Consiglio di Stato sez. V sentenza n. 3593 del 20 luglio 2017
N. 03593/2017REG.PROV.COLL.
N. 02271/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 2271 del 2017, proposto da:
Q. – 2001 società cooperativa sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Luca Tozzi, digitalmente domiciliata presso l’indirizzo p.e.c. studiotozzi@cnfpec.it;
contro
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Comune di Orta di Atella, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Vincenzo e Gaetano Pastena, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Lanfranco Cugini, in Roma – Ciampino, viale Roma, n. 11;
nei confronti di
M. S. R. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale capogruppo mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese con G.F.I. Food s.r.l., nonché quest’ultima in proprio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Pierluigi Piselli e Gianni Marco Di Paolo, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via Mercalli, n. 13;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI, Sez. VIII, n. 1467/2017, resa tra le parti, concernente la procedura di affidamento del servizio di refezione scolastica;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, del Comune di Orta di Atella, di M. S. R. s.r.l. e G.F.I. Food s.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, cod. proc. amm.;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 giugno 2017 il consigliere Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati Alfonso Erra, su delega dell’avvocato Tozzi, Pasquale Suriano, su delega dell’avvocato Pastena, Gianni Marco Di Paolo e Angelo Venturini per l’Avvocatura dello Stato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale della Campania la Q. – 2001 società cooperativa sociale impugnava gli atti della procedura di affidamento in appalto del servizio di refezione scolastica nelle scuole dell’infanzia e primaria e del personale docente del Comune di Orta di Atella per un quadriennio, indetta in qualità di stazione unica appaltante dal Provveditorato interregionale alle opere pubbliche per la Campania, Molise, Puglia e Basilicata (bando pubblicato il 5 febbraio 2016) ed aggiudicata all’esito della selezione mediante il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa sulla base d’asta di € 1.168.080,00 al raggruppamento temporaneo di imprese formato dalla capogruppo M. S. R. s.r.l. e dalla G.F.I. Food s.r.l. (decreto del Provveditore prot. n. 36783 del 14 novembre 2016 e determinazione del Comune di Orta d’Atella n. 494 del 15 novembre 2016).
2. La ricorrente, seconda classificata nella graduatoria, deduceva sotto plurimi profili che il raggruppamento aggiudicatario avrebbe dovuto essere escluso dalla gara.
3. Con la sentenza in epigrafe il Tribunale amministrativo adito esaminava dapprima ed accoglieva il ricorso incidentale “escludente” delle due società controinteressate. Quindi, constatata l’ammissione alla gara di altri concorrenti e la conseguente impossibilità per la Q. – 2001 di ricavare alcuna utilità anche solo strumentale dall’accoglimento del proprio ricorso principale, dichiarava improcedibile quest’ultimo mezzo.
4. Il giudice di primo grado reputava in particolare fondate le censure con cui le società facenti parte del raggruppamento temporaneo di imprese aggiudicatario avevano dedotto:
– l’inidoneità della certificazione di qualità ai sensi dell’art. 43 dell’(allora vigente) codice dei contratti pubblici (decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163) prodotta in sede di gara dalla ricorrente principale, poiché rilasciata da un ente certificatore (InterConformity), accreditato presso un organismo di diritto australiano e neozelandese (JAS ANZ) parte di accordi multilaterali di mutuo riconoscimento con i competenti organismi nazionali ed europei, ma per norme tecniche diverse da quelle richieste ai fini della partecipazione alla gara (normativa europea delle serie UNI CEI EN 45000 e UNI CEI EN ISO/IEC 17000);
– l’inidoneità sotto il profilo urbanistico ed igienico-sanitario del centro di cottura della medesima Q. – 2001.
5. Per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo ha proposto appello l’originaria ricorrente principale.
6. Resistono al mezzo il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Comune di Orta d’Atella e le controinteressate M. S. R. e G.F.I. Food.
DIRITTO
1. L’appello della Q. – 2001 è diretto innanzitutto a censurare il mancato esame del proprio ricorso principale di primo grado, anche nell’ipotesi di accertata fondatezza del ricorso incidentale escludente delle imprese facenti parte del raggruppamento temporaneo aggiudicatario. Diversamente, infatti, secondo l’odierna appellante sarebbero violati i principi stabiliti dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nella sentenza 5 aprile 2016, C-689/13, Puligienica.
