Consiglio di Stato sez. V sentenza n. 3104 del 26 giugno 2017
N. 03104/2017REG.PROV.COLL.
N. 07816/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7816 del 2016, proposto da:
PSS V. s.r.l. in proprio e quale capogruppo mandataria RTI con I. G. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Nicola Marcone, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza dell’Orologio, 7;
contro
Autorità Portuale di Venezia, rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
C. s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Adriano Cavina e Domenico Gentile, con domicilio eletto presso lo studio Domenico Gentile in Roma, via Virginio Orsini, 19;
Istituto di V. P. C. s.r.l., CDS S.r.l., R. s.r.l. e S. s.p.A., in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’avvocato Domenico Gentile, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Virginio Orsini, 19;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. VENETO – VENEZIA: SEZIONE I n. 00977/2016, resa tra le parti, concernente l’annullamento:
1. del provvedimento di cui alla nota dell’Autorità Portuale di Venezia prot. n. 1429 del 25 gennaio 2016, con il quale la citata Autorità Portuale ha definitivamente aggiudicato al R.T.I. costituito dalla C. s.p.a., dall’Istituto di V. P. C. s.r.l., dalla CDS S.r.l., dalla R. s.r.l. e da S. S.p.A. la procedura aperta per l’affidamento dei servizi di V. e security nelle aree portuali di Venezia e Porto Marghera, indetta con bando del 29 aprile 2015;
2. di tutti i verbali delle sedute di gara, svoltesi nelle date del 16, 23 e 29 giugno 2015, 2 luglio 2015, 2 e 11 settembre 2015 e 3 dicembre 2015;
3. della nota dell’Autorità Portuale di Venezia prot. n. 13657 dell’11 settembre 2015, recante rigetto del c.d. preavviso di ricorso inoltrato dalla PSS V. s.r.l.;
4. del bando, del disciplinare e di tutti i rispettivi allegati, ove interpretati nel senso di aver consentito (tramite il c.d. soccorso istruttorio) la sanatoria postuma delle offerte risultate originariamente prive dell’indicazione degli oneri di sicurezza c.d. da rischio specifico aziendale;
5. di ogni altro atto antecedente, susseguente e/o comunque connesso, nonché per la condanna della Amministrazione al risarcimento del danno in forma specifica, con il conseguente subentro delle ricorrenti nel contratto di appalto, laddove medio tempore stipulato ovvero, in subordine, per la condanna della Amministrazione al risarcimento del danno per equivalente monetario.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità Portuale, di C. S.p.A., dell’Istituto di V. P. C. s.r.l., di Cds s.r.l., di R. s.r.l. e di S. s.p.a.
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 maggio 2017 il Cons. Paolo Giovanni Nicolò Lotti e uditi per le parti gli avvocati Pesce per delega di Marcone, Rocco in dichiarata delega di Gentile e l’Avvocato dello Stato D’Avanzo;
FATTO
Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, Sez. I, con la sentenza 24 agosto 2016, n. 977, pronunciando sul ricorso principale e sul ricorso incidentale, proposti rispettivamente dalla qui appellante PSS V. s.r.l. ed I. G. s.p.a. e dalla qui appellata C. s.p.a., li ha accolti entrambi nei termini di cui in motivazione e, per l’effetto, ha annullato l’aggiudicazione definitiva della gara per l’affidamento dei servizi di V. e security nelle aree portuali di Venezia e Porto Marghera, indetta con bando del 29 aprile 2015, respingendo, invece, la domanda di risarcimento dei danni in forma specifica (subentro) o per equivalente formulata dalle ricorrenti principali.
La sentenza ha, inoltre, dichiarato l’illegittimità dell’ammissione alla gara del “R.T.I. PSS”, rilevando che:
– l’offerta del costituendo” R.T.I. C.” non conteneva all’interno della busta “C” (recante l’offerta economica) la dichiarazione di stima dei costi della sicurezza, prevista – a pena di esclusione dalla procedura di gara – dall’art. 10.2 del disciplinare (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 20 marzo 2015, n. 3);
– non è decisivo il fatto che l’appalto de quo rientri tra quelli elencati nell’Allegato IIB al d.lgs. n. 163-2006, tenuto conto dell’autovincolo introdotto al riguardo dalla lex specialis;
– risultano fondati il primo ed il terzo motivo del ricorso incidentale;
– infatti, dal casellario giudiziale si desume la sussistenza, a carico del sig. Cretella, di un decreto penale di condanna (n. 394-2014), emesso a suo carico dal G.I.P. del Tribunale di Venezia il 10 febbraio 2014 e divenuto esecutivo 1’8 luglio 2014 non dichiarato in sede di gara;
– inoltre, sussiste la violazione degli artt. 37 d.lgs. n. 163 del 2006 e 275 del d.P.R. n. 207 del 2010, per non avere il “R.T.I. PSS”, quale R.T.I. di tipo orizzontale, rispettato la regola di detta categoria di raggruppamenti, che impone che la mandataria possieda i requisiti di partecipazione, previsti dal bando di gara, in misura maggioritaria.
