CONSIGLIO di STATO sentenza n. 4189 del 11 ottobre 2016 sez. II
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – CITTADINI DI UNO STATO MEMBRO DELL’UNIONE EUROPEA – RAPPORTO DI LAVORO – ASSUNZIONE E REGOLARIZZAZIONE – TITOLO DI SOGGIORNO
FATTO E DIRITTO
1. Con ricorso al Tribunale Amministrativo della Lombardia, sede di Brescia, rubricato al n. 109/2015, il signor R.K. impugnava il decreto in data 13 ottobre 2014 con il quale lo sportello unico per l’immigrazione di Brescia aveva rigettato la sua istanza di emersione dal lavoro irregolare.
Il ricorrente lamentava erronea interpretazione o violazione dell’art. 5 del d. lgs. 109/2012 nonché eccesso di potere per travisamento dei fatti e illogicità della motivazione chiedendo quindi l’annullamento del provvedimento impugnato.
Con la sentenza in epigrafe, n. 253 in data 12 febbraio 2015, resa in forma semplificata, il Tribunale Amministrativo della Lombardia, sede di Brescia, Sezione Seconda, respingeva il ricorso.
2. Avverso la predetta sentenza il signor R.K. propone il ricorso in appello in epigrafe, rubricato al n. 7830/2015, contestando gli argomenti che ne costituiscono il presupposto e chiedendo la sua riforma e l’accoglimento del ricorso di primo grado.
Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno, chiedendo il rigetto dell’appello.
La causa è stata assunta in decisione alla pubblica udienza del 22 settembre 2016.
3. L’appello è infondato.
L’appellante ha presentato domanda di emersione dal lavoro irregolare ai sensi dell’art. 5 del decreto legislativo 16 luglio 2012, n. 109.
La norma ammette alla regolarizzazione i cittadini extra comunitari che presenti nel territorio nazionale alla data del 31 dicembre 2011.
L’appellante sostiene di trovarsi in tale condizione e a dimostrazione della sua asserzione deposita certificazione del Console Onorario del suo paese (Nepal) nella quale si dà atto della sua presenza nel territorio dello Stato Italiano nell’aprile del 2011, desunta dall’iscrizione dell’appellante a un’associazione di cittadini nepalesi.
Gli elementi forniti non sorreggono le ragioni dell’appellante.
Deve convenirsi con il primo giudice nell’affermazione secondo la quale sebbene sia privo di senso pretendere che l’aspirante alla regolarizzazione dimostri la sua presenza in Italia esattamente alla data del 31 dicembre 2011, è peraltro necessario che l’aspirante dimostri la sua presenza in una data ragionevolmente vicina a quella appena indicata.
La certificazione sulla quale si fondano le ragioni dell’appellante non possiede queste caratteristiche in quanto risale a ben oltre sei mesi (aprile 2011) prima di quella indicata dal legislatore.
E’ evidente che anche dando per scontato il passaggio in Italia dell’appellante nell’aprile del 2011 il fatto risulterebbe ambiguo, essendo certamente possibile che nei successivi otto mesi egli si sia allontanato dal territorio nazionale, e che il suo passaggio in Italia sia stato del tutto occasionale, nell’ambito della ricerca di migliori occasioni lavorative in altri paesi europei.
Deve essere rilevata, inoltre, l’incertezza della certificazione resa dal Console Onorario il quale attesta la presenza dell’appellante in Italia sulla base della sua iscrizione a un’associazione privata, che nulla esclude possa essere avvenuta per corrispondenza.
4. L’appello deve, in conclusione, essere respinto.
In considerazione della natura della controversia le spese del grado devono essere integralmente compensate.
P.Q.M.
Definitivamente pronunciando sull’appello n. 7830/2015, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa integralmente spese e onorari del grado fra le parti costituite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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