2. La Q. 2001 contesta inoltre l’accoglimento del ricorso incidentale delle società M. S. R. e G.F.I. Food e ripropone i motivi del proprio ricorso principale.
3. Tanto premesso, i motivi della controimpugnazione di queste ultime due società sono fondati, come correttamente statuito dal Tribunale amministrativo, per cui l’appello deve essere respinto per questa parte.
4. Con riguardo alla mancata dimostrazione di possedere una certificazione di qualità conforme alle norme europee delle serie UNI CEI EN 45000 e UNI CEI EN ISO/IEC 17000, richieste dal disciplinare di gara, la Q. – 2001 oppone alle argomentazioni svolte dal Tribunale amministrativo l’esistenza di un regime di mutuo riconoscimento tra l’ente di accreditamento australiano neozelandese JAS ANZ e l’ente italiano Accredia, in virtù di appositi accordi multilaterali raggiunti presso l’organismo internazionale IAF (International Accreditation Forum).
Sulla base di questa premessa la Q. – 2001 trae il seguente automatismo: «i certificati emessi dagli organismi di certificazione firmatari degli accordi MLA EA ed IAF posseggono uguale valore sia a livello europeo che internazionale di quelli rilasciati in Italia da Accredia, risultando, pertanto, quindi, pienamente validi anche in ambito nazionale».
5. La tesi su cui il motivo si fonda non può tuttavia essere condivisa.
Ai sensi dell’art. 43 d.lgs. n. 163 del 2006, sopra citato, le stazioni appaltanti sono tenute a riconoscere «i certificati equivalenti rilasciati da organismi stabiliti in altri Stati membri» o ad ammettere «parimenti altre prove relative all’impiego di misure equivalenti di garanzia della qualità prodotte dagli operatori economici».
Da questa norma si ricava che non è sufficiente avere ottenuto la certificazione di conformità rispetto ad un sistema di qualità aziendale da parte di un ente certificatore avente sede in un Paese estero, ma occorre dimostrare che questo sistema di qualità sia equivalente a quello richiesto per partecipare alla procedura di affidamento.
6. Il Tribunale amministrativo si è correttamente posto in questa linea ed ha statuito che di questa equivalenza non vi era prova con riguardo alle certificazioni prodotte dalla Q. – 2001 in sede di gara. In particolare, il giudice di primo grado ha riscontrato che il mutuo riconoscimento vigente per l’organismo certificatore JAS ANZ è valido per la sola serie UNI EN ISO 9001:2008.
7. Nel presente appello la medesima Q. – 2001 non fornisce alcun elemento specifico in grado di fare ritenere inficiata da errori logico-giuridici questo capo di sentenza, ma si limita ad affermare che sarebbe invece sufficiente il mutuo riconoscimento tra enti certificatori di diversi Paesi.
L’appellante ha inoltre prodotto documentazione atta a comprovare l’esistenza di questo regime di mutuo riconoscimento, ma dalla stessa non si ricava alcuna equivalenza tra norme di qualità riconosciute presso lo JAS ANZ e le norme tecniche UNI CEI EN 45000 e UNI CEI EN ISO/IEC 17000, sopra citate, richieste dal disciplinare di gara.
8. Devono essere inoltre respinte le censure della Q. – 2001 nei confronti dell’altra statuizione di accoglimento del ricorso incidentale di primo grado, relativa all’idoneità del proprio centro di cottura (sito nello stesso Comune di Orta di Atella) dal punto di vista urbanistico e igienico-sanitario.
9. Al riguardo il tribunale amministrativo è pervenuto a concludere nel senso dell’inidoneità del centro in questione, a causa dell’annullamento in autotutela della s.c.i.a. presentata dall’odierna appellante per l’esercizio dell’attività di mensa, adottato dal medesimo Comune di Orta di Atella per mancanza di agibilità dei locali suddetti, e giudicato legittimo dal medesimo giudice (sentenza della terza sezione n. 565 del 29 gennaio 2015, non sospesa da questo Consiglio di Stato: ordinanza cautelare di questa Sezione n. 1287 del 23 marzo 2015). Il giudice di primo grado ha anche rilevato che la nuova s.c.i.a. presentata dall’odierna appellante per il medesimo centro di cottura (in data 23 ottobre 2015), dopo l’annullamento d’ufficio di quella precedente, «non fa venir meno l’aspetto dell’inidoneità dei locali derivante dall’assenza del certificato di agibilità».