L’appellante PSS V. s.r.l. ed I. G. s.p.a. contesta la sentenza e la fondatezza del primo e del terzo motivo di ricorso incidentale proposto da C. s.p.a. e ne deducendo l’erroneità per i seguenti motivi:
– Error in indicando in relazione alla denunziata violazione di legge: violazione e falsa applicazione dell’art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006; violazione e falsa applicazione dell’art.8.2. del disciplinare di gara; violazione dell’art. 75 d.P.R. n. 445 del 2000; eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti e sviamento di potere;
– Error in iudicando in relazione alla violazione e falsa applicazione degli articoli 34 e 37 d.lgs. n. 163 del 2006, violazione e falsa applicazione dell’art. 275 d.P.R. n. 207 del 2010; violazione e falsa applicazione del punto 21 del bando di gara; eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti e sviamento di potere.
Con l’appello in esame chiedeva, quindi, la reiezione del ricorso incidentale di primo grado proposto dall’appellata C. s.p.a..
Si costituiva la parte appellata C. s.p.a.chiedendo la reiezione dell’appello e proponendo appello incidentale assumendo l’erroneità della sentenza per:
– erronea applicazione dei principi affermati dalla sentenza della Corte di Giustizia Europea del 5 aprile 2016 (causa c-689/2013);
– omessa o comunque erronea pronuncia sull’eccezione di inammissibilità del ricorso principale di primo grado;
– violazione e falsa applicazione della disciplina in tema di indicazione dei c.d. costi della sicurezza aziendale.
Si costituiva l’appellata Autorità Portuale di Venezia chiedendo la reiezione dell’appello e proponendo appello incidentale assumendo l’erroneità della sentenza per violazione e falsa applicazione della disciplina in tema di indicazione dei c.d. costi della sicurezza aziendale.
All’udienza pubblica del 25 maggio 2017 la causa veniva trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. va prioritariamente esaminato l’appello incidentale dell’appellata C. s.p.a. per ragioni di logica, perché contiene eccezioni di inammissibilità del ricorso principale di primo grado.
Il primo motivo dell’appello incidentale è infondato. La sentenza ha fatto buon governo de principi sanciti dalla sentenza della Corte di Giustizia Europea 5 aprile 2016, C-689/2013 in tema di rapporto tra ricorso incidentale e ricorso principale di primo grado.
Infatti, come ha rilevato quella giurisprudenza, il numero di partecipanti alla procedura di aggiudicazione dell’appalto pubblico, così come il numero di partecipanti che hanno presentato ricorso, nonché la divergenza dei motivi dai medesimi dedotti, sono privi di rilevanza ai fini dell’applicazione del principio giurisprudenziale che risulta dalla sentenza Fastweb (sentenza 4 luglio 2013, C-100/2012), alla stregua del quale la proposizione del ricorso incidentale c.d. escludente non preclude la disamina del ricorso principale da parte del giudice.
Tale principio non può porsi in contrasto con l’art. 100 Cod. proc. civ.. secondo cui “per proporre una domanda o per contraddire alla stessa essa è necessario avervi interesse”. Nel caso di specie, tale contrasto non sussiste perché le censure sollevate con il ricorso principale di primo grado contro i provvedimenti dell’Autorità Portuale di Venezia, e finalizzate al subentro della deducente nell’aggiudicazione dell’appalto disposta in favore del RTI C., confermano la sussistenza dell’interesse a ricorrere in capo all’attuale appellante, in conformità con il citato art. 100.
2. Con l’appello incidentale, l’RTI C. lamenta l’erroneità della sentenza per mancato accoglimento dell’eccezione di inammissibilità formulata in primo grado riguardo al ricorso principale.
L’appellata C. sostiene che, nel giudizio di primo grado, la ricorrente aveva omesso la menzione che la fattispecie, a differenza dei casi trattati dalle due pronunzie dell’Adunanza Plenaria citate in ricorso (nn. 3 e 9 del 2015), afferiva a un caso dove era stato in effetti applicato dalla stazione appaltante il c.d. soccorso istruttorio “rinforzato” (o “a pagamento”).
