Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 820 depositata il 20 febbraio 2014
Fatto
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Napoli, Sez. I, con la sentenza 20 febbraio 2013, n. 927, ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario in relazione al ricorso e ai connessi motivi aggiunti, proposti dall’attuale appellante, per l’annullamento del provvedimento di approvazione degli atti della selezione comparativa per la scelta del direttore generale della Ambiente reale, Azienda Speciale dotata, a norma di legge (art. 114 del TUEL, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267), di autonomia imprenditoriale.
Secondo il TAR, appartengono alla cognizione del giudice ordinario le controversie relative al rapporto di lavoro del personale degli enti pubblici economici, come nella specie, anche se inerenti alla procedura concorsuale che precede la costituzione del suddetto rapporto, in quanto la discrezionalità che permea la fase concorsuale non è espressione di una potestà pubblica di autorganizzazione ma esercizio di capacità e poteri di matrice privatistica, sindacabile dal giudice ordinario sia sotto il profilo del rispetto delle disposizioni normative e contrattuali che sotto l’aspetto dell’osservanza dei principi generali di correttezza, di tutela dell’affidamento legittimo e di divieto dell’abuso del diritto.
L’appellante contestava la sentenza del TAR deducendone l’erroneità quanto alla determinazione della giurisdizione.
Si costituivano il Comune, l’Azienda Speciale e la controinteressata chiedendo il rigetto dell’appello.
Alla Camera di Consiglio del 10 dicembre 2013 la causa veniva trattenuta in decisione.
Diritto
Ritiene il Collegio che l’individuazione, operata dal TAR, del giudice dotato di giurisdizione sulla vicenda oggetto del presente giudizio sia erronea e vada, invece, affermata la giurisdizione del giudice adito (GA).
La vicenda per cui è controversia riguarda la posizione giuridica della dott.ssa Tufano, attuale appellante, già direttore generale della “Ambiente Reale”, Azienda Speciale multiservizi del Comune di Boscoreale, dal 27.7.2009 al 7.8.2012, data in cui l’incarico era cessato.
Con provvedimento in data 13.8.2012, n. 17066, il Commissario Straordinario del Comune di Boscoreale aveva indetto, mediante avviso pubblico, una selezione comparativa per l’individuazione e designazione del nuovo direttore generale, cui l’appellante aveva partecipato, inviando nei termini la domanda di partecipazione e gli altri documenti richiesti dall’avviso.
In data 22.10.2012, perveniva la nota 11.10.2012, con la quale il Commissario Straordinario del Comune di Boscoreale comunicava che all’esito della selezione la scelta, effettuata alla luce delle esigenze dell’Amministrazione, si era indirizzata verso altro candidato.
Alla luce di tale sintetica descrizione della fattispecie oggetto di giudizio, risulta già ex se evidente che l’avviso pubblico e la conseguente procedura selettiva non è stata svolta dall’azienda speciale, ma direttamente dal Comune (come risulta dal citato provvedimento in data 13.8.2012, n. 17066 del Commissario Straordinario del Comune di Boscoreale), ai sensi e per gli effetti dell’art. 50 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, attraverso una pubblica selezione.
Conseguentemente, alla stregua dell’ormai consolidato indirizzo giurisprudenziale, applicativo peraltro di una norma inequivoca sotto il profilo letterale, l’art. 63, comma 4, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, la giurisdizione non può che appartenere al G.A., restando, “devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni”.
Inoltre, si deve osservare, è pur vero che questo Consiglio, in materia di nomine dei Dirigenti Generali dell’ASL, ha ritenuto che la procedura (svolta a norma dell’art. 15ter d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, introdotto dal d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229) per il conferimento di incarico di direzione di struttura complessa nell’ambito della ASL, non può farsi rientrare nella figura del concorso per l’assunzione al pubblico impiego (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 5.2.2007, n. 432 e 29 agosto 2005, n. 4402) per assenza del requisito della selezione comparativa; tale principio di diritto, tuttavia, riguarda quello specifico incarico e non può ritenersi estensibile al caso di specie, ove l’Amministrazione si è autonomamente determinata a svolgere una procedura selettiva vera e propria con parallela pubblicazione di avviso pubblico, come già detto; procedura che non può che qualificarsi come procedura concorsuale.
Peraltro, anche volendo imputare la selezione all’Azienda Speciale citata, senza intermediazione del Comune (in contraddizione con la natura e il contenuto degli atti indittivi della selezione come sopra indicati), il risultato non può che essere il medesimo, atteso che, da un lato, ai sensi dell’art. 7, comma 2, c.p.a., “Per pubbliche amministrazioni, ai fini del presente codice, si intendono anche i soggetti ad esse equiparati o comunque tenuti al rispetto dei principi del procedimento amministrativo”; tale norma è già di per sé idonea a radicare la giurisdizione del G.A. in relazione ad atti di soggetti che, pur avendo una natura privatistica, come nel caso degli enti pubblici economici, sono tenuti al rispetto dei principi del procedimento amministrativo, come senz’altro avviene nel caso di specie.
Lo conferma, se fosse mai revocabile in dubbio, il testo dell’art. 1, comma 1ter della l. 7 agosto 1990, n. 241 (ulteriormente rafforzato dalla l. cd. anticorruzione 6 novembre 2012, n. 190), secondo cui “I soggetti privati preposti all’esercizio di attività amministrative assicurano il rispetto dei criteri e dei principi di cui al comma 1” (ovvero dei principi del procedimento amministrativo); ed è altrettanto indubbio che un’azienda speciale, se qualificabile come soggetto privato, è preposto (anche) all’esercizio di attività amministrative.
