Consiglio di Stato sezione III sentenza n. 5704 depositata il 17 dicembre 2015
N. 05704/2015REG.PROV.COLL.
N. 06370/2015 REG.RIC.
N. 06591/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
1.
sul ricorso numero di registro generale 6370 del 2015, proposto da:
Azienda Ospedaliera Regionale San Carlo di Potenza, rappresentata e difesa dall’avv. Domenico Carlomagno, con domicilio eletto presso Federico Freni in Roma, Via Panama 58;
contro
Biosud S.r.l. in proprio e quale mandataria della costituenda A.t.i. tra Biosud S.r.l., Progetto Ecologia di Albano AC S.r.l. ed Ecological System S.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Pietro Quinto, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, Via Cosseria n. 2;
nei confronti di
Salvaguardia Ambientale S.p.A. in proprio e quale mandataria della costituita A.t.i. Salvaguardia –Mida e Mida Tecnologie Ambientali S.r.l.;
2.
sul ricorso numero di registro generale 6591 del 2015, proposto da:
Salvaguardia Ambientale S.p.A. in proprio e quale mandataria della costituita A.t.i. Salvaguardia –Mida, e Mida Tecnologie Ambientali S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Paolo Borrelli, Lorenzo Passeri Mencucci, con domicilio eletto presso Consulting Srl Cross Legal in Roma, viale Giulio Cesare 71;
contro
Biosud Srl, rappresentata e difesa dall’avv. Pietro Quinto, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, Via Cosseria N. 2;
nei confronti di
Azienda Ospedaliera Regionale San Carlo di Potenza;
per la riforma
quanto al ricorso n. 6370 del 2015 e al ricorso n. n. 6591 del 2015:
della sentenza del T.a.r. Basilicata – Potenza: Sezione I n. 00257/2015, resa tra le parti, concernente affidamento servizio di prelievo, trasporto e smaltimento rifiuti sanitari speciali
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Biosud S.r.l. in proprio e quale Mandataria della costituenda Ati e di Biosud Srl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 novembre 2015 il Cons. Stefania Santoleri e uditi per le parti gli avvocati Freni su delega di Carlomagno e Lancieri su delega di Quinto, Borrelli, Passeri Mencucci e Lancieri su delega di Quinto;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con determinazione direttoriale n. 443 del 5 novembre 2012, l’Azienda Ospedaliera Regionale “San Carlo” di Potenza ha indetto una procedura aperta per l’affidamento quinquennale del servizio di prelievo, trasporto e smaltimento dei rifiuti sanitari e speciali, da aggiudicarsi con il criterio del massimo ribasso.
Hanno partecipato alla gara soltanto l’A.t.i. Salvaguardia –Mida e Mida Tecnologie Ambientali S.r.l., e l’A.t.i. Biosud S.r.l. Progetto Ecologia di Albano AC S.r.l. ed Ecological System S.r.l. (in seguito A.t.i. Salvaguardia-Mida e A.t.i. Biosud).
Nella seduta del 1° luglio 2013 la Commissione di gara ha escluso il raggruppamento Biosud per mancanza dei requisiti tecnici richiesti dalla lex specialis di gara, e con determinazione n. 13.2013/00344 del 16.07.2013 dell’Azienda ospedaliera regionale “San Carlo” di Potenza, il servizio è stato aggiudicato al raggruppamento Salvaguardia-Mida.
Con ricorso proposto dinanzi al T.A.R. Basilicata, l’a.t.i. Biosud ha impugnato il proprio provvedimento di esclusione dalla gara, il provvedimento di aggiudicazione del servizio a favore della controinteressata a.t.i. Salvaguardia-Mida, i verbali di gara, l’allegato 1 al disciplinare di gara recante “caratteristiche tecniche del servizio”, il disciplinare di gara; con successivi motivi aggiunti ha integrato le censure già proposte con il ricorso introduttivo specificando tutti i codici CER oggetto di gara, chiedendo l’annullamento del provvedimento di ammissione alla gara del concorrente aggiudicatario per assenza dei requisiti di carattere economico e tecnico.
In diritto, la ricorrente ha dedotto, per più profili, la violazione e falsa applicazione di legge (artt. 37, 38, 46 e 46, n. 1-bis del d.lgs. 163/2006; legge e disciplinare di gara) e l’eccesso di potere (erronea e falsa presupposizione; disparità di trattamento; irrazionalità ed ingiustizia manifesta), nonché, in subordine, la violazione dei principi di continuità e concentrazione delle operazioni di gara, e del buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa.