10. Nel censurare questo capo di sentenza, la Q. – 2001 ribadisce che la nuova s.c.i.a. è «perfettamente valida ed efficace», perché si fonda su una nuova istanza di concessione dell’agibilità (assunta al protocollo del Comune di Orta di Atella in data 19 febbraio 2014, con n. 2052), sulla quale l’A.s.l. competente ha espresso il proprio parere favorevole al rilascio dell’agibilità (nota prot. 2319 del 26 febbraio 2014). L’appellante conclude affermando che l’agibilità sarebbe stata rilasciata per silentium, ai sensi dell’(allora vigente) art. 25, comma 4, del testo unico sull’edilizia (d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380).
Ad ulteriore comprova della fondatezza dei propri assunti la Q. – 2001 sottolinea di essere il gestore uscente e che l’amministrazione comunale non ha mai eccepito alcunché in ordine all’idoneità del proprio centro di cottura dal punto di vista edilizio ed igienico-sanitario.
11. In contrario è decisivo quanto rilevano le società controinteressate.
Dalla documentazione dalle stesse versata in atti si evince infatti che la nuova s.c.i.a. si fonda su una situazione edilizia del centro di cottura identica a quella sulla base del quale il tribunale ha reputato legittimo il provvedimento di annullamento della precedente segnalazione certificata ed ha negato che in ragione di ciò l’agibilità potesse essere conseguita con provvedimento tacito (sentenza n. 565 del 29 gennaio 2015, sopra citata).
Su questa base, il principio espresso nella pronuncia di primo grado si rivela allora coerente con la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, secondo cui la conformità degli immobili alle norme urbanistico-edilizie costituisce il presupposto indispensabile per il legittimo rilascio del certificato di agibilità, in base al combinato disposto degli artt. 24, comma 3, d.P.R. n. 380 del 2001 e 35, comma 20, l. n. 47 del 1985 (in questo senso, da ultimo: Cons. Stato, IV, 2 maggio 2017, n. 1996).
Inoltre la circostanza che il centro di cottura in questione sia quello utilizzato per il servizio precedente a favore del Comune di Orta d’Atella non è idonea a superare i rilievi finora svolti, dal momento che questo utilizzo può essere spiegato anche con un mero atteggiamento di tolleranza finora tenuto dall’amministrazione comunale.
12. Malgrado la conferma dell’accoglimento del ricorso incidentale “escludente” di primo grado delle società M. S. R. e G.F.I. Food questa Sezione reputa tuttavia necessario esaminare anche i motivi del ricorso principale riproposti nel presente appello dalla Q. – 2001.
Pur conscia dei precedenti contrari di questo Consiglio di Stato, diffusamente richiamati dalle controinteressate, nondimeno ciò appare maggiormente conforme ai principi espressi dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nella citata sentenza 5 aprile 2016, C-689/13, Puligienica, anche quando – come nel caso di specie – le concorrenti in causa non siano le uniche ad avere presentato offerte ammesse nella procedura di affidamento in contestazione.
13. A ciò inducono i rilievi del giudice europeo (§§ 23 – 28) secondo cui affinché un ricorso in materia di appalti pubblici possa essere considerato «efficace» ai sensi dell’art. 1, comma 1, della direttiva 89/665/CEE del 21 dicembre 1989 (che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori), il ricorso incidentale dell’aggiudicatario non deve risultare preclusivo nei confronti del ricorrente principale che a sua volta contesti l’altrui offerta, «in quanto in una situazione del genere ciascuno dei concorrenti può far valere un analogo interesse legittimo all’esclusione dell’offerta degli altri, che può indurre l’amministrazione aggiudicatrice a constatare l’impossibilità di procedere alla scelta di un’offerta regolare». Al riguardo la Corte di giustizia ha in particolare sottolineato che in questo contesto l’accertamento di vizi parimenti inficianti le offerte in contestazione potrebbe indurre l’amministrazione, che riscontri analoghi vizi anche nelle offerte non oggetto di giudizio, ad esercitare il proprio potere di annullamento in autotutela della gara (a questo riguardo si riporta in particolare il periodo finale del § 28 della sentenza: «non è escluso che una delle irregolarità che giustificano l’esclusione tanto dell’offerta dell’aggiudicatario quanto di quella dell’offerente che contesta il provvedimento di aggiudicazione dell’amministrazione aggiudicatrice vizi parimenti le altre offerte presentate nell’ambito della gara d’appalto, circostanza che potrebbe comportare la necessità per tale amministrazione di avviare una nuova procedura»).
