Consiglio di Stato sez. V sentenza n. 3030 del 21 giugno 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 50 del 2017, proposto da:
Associazione nazionale a. v. – ANAV, in persona del presidente e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ernesto Stajano, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, via Sardegna 14;
contro
Provincia di Pavia, in persona del presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Amerigo Penta, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Andrea Manzi, in Roma, via Confalonieri 5;
nei confronti di
A. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Maurizio Zoppolato e Laura Pelizzo, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via del Mascherino 72;
T. P. L. O. società consortile a r.l., non costituita in giudizio;
sul ricorso numero di registro generale 21 del 2017, proposto da:
T. P. L. O. società consortile a r.l., in persona del presidente del consiglio d’amministratore pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gennaro Terracciano e Luciano Quarta, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, piazza San Bernardo 101;
contro
Provincia di Pavia, in persona del presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Amerigo Penta, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Andrea Manzi, in Roma, via Confalonieri 5;
nei confronti di
A. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Maurizio Zoppolato e Laura Pelizzo, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via del Mascherino 72;
Associazione nazionale a. v. – ANAV, non costituita in giudizio;
per la riforma
quanto ad entrambi gli appelli:
della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA – MILANO, SEZIONE III, n. 2304/2016, resa tra le parti, concernente una procedura ristretta per l’affidamento dei servizi di trasporto pubblico locale interurbano per la Provincia di Pavia, e quello urbano nei comuni di Pavia, Voghera, Sannazzaro de’ Burgondi e Stradella
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Pavia e della A. s.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, cod. proc. amm.;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 giugno 2017 il consigliere Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati Ernesto Stajano, Maurizio Zoppolato, Luciano Quarta, Gennaro Terracciano e Amerigo Penta;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale della Lombardia – sede di Milano, integrato da motivi aggiunti, la T. P. L. O. società consortile a r.l. impugnava gli atti della procedura ristretta per l’affidamento dei servizi di trasporto pubblico locale interurbano per la Provincia di Pavia, e quello urbano nei comuni di Pavia, Voghera, Sannazzaro de’ Burgondi e Stradella (avviso pubblico n. prot. 86010 del 23 dicembre 2014). La gara era aggiudicata all’esito della selezione mediante il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa sulla base d’asta di € 125.684.015,54 all’A. s.p.a. (determinazione n. 510 dell’8 giugno 2016), dopo che la società consortile ricorrente, iniziale aggiudicataria provvisoria, era invece stata esclusa (all’esito della seduta riservata della commissione giudicatrice del 30 maggio, con provvedimento del 7 giugno 2016, n. 495).
2. Nel proprio ricorso quest’ultima aveva innanzitutto impugnato la lettera di invito da cui la gara aveva tratto origine, perché asseritamente formulata in modo tale da non consentire di presentare un’offerta remunerativa, e quindi l’esclusione disposta in proprio danno, fondata sul presupposto della mancata specificazione delle quote di esecuzione del servizio assunte da ciascuna consorziata.
Nel giudizio interveniva ad adiuvandum l’ANAV – Associazione nazionale a. v.
3. Con la sentenza in epigrafe il Tribunale amministrativo adito, dichiarata l’inammissibilità dell’intervento dell’associazione di categoria, respingeva l’impugnazione della società T. P. L. O., giudicandola inammissibile nella parte relativa alla normativa di gara, ed infondata per il resto.
4. Il Tribunale amministrativo riteneva in particolare che le clausole della lettera di invito non fossero immediatamente escludenti, e cioè tali da rendere impossibile la formulazione di un’offerta economicamente sostenibile, sul rilievo che la stessa società consortile ricorrente aveva formulato un’offerta.
5. Del pari il giudice di primo grado statuiva che la qualificazione di consorzio ordinario data dalla stazione appaltante alla società consortile T. P. L. O. a fondamento del provvedimento di esclusione dalla gara, e non già di consorzio stabile, come invece preteso da quest’ultima.
6. Per la riforma della pronuncia di primo grado, per quanto di rispettivo interesse, hanno proposto separati appelli la società ricorrente e l’associazione interveniente.
7. Si sono costituite in resistenza ad entrambi i mezzi la Provincia di Pavia e la controinteressata A..
DIRITTO
1. Deve in primo luogo essere disposta la riunione degli appelli, poiché proposti nei confronti della medesima sentenza, e dunque in applicazione dell’art. 96 del codice del processo amministrativo.
