Consiglio di Stato sezione II sentenza n. 5086 depositata il 3 novembre 2017
LAVORO – SICUREZZA SUL LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – RICONOSCIMENTO DELLA DIPENDENZA DELLE INFERMITA’ DA CAUSA DI SERVIZIO – COMITATO DI VERIFICA DELLE CAUSE DI SERVIZIO
FATTO
Con il primo (per ordine temporale) ricorso in appello, (omissis), premesso di essere Assistente capo della polizia di Stato, in servizio presso la (omissis) con l’incarico di Addetto Nucleo Servizi, espone di essere stato coinvolto in un incidente stradale il 6 aprile 1996, e, conseguentemente, di aver proposto istanza affinché le patologie di cui era (ed è) affetto (omissis) fossero riconosciute come dipendenti da causa di servizio, ricevendo riscontro positivo dalla Commissione Medica del Cento Militare di Medicina Legale di Torino, con verbale n. 172312004, dell’11 aprile 2006. Espone, ancora, di essere rimasto nuovamente vittima di ulteriori eventi traumatici connessi al servizio, e che la Commissione Medica Ospedaliera di La Spezia (con verbale notificato in data 27 ottobre 2009) lo aveva giudicato idoneo al servizio e tale decisione era confermata dalla Commissione Medica di II Istanza con il provvedimento gravato in primo grado al pari del verbale n. 446109 datato 17 dicembre 2009 (su cui il giudizio di idoneità si fonda).
Censura ora la sentenza del T.A.R. per la Liguria, Sez. II, 29 novembre 2012 n. 1523, non notificata, chiedendone l’annullamento per erroneità per i seguenti motivi:
I – violazione e falsa applicazione dell’art. 2 d.P.R. 25 ottobre 1981 n. 738, in relazione all’art. 6 comma 6, d.P.R. 29 ottobre 2001 n. 461 e difetto del presupposto, in quanto – con riguardo ai vizi formali relativi alla composizione dell’organismo – l’analisi del giudice di prime cure sarebbe errata, non avendo ritenuto necessaria l’indicazione, nel verbale gravato, delle specifiche qualifiche dei componenti della Commissione, in ragione della specializzazione medica della stessa;
II – violazione del richiamato art. 2, d.P.R. n. 738 del 1981, in relazione all’art. 165, d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092 e dell’art. 6, commi 2, 3 e 4, d.P.R. 29 ottobre 2001 n. 461, difetto assoluto del presupposto e manifesta contraddittorietà ed ingiustizia, perché erroneamente il giudice di prime cura avrebbe considerato la dedotta mancata integrazione della commissione con uno specialista, come censura meramente astratta;
III – violazione dell’art. 1, d.P.R. n. 738 del 1981, difetto assoluto di presupposto ed eccesso di potere per illogicità manifesta, poiché dalla documentazione medica non sarebbe – asseritamente – che potuto discendere un giudizio di inidoneità ai servizi operativi;
IV – violazione dell’art. 3, l. n. 241 del 1990 e carenza di motivazione, in quanto l’atto gravato sarebbe stato corredato da una motivazione ‘standardizzata’ e, dunque, non sufficiente.
Di seguito, l’appellante chiede l’accertamento della non idoneità permanente ai servizi operativi ed il risarcimento dei danni “in re ipsa” per essere costretto a svolgere un servizio che non sarebbe, al contrario, permesso dalle sue condizioni.
Formula istanza istruttoria in relazione alla documentazione necessaria ed anche la nomina di un CTU.
L’Amministrazione si è costituita per resistere.
Con il secondo (sempre per ordine di proposizione) ricorso in appello, l’istante impugna la sentenza del T.A.R. per la Liguria, Sez. II, 31 ottobre 2013 n. 1285, non notificata, con cui era respinto il ricorso proposto in primo grado, per l’annullamento del parere del Comitato di verifica per le cause di servizio presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze (di seguito CVCS), che aveva valutato che l’infermità (omissis) non poteva riconoscersi dipendente da fatti di servizio, in quanto (omissis) e del decreto del Ministero dell’Interno n. 1615 del 4 aprile 2012, con cui era respinta la domanda di dipendenza da causa di servizio ed anche la domanda di equo indennizzo presentata in data 23 ottobre 2014.
