CONSIGLIO di STATO sentenza n. 4188 del 11 ottobre 2016 sez. II

LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO – CONCORSI A PUBBLICI IMPIEGHI – CONCORSI INTERNI – ACCESSO ALLA QUALIFICA SUPERIORE

FATTO e DIRITTO

1.- Con la sentenza impugnata il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, dinanzi al quale era stato riassunto dopo la declinatoria della giurisdizione ordinaria da parte del Tribunale del lavoro (dinanzi al quale era stato originariamente proposto), respingeva il ricorso, prescindendo dall’esame delle questioni pregiudiziali della sua ricevibilità e della sua ammissibilità, proposto dai dipendenti del Ministero della salute (meglio indicati in epigrafe), tutti inizialmente inquadrati nell’area funzionale B e titolari della posizione economica B2, avverso i decreti con cui il direttore generale dell’organizzazione, bilancio e personale del Ministero li aveva inquadrati, all’esito della procedura di corso-concorso indetta per il passaggio all’area funzionale C, nella posizione B3, anziché, come asseritamente dovuto, nella posizione C1 (per la quale la procedura selettiva era stata bandita).

Avverso la predetta decisione proponevano appello i suddetti ricorrenti, contestandone la correttezza e domandandone la riforma, con il conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati in prima istanza.

Resisteva il Ministero della salute, domandando il rigetto dell’appello.

Il ricorso veniva trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 22 settembre 2016.

2.- Deve premettersi che i primi due motivi di appello, con cui si ribadisce la tempestività del ricorso di primo grado e la sua ammissibilità (per la rilevata insussistenza di soggetti controinteressati ai quali avrebbe dovuto essere notificato il ricorso), vanno dichiarati inammissibili, siccome rivolti avverso considerazioni che non si sono tradotte in corrispondenti statuizioni (rispetto alle quali sia, quindi, configurabile una soccombenza), come si ricava chiaramente dalla lettura coordinata della motivazione della decisione appellata e della sua formula dispositiva (dalla quale si evince che il TAR ha inteso respingere il ricorso nel merito).

3.- Nel merito l’appello è infondato, alla stregua delle considerazioni di seguito esposte, e va respinto.

3.1- Il contestato inquadramento dei ricorrenti nella posizione economica B3, anziché in quella (reclamata) C1, obbedisce, infatti, all’esigenza di conformare la procedura selettiva controversa ai principi affermati dalla Consulta con le sentenze 4 gennaio 1999, n. 1 e 16 maggio 2002, n. 194, in merito alla compatibilità costituzionale delle progressioni verticali interne.

Il Ministero della salute, infatti, preso atto che con le suddette decisioni la Corte Costituzionale aveva enunciato i principi della coerenza con gli artt. 51, 97 e 98, comma 3, Cost. dei soli corsi di riqualificazione che ammettono il conseguimento della qualifica funzionale immediatamente superiore (e non anche di quelli che consentono l’inquadramento in una posizione ulteriormente più elevata), ha correttamente esercitato il potere di autotutela, correggendo l’impostazione inziale della procedura (per come cristallizzata nel bando) ed evitando, quindi, l’effetto (che sarebbe risultato incostituzionale) dell’accesso, per saltum, dei dipendenti che avevano partecipato alla procedura a una posizione economica ulteriore rispetto a quella successiva a quello da essi posseduta.

3.2- E non vale obiettare che le citate pronunce del Giudice delle leggi erano state riferite ad ordinamenti diversi da quello del Ministero della salute.

I canoni ut supra enunciati dalla Consulta assumono, infatti, valenza generale (cfr. ex multis Cons, St., sez. IV, 22 luglio 2010, n. 4821), nella misura in cui condizionano chiaramente la compatibilità costituzionale delle procedure di riqualificazione con il precetto dell’accesso alle pubbliche amministrazioni per concorso pubblico alla circostanza (tra le altre) che le stesse, oltre alle ulteriori condizioni ivi precisate, siano limitate ai dipendenti appartenenti alla posizione immediatamente inferiore (vietando, così, le c.d. progressioni verticali per saltum).

Non rilevano, di conseguenza, ai fini del presente scrutinio di legittimità, le considerazioni relative al novero dei soggetti ammessi alla procedura, all’anzianità richiesta per l’ammissione al corso-concorso, alla natura dei titoli di partecipazione e alla consistenza delle prove, posto che, secondo le menzionate decisioni della Consulta (e, segnatamente, la sentenza n. 1 del 1999), la mera ammissione alla procedura selettiva interna di dipendenti appartenenti a una posizione ulteriore rispetto a quella immediatamente inferiore (a quella oggetto del bando) implica, di per sé, una violazione dei principi assunti come parametri del giudizio di costituzionalità.

3.3- Così come non serve sostenere che i predetti principi non si applicano alla fattispecie controversa, in quanto in quest’ultima non sarebbero configurabili gli estremi della progressione per saltum, nella misura in cui postula logicamente il passaggio da un’area funzionale a un’area ulteriore rispetto a quella immediatamente superiore e non all’accesso (come nel caso di specie) a una posizione economica di un’area superiore.

A ben vedere, infatti, la differenziazione prospettata dagli appellanti si rivela del tutto inidonea a negare, nella fattispecie controversa, l’operatività dei principi enunciati dalla Corte Costituzionale, atteso che l’articolazione dell’organizzazione del lavoro pubblico per aree funzionali non vale, di per sé, ad escludere la necessità del pubblico concorso per l’accesso a una qualifica ulteriore a quella immediatamente superiore e tenuto conto, in particolare, che la titolarità della posizione economica integra una configurazione (anche) giuridica del rapporto di lavoro che esige, come tale, il rispetto delle regole di compatibilità costituzionale sopra ricordate.

3.4- La riscontrata correttezza dell’operato del Ministero comporta, inoltre, la reiezione della pretesa risarcitoria.

4.- Alle considerazioni che precedono conseguono, in definitiva, il rigetto dell’appello e la conferma della decisione impugnata.

5.- Ragioni di equità giustificano la compensazione tra le parti delle spese processuali.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e compensa le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.