2. Preliminare rispetto al merito è la questione della legittimazione dell’ANAV ad intervenire nel presente giudizio, che il Tribunale amministrativo ha negato, in dichiarata applicazione dei principi stabiliti dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato nella sentenza 2 novembre 2015, n. 9, per l’assenza di «una lesione diretta dello scopo istituzionale di ANAV», e che la prima ripropone con il proprio appello.
3. L’associazione di categoria deduce al riguardo che ai sensi dell’art. 28 cod. proc. amm. l’intervento nel processo amministrativo è consentito al portatore di interessi riflessi e dipendenti, qualificabili anche come di mero fatto, rispetto a quelli fatti valere dalla parte legittimata ad agire in via principale, e che ai sensi della citata pronuncia dell’Adunanza plenaria gli enti collettivi, esponenziali di una categoria professionale, sono legittimati ad intervenire in giudizio a sostegno di interessi vantati da questi ultimi purché «l’interesse dell’Associazione non si sovrapponga a quello della soggetto immediatamente danneggiato». L’ANAV evidenzia poi che tra le proprie finalità statutarie vi è quella di fornire «tutela ed assistenza a supporto degli interessi di riferimento sul piano politico- economico, sindacale, legale e tributario» (art. 2), e che nell’ambito di questa attività è certamente interesse proprio «a che le procedure di evidenza pubblica in materia di trasporto pubblico locale vengano svolte con la massima trasparenza e par condicio tra i partecipanti».
4. Il motivo è infondato.
Infatti, il Tribunale amministrativo ha fatto corretta applicazione al caso di specie dei principi stabiliti in materia di legittimazione ad intervenire degli enti ed associazioni di categoria nel giudizio amministrativo dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato con la più volte citata sentenza del 2 novembre 2015, n. 9.
Con questa pronuncia si è infatti ribadito, in linea con la precedente giurisprudenza amministrativa, che tale legittimazione richiede in primo luogo che la questione dibattuta attenga in via immediata al perimetro delle finalità statutarie dell’associazione e, cioè, che la produzione degli effetti del provvedimento controverso si risolva in una lesione diretta del suo scopo istituzionale, e non della mera sommatoria degli interessi imputabili ai singoli associati. In secondo luogo, l’Adunanza plenaria ha affermato che è indispensabile che l’interesse tutelato con l’intervento sia comune a tutti gli appartenenti alla categoria, e che non vengano invece tutelate le posizioni soggettive solo di una parte degli stessi. In altri termini, a questo specifico riguardo occorre che non siano configurabili conflitti interni all’associazione (anche con gli interessi di uno solo dei consociati) – ed anche solo di carattere potenziale – i quali implicherebbero che la posizione azionata in giudizio è priva dei requisiti di generalità alla categoria e riferibilità diretta all’ente esponenziale (nello stesso senso, da ultimo: Cons. Stato, III, 27 aprile 2015, n. 2150; V, 24 novembre 2016, n. 4957; VI, 13 dicembre 2016, n. 5259).
5. Con specifico riguardo a questo secondo profilo, si è in seguito precisato che quando l’ente esponenziale non agisca o intervenga in giudizio a tutela di prerogative proprie ma solo di alcuni iscritti si configura «un conflitto interno all’associazione, sì da palesare il difetto del carattere generale e rappresentativo della posizione dedotta in giudizio» (Cons. Stato, V, 4 novembre 2016, n. 4628).
Pertanto, la legittimazione ad agire di un’associazione di categoria o di settore presuppone che sia leso l’interesse collettivo di tutti gli appartenenti alla categoria unitariamente considerata. Per contro, la stessa associazione deve ritenersi priva di legittimazione ad agire quando si controverta su questioni capaci di dividere la categoria in posizioni contrastanti o disomogenee e comunque se l’interesse dedotto in giudizio riguardi una parte soltanto degli associati o degli iscritti, in conflitto o in potenziale contrasto con gli interessi di altra parte dei consociati (in questo senso, da ultimo: Cons. Stato, VI, 12 aprile 2017, n. 1712).
6. Tutto ciò premesso, nel caso di specie l’esistenza di una situazione conflittuale tra due soggetti appartenenti alla medesima categoria dei cui interessi l’ANAV è ente rappresentativo è palese. Infatti, si controverte del legittimo affidamento di un servizio di trasporto pubblico tra due operatori del settore.