Chiede l’appellante, dunque, la riforma della sentenza per erroneità per i seguenti motivi:
I – violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3, 10 bis e 21 octies della l. n. 241 del 1990, nonché degli artt. 2, 5 comma 3 e 7 comma 2, d.P.R. 29 ottobre 2001 n. 461 e degli artt. 63, comma 4 e 64 comma 1, d.lgs. n. 104 del 2 luglio 2010, in quanto gli sarebbe stato precluso di fornire ulteriori, elementi non essendo state rispettate le garanzie procedimentali;
II – violazione dell’art. 10 comma 2 e 4, d.P.R. n. 461 del 2001, poiché erroneamente il Tribunale avrebbe ritenuto che la norma menzionata farebbe riferimento al plenum del Comitato, mentre la fattispecie sarebbe regolata dal comma 6 dello stesso art. 10 ed, inoltre, non sarebbe comunque stata esplicitata la motivazione della non necessità della riunione plenaria;
III – violazione degli artt. 11 comma 2 e 14 d.P.R. n. 461 del 2001 nonché dell’art. 16 comma 2 l. n. 241 del 1990, poiché – a differenza di quanto rilevato dal primo giudice – l’inosservanza dei termini procedimentali previsti avrebbe comportato la decadenza del CVCS dal potere di adottare il parere di competenza;
IV – violazione dell’art. 3, l. n, 241 del 1990, anche in relazione al d.P.R. n. 461 del 2001, poiché la domanda avrebbe correttamente fatto menzione dell’aggravamento come dipendente da un sinistro stradale in occasione di un pattugliamento presso il valico di frontiera, mentre il CVCS si era limitato a ritenere che la patologia fosse una forma morbosa derivante nella maggior parte dei casi non da causa di servizio;
V – violazione dell’art. 3 anche in relazione agli artt. 5, 6 e 7 e 11, d.P.R. n. 461 del 2001, anche in relazione al contrasto di parere tra Commissione medica e deliberazione del Comitato di verifica, dovendo il Comitato spiegare le ragioni per cui riteneva di aderire al parere del CVCS.
Si costituiva anche in tale giudizio l’Amministrazione per resistere all’appello.
A seguito del deposito di successive memorie e di discussione all’udienza pubblica del 19 ottobre le cause sono state trattenute in decisione.
DIRITTO
1 – Osserva il Collegio, in via preliminare che i giudizi devono essere riuniti per evidenti profili di connessione oggettiva e soggettiva, nel rispetto del principio di economia processuale e sinteticità.
2 – I ricorsi proposti in appello sono entrambi infondati.
3 – Quanto al primo ricorso in appello, deve rilevarsi, innanzitutto, che le censure meramente formali attinenti alla composizione della Commissione non possono essere condivise. La Commissione che svolto gli accertamenti, infatti, è composta da medici, identificabili, nel verbale gravato, attraverso le firme che risultano apposte dai partecipanti e dal relativo timbro.
Evidentemente, peraltro, rientra nel giudizio, espressione di discrezionalità tecnica – sindacabile da questo giudice nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza – anche la scelta inerente la non necessità di integrare ulteriormente la composizione con uno specialista. Deve ritenersi che tale decisione non richieda una espressa motivazione, poiché anzi, al contrario, l’esplicitazione della ragione sarebbe stata necessaria per il sol caso in cui fosse stata adottata la scelta di integrare le valutazioni della Commissione con l’apporto di uno specialista, costituendo (secondo la disposizione normativa invocata) tale eventuale ipotesi una eccezione rispetto all’ordinario svolgimento degli accertamenti tecnici.
Del resto – come correttamente evidenziato dal giudice di prime cure – l’assenza di profili di irragionevolezza e travisamento nel giudizio tecnico-discrezionale gravato risulta confermata dalla verificazione effettuata nel corso del giudizio di primo grado.
Pertanto, la valutazione censurata in primo grado appare essere stata sottoposta al c.d. sindacato intrinseco del giudice amministrativo, esteso alla verifica dell’attendibilità delle operazioni tecniche quanto alla correttezza dei criteri utilizzati e della loro applicazione, secondo i canoni elaborati dalla giurisprudenza ormai consolidata in tema di discrezionalità tecnica (Consiglio di Stato, Sezione VI, Sentenza 11 marzo 2015, n. 1257).
La motivazione del giudizio espresso dalla Commissione si appalesa, dunque, sia pur sinteticamente espressa, puntuale e non smentita dalle ulteriori risultanze istruttorie.
Ne discende che non appare necessario svolgere l’altra attività di scrutinio tecnico come vorrebbe invece l’appellante nel riproporre la domanda di nomina di un consulente tecnico d’ufficio.
4 – L’appello avverso la sentenza del T.A.R. per la Liguria, Sez. II, 29 novembre 2012 n. 1523, pertanto, deve essere respinto e, conseguentemente, deve essere rigettata la richiesta di accoglimento – in riforma della sentenza di prime cure – della domanda svolta con il ricorso di primo grado.
5 – Con riferimento al secondo giudizio, quanto alla dedotta mancata valutazione da parte del giudice di prime cure delle violazioni delle garanzie procedimentali ed alla conseguente erroneità della sentenza oggetto di appello, deve ritenersi, che il procedimento non appare viziato dalla mancata applicazione dell’art. 10-bis della legge n. 241/1990.