14. La Sezione è consapevole che una simile applicazione del concetto di ricorso «efficace» come quella propugnata dalla Corte di giustizia comporta una dilatazione dell’interesse ad agire ex art. 100 cod. proc. civ., quale costantemente interpretato dalla giurisprudenza nazionale. Infatti posto che questa condizione dell’azione è intesa come possibilità di conseguire in via diretta ed immediata un vantaggio giuridicamente apprezzabile, e non già un vantaggio ipotetico ed eventuale, secondo la tesi della Corte di giustizia il bene della vita dell’aggiudicazione sarebbe invece rimesso a successive e solo possibili valutazioni dell’amministrazione in via di autotutela. Ma nondimeno non si può che prendere atto del dictum del giudice europeo e della prevalenza che ad esso deve essere attribuita, nell’ambito di un rapporto in cui il principio di autonomia dell’ordinamento processuale del Paese membro è destinato a recedere rispetto alle esigenze di effettività della tutela giurisdizionale perseguite a livello sovranazionale.
15. Venendo allora all’esame dei motivi di ricorso principale della Q. – 2001, con essi si assume innanzitutto che le imprese facenti parte del raggruppamento temporaneo aggiudicatario avrebbe dato luogo ad un’associazione in partecipazione ex art. 2549 cod. civ., vietata ai sensi dell’art. 37, comma 9, d.lgs. n. 163 del 2006. Ciò in ragione del fatto che a fronte della suddivisione orizzontale dell’attività di preparazione e confezionamento dei pasti – rispettivamente 65 e 35 per cento la mandataria M. S. R. e la mandante G.F.I. Food – quest’ultima non ha la disponibilità di un centro di cottura, invece richiesta dall’art. 19 del capitolato speciale d’appalto, cosicché alla stessa è impedito di avvalersi del centro di cottura dichiarato invece dalla mandataria.
16. Con un ulteriore censura la Q. – 2001 deduce che la medesima mandante sarebbe priva dei requisiti di capacità tecnico-professionale richiesti per partecipare alla gara, a causa della mancanza di un centro di cottura.
17. Sotto un distinto profilo, questa carenza rileverebbe in termini di falsa dichiarazione resa dalla medesima G.F.I. Food ai fini della partecipazione alla gara, nella parte relativa alla disponibilità di tale struttura.
18. Inoltre, a causa della medesima mancanza, l’aggiudicatario assumerebbe i connotati di un raggruppamento temporaneo di tipo verticale, in contrasto con la suddivisione orizzontale delle attività di preparazione e confezionamento dei pasti e con l’assenza di prestazioni scorporabili.
19. Le censure vertono sull’unitario presupposto del centro di cottura e possono pertanto essere esaminate in modo congiunto. Le stesse vanno respinte.
20. In primo luogo, come infatti deducono le controinteressate, il centro di cottura costituisce un elemento di esecuzione del contratto e non requisito di partecipazione alla gara. Ciò si evince dal § 4, lett. f), del disciplinare di gara, ai sensi del quale i concorrenti sono tenuti ad indicare e documentare «la disponibilità, entro la data di stipula del contratto, di un proprio centro di cottura (in proprietà o locazione finanziaria) nel raggio massimo di 20 km dalla Casa comunale». Ne segue che nell’ambito della procedura di affidamento è necessario e sufficiente fornire la prova di potere acquisire questa disponibilità.
21. In questa chiave va dunque interpretato l’art. 19 del capitolato, richiamato dall’appellante, secondo cui in caso di raggruppamento temporaneo di imprese l’autorizzazione sanitaria necessaria a svolgere il servizio deve essere posseduta «da tutte le imprese facenti parte dell’A.T.I.». L’autorizzazione sanitaria cui si riferisce questa clausola contrattuale deve in particolare essere rilasciata in vista della stipula del contratto. Ciò risponde del resto ad esigenze di massima partecipazione alla gara, dal momento che l’effettiva disponibilità di un idoneo centro di cottura nelle vicinanze del luogo in cui il servizio deve essere prestato è ragionevolmente esigibile solo una volta acquisita la commessa.