Si è costituita l’Azienda ospedaliera resistente, concludendo per il rigetto del ricorso per sua infondatezza.
Il raggruppamento controinteressato, ritualmente costituitosi, ha eccepito l’inammissibilità del ricorso e la sua l’infondatezza nel merito.
Con la sentenza impugnata il primo giudice ha respinto il ricorso avverso l’esclusione del a.t.i. Biosud, ed ha accolto il ricorso, limitatamente alla mancata esclusione dalla gara dell’a.t.i. aggiudicataria, e per l’effetto ha annullato la sua ammissione alla gara con conseguente illegittimità degli atti successivi e dell’aggiudicazione.
Ha quindi dichiarato l’inefficacia del contratto stipulato con l’a.t.i. aggiudicataria, con effetti dall’emanazione della stessa pronuncia, tenuto conto degli interessi delle parti, in applicazione dell’art. 122 del c.p.a.
Detta sentenza è stata appellata con ricorso RG. 6370/2015 dall’Azienda Ospedaliera con quattro motivi diretti a censurare le statuizioni del primo giudice che ha ritenuto:
__1. la sussistenza della legittimazione della società ricorrente in primo grado ad impugnare l’aggiudicazione nonostante la propria preventiva esclusione dalla gara;
__2. la genericità delle referenze bancarie prodotte dall’aggiudicataria in sede di gara a comprova del possesso dei requisiti di capacità economica e finanziaria;
__3. l’asserita difformità delle modalità di smaltimento dei rifiuti di cui al codice CER 180110* prescelta dall’A.t.i. aggiudicataria rispetto alle disposizioni di gara;
__4. la riscontrata mancata individuazione, in ordine alle altre tipologie di rifiuti pericolosi e non pericolosi, previsti dall’Allegato 1.A dei documenti di gara, dell’impianto principale e degli impianti secondari atti allo smaltimento e/o recupero dei rifiuti.
La suddetta sentenza è stata impugnata con ricorso RG. 6591/2015 anche dall’aggiudicataria che ha dedotto in estrema sintesi:
__1. l’inammissibilità del ricorso introduttivo per contraddittorietà dei motivi di ricorso;
__2. il difetto di legittimazione della società Biosud alla stregua dei principi espressi dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 4/11 e l’erronea applicazione dei principi di cui alla sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 9/14:
__3. l’erroneità della sentenza n. 257/2015 relativamente all’accoglimento del IV motivo del ricorso presentato dalla società Biosud, relativo alla questione delle modalità di smaltimento dei rifiuti di cui al codice CER 180110;
__4. l’erroneità della sentenza gravata 257/2015 (punto 5.2) in merito all’accoglimento del motivo IV del ricorso introduttivo relativo alla presunta rilevanza della omessa distinzione fra impianti principali ed impianti secondari, limitatamente alle operazioni di inertizzazione e smaltimento dei rifiuti di cui ai codici CER 160601, 160602, 150104; 160209;
__5. l’erroneità della sentenza n. 275/2015 in merito all’accoglimento del III° motivo del ricorso Biosud, relativo alle referenze bancarie del RTI Salvaguardia – MIDA.
I due atti di appello introducono, quindi, in buona sostanza, le medesime censure alla sentenza impugnata: l’appello della aggiudicataria ripropone in aggiunta la questione relativa all’inammissibilità del ricorso di primo grado per contraddittorietà tra i motivi respinta dal primo giudice.
Si è costituita nel giudizio l’a.t.i. Biosud che ha replicato alle censure proposte, chiedendo il rigetto dell’appello. Nel costituirsi in giudizio ha riproposto le censure sollevate in primo grado dichiarate assorbite dal T.A.R.
In prossimità dell’udienza di discussione le parti hanno depositato scritti difensivi.
All’udienza pubblica del 12 novembre 2015 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Ritiene la Sezione di dover disporre preventivamente la riunione dei due ricorsi ai sensi dell’art. 96 comma 1 c.p.a., trattandosi di appelli avverso la stessa sentenza.