Poiché la ricorrente non aveva mosso una specifica censura al riguardo, essendosi limitata a richiamare i principi espressi dalla Adunanza plenaria su tutt’altri presupposti, C. aveva eccepito l’inammissibilità del ricorso principale.
Anche tale motivo di appello è infondato: la questione sostanziale contenuta nel ricorso di primo grado riguardava l’omessa indicazione dei costi della sicurezza nella domanda di partecipazione alla gara, e le sue conseguenze; ne derivava che, se tale indicazione dovesse essere ritenuta necessaria sin dalla domanda, ne seguirebbe, per implicito, la sua non sanabilità.
3. In relazione al terzo motivo di appello incidentale, la Corte di Giustizia UE ha recentemente affermato, con ordinanza 10 novembre 2016, C-140/2016, che il principio della parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza, come attuati dalla direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, devono essere interpretati nel senso che ostano all’esclusione di un offerente dalla procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico a seguito dell’inosservanza, da parte di detto offerente, dell’obbligo di indicare separatamente nell’offerta i costi aziendali per la sicurezza sul lavoro, obbligo il cui mancato rispetto è sanzionato con l’esclusione dalla procedura e che non risulta espressamente dai documenti di gara o dalla normativa nazionale, bensì emerge da un’interpretazione di tale normativa e dal meccanismo diretto a colmare, con l’intervento del giudice nazionale di ultima istanza, le lacune presenti in tali documenti.
Nel caso di specie, l’obbligo di indicazione separata dei costi per la sicurezza aziendale erano stati previsti dalla lex specialis. Tuttavia la Corte UE ha affermato che i principi della parità di trattamento e di proporzionalità devono inoltre essere interpretati nel senso che non ostano al fatto di concedere a un tale offerente la possibilità di rimediare alla situazione e di adempiere detto obbligo entro un termine fissato dall’Amministrazione.
Pertanto, la possibilità di sanare l’omessa indicazione degli oneri per la sicurezza aziendale, anche secondo la giurisprudenza della Corte UE, riguarda quei casi in cui l’obbligo di indicare i costi per la sicurezza non è previsto dalla lex specialis, diversamente da quanto si verifica nella specie.
Nel caso in esame, come correttamente accertato dalla sentenza la mancata indicazione, da parte del R.T.I. aggiudicatario, degli oneri di sicurezza c.d. aziendali nella propria offerta è richiesta dall’art. 10.2 del disciplinare di gara a pena di esclusione e avrebbe dovuto implicare l’esclusione di detto concorrente dall’appalto.
Illegittimamente, invece, la Commissione ha consentito al medesimo R.T.I. di sanare ex post l’omissione, mediante l’utilizzo del “soccorso istruttorio” ex art. 46 del d.lgs. n. 163 del 2006.
L’impossibilità di avvalersi del cd. soccorso istruttorio, pur nella versione di cui all’art. 46, comma 1-ter, introdotto dall’art. 39, comma 2, d.-l. n. 90 del 2014, conv. dalla l. n. 114 del 2014), emerge dal fatto che l’omessa indicazione, in sede di offerta, dei costi di sicurezza interni o aziendali determina un’incertezza assoluta sul contenuto di questa, per difetto di un elemento essenziale, non sanabile con il “soccorso istruttorio”, giacché quest’ultimo non consente di integrare ex post un’offerta mancante di un elemento essenziale.
Peraltro, questa Sezione, con sentenza 7 novembre 2016, n. 7646 ha ritenuto che l’applicazione dei principi affermati nella sentenza della Adunanza plenaria n. 19 del 2016 deve circoscriversi alle sole ipotesi in cui l’onere di indicazione separata dei costi della sicurezza non fosse contemplato nella legge di gara, come invece è nella specie.
4. Per quanto la pretesa illegittimità della disciplina di gara nella parte in cui era contemplata l’obbligatorietà, a pena di esclusione, dell’indicazione degli oneri di sicurezza, si deve ritenere che tale obbligo discende legittimamente dalla circostanza che l’affidamento per cui è causa ricade nell’ambito dei servizi di cui all’allegato IIB al Codice dei contratti pubblici, rispetto al quale non si applicano tutte le disposizioni di cui al d.lgs. n. 163 del 2006, ma solo quelle cui l’Amministrazione ha inteso vincolarsi, dando quindi speciale risalto in tale ambito all’”autovincolo” della lex specialis, centrale quanto ad individuazione delle regole applicabili alla gara.
Peraltro, come già ritenuto da questa V Sezione, nelle gare pubbliche il principio di tassatività delle cause di esclusione sancito dall’art. 46 comma 1-bis, del Codice dei contratti pubblici si applica alle sole procedure di gara disciplinate dal medesimo Codice in via diretta ovvero per autovincolo dell’Amministrazione procedente (cfr. sentenza 9 giugno 2015, n 2839).