22. Inoltre, ai fini della partecipazione la G.F.I. Food ha dichiarato di disporre del centro di cottura acquisito nell’ambito del contratto di cessione del ramo di azienda (prodotto in copia in sede di gara) dalla ditta Geli Pasti di Parmentola Ferdinando. Ebbene, su tale circostanza la Q. – 2001 non svolge alcuna contestazione.
23. Con un ulteriore motivo l’appellante sostiene che la suddivisione percentuale delle poc’anzi richiamate attività di preparazione e confezionamento dei pasti «non è idonea a far ritenere adempiuta la disposizione di cui al comma 4 dell’art. 37 d.lgs. 163/06 atteso che trattasi di una suddivisione meramente percentuale senza che sia chiaro quale ditta si occuperà materialmente della produzione e trasporto pasti presso i vari (nella specie cinque) plessi scolastici serviti».
24. Il motivo è tuttavia infondato, poiché la suddivisione percentuale delle quote di contratto assunte da ciascun componente di un raggruppamento temporaneo di imprese ai sensi dell’art. 37, comma 4, d.lgs. n. 163 del 2006 è conforme alla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, ed in particolare dell’Adunanza plenaria (sentenza del 13 giugno 2012, n. 22). In questa pronuncia si è infatti affermato che l’obbligo imposto da tale disposizione «deve ritenersi assolto sia
in caso di indicazione, in termini descrittivi, delle singole parti del servizio da cui sia evincibile il riparto di esecuzione tra le imprese associate, sia in caso di indicazione, in termini percentuali, della quota di riparto delle prestazione che saranno eseguite tra le singole imprese, tenendo conto della natura complessa o semplice dei servizi oggetto della prestazione e della sostanziale idoneità delle indicazioni ad assolvere alle finalità di riscontro della serietà e affidabilità dell’offerta ed a consentire l’individuazione dell’oggetto».
Nel caso di specie il servizio ha ad oggetto la preparazione di circa 500 pasti giornalieri da consegnare a cinque plessi scolastici del Comune di Orta d’Atella (art. 1 del capitolato speciale). Quindi, sulla base della suddivisione percentuale sopra richiamata, risulta chiaro che di questi 500 pasti il 65% sarà preparato dalla mandataria M. S. R. e il restante 35% dalla mandante G.F.I. Food. Non si vede invece quale altra specificazione sarebbe stata richiesta a fronte di un simile oggetto contrattuale.
25. Con un ulteriore motivo d’appello la Q. – 2001 sostiene che il contratto di avvalimento cui la M. S. R. ha fatto ricorso con la G.L.M. Ristorazione s.r.l. per qualificarsi sul piano economico – finanziario (fatturato per servizi analoghi conseguito nel triennio 2013-2015) sarebbe indeterminato a causa dell’assenza di indicazioni circa le risorse e i mezzi concretamente messi a disposizione per l’esecuzione dell’appalto.
26. In contrario deve tuttavia rilevarsi che l’avvalimento è qualificabile come “di garanzia” e che, secondo il condivisibile orientamento giurisprudenziale di questo Consiglio di Stato, questa tipologia di contratto ex art. 49 d.lgs. n. 163 del 2006 non implica il coinvolgimento di aspetti specifici dell’organizzazione della impresa, dacché la possibilità che essi non siano specificati in contratto e nella dichiarazione resa alla stazione appaltante, se non rispondenti ad un concreto interesse della stazione appaltante (in questo senso: Cons. Stato, III, 17 novembre 2015, n. 5703, 4 novembre 2015, nn. 5038 e 5041, 2 marzo 2015, n. 1020, 6 febbraio 2014, n. 584; IV, 29 febbraio 2016, n. 812, che ha specificato che il requisito prestato serve essenzialmente non già ad arricchire un’impresa ausiliata che già possiede gli altri requisiti di partecipazione, ma solo a fornire risorse di carattere economico e finanziario, senza effettivo coinvolgimento di mezzi, attrezzature o personale; V, 22 dicembre 2016, n. 5423, 15 marzo 2016, n. 1032, 22 ottobre 2015, n. 4860).