Ritiene, inoltre, per completezza espositiva, di dover esaminare prioritariamente le censure di merito seguendo l’ordine dei motivi di appello contenuti nell’impugnazione dell’Azienda Ospedaliera “San Carlo” di Potenza, riservando all’esito la pronuncia sugli aspetti di rito.
Deve essere quindi scrutinato il motivo di appello relativo alle referenze bancarie prodotte dall’aggiudicataria (II° motivo dell’Azienda Ospedaliera e V° motivo dell’aggiudicataria), ritenute dal primo giudice non rispondenti al disciplinare di gara.
L’art. 16, punto A.4) del disciplinare, riprendendo quanto previsto dall’art. 41, lett. a), d.lgs. n. 163/2006, dispone che gli offerenti dovevano essere in possesso del requisito di capacità economica e finanziaria attestata da almeno due istituti bancari o intermediari autorizzati ai sensi del d.lgs n. 385/1993.
Il primo giudice ha ritenuto non idonee le referenze bancarie rilasciate alla Salvaguardia Ambientale e alla Mida Tecnologie Ambientali dall’agenzia 2 di Crotone della Banca Popolare del Mezzogiorno, in quanto eccessivamente generiche (ha ritenuto invece idonee le referenze bancarie rilasciate dagli altri due istituti di credito, UniCredit S.p.a. e Banco di Napoli).
In entrambi i casi la filiale dell’istituto di credito ha dichiarato che “la società nostra cliente” “è titolare di rapporti bancari presso di noi” “la gestione di detti rapporti non fa registrare disguidi”, dichiarazioni che secondo il primo giudice “non provano l’assenza di situazioni passive tali da inficiare la solidità delle imprese, né forniscano una qualche dimostrazione della capacità finanziaria in relazione alla partecipazione all’appalto di cui è questione”: secondo il T.A.R. “dare atto che un’impresa non fa registrare disguidi, non equivale ad affermare che la medesima impresa abbia la capacità economica e finanziaria per farsi carico anche delle obbligazioni conseguenti all’eventuale aggiudicazione dell’appalto messo a gara”,, tanto più che nelle lettere di referenze non è neanche menzionato lo specifico appalto, e in un caso neppure è indicato il nominativo della società richiedente la referenza.
La tesi del primo giudice non può essere condivisa alla luce dei rilievi svolti dalle appellanti.
Innanzitutto occorre rilevare che il disciplinare non richiedeva un’attestazione specifica in merito al possesso della capacità economica e finanziaria adeguata all’esecuzione dello specifico appalto, ma richiedeva normali referenze bancarie, richiamando la previsione contenuta nell’art. 41 lett. a) del D.Lgs. 163/06.
Risulta quindi applicabile al caso di specie il costante orientamento della giurisprudenza secondo cui «…l’espressione “idonee referenze bancarie”, ove riportata nei bandi di gara pubblica senza ulteriori precisazioni, deve essere interpretata dagli istituti bancari nel senso, anche lessicalmente corretto, che essi debbano riferire sulla qualità dei rapporti in atto con le società, per le quali le referenze sono richieste, quali la correttezza e la puntualità di queste nell’adempimento degli impegni assunti con l’istituto, l’assenza di situazioni passive con lo stesso istituto o con altri soggetti, sempre che tali situazioni siano desumibili dai movimenti bancari o da altre informazioni in loro possesso, e non anche fornire elementi sulla effettiva consistenza economica e finanziaria dei concorrenti, trattandosi di elementi che, di fatto, potrebbero non essere da loro conosciuti e che, comunque, anche se fossero disponibili, non potrebbero rendere noto a terzi, stante l’obbligo di riservatezza gravante sugli istituti bancari». (Cons. St, Sez. V, sent. 23/2/2015 n. 858; Cons. St., Sez. V, Sent 27/05/2014 n. 2728; Cons. Stato, sez. V, 23/06/2008, n. 3108 TAR Campania Sez. Salerno Sez. 10/11/2011 n. 1637).