5. L’appello incidentale dell’Autorità Portuale convenuta, sostanzialmente coincidente con quello dell’RTI C., è infondato per le medesime ragioni sopra evidenziate.
6. Passando all’esame dell’appello principale, si deve rilevare che la sentenza ha accolto il primo motivo del ricorso incidentale di primo grado sotto il profilo della rilevata omessa dichiarazione da parte del legale rappresentante di PSS V. S.r.l. (sig. Cretella) di un provvedimento di condanna per il reato di omesso versamento di IVA, ai sensi dell’art. 10-ter d.lgs. n. 74 del 2000, divenuto irrevocabile prima della scadenza del termine per la presentazione delle offerte.
La condanna risultava dal certificato del casellario giudiziale estratto dall’Autorità Portuale di Venezia in sede di verifica del possesso dei requisiti generali dichiarati in gara.
La circostanza che il sig. Cretella avesse estratto una visura delle iscrizioni a proprio carico presso il casellario giudiziale, ex art. 33 (Visura delle iscrizioni da parte della persona o dell’ente interessato) d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti. (Testo A)), dalla quale non risulterebbe alcuna iscrizione, non è dimostrata compiutamente in giudizio in quanto riferibile proprio al Cretella.
Tuttavia, ritiene il Collegio che la dichiarazione resa dal Cretella ai fini della partecipazione alla procedura di gara non può stimarsi “falsa” dal punto di vista oggettivo (il solo profilo che rileva per disporre legittimamente l’esclusione), posto che il legale rappresentante dell’attuale appellante non risultava a conoscenza dell’esistenza del decreto penale nei propri confronti.
Infatti, a seguito del ricorso incidentale di primo grado, notificato in data 25 marzo 2016, l’attuale appellante ha ottenuto, con provvedimento del 3 maggio 2016 (cfr. doc. 26 appellante), dal G.I.P. del Tribunale di Venezia, l’accoglimento dell’istanza di restituzione nel termine ai sensi dell’art. 175 Cod. proc. pen., presentata nell’interesse del Sig. Cristian Cretella ai fini della proposizione di opposizione avverso il decreto penale di condanna n. 394 del 2014 del 10 febbraio 2014, di cui lo stesso è risultato destinatario, ma che non risultava essergli stato ritualmente notificato.
In data 12 maggio 2016 il procuratore del Sig. Cretella ha, quindi, depositato l’atto di opposizione ex art. 461 Cod. proc. pen. avverso il predetto decreto penale di condanna a mezzo del quale era stata contestata al legale rappresentante di PSS V. la commissione del reato di cui all’art. 10-ter d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74.
Pertanto, sotto questo profilo, non poteva procedersi all’esclusione del qui appellante principale dalla gara, non sussistendo il requisito della falsità della dichiarazione sotto il profilo oggettivo, e restando in capo all’Amministrazione il potere-dovere di riconsiderare il reato per cui è causa, anche in relazione alle circostanze dedotte nell’atto di opposizione del decreto in sede penale, ai fini della verifica della incidenza o meno del medesimo sulla moralità professionale, nonché dell’eventuale sentenza di assoluzione pronunciata all’esito della detta opposizione.
Pertanto, il motivo dell’appello principale, sulla contestazione del motivo di ricorso incidentale di primo grado accolto dalla sentenza, va accolto.
7. Parimenti, va accolto il motivo dell’appello principale, di contestazione del motivo di ricorso incidentale di primo grado accolto dalla sentenza sulla asserita illegittimità della condotta della stazione appaltante alla luce della mancata esclusione del RTI PSS sulla base della circostanza che la mandataria PSS non possedeva in misura maggioritaria alcuni requisiti di partecipazione richiesti dal bando, come prescritto dal combinato disposto degli articoli 37 d.lgs. n. 163 del 2006 e 275 del Regolamento esecutivo, con riferimento al requisito di partecipazione prescritto dal Bando al punto 21.6. (dotazione minima di guardie particolari giurate alla data di presentazione dell’offerta).
Infatti, l’affidamento in questione è nell’ambito dei servizi di cui all’Allegato IIB al Codice dei contratti pubblici, rispetto al quale non si applicano le disposizioni del d.lgs. n. 163 del 2006, ma soltanto quelle cui l’Amministrazione ha inteso vincolarsi, dando così speciale risalto, in tale ambito all’”autovincolo” della lex specialis, centrale quanto ad individuazione delle regole applicabili alla gara.