7. Questa situazione di conflitto è a sua volta derivante dal fatto che rispetto alla questione controversa sono configurabili interessi individuali, imputabili soggettivamente al singolo operatore, privi quindi del carattere collettivo che ne consente invece la riferibilità all’ente esponenziale. Prova di ciò si trae dal fatto che le censure di legittimità proposte da quest’ultimo sono sostanzialmente speculari a quelle formulate dall’originaria ricorrente T. P. L. O. società consortile, mentre giammai l’ANAV ha enucleato motivi di impugnazione rispetto ad asserite illegittimità lesive della categoria professionale da essa rappresentata.
8. La dichiarazione di inammissibilità dell’intervento dell’ANAV deve quindi essere confermata e va quindi respinto l’appello di quest’ultima.
9. Si può allora procedere all’esame dell’appello della T. P. L. O. società consortile.
10. Con il primo motivo d’appello quest’ultima reitera l’assunto secondo cui attraverso il potere di soccorso istruttorio sarebbe sanabile la carente dichiarazione ex art. 37, comma 4, dell’allora vigente codice dei contratti pubblici (decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163) relativa alla suddivisione delle quote di esecuzione del servizio tra le imprese facenti parte del consorzio, tenuto conto nel caso di specie che la procedura oggetto di impugnazione è di tipo ristretto, in cui l’individuazione dei concorrenti è avvenuta nella fase di prequalificazione. Sul punto l’appellante richiama l’ampiezza del potere di regolarizzazione delle stazioni appaltanti, come risultante dalle novità introdotte con il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari, convertito dalla legge 11 agosto 2014, n. 114), tale da comportare il superamento dei principi affermati in precedenza dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato nella sentenza 5 luglio 2012, n. 26, richiamata dal Tribunale amministrativo. Nel motivo si ricorda inoltre che nei contratti pubblici relativi a servizi la corrispondenza tra quote di qualificazione, quote di esecuzione e quote di partecipazione al raggruppamento temporaneo di imprese non costituisce più requisito di partecipazione alla gara (in particolare con le modifiche apportate all’art. 37, comma 13, del codice dei contratti pubblici, fino alla sua abrogazione) e che il Consorzio appellante è nel suo complesso qualificato per i servizi di trasporto posti a gara.
11. Nel motivo in esame sono quindi richiamati i principi europei in materia di soccorso istruttorio e sulla base di essi il Consorzio T. P. L. O. chiede che la questione sia eventualmente rimessa alla Corte di giustizia dell’Unione europea.
Inoltre, l’originario ricorrente si duole che ai fini della suddivisione delle quote di esecuzione non si sia tenuto conto del proprio statuto consortile, presentato alla Provincia di Pavia nella fase di prequalificazione.
12. Nessuno dei profili in cui si articola il motivo in esame è fondato ed inoltre non vi è luogo a rimettere alla Corte di giustizia la questione pregiudiziale dedotta.
13. Deve innanzitutto evidenziarsi che la dichiarazione con cui le imprese facenti parte di un consorzio ordinario specificano «le parti del servizio o della fornitura che saranno eseguite dai singoli operatori economici (…) consorziati» ex art. 37, comma 4, d.lgs. n. 163 del 2006 è un elemento che attiene all’offerta e non al possesso dei requisiti di partecipazione alla gara. Attraverso questa dichiarazione le imprese consorziate assumono un impegno giuridicamente vincolante nei confronti della stazione appaltante, in vista dell’(eventuale) esecuzione del contratto.
14. L’impegno deve essere pertanto essere già definito al momento in cui si partecipa alla gara, perché in questo modo le imprese consorziate, come quelle raggruppate, formalizzano nei loro rapporti e nei confronti dell’amministrazione la misura entro la quale si assumeranno l’esecuzione del contratto e la corrispondente misura dei requisiti di qualificazione di cui devono essere in possesso.
Ne segue che questo impegno non può essere formalizzato in sede di gara, attraverso il potere di soccorso istruttorio della stazione appaltante. Infatti, in questo modo si consentirebbero eventuali aggiustamenti secondo convenienza in relazione ai requisiti di qualificazione in concreto utilizzabili da ciascuna impresa consorziata, e comunque si consentirebbe di mutare le condizioni economiche e di futura esecuzione del contratto attraverso una differente ripartizione delle relative quote.
15. In questo senso si è del resto espressa l’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato, nella sentenza 5 luglio 2012, n. 26, diffusamente citata dalle parti in causa.