D’altra parte la giurisprudenza (Cons. St., sent. 07/07/2015 n. 3346) ha altresì evidenziato che «nelle gare pubbliche le referenze bancarie chieste dalla stazione appaltante alle imprese partecipanti, con i contenuti fissati dalla lex specialis, hanno una sicura efficacia probatoria dei requisiti economico-finanziari necessari per l’aggiudicazione di contratti pubblici: e ciò in base al fatto notorio che il sistema bancario eroga credito a soggetti affidabili sotto tali profili, per cui è ragionevole che un’Amministrazione aggiudicatrice, nell’esercizio della propria discrezionalità in sede di fissazione della legge di gara, ne richieda la produzione in tale sede» (così Consiglio di Stato, Sez. V, 22 maggio 2012, n. 2959; Consiglio di Stato, sez. V, 27 maggio 2014, n. 2728; Consiglio di Stato, sez. V, 17 luglio 2014, n. 3821; Consiglio di Stato sez. III, 10 dicembre 2014, n. 6078).”.
In ogni caso, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, l’eventuale genericità delle referenze bancarie rilasciate dalla Banca Popolare del Mezzogiorno non avrebbe potuto condurre all’esclusione dalla gara, ma semmai avrebbe dovuto comportare il ricorso al soccorso istruttorio ex art. 46 comma 1 del D.Lgs. 163/06 applicabile “sia ai documenti formati dal concorrente, sia nei confronti di quelli precostituiti provenienti da soggetti diversi, non rinvenendosi nella norma alcuna discriminazione al riguardo” (cfr. Cons. Stato Sez. III 4/7/2014 n. 3388; parere dell’ANAC n.47 del 8/4/2015).
Peraltro l’Azienda Ospedaliera ha rilevato nel proprio atto di appello che la Commissione non ha ritenuto di dover ricorrere ai chiarimenti, tenuto conto che il requisito di capacità economica e finanziaria dell’aggiudicataria risultava comunque comprovata dal fatturato realizzato nell’ultimo triennio nel settore oggetto di gara, e dai principali servizi svolti, sempre nell’ultimo triennio, nel settore di attività, allegati alla documentazione di gara: non sussistevano dunque dubbi sul possesso del requisito richiesto dalla lex specialis.
L’aggiudicataria ha infine rilevato che dagli atti di gara si evinceva chiaramente il possesso dei requisiti di capacità economica e finanziaria, tenuto conto che il capitale sociale del gruppo è di ben 4.600.000,00 Euro integralmente versati ed entrambe le società sono componenti di una holding il cui capitale sociale è pari a 40.000.000,00 di Euro interamente versati.
Il motivo di appello è dunque fondato.
Deve essere ora esaminato il motivo di appello afferente al capo di cui al punto 5.1 della sentenza di primo grado, relativo alla difformità delle modalità di smaltimento dei rifiuti di cui al codice CER 180110* rispetto alle disposizioni di gara.
Il primo giudice ha accolto la censura rilevando che: “la commissione di gara, nel verbale n. 4, con riguardo ai rifiuti di cui alla predetta lett. a), ha precisato che la stazione appaltante ha scelto di termodistruggerli e/o termovalorizzarli, salvo quelli per cui la normativa nazionale e/o comunitaria non lo consentono o espressamente lo vietano.
Ebbene, per i rifiuti di cui al detto codice non risulta alcuna disposizione che ne vieti o comunque non ne consenta l’incenerimento. Né disposizioni in tal senso sono state finanche indicate dalla stazione appaltante o dall’a.t.i. controinteressata nei propri scritti difensivi, così come nella relazione tecnica prodotta da quest’ultima, in ordine alla compatibilità dei rifiuti di origine ospedaliera con i processi di termodistruzione e di recupero di materia. Ne deriva che la modalità di smaltimento prescelta dall’a.t.i. aggiudicataria, ovverosia l’inertizzazione e lo stoccaggio, contrastano con le disposizioni di gara, e vanno sanzionate con l’esclusione (…)”.
Nell’appello l’Azienda Ospedaliera ha rilevato che detto rifiuto che pur essendo presente nell’Allegato A dell’Allegato “Caratteristiche tecniche del servizio”, dove sono indicate le tipologie di rifiuto oggetto di prelievo, trasporto e smaltimento, non è però contemplato nell’Allegato C) “Quantità presunte” del predetto Allegato 1, nel quale sono indicate le quantità di rifiuti prodotte da ogni Azienda sanitaria, in quanto l’amalgama per gli interventi sanitari, contenente mercurio e quindi nociva, non è più utilizzata dalle Aziende Sanitarie.
Detto rifiuto non è più prodotto dalle Aziende Sanitarie della Regione e rientra tra i rifiuti sanitari pericolosi, non a rischio infettivo di cui alla lett. a) dell’Allegato 1, per i quali la stazione appaltante non ha prescritto la termodistruzione e/o termovalorizzazione ma soltanto il trasporto degli stessi presso l’impianto di smaltimento o di recupero.