In altri termini l’affidabilità sul piano economico-finanziario richiesta dalla stazione appaltante non riposa sulla disponibilità di specifici elementi dell’azienda, ma sulla complessiva capacità di quest’ultima di generare un volume d’affari minimo ed in grado di dimostrare che la concorrente, attraverso l’avvalimento dell’impresa ausiliaria, è in grado di produrre una simile fatturato. A questo scopo non è dunque necessario che l’impegno di quest’ultima di mettere a disposizione la propria capacità per l’esecuzione dell’appalto si riferisca a singoli elementi dell’azienda, la cui rilevanza potrebbe invece porsi ai fini della qualificazione sul piano tecnico-professionale. E’ invece indispensabile che l’ausiliaria assuma la responsabilità solidale con la concorrente per l’esecuzione del contratto ai sensi dell’art. 49, comma 4, d.lgs. n. 163 del 2006 e questa assunzione di responsabilità risulta dal contratto di avvalimento in questione.
27. La Q. – 2001 ritiene inoltre illegittima l’aggiudicazione a favore delle imprese controinteressate benché le stesse nell’individuare i mezzi, le attrezzature e il materiale utilizzato per l’esecuzione del servizio, ai sensi del § 4, lett. g) e k), del disciplinare di gara, avrebbero omesso di indicare gli autoveicoli da adibire al trasporto dei pasti, con i requisiti di idoneità previsti dall’art. 14 del capitolato speciale.
28. Sennonché anche questo motivo è infondato, perché – come per il centro di cottura – gli autoveicoli in questione costituiscono mezzi necessari per l’esecuzione del contratto. Ciò si evince dalla citata lett. k) del § 4 del disciplinare, secondo i concorrenti avrebbero dovuto obbligarsi «in caso di aggiudicazione, a mettere a disposizione idonei mezzi di trasporto». Quindi, deve ritenersi che ai fini della partecipazione alla gara era sufficiente rendere questa dichiarazione e assumere il conseguente impegno nei confronti della stazione appaltante.
Ciò è appunto quanto avvenuto per entrambe le dichiarazioni presentate dalle imprese facenti parte del raggruppamento temporaneo aggiudicatario in ossequio al § 4) del disciplinare di gara più volte citato, come risulta ancora una volta dai documenti di causa.
29. Con ulteriori censure la Q. – 2001 assume che il centro di cottura indicato dalla M. S. R. non sarebbe idoneo allo svolgimento delle attività di preparazione, cottura e consegna di pasti da asporto, dal momento che lo stesso risulta assentito dal punto di vista sanitario per la categoria ateco 56.29.10 (mense – esercizio di somministrazione – mense per la ristorazione collettiva con cucina), mentre l’autorizzazione sanitaria avrebbe dovuto avere ad oggetto le attività di cui al codice ateco 56.29.20 (catering continuativo su base contrattuale – fornitura di pasti preparati per imprese di trasporto, ospedali, scuole ecc.).
30. Inoltre, la medesima mandante avrebbe dichiarato di averne la disponibilità a titolo di locazione semplice, quando invece il disciplinare di gara richiede la proprietà o la locazione finanziaria.
31. Entrambe le censure non sono fondate.
Con riguardo alla prima è sufficiente rilevare che l’impossibilità di svolgere il servizio in contestazione, di preparazione, cottura e consegna di pasti da asporto, se non sulla base di un autorizzazione sanitaria per il settore di attività ateco 56.29.20 – e cioè: catering continuativo su base contrattuale, fornitura di pasti preparati per imprese di trasporto, ospedali, scuole ecc. – è solo affermata, ma non dimostrata dall’appellante. In particolare, non è dato evincere come le attività di gestione di mense, l’esercizio di somministrazione e di mense per la ristorazione collettiva con cucina siano estranee al servizio medesimo e ne impediscano il legittimo svolgimento.
32. Quanto al titolo di disponibilità del centro di cottura, deve convenirsi con le controinteressate in ordine al fatto che il riferimento alla locazione finanziaria, espressamente contemplato nel disciplinare di gara, a differenza della locazione semplice, deve essere interpretato come esemplificativo. Infatti, la locazione finanziaria (leasing)non fornisce garanzie di stabilità del godimento del bene a favore del locatario maggiori di quelle della locazione semplice.
33. La Q. – 2001 sostiene inoltre che la M. S. R. difetterebbe del requisito di idoneità professionale richiesto dal § 6) del disciplinare di gara, e consistente nell’«iscrizione del concorrente all’esercizio di attività inerente all’oggetto dell’appalto» presso la Camera di commercio. Deduce infatti l’appellante che «sebbene l’attività di refezione scolastica sembri entrare nell’oggetto sociale» della capogruppo del raggruppamento aggiudicatario, nondimeno dalla visura camerale in atti la stessa società risulta iscritta per l’attività di “produzione di piatti pronti” di cui al codice ateco 10.85.00. Al riguardo la Q. – 2001 sottolinea che questa attività è «sostanzialmente e radicalmente differente da quella di preparazione pasti da asporto (56.29.10) visto che appartiene ad una divisione (“10” che è quella relativa alle “Industrie Alimentari”) nemmeno analogicamente comparabile a quello dell’attività oggetto di gara (“56” relativa alle “Attività e servizi di ristorazione”)».