In questa pronuncia l’organo di nomofilachia della giurisdizione amministrativa ha statuito che l’obbligo di specificazione delle quote di esecuzione del contratto ex art. 37, comma 4, d.lgs. n. 163 del 2006 è espressione di un principio generale che va assolto a pena di esclusione in sede di formulazione dell’offerta, perché soddisfa l’esigenza, consustanziale alla funzione dei raggruppamenti (e dunque anche dei consorzi ordinari), che risulti quale sia il ruolo operativo assegnato a ciascuna delle imprese raggruppate e consorziate, allo scopo di evitare che si avvalgano del raggruppamento non per unire le rispettive disponibilità tecniche e finanziarie, ma per aggirare le norme di ammissione nel bando e consentire la partecipazione di imprese non qualificate.
Nella linea tracciata dall’Adunanza plenaria si è ancora di recente collocato questo Consiglio di Stato con la sentenza della VI Sezione del 21 febbraio 2017, n. 773, parimenti richiamata dalle parti in causa. Con questa pronuncia si è infatti ribadito innanzitutto che la corretta indicazione delle quote «obbedisce ad un’esigenza sostanziale: la stazione appaltante deve preventivamente conoscere la (quota)-parte dei lavori da eseguirsi da ciascuna impresa “associanda”. Esigenza necessaria ed assicurata dalla corrispondenza biunivoca tra quota di qualificazione e quota di partecipazione all’a.t.i. e tra quota di partecipazione e quota di esecuzione»; ed inoltre che la violazione di questo obbligo costituisce causa legittima di esclusione dalla gara.
16. La stessa Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato, anche all’indomani delle modifiche legislative apportate al comma 13 dell’art. 37 d.lgs. n. 163 del 2006, dal quale la pregressa giurisprudenza amministrativa aveva ricavato il principio della corrispondenza tra quote di partecipazione al raggruppamento alla gara e quote di esecuzione del contratto, e tra queste ultime e requisiti di qualificazione, ha comunque ribadito l’esigenza che le imprese raggruppate indichino le parti del contratto facenti capo a ciascuna di esse, al fine di consentire all’amministrazione di verificare la seconda corrispondenza ora accennata, sulla base di un esigenza rimasta inalterata anche dopo il venir meno della necessità che sia assicurata la prima corrispondenza (sentenza 28 aprile 2014, n. 27).
17. In conseguenza di quanto ora evidenziato non ha rilievo la circostanza che la procedura di gara in contestazione si articoli in una fase di prequalificazione distinta dalla selezione delle offerte vera e propria, secondo lo schema tipico della procedura ristretta, perché già nella prima fase il concorrente soggettivamente complesso (raggruppamento temporaneo o consorzio ordinario) è tenuto a qualificarsi sulla base dei requisiti dei singoli operatori economici.
18. Del pari non giova alla società consortile appellante richiamare l’estensione ampia del potere di soccorso istruttorio quale conseguente alle sopra citate novità normative successive alla citata pronuncia dell’Adunanza plenaria.
Infatti, anche all’indomani della modifica in senso ampliativo del potere in questione, attraverso i parimenti citati artt. 38, comma 2-bis, e 46, comma 1-ter, d.lgs. n. 163 del 2006, la condivisibile giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha ribadito che lo stesso potere non può supplire a carenze dell’offerta, perché altrimenti verrebbe violato il principio di parità di trattamento da concorrenti che è insito nei meccanismi di selezione concorsuale del contraente della pubblica amministrazione (Cons. Stato, V, 23 marzo 2017, n. 1320, 2 agosto 2016, n. 3481, 15 febbraio 2016, n. 627; nello stesso senso anche la citata sentenza della VI Sezione del 21 febbraio 2017, n. 773).
Sotto il profilo ora evidenziato la più recente giurisprudenza ha chiarito in tanto non sono configurabili violazioni del principio da ultimo richiamato in quanto il soccorso istruttorio si indirizzi ai soli requisiti di partecipazione – e dunque non all’offerta – al fine di consentire al concorrente qualificato per la procedura di gara di regolarizzare carenze formali (Cons. Stato, III, 2 marzo 2017, n. 975).
19. In sostanza, attraverso il potere di soccorso istruttorio si consente a quest’ultimo di dimostrare un requisito di qualificazione preesistente alla gara, ma che ciò nondimeno non era stato regolarmente dichiarato o addirittura non era stato dichiarato per nulla. Attraverso questa estensione dell’istituto si assicura dunque la massima partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici senza al contempo vulnerare la par condicio tra concorrenti, quando la mancanza del requisito è solo formale e non già sostanziale.