L’A.t.i. Salvaguardia – Mida nell’atto di appello ha anch’essa rilevato che il rifiuto codice CER 180110 non può essere oggetto del servizio in questione in quanto non prodotto dalle Aziende beneficiarie del servizio (cfr. Allegato C- quantità presunte) (cfr. pag. 22 ricorso in appello).
Inoltre, ha rilevato che detti rifiuti – rientrando nella categoria dei rifiuti pericolosi non infettivi -non devono essere necessariamente termodistrutti secondo quando chiarito dalla commissione di gara nel verbale n. 4/2013, nel quale ha precisato che: “al punto e) dell’art. 1 dell’allegato i) al disciplinare di gara sono elencati i rifiuti sanitari e speciali per i quali dev’essere favorito il recupero.”; (rifiuti di cui all’art. 5 DPR 254/2003 , lett. c), f), g), h), i), 1), m).
Le censure proposte dalle appellanti sono condivisibili: dalla disamina dell’Allegato C del Disciplinare di gara emerge chiaramente che i rifiuti di cui al codice CER 180110 non compaiono nelle tabelle, il che significa che non sono prodotti dalle Aziende beneficiarie del servizio, come chiarito dalla stazione appaltante e dall’aggiudicataria: ciò comporta l’erroneità della sentenza che ha ritenuto la scelta effettuata dalla società aggiudicataria di inertizzazione e stoccaggio di detta categoria di rifiuti passibile di esclusione dalla gara, non tenendo conto della sua mancanza di incidenza nell’esecuzione del servizio tale da non poter giustificare la misura espulsiva.
Inoltre con riferimento ai rifiuti di cui alle categorie CER individuate nell’Allegato II al D.P.R. 254/03 (rifiuti sanitari pericolosi non a rischio infettivo) la stazione appaltante nel verbale n. 4/2013 ha chiarito che non dovevano essere sottoposti a termodistruzione o termovalorizzazione in presenza di una norma che non lo consentiva o espressamente lo vietava: detti rifiuti non sono termovalorizzabili in quanto destinati al recupero di materia ai sensi dell’art. 5 del D.P.R. 254/03.
Anche detto motivo di appello deve essere pertanto accolto.
Deve essere ora esaminato l’ultimo motivo di appello dell’Azienda Ospedaliera San Carlo di Potenza ed il quarto motivo di appello dell’ATI Salvaguardia-Mida, diretto a censurare il capo di sentenza di cui al punto 5.2, con il quale il primo giudice ha ritenuto fondata la doglianza relativa ai rifiuti di cui ai codici CER 160601 (batterie al piombo), 160602 (batterie al nichel-cadmio), 150104 (imballaggi metallici), 160209 (trasformatori e condensatori contenenti PCB), per i quali l’aggiudicataria ha previsto lo “smaltimento/recupero” presso taluni impianti di inertizzazione, trattamento reflui e stoccaggio, in relazione ai quali però ha omesso di precisare quale sia l’impianto principale e quale invece siano gli impianti utilizzati in caso di indisponibilità di quest’ultimo, in violazione di quanto sul punto disposto dal bando di gara.
Hanno dedotto le appellanti che l’omessa indicazione dell’impianto principale e di quello alternativo in caso di indisponibilità del primo non costituirebbe causa di esclusione dalla gara: l’aggiudicataria ha precisato che detta indicazione, prevista nell’art. 13 del disciplinare di gara, non sarebbe stata prevista dalla stazione appaltante a pena di esclusione; ha poi rilevato che le cause di esclusione dalla gara sono state previste nell’art. 8 del disciplinare che riproduce il testo dell’46 comma 1 del D.Lgs. n. 163/06.
L’omessa indicazione dell’impianto principale e di quello secondario per l’inertizzazione e lo stoccaggio di detti rifiuti, non costituendo elemento essenziale dell’offerta, non potrebbe costituire causa di esclusione dalla gara.
In punto di fatto l’aggiudicataria ha chiarito di aver indicato ben quattro impianti di inertizzazione e stoccaggio, tutti idonei allo svolgimento delle operazioni (in luogo dei due previsti negli atti di gara), soddisfacendo in questo modo in misura maggiore l’interesse della stazione appaltante.