34. Ora, se da un lato questa censura smentisce quella relativa all’idoneità dal punto di vista sanitario del centro di cottura della M. S. R. – per il quale l’appellante aveva infatti ritenuto necessaria l’autorizzazione per l’attività di cui al codice ateco 56.29.20, anziché al codice 56.29.10 – dall’altro lato la stessa si rivela infondata. Infatti, secondo questa prospettazione viene attribuito rilievo determinante ad una classificazione di tipo amministrativo, mentre si svaluta del tutto l’oggetto sociale risultante dallo statuto depositato presso la Camera di commercio.
Ed infatti, come si ricava da tale oggetto sociale l’aggiudicataria svolge l’attività di «somministrazione di alimenti e bevande effettuate nelle mense aziendali e internazionali, nelle mense delle scuole di ogni ordine e grado (…) oltre alla produzione, lavorazione e fornitura di pasti preparati caldi e/o freddi per ospedali, cliniche, case di cura, comunità, aziende, scuole, alberghi…». Da questa descrizione si evince dunque che l’attività svolta dalla Mediterranea Ristorazione Sud è coerente con l’oggetto dell’appalto e che l’eventuale estraneità del codice ateco per la quale essa è iscritta alla Camera di commercio è irrilevante ai fini dell’accertamento della sua abilitazione professionale a svolgere il servizio oggetto del presente giudizio.
35. Residua l’esame dell’ultimo motivo d’appello, con cui la Q. – 2001 torna sulla questione del centro di cottura per impugnare il disciplinare di gara, laddove interpretato nel senso che tale indispensabile elemento aziendale per svolgere il servizio di refezione scolastica rilevi ai soli fini dell’esecuzione dell’appalto e non anche come requisito di partecipazione alla gara. Secondo l’appellante se si seguisse la prima alternativa sarebbero violati il principio di par condicio tra i concorrenti.
36. Il principio richiamato è tuttavia assicurato dalla previsione a carico di questi ultimi di dichiarare di avere la disponibilità del centro di cottura prima della stipula del contratto di appalto, mente le sopra accennate esigenze di massima partecipazione alla gara depongono nel senso contrario a quanto si afferma nel motivo in esame.
Infatti, qualora la disponibilità della struttura fosse richiesta già al momento della gara, la competizione verrebbe ristretta ad operatori già attivi nelle vicinanze del Comune destinato ad essere servito, mentre alle imprese operanti altrove verrebbero richieste di investire anticipatamente, con l’acquisizione di disponibilità di strutture, in vista di una semplice possibilità di ottenere una nuova commessa. Dall’altro lato, l’amministrazione è garantita attraverso l’impegno assunto in sede di gara in vista della futura esecuzione e dunque attraverso un obbligo giuridicamente vincolante e il cui inadempimento è fonte di responsabilità per il concorrente.
37. In conclusione, l’appello deve essere accolto solo in parte, e cioè nei limiti della dichiarazione di improcedibilità del ricorso principale di primo grado della Q. – 2001. Questo mezzo deve infatti essere respinto nel merito, poiché infondato. La sentenza di primo grado deve invece essere confermata in relazione all’accoglimento del ricorso incidentale delle società M. S. R. e G.F.I. Food.
Le spese del doppio grado di giudizio possono essere integralmente compensate in ragione della natura delle questioni controverse.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte, nei sensi di cui in motivazione, e per l’effetto, in parziale riforma della sentenza di primo grado, pronunciando sul ricorso principale della Q. – 2001 soc. coop. sociale, lo dichiara procedibile e lo respinge nel merito; conferma nel resto la sentenza appellata.
Compensa le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 giugno 2017 con l’intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli, Presidente
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere
Fabio Franconiero, Consigliere, Estensore
Raffaele Prosperi, Consigliere
Alessandro Maggio, Consigliere
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Fabio Franconiero | Carlo Saltelli | |
IL SEGRETARIO
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