Ma la regolarizzazione dell’offerta – nel caso di specie attraverso la specificazione postuma delle quote di esecuzione del servizio da parte di ciascuna consorziata – rappresenta un passo ulteriore che trascende i limiti del soccorso istruttorio delineato dall’art. 38, comma 2-bis, più volte richiamato, perché consentirebbe appunto di colmare una lacuna di tipo negoziale che i partecipanti al consorzio avrebbero dovuto evitare semplicemente concordando le quote di esecuzione del servizio a livello individuale e formalizzando tale reciproco impegno in un atto vincolante nei confronti dell’amministrazione.
20. Non è inoltre ravvisabile quindi alcun contrasto tra la normativa interna e quella europea tale da giustificare una rimessione della questione pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione.
Sul punto, la T. P. L. O. società consortile cita le direttive nn. 2014/24 e 2014/25 del 26 febbraio 2014, relative rispettivamente ai contratti di appalto nei settori ordinari e nei settori esclusi, mentre nel caso di specie si verte in materia di contratti di concessione, disciplinati dalla direttiva 2014/23/UE del 26 febbraio 2014. Sennonché, tutti e tre i provvedimenti normativi sovranazionali (poi recepiti con il nuovo codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50) non erano entrati in vigore all’epoca della procedura di gara, la quale era soggetta al previgente codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.
Quindi, la società consortile appellante non specifica quale sarebbe la norma della direttiva sulle concessioni alla quale conformarsi nel delineare l’ambito di applicazione del soccorso istruttorio quale disciplinato dal previgente codice dei contratti pubblici, cosicché la questione pregiudiziale europea risulta posta in modo generico e tale da impedire il rinvio della stessa alla Corte di giustizia dell’Unione.
21. Con riguardo alle ulteriori censure contenute nel motivo in esame, devono essere condivise le difese avversarie volte ad evidenziare che il regolamento consortile prodotto dall’originaria ricorrente nella fase di prequalifica non può supplire alla mancata suddivisione delle quote di esecuzione del servizio, poiché si tratta di atto privo di efficacia esterna, non recante una manifestazione di volontà nei confronti della Provincia di Pavia, e non richiamato in sede di gara quale documento recante la suddivisione delle quote di esecuzione del servizio.
22. Al medesimo riguardo, le parti appellate hanno ben evidenziato, senza alcuna contestazione avversaria, che il regolamento in questione comporterebbe ad attribuire quote di esecuzione non congruenti con i requisiti di qualificazione dichiarati da ciascuna impresa facente parte della società consortile T. P. L. O., ed in particolare che l’impresa maggiormente qualificata (Line) eseguirebbe soltanto una quota minoritaria dei servizi, contrariamente alle altre imprese, le quali si troverebbero a dovere svolgere parti di contratto eccedenti i requisiti di qualificazione dalle stesse dichiarati ai fini della presente procedura di affidamento (in particolare la Pmt).
Da ciò si trae conferma dell’imprescindibilità della dichiarazione ex art. 37, comma 4, d.lgs. n. 163 del 2006 sulla suddivisione delle quote di esecuzione del servizio da parte di un concorrente soggettivamente complesso quale nel caso di specie il consorzio ordinario.
23. Con il secondo motivo d’appello la società consortile T. P. L. O. censura la propria qualificazione di consorzio ordinario anziché come stabile ai sensi dell’art. 36 del previgente codice dei contratti pubblici da parte del giudice di primo grado. L’appellante si duole che il giudice abbia fondato il proprio convincimento su elementi di carattere formale, desunti dallo statuto consortile, senza considerare invece una «quantità di ulteriori elementi, puntualmente evidenziati in primo grado», che invece deporrebbero per la natura stabile del consorzio appellante. A questo riguardo, si sottolinea che l’offerta presentata nell’ambito della procedura di gara in contestazione presupposte un substrato aziendale del medesimo ente consortile.
Viene inoltre formulata un’ulteriore questione pregiudiziale europea, per violazione del principio di massima concorrenzialità, laddove la disciplina normativa interna venisse interpretata nel senso di precludere la partecipazione alla procedura di affidamento ad un consorzio dotato di personalità giuridica ed in possesso dei requisiti di partecipazione «solo per una presunta mancata dimostrazione della natura del consorzio o per la mancanza di una dichiarazione inerente l’esecuzione delle parti di appalto da parte di imprese riunite».
24. Il motivo è infondato.
Deve innanzitutto escludersi che nel presente giudizio abbia rilievo la questione pregiudiziale europea sollevata dal Consorzio Trasporti.
