediante l’applicazione di ufficio dell’art. 21 octies) erroneamente abbia disatteso la censura di violazione dell’obbligo di preavviso.
Infatti il precedente richiamato concerne una ipotesi di provvedimento ablatorio non vincolato (occupazione di terreni aggiuntiva a precedente procedura espropriativa per pubblica utilità), mentre nel caso in controversia non è contestabile la natura vincolata del provvedimento ministeriale impugnato
2.3.2. Sotto il profilo processuale, poi, non sussistono i presupposti neanche per chiedere la tutela apprestata alle parti dall’art. 73, comma 3, cpa : infatti l’invocata disposizione si riferisce alle questioni di rito o processuali, rilevabili di ufficio dal giudice e rilevanti ai fini della decisione della controversia, e non all’applicazione di norme di diritto sostanziale da parte del giudice, per decidere sulla fondatezza o meno delle censure dedotte avverso il provvedimento impugnato.
2.4. Con gli altri motivi l’appellante ha, in sostanza, riproposto le censure già dedotte in primo grado.
Nel merito la sentenza del T.A.R., premesso che il parere espresso dal Comitato di Verifica- CVCS è obbligatorio e vincolante (ai sensi del DPR n. 461/2001, art. 14) e che l’accertamento compiuto da tale Comitato è da considerarsi definitivo, afferma che, nel caso specifico, il censurato parere negativo, espressione di discrezionalità tecnica, non appare “né illogico né inattendibile, per cui, richiamati i ben noti limiti dell’organo giurisdizionale sui giudizi di discrezionalità tecnica, esso appare incensurabile sotto il dedotto difetto motivazionale, in sede giurisdizionale di legittimità”. Inoltre il giudice di primo grado, pronunciandosi su specifica censura di travisamento dei fatti, ritiene aderente ai fatti la motivazione posta dal CVCS a fondamento del parere negativo ed, in conseguenza, respinge anche la censura di mancato preavviso su motivi ostativi, concludendo nel senso che non risultava applicabile a favore dell’interessato la garanzia partecipativa, prevista dall’art. 10 bis legge n. 241/1990, in quanto l’Amministrazione non si sarebbe potuta discostare dal parere negativo e vincolante del CVCS .
2.5. Le motivazioni della sentenza appellata non sono condivisibili in parte qua, quanto al mancato riconoscimento della dipendenza dal servizio della infermità “gastroduodenite cronica in esiti cicatriziali di ulcera duodenale”.
Ad avviso del Collegio il provvedimento negativo del Ministero dell’Interno, quanto alla infermità “gastroduodenite cronica in esiti cicatriziali di ulcera duodenale”, è illegittimo in parte qua per violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990 e per il travisamento dei fatti che mina la correttezza del parere vincolante del CVDS cui il ministero si è conformato.
Infatti, nel dichiarare non dipendente da causa di servizio l’infermità “gastroduodenite cronica in esiti cicatriziali di ulcera duodenale”, trattandosi di “affezione prevalentemente a sfondo neuro-distonico endogeno”, il CVCS aggiunge che sull’insorgenza e decorso di tale patologia “.. non può avere nocivamente influito, neppure sotto il profilo concausale efficiente e determinante, il servizio reso e non caratterizzato da condizioni di particolare e protratta gravosità”.
Pertanto il C.V.C.S. non ha riconosciuto la dipendenza dal servizio della infermità in questione, in quanto ha ritenuto che il servizio reso dall’interessato non sarebbe stato “caratterizzato da condizioni di particolare e protratta gravosità”e, quindi, ha escluso la sussistenza del nesso eziologico tra il servizio svolto dall’interessato e l’insorgenza e l’evoluzione della patologia in questione.
2.6. Ad avviso del Collegio, invece, il CVCS, nel negare il nesso eziologico tra la suddetta patologia gastrico duodenale ed il servizio svolto dall’appellante, è incorso in un travisamento dei fatti ed in un difetto di istruttoria.
Infatti, a quanto è dato desumere dalla documentazione in atti, le caratteristiche e le modalità del servizio reso dall’interessato erano descritte in modo eccessivamente sommario nelle relazioni trasmesse al C.V.C.S. dalla Questura di Lodi, ove si consideri che, il dirigente del Personale nella nota 12 gennaio 2007 trasmessa alla CMO di Milano per la patologia “melena con ulcera duodenale con duodenite erosiva”, si limitava a rilevare che l’istante era in servizio presso la Questura dal 1993 e che, come addetto alla squadra mobile, era stato impiegato ” spesso con turni irregolari e protratti”.