Tra queste regole non è stato richiamato il combinato disposto degli articoli 37 d.lgs. n. 163 del 2006 e 275 d.P.R. n. 207 del 2010, che quindi, non possono trovare applicazione nella gara per cui è causa.
8. L’appellante incidentale C. ha inoltre riproposto i motivi del ricorso incidentale di primo grado che aveva prospettato in via subordinata e che sono stati assorbiti dalla sentenza.
Tali motivi sono infondati.
In primo luogo, infatti, e tenuto conto di quanto già dedotto in relazione al profilo relativo alla falsità della dichiarazione che si è ritenuta insussistente, si deve rilevare che l’art. 8 d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158 (Revisione del sistema sanzionatorio, in attuazione dell’articolo 8, comma 1, della legge 11 marzo 2014, n. 23) ha stabilito: «E’ punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo, l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a euro duecentocinquantamila per ciascun periodo d’imposta».
Nel caso in esame, il decreto penale di condanna si riferisce d una contestata omissione di versamento IVA per un importo pari a € 132.490,00, relativa all’anno 2010: perciò è relativo a una fattispecie di reato da ritenersi ormai priva di rilievo penale.
Poiché al momento dell’aggiudicazione dell’appalto il comportamento oggetto del decreto penale di condanna risultava in questi termini depenalizzato, ne viene che la posizione del Sig. Cretella, e dunque del Raggruppamento PSS, risulterebbe regolare anche sotto il profilo “sostanziale”, relativo all’accertamento del possesso dei requisiti di moralità professionale ex art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006.
Infatti, con sentenza 13 febbraio 2017 (cfr. doc. 2 appellante) il Tribunale di Padova ha disposto l’assoluzione del Sig. Cretella dal delitto ascrittogli “perché il fatto non è previsto dalla legge come reato”.
Resta ferma, come detto al precedente punto 6, la valutazione finale di pertinenza dell’Amministrazione della verifica della incidenza del medesimo sulla moralità professionale, nonché dell’eventuale sentenza di assoluzione pronunciata all’esito dell’opposizione al decreto penale: valutazione che, al momento, il giudice non può effettuare, non potendo sostituire valutazioni che l’Amministrazione non ha ancora fatto ex art. 34, comma 3, Cod. proc. amm..
Inoltre, l’eccepito inserimento di elementi concernenti il prezzo in documenti non contenuti nella busta dedicata all’offerta economica da parte dell’RTI PSS, non è sussistente: “l’elemento concernente il prezzo” che l’odierna esponente avrebbe indebitamente inserito al di fuori della busta contenente l’offerta economica consiste, nella prospettazione della appellante incidentale, nella sola dichiarazione, contenuta all’interno della busta A, dei costi relativi alla sicurezza ammontanti al 3% dell’importo offerto.
Da tale dichiarazione non è ricostruibile il contenuto dell’offerta economica formulata dal RTI, atteso che la stima è riportata solo in rapporto percentuale ad un quantità ignota, che rimane ignota (la proposta economica).
Infine, l’eccepita mancata esclusione del RTI PSS, avuto riguardo al rilievo per cui la sola mandante Italpol risultava munita del requisito relativo alla presenza di un responsabile “in possesso del certificato di formazione PFSO”, è priva di fondamento.
Il requisito del conseguimento del certificato PSFO non è una garanzia per la stazione appaltante circa la qualità minima delle prestazioni rese dall’operatore economico, non essendo assimilabile al certificato di qualità aziendale: ma integra un semplice requisito di idoneità professionale di un soggetto il cui possesso può essere dimostrato dal raggruppamento facendo riferimento alla sommatoria delle qualità dei soggetti che lo costituiscono.
9. Conclusivamente, l’appello principale va accolto, mentre gli appelli incidentali vanno respinti in quanto infondati.
Per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere respinto il ricorso incidentale di primo grado, fermo l’accoglimento del ricorso principale di primo grado.
Le spese di lite del presente grado di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta),
Definitivamente pronunciando sull’appello principale come in epigrafe indicato, lo accoglie e respinge gli appelli incidentali.
Per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso incidentale di primo grado, fermo l’accoglimento del ricorso principale di primo grado.
Condanna le parti appellate costituite in appello al pagamento delle spese di lite del doppio grado di giudizio in favore della parte appellante, spese che liquida in euro 6.000,00, oltre accessori di legge, per ciascuna parte.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 maggio 2017 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Claudio Contessa, Consigliere
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere, Estensore
Fabio Franconiero, Consigliere
Stefano Fantini, Consigliere
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti | Giuseppe Severini | |
IL SEGRETARIO
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