La natura giuridica di quest’ultimo non è stata infatti posta a base del provvedimento di esclusione dalla gara dallo stesso impugnata, ma è stata addotta dalla società consortile odierna appellante come ragione di illegittimità del provvedimento medesimo. Ne segue che è quest’ultima a dovere fornire la prova dei propri assunti, in tesi idonei ad infirmare i presupposti degli atti impugnati nel presente giudizio, ai sensi dell’art. 63 del codicedel processo amministrativo. Non è per contro consentito colmare eventuali lacune assertive o probatorie della parte a ciò onerata, secondo le autonome regole processuali interne, attraverso la formulazione di una questione pregiudiziale europea su fatti e circostanze soggette al rilievo di parte ed eventualmente deferibili in ambito sovranazionale solo una volta provate, al fine di stabilire quale sia in base al diritto eurounitario il rilievo dell’eventuale mancata specificazione in sede di gara della natura di consorzio stabile.
25. Chiarito dunque che occorre prima dimostrare questo presupposto, nel motivo in esame non viene censurato in modo specifico il puntuale ed analitico ragionamento probatorio che ha condotto il Tribunale amministrativo ad escludere la percorribilità di questa soluzione, e cioè la natura di consorzio stabile ex art. 36 d.lgs. n. 163 del 2006 dell’odierno appellante.
In particolare, il giudice di primo grado ha rilevato che né dall’atto costitutivo dell’ente, né tanto meno dai relativi statuto e regolamento interno era ravvisabile la volontà dei consorziati di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni e di istituire a questo scopo «una comune struttura di impresa», ai sensi del comma 1 dell’art. 36 d.lgs. n. 163 del 2006 poc’anzi richiamato. Dall’esame di questi documenti il Tribunale amministrativo ha anzi tratto le conclusioni opposte e cioè che si trattasse di consorzio ordinario costituito per la procedura di affidamento del servizio di trasporto pubblico per la Provincia di Pavia oggetto del presente giudizio, come previsto in particolare dall’art. 2 dello statuto.
26. A fronte di questa puntuale disamina delle prove rilevanti ai fini della statuizione sulla censura in esame il Consorzio trasporti si limita ad un generico richiamo alle «argomentazioni già svolte negli atti difensivi di primo grado», con palese violazione dell’onere di specificità sancito dall’art. 101, comma 1, cod. proc. amm., e ad un inconferente rinvio ai contenuti della propria offerta, dalla quale non è evidentemente possibile ricavare le volontà dei consorziati necessarie a dare vita ad un organismo riconducibile alla figura prevista dal citato art. 36 d.lgs. n. 163 del 2006.
27. Con il terzo motivo d’appello il Consorzio trasporti censura la dichiarazione di inammissibilità emessa dal giudice di primo grado in relazione alle censure relative all’incompatibilità del dirigente della Provincia di Pavia, dott. Mauro Maccarini, e della società Tema, a causa dei suoi rapporti con l’aggiudicataria A.. A questa statuizione, fondata sul riscontro della legittimità dell’esclusione dalla gara dell’odierno appellante, quest’ultimo contrappone il proprio interesse strumentale alla rinnovazione della gara per effetto dell’accoglimento di tali motivi. Quindi, il Consorzio devolve nel presente giudizio d’appello le censure non esaminate dal giudice di primo grado.
28. Il motivo è fondato nella parte in cui censura la dichiarazione di inammissibilità emessa dal Tribunale amministrativo.
Infatti, l’accertamento della legittimità dell’esclusione dalla gara del Consorzio odierno appellante non poteva costituire ostacolo processuale rispetto all’esame di censure dallo stesso proposte nei confronti della procedura di gara, ed in particolare di motivi di impugnazione verificatisi in fasi precedenti – in sede di nomina della commissione di gara e valutazione della causa di esclusione in proprio danno – tali da comportare, se accolti, la rinnovazione di queste fasi e la rimozione della medesima causa espulsiva, con conseguente reitegrazione dell’interesse strumentale della società ricorrente.
29. In replica a queste censure le appellate Provincia di Pavia e A. richiamano l’orientamento giurisprudenziale secondo cui il concorrente definitivamente escluso dalla gara pubblica non è legittimato ad impugnare le ulteriori fasi della procedura concorsuale, anche a tutela del proprio interesse strumentale alla rinnovazione parziale o totale della procedura perché versa in condizioni analoghe a colui che ne è rimasto estraneo (ex multis: Cons. Stato, Ad. plen., 7 aprile 2011, n. 4; IV, 26 agosto 2016, n. 3688, 20 aprile 2016, n. 1560; V, 27 luglio 2016, n. 3402, 29 aprile 2016, n. 1650).