In particolare la Questura di Lodi, pur rilevando che l’appellante era addetto alla Squadra Mobile ” spesso con turni irregolari e protratti”, tuttavia, in concreto, ha omesso di specificare che l’agente era stato impiegato in quegli anni in attività investigative, dapprima, nella sezione per il contrasto ai reati contro il patrimonio e poi in quella per il contrasto al traffico di stupefacenti ed alla criminalità organizzata.
Pertanto dalla relazione sul servizio dell’appellante non emerge chiaramente che tali compiti comportano un’attività di servizio in condizioni spesso disagevoli per urgenza e rapidità di intervento e la sottoposizione a prolungati periodi di stress psicofisico nella fase conclusiva delle operazioni di polizia e, quindi, sono idonei a configurare proprio quelle condizioni di particolare e protratta gravosità del servizio, che sono state di fatto escluse (per una carenza istruttoria) dal CVCS come profilo concausale efficiente e determinante ai fini del giudizio di dipendenza dal servizio della infermità duodenite cronica.
2.6.1. Né, per compensare tale carenza, è sufficiente la circostanza che il Ministero, a corredo della domanda per la causa di servizio, ha, comunque, trasmesso al CVCS anche i quadri del foglio matricolare ed i rapporti informativi, oltre alle relazioni della Questura di Lodi del 2005 e del 2007: infatti, sotto il profilo istruttorio, il riferimento a servizio con turni “spesso irregolari e protratti” e la trasmissione di quadri matricolari non sopperisce alla mancata indicazione di dettagliati elementi conoscitivi, idonei a consentire al CVCS di valutare, a ragion veduta, la sussistenza o meno di specifici aspetti di gravosità psicofisica del servizio svolto ai fini del riconoscimento, o meno, della dipendenza dell’infermità dal servizio .
2.7.D’altra parte l’omessa comunicazione del preavviso di rigetto (art. 10-bis) non ha consentito all’interessato di integrare il quadro informativo utile alla soluzione del caso.
Pertanto, limitatamente alla suddetta infermità appare fondata anche la censura di violazione dell’art. 10 bis legge n. 241/1990, in quanto, in connessione al travisamento dei fatti in ordine alla infermità gastroduodenale, non ricorrono i presupposti per applicare l’art. 21 octies della legge n. 241/1990 ( che, ove sia omesso il preavviso di rigetto, prevede la non annullabilità del provvedimento sfavorevole, quando si tratti di provvedimento adottato nell’esercizio di attività vincolata e che, quindi, non sarebbe stato diverso, ove l’interessato avesse partecipato al procedimento).
Infatti, quanto alla verifica del nesso eziologico tra il servizio svolto e l’insorgenza della patologia gastroduodenale dell’appellante, i chiarimenti, che avrebbe potuto dare l’interessato in sede partecipativa, erano attinenti agli stessi presupposti di fatto sul cui accertamento si fondava il parere negativo del CVCS.
2.8. In conclusione il parere del C.V.C.S. appare viziato in parte qua con riguardo al giudizio di non dipendenza dal servizio della infermità “gastroduodenite cronica”, nei sensi e nei limiti ora specificati, e ciò comporta l’illegittimità anche del decreto ministeriale, che lo ha recepito in quanto parere obbligatorio e vincolante, ed il suo conseguente annullamento in parte qua.
In conseguenza il Ministero dell’Interno dovrà sottoporre nuovamente al C.V.C.S. la domanda di riconoscimento della dipendenza dal servizio dell’infermità gastroduodenite cronica con esiti cicatriziali di ulcera duodenale, allegando questa volta una dettagliata e documentata relazione circa l’attività di servizio resa dall’interessato, distinguendo opportunamente fra il periodo anteriore alle prime manifestazione dell’ulcera duodenale e il periodo successivo.
Copia di tale relazione di servizio dovrà essere contemporaneamente consegnata all’interessato, in modo che questi possa presentare al C.V.C.S. tutte le ulteriori informazioni integrative che ritenga opportune.
2.9. A diverse conclusioni, invece, il Collegio perviene quanto alla domanda di equo indennizzo per la infermità “esiti di colecistectomia laparoscopica per colecistite acuta litiasica”.