Dunque, già dal combinato disposto degli artt. 7, comma 2, c.p.a. e 1, comma 1ter, della l. 24190 può ritenersi radicata la giurisdizione del Giudice Amministrativo.
Peraltro, un ulteriore argomento militerebbe a favore della giurisdizione del Giudice adito.
Infatti, sotto il profilo sostanziale, deve evidenziarsi che le aziende speciali, così come le società in house, come recentissimamente affermato dalle stesse Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Sentenza 25 novembre 2013, n 26283, ribadito con Ordinanza 2 dicembre 2013, n. 26936), possono essere considerate come enti che rappresentano delle vere e proprie articolazioni della Pubblica Amministrazione, atteso che gli organi di queste sono assoggettate a vincoli gerarchici facenti capo alla Pubblica Amministrazione, i cui dirigenti sono dunque legati alla Pubblica amministrazione da un rapporto di servizio come avviene per i dirigenti preposti ai servizi direttamente erogati dall’ente pubblico (per le Aziende Speciali, qualificate espressamente quali enti strumentali dei Comuni, cfr. Cassazione civile, Sez. Un., 20 giugno 2006, n. 14101).
Entrambe le pronunce della Suprema Corte sono state emesse affermando la responsabilità erariale degli amministratori di tali enti, e dunque relativamente a tale diversa problematica, ma le considerazioni che sono state poste alla base di tali decisioni (ovvero il concetto, si ribadisce, che tali enti sono nient’altro che forme peculiari di articolazione della stessa P.A.) ne legittimano l’estensione anche al tema oggetto del presente appello, ovvero alla natura delle procedure selettive per l’assunzione dei dipendenti; poiché si tratta di procedure poste in essere da soggetti qualificabili come Pubbliche Amministrazioni, per le quali vige il principio del concorso pubblico, esse sono in tutto e per tutto assimilabili alle procedure concorsuali dell’ente pubblico (il Comune) cui l’Azienda Speciale è strumentale; con la conseguenza che la selezione in oggetto, anche se fosse giuridicamente imputabile all’Azienda Speciale, non può che importarne regime giuridico e disciplina e, quindi, per ciò che qui interessa, non può che comportare il rispetto del principio di imparzialità amministrativa nell’assunzione (e non la logica imprenditoriale), con connessa giurisdizione del G.A. per le relative contestazioni.
Peraltro, la stessa Consulta ha ribadito più volte (da ultimo, Corte cost. 23 luglio 2013, n. 227) l’indefettibilità del concorso pubblico come canale di accesso pressoché esclusivo nei ruoli delle pubbliche amministrazioni (fattispecie riguardante proprio società in house, dunque parificate a tali fini alle PP.AA.).
Infine, deve considerarsi che l’art. 18 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, così come modificato dalla legge di conversione, l. 6 agosto 2008, n. 133, ha affermato che le società che gestiscono servizi pubblici locali a totale partecipazione pubblica, sono obbligate a dotarsi, mediante “propri provvedimenti”, di criteri e modalità per il reclutamento del personale conformi ai principi richiamati dall’art. 35, comma 3, del d. lgs. 30 marzo 2001, n. 165 in materia di reclutamento del personale; il legislatore ha inteso introdurre, a carico delle predette società a partecipazione pubblica vincoli di trasparenza, imparzialità, pubblicità ed economicità in particolare per il reclutamento del personale che, di regola, l’art. 97 della Costituzione impone per le PP.AA. e gli enti pubblici strettamente intesi.
Tale attenzione legislativa rende dunque obsoleto e non più condivisibile l’indirizzo già espresso da questa Sezione (e ancora di recente confermato, cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 14 febbraio 2012, n. 712), secondo cui “appartengono alla cognizione del giudice ordinario le controversie relative al rapporto di lavoro del personale degli enti pubblici economici, anche se inerenti alla procedura concorsuale che precede la costituzione del suddetto rapporto, in quanto la discrezionalità che permea la fase concorsuale non è espressione di una potestà pubblica di autorganizzazione ma esercizio di capacità e poteri di matrice privatistica”.
Naturalmente, se le considerazioni appena fatte valgono per le società (in house), che restano enti formalmente privati, deve valere a maggior ragione per le Aziende Speciali, come nel caso di specie, che sono enti che conservano natura pubblica, non possedendo nemmeno uno statuto privatistico di tipo societario e non relazionandosi con l’ente istitutivo secondo modelli e schemi privatistici.
Infine, l’eccepito difetto di interesse non può essere esaminato in questa sede, trattandosi di questione legata ad una condizione dell’azione che presuppone, imprescindibilmente, la soluzione della questione di giurisdizione, quale presupposto del processo.
Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere accolto e la sentenza impugnata deve esser annullata, rimettendo la causa al primo giudice ai sensi dell’art. 105, comma 1, c.p.a.
Le spese di lite del presente grado di giudizio possono essere compensate, sussistendo giusti motivi.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta),
definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto, lo accoglie, annullando la sentenza impugnata e rimettendo la causa al TAR ai sensi dell’art. 105, comma 1, c.p.a.
Compensa le spese di lite del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 dicembre 2013 con l’intervento dei magistrati:
Alessandro Pajno, Presidente
Carlo Saltelli, Consigliere
Paolo Giovanni Nicolò Lotti, Consigliere, Estensore
Antonio Amicuzzi, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 20 FEB. 2014
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