30. Rispetto alle deduzioni difensive delle appellante deve soggiungersi che in questa linea interpretativa si colloca anche la più recente giurisprudenza europea.
La Corte di giustizia dell’Unione europea ha infatti affermato che il diritto sovranazionale sugli appalti non osta a che a un offerente legittimamente escluso da una procedura di affidamento di un contratto pubblico, con una decisione dell’amministrazione aggiudicatrice divenuta definitiva, sia negato l’accesso ad un ricorso contro la decisione di aggiudicazione dell’appalto pubblico in questione e la conseguente conclusione del contratto, allorché a presentare offerte siano stati unicamente l’offerente escluso e l’aggiudicatario e detto offerente sostenga che anche l’offerta dell’aggiudicatario avrebbe dovuto essere esclusa (sentenza 21 dicembre 2016, C-355/15).
31. Tuttavia, come poc’anzi accennato, le censure del Consorzio trasporti si collocano in una fase di gara precedente a quella in cui esso è stato escluso dalla gara, per cui l’indirizzo giurisprudenziale ora richiamato non può essere applicato. Risulta in particolare mancante il presupposto poc’anzi accennato, consistente nell’esistenza di una causa di esclusione dalla gara definitivamente accertata, dal momento che l’invalidità degli atti di gara qui dedotta dall’odierno appellante è idonea a determinare l’invalidità in via derivata quella di tutti gli atti successivi e dunque di eliminare le conseguenze dell’esclusione in proprio danno.
32. Tanto premesso, con riguardo alla situazione di conflitto di interessi della Tema la società consortile T. P. L. O. si limita a riproporre il proprio «motivo di impugnazione, introdotto con motivi aggiunti», sulla base del quale sarebbero «assodati tanto i profili di connessione, in fatto, tra TEMA e A., quanto il ruolo decisivo svolto da TEMA in tutte le fasi di gara in atti (dalla definizione dei contenuti della lex specialis di gara, alle valutazioni sulla possibile esclusione di un concorrente avversario della sua cliente e controinteressata A.».
33. La censura così devoluta in appello è inammissibile.
Deve infatti essere applicato il consolidato orientamento di questo Consiglio di Stato (ex multis: Cons. Stato, III, 6 giugno 2011, n. 3371; IV, 31 agosto 2016, n. 3735; V, 26 ottobre 2016, n. 4471, 27 luglio 2016, n. 3397, 27 ottobre 2014, n. 5282, 2 ottobre 2014, nn. 4897 e 4915) secondo cui l’onere di riproposizione dei motivi in appello deve necessariamente essere assolto mediante richiamo specifico dei motivi già articolati con il ricorso di primo grado. Ciò al fine di permettere alle controparti di esercitare con pienezza il proprio diritto di difesa e al giudice dell’appello avere il quadro chiaro del thema decidendum devoluto nel giudizio di secondo grado, sul quale egli è tenuto a pronunciarsi. Di conseguenza un rinvio indeterminato alle censure assorbite ed agli atti di primo grado che le contenevano, senza precisazione del loro contenuto, è inidoneo ad introdurre nel giudizio d’appello i motivi formulati in questo modo.
34. Con l’ulteriore censura contenuta nel terzo motivo d’appello in esame la società consortile originaria ricorrente reitera l’assunto dell’incompatibilità del presidente della commissione giudicatrice dott. Mauro Maccarini con la sua funzione di responsabile unico del procedimento e la sua posizione all’interno della Tema.
35. In contrario deve tuttavia rilevarsi che nessuna disposizione di legge sancisce l’incompatibilità tra la funzione di responsabile unico del procedimento di gara e la presidenza della commissione giudicatrice della stessa (in senso conforme: Cons. Stato, V, 17 novembre 2014, n. 5632), né l’appellante è stato in grado di individuarne alcuna.
36. Quanto ai rapporti tra il dott. Maccarini e la Tema, ancora una volta si riscontra una formulazione generica delle censure, tale da impedirne l’esame nel merito.
37. Nel motivo in esame viene poi prospettata una nullità degli atti di gara ex art. 21-septies l. 7 agosto 1990, n. 241, per falsità degli stessi, non dedotta nel giudizio di primo grado, e dunque, come eccepito dalla Provincia di Pavia e dalla controinteressata A., inammissibile ai sensi dell’art. 104, comma 1, cod. proc. amm.
38. Con il quarto motivo d’appello la società consortile T. P. L. O. censura la dichiarazione di inammissibilità del ricorso introduttivo, con cui si era dedotto che la lettera d’invito della procedura ristretta in contestazione non rendeva possibile formulare un’offerta remunerativa.