La sentenza impugnata va confermata nella parte in cui ritiene infondate le censure dedotte avverso il decreto del Ministero dell’Interno, nella parte in cui nega la dipendenza dal servizio della patologia “esiti di colecistectomia laparoscopica per colecistite acuta litiasica”.
Infatti, sul punto, la motivazione del diniego appare, nella sua sinteticità, coerente ed esaustiva: “trattasi di infiammazione della colecisti sul cui determinismo rivestono un ruolo favorente l’irritazione chimica o pregressi fatti settici, specialmente a livello intestinale, per cui è da escludere che sulla sua insorgenza ed evoluzione il servizio prestato possa aver assunto rilevanza causale o concausale efficiente e determinante”.
Nel parere in sostanza il CVCS afferma che le cause e la genesi della colecistite acuta litiasica sono di tale natura da non essere riconducibili all’attività lavorativa svolta dal soggetto.
2.91. Né la perizia di parte prodotta dal ricorrente, pur esprimendo il convincimento che il servizio prestato dall’interessato abbia avuto una rilevanza concausale prevalente nell’insorgenza della colecistite acuta litiasica, espone argomenti di ordine scientifico per spiegare come si possa ravvisare un nesso eziologico fra le caratteristiche gravose del servizio svolto dal ricorrente e la insorgenza di una colecistite litiasica ..
Pertanto, quanto alla infermità “colecistectomia per colecistite acuta litiasica”, risultano infondate le censure dedotte avverso il parere negativo del C.V.C.S., e, quindi, anche avverso il provvedimento del Ministero, che si è conformato al detto parere vincolante.
2.92. Non vi è ragione neppure per accogliere – per questa parte del provvedimento – la censura relativa alla mancata applicazione dell’art. 10-bis della legge n. 241/1990 (preavviso di rigetto), in quanto sussistono i presupposti, limitatamente a questo profilo, per applicare l’art. 21-octies della stessa legge: infatti il provvedimento ministeriale, che ha recepito il parere emesso dal CVCS nell’esercizio della discrezionalità tecnica, non avrebbe potuto essere diverso, dato che l’appellante neppure con la perizia di parte ha esposto argomenti adeguati a sostegno delle censure di illogicità evidente o travisamento dei fatti, dedotte avverso il parere del CVCS .
Pertanto l’appello, quanto alla dipendenza dal servizio della infermità da ultimo esaminata, va respinto, confermando in parte qua la sentenza impugnata.
3. In conclusione l’appello in epigrafe va accolto in parte qua nei sensi e limiti esposti e per l’effetto, in riforma parziale della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado va accolto in parte qua ed il decreto del Ministero dell’Interno 22 marzo 2011n. 1738 va annullato nella parte in cui non riconosce la dipendenza del servizio dell’infermità “gastroduodenite cronica in esiti cicatriziali di ulcera duodenale” con il conseguente obbligo del Ministero dell’Interno di ripronunciarsi sul punto alla luce dei criteri in motivazione; per la restante parte, quanto al mancato riconoscimento della dipendenza dal servizio della infermità”esiti di colecistectomia laparoscopica per colecistite acuta litiasica”, invece, l’appello va respinto.
Le spese di lite, considerata la reciproca soccombenza, sono liquidate in euro 3.000,00 oltre gli oneri accessori per entrambi i gradi di giudizio, e sono poste a carico del Ministero dell’Interno, compensate nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, disponendosene, altresì, la distrazione a favore dei difensori antistatali, compensate per la restante parte .
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) accoglie in parte qua l’appello in epigrafe nei sensi e nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, in riforma parziale della sentenza impugnata accoglie in parte qua il ricorso di primo grado ed annulla il decreto del Ministero dell’Interno 22 marzo 2011,n. 1738, nella parte in cui non riconosce la dipendenza del servizio dell’infermità “gastroduodenite cronica in esiti cicatriziali di ulcera duodenale”con il conseguente obbligo del Ministero dell’Interno di ripronunciarsi sul punto alla luce dei criteri in motivazione; lo respinge, invece, quanto al mancato riconoscimento della dipendenza dal servizio dell’infermità .
“esiti di colecistectomia laparoscopica per colecistite acuta litiasica”.
Pone le spese di entrambi i gradi di giudizio, liquidate in euro 3.000,00 oltre gli accessori di legge,
a carico del Ministero dell’Interno, le compensa nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, disponendo, altresì, che siano distratte a favore dei difensori antistatali, mentre per la restante parte le compensa.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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