Con una giurisprudenza ormai consolidata, infatti, si è affermato che la mancata comunicazione del preavviso di rigetto non comporta ex se l’illegittimità del provvedimento finale, in quanto la norma sancita dall’art. 10 bis cit., va interpretata alla luce del successivo art. 21 octies, co. 2, l. n. 241 del 1990, il quale, nell’imporre al giudice di valutare il contenuto sostanziale del provvedimento e di non annullare l’atto nel caso in cui le violazioni formali non abbiano inciso sulla legittimità sostanziale del medesimo, rende irrilevante la violazione delle disposizioni sul procedimento o sulla forma dell’atto allorché il contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (cfr., ex plurimis, Cons. giust. amm., 4 luglio 2011, n. 472).
Le conclusioni cui è pervenuto questo Consiglio, circa l’inapplicabilità dell’art. 10 bis cit. ai procedimenti di carattere vincolato, si attagliano al caso di specie, caratterizzato dalla presenza di provvedimento che non avrebbe potuto essere diverso poiché deriva dal recepimento del parere emesso dal CVCS nell’esercizio della propria discrezionalità tecnica.
6 – Relativamente al secondo motivo, vale rilevare quanto il comma 6, d.P.R. n. 461 del 2001: “Il Comitato, quando il Presidente non ravvisa l’utilità di riunione plenaria, funziona suddiviso in più sezioni composte dal Presidente, o dal Vice Presidente, che le presiedono, e da quattro membri, dei quali almeno due scelti tra ufficiali medici superiori e funzionari medici”. Dalla lettura della disposizione emerge con evidenza che la specifica motivazione non può che ritenersi richiesta unicamente per l’ipotesi eccezionale, rispetto all’ordinario procedimento, ovvero – secondo la previsione contenuta nell’inciso – per l’appunto per l’eventualità in cui il Presidente richieda la seduta plenaria.
7 – Relativamente ai termini del procedimento si cui si verte, non è identificabile alcuna disposizione che ne precisi la natura perentoria e preveda a tal riguardo una sanzione specifica. Ne discende che essi non posso che essere ritenuti ordinatori, secondo la regola ermeneutica generalmente riconosciuta, alla luce della quale tutti i termini stabiliti dalla legge normalmente come ordinatori, cioè comandati con autorità, senza che sia prevista una sanzione per l’inosservanza (Consiglio di Stato, Sez. IV, 7 novembre 2002, n. 6074).
8 – Con riferimento ai motivi quarto e quinto, è opportuno svolgere una breve ricostruzione del quadro normativo di riferimento vigente in tema di procedimento per il riconoscimento della causa di servizio ai fini dell’equo indennizzo.
Il d.P.R. n. 461/2001( innovando la disciplina di cui al DPR n.1092/1973) ha disciplinato tre rilevanti aspetti del procedimento per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio : (a) ha fissato la competenza della C.M.O. a diagnosticare l’infermità, a datarne la insorgenza e la conoscibilità, nonché a classificare l’invalidità permanente da essa derivante, esclusa ogni pronuncia sulla causa di servizio; (b) ha attribuito espressamente all’organo collegiale centrale (ora denominata Comitato per la verifica delle cause di servizio) la pronuncia sulla causa di servizio; (c) ha reso vincolante per l’amministrazione la pronuncia del C.V.C.S.( ex CPPO di cui al DPR n.1092/1973), salva solo la facoltà di chiedere (per una sola volta) il riesame da parte dello stesso Comitato.
Su questi aspetti questo Consiglio di Stato, con orientamento costante, ha affermato che “A far data dall’entrata in vigore del D.P.R. 29 ottobre 2001 n. 461, il parere del Comitato di verifica sulla causa di servizio è vincolante per l’Amministrazione, diversamente da quello in precedenza reso dal Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie, che invece era solo obbligatorio; di conseguenza non sussiste alcun obbligo a carico dell’Amministrazione di motivare le ragioni per cui non recepisce il parere della Commissione medica ospedaliera, atteso che, con la nuova disciplina introdotta dal cit. D.P.R. n. 461 del 2001, la procedura per il riconoscimento della causa di servizio è stata sostanzialmente riformata, in quanto la Commissione medica ospedaliera deve pronunciare solo sull’esistenza dell’infermità, mentre è il Comitato di verifica che è chiamato ad esprimere un parere sulla dipendenza da cause di servizio, al quale l’Amministrazione è tenuta a conformarsi, salva soltanto la facoltà di richiedere, motivatamente, un ulteriore parere allo stesso Comitato, al quale è poi tenuta comunque ad adeguarsi” (vedi ex multis, C.d.S., IV Sezione, 4 maggio 2011 n. 2683” (Sez. III, n. 4452/2016).
9 – Pertanto, anche l’appello avverso la sentenza del T.A.R. per la Liguria, Sez. II, 31 ottobre 2013 n. 1285 deve essere respinto e, conseguentemente, la richiesta di accoglimento – in riforma della sentenza di prime cure – della domanda svolta con il ricorso di primo grado.
10 – In considerazione della specifico oggetto delle domande rivolte dall’appellante, sussistono tuttavia giusti motivi per compensare le spese della presente fase di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, li respinge.
Spese della presente fase compensate tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 22, comma 8 D.lgs. 196/2003, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
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