39. Con il quinto motivo d’appello l’originaria ricorrente ribadisce l’insostenibilità sul piano economico delle prescrizioni contenute nel capitolato.
40. Con il sesto ed il settimo motivo d’appello la società consortile reitera, da un lato, le censure di indeterminatezza dell’oggetto del contratto, a causa della previsione secondo cui il corrispettivo del servizio viene determinato non solo sulla base dell’importo a base di gara, ma anche delle risorse statali e regionali stanziate a copertura degli oneri inerenti al trasporto pubblico; e dall’altro lato in ragione della possibilità per l’amministrazione di alterare le condizioni economiche del contratto (art. 6 del capitolato).
41. Con l’ottavo motivo d’appello il Consorzio trasporti deduce l’insostenibilità della clausola sociale contenuta nell’art. 8 del capitolato.
42. Con il nono motivo viene quindi dedotta l’irrazionalità delle condizioni imposte dalla Provincia di Pavia per relativamente al parco autobus destinati al servizio.
43. I motivi possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione e sono infondati.
44. Deve in particolare essere confermata la statuizione di inammissibilità emessa al riguardo dal Tribunale amministrativo e fondata sull’inoppugnabile circostanza che la stessa società consortile T. P. L. O. ha presentato un’offerta in sede di gara e che la stessa è stata addirittura selezionata come quella migliore nel confronto competitivo con la A..
45. Pertanto, dedurre a posteriori che la normativa di gara precludeva in realtà la formulazione di un’offerta equivale a smentire la serietà di quella in concreto presentata in sede di gara e ammettere che quest’ultima è insostenibile. Rispetto a questa prospettazione – contraria al divieto di venire contra factum proprium – nel presente appello la società consortile T. P. L. O. precisa che la lettera di invito poneva condizioni tale da non consentire di formulare un’offerta «adeguatamente remunerativa».
Sennonché questa evidente mutatio libelli introduce questioni di merito, relative alla convenienza economica del servizio messo a gara, che spetta all’operatore formulare sulla base delle condizioni poste dall’amministrazione, e non certo un profilo di illegittimità della normativa di gara predeterminate da quest’ultima.
46. Con il decimo motivo d’appello viene riproposta la censura riferita all’intera procedura di gara perché relativa ad un bacino territoriale corrispondente alla Provincia di Pavia e non per ambito territoriale, come invece previsti dalla legge regionale della Lombardia 4 aprile 2012, n. 6 (Disciplina del settore dei trasporti). L’appellante deduce che per questa ragione le condizioni economiche definite della Provincia sarebbero «macroscopicamente insostenibili» e che ai sensi dell’art. 60, comma 3, della legge regionale nella fase transitoria le Province inserite in ciascun ambito avviano la programmazione congiunta dei servizi pubblici di trasporto.
47. Il motivo non può essere accolto.
Infatti, come sottolineano le appellate, ai sensi del comma 2 della legge regionale sino alla costituzione delle agenzie per il trasporto pubblico locale, le competenze in materia «sono esercitate singolarmente dagli enti locali».
Il motivo in esame peraltro è ancora una volta rivolto a censurare l’asserita insostenibilità economica del servizio posto a gara, per cui possono essere richiamate le considerazioni svolte in precedenza.
48. Considerazioni valide anche per il rigetto dell’undicesimo ed ultimo motivo d’appello, con cui la società consortile T. P. L. O. si duole della mancata applicazione come base d’asta del servizio posto a gara dei costi standard per il servizio di trasporto ex art. 17 del decreto Legislativo 19 novembre 1997, n. 422 (Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell’articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59).
49. Il motivo è peraltro infondato anche perché costi standard ufficiali dei servizi di trasporto pubblico e vincolanti per le amministrazioni aggiudicatrici non risultano allo stato elaborati.
50. Anche l’appello della società consortile T. P. L. O. originaria ricorrente deve quindi essere respinto.
Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, previa loro riunione, li respinge e condanna le appellanti Associazione nazionale a. v. – ANAV e T. P. L. O. società consortile a r.l., in solido tra loro, a rifondere alla Provincia di Pavia e alla A. s.p.a. le spese di causa, liquidate per ciascuna parte appellata in € 8.000,00, oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 giugno 2017 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Caringella, Presidente
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere
Fabio Franconiero, Consigliere, Estensore
Raffaele Prosperi, Consigliere
Alessandro Maggio, Consigliere
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Fabio Franconiero | Francesco Caringella | |
IL SEGRETARIO
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