Le censure proposte dalle appellanti sono condivisibili, in quanto l’omessa precisazione in merito alla qualità di impianto principale e secondario non costituisce elemento essenziale dell’offerta, e come tale non avrebbe potuto condurre all’esclusione dalla gara, trattandosi di mera irregolarità sanabile, come correttamente dedotto dalle appellanti.
Devono essere ora esaminate le censure proposte dall’ATI Biosud nel giudizio di primo grado sulle quale il primo giudice non si è pronunciato avendole assorbite, riproposte con memoria depositata il 24 agosto 2015.
Occorre innanzitutto rilevare che la difesa dell’appellata Biosud ha eccepito la tardività della memoria depositata dall’ATI Salvaguardia-Mida in data 30 ottobre 2015, con la quale quest’ultima ha replicato alle suddette censure: essendo fondata l’eccezione di tardività del deposito – in quanto detta memoria non è una replica e dunque avrebbe dovuto essere depositata anteriormente- , detta memoria non verrà presa in considerazione.
Con il primo motivo ha dedotto l’appellata che la partecipazione dell’aggiudicataria sarebbe illegittima a causa della mancata corrispondenza tra quote di esecuzione dichiarate e quote di partecipazione possedute dagli associati: la lex specialis di gara (punto A.5 pagg. 11/12) aveva chiesto lo svolgimento negli ultimi tre anni, di servizi con caratteristiche analoghe di valore non inferiore a quello quinquennale a base di gara. Il valore dell’appalto è stato determinato in € 5.946.000,00 e la quota di svolgimento del servizio prestato dalla Salvaguardia è pari al 65%: quest’ultima avrebbe dovuto garantire un importo minimo di servizi utili prestati pari ad € 3.864.900,00 ed invece ha dimostrato di aver svolto tali servizi per l’importo di € 3.274.318,94.
La censura è infondata.
Occorre preliminarmente rilevare che la gara in questione è stata indetta con bando del 5/11/2012 e dunque è successiva alla modifica dell’art. 37 del D.Lgs. n. 163/06 nel testo novellato dalla lettera a), del comma 2 bis dell’art. 1 del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, introdotto dalla legge di conversione 7 agosto 2012, n. 135.
L’Adunanza Plenaria n. 7/2014 ha chiarito che:
“a) giusta il tenore letterale della nuova disposizione e la sua finalità di semplificare gli oneri di dichiarazione incombenti sulle imprese raggruppate che operano nel mercato dei contratti pubblici, l’obbligo di corrispondenza fra quote di partecipazione e quote di esecuzione sancito dal più volte menzionato comma 13, sia rimasto circoscritto ai soli appalti di lavori;
b) per gli appalti di servizi e forniture continua a trovare applicazione unicamente la norma sancita dal comma 4 dell’art. 37, che impone alle imprese raggruppate il più modesto obbligo di indicare le parti del servizio o della fornitura facenti capo a ciascuna di esse, senza pretendere anche l’obbligo della corrispondenza fra quote di partecipazione e quote di esecuzione, fermo restando, però, che ciascuna impresa deve essere qualificata per la parte di prestazioni che si impegna ad eseguire, nel rispetto delle speciali prescrizioni e modalità contenute nella legge di gara”.
L’art. 16, punto A5), n. 3 del disciplinare di gara pone, quale requisito di carattere tecnico, “…di aver effettuato negli ultimi tre anni, o nel periodo di attività qualora inferiore a 3 anni, servizi di caratteristiche analoghe di valore non inferiore a quello quinquennale a base di gara…”.
La stazione appaltante, nel rispondere ai quesiti formulati dalle concorrenti, ha precisato che “per servizi con caratteristiche analoghe a quelle oggetto di gara” si intendono quelli aventi ad oggetto il prelievo, il trasporto e lo smaltimento di tutte le tipologie di rifiuto, eccetto quelle escluse dal presente appalto ed elencate nell’art. 1 dell’allegato 1 (a pag. 4 di 41), e non solo quelle elencate nell’allegato A dell’allegato 1 (Caratteristiche del servizio).
Ne consegue che l’appellante ha ampiamente superato il limite indicato dall’ati Biosud; in ogni caso – anche volendo considerare i soli servizi afferenti il settore oggetto di gara (sanitari) l’importo complessivo relativo agli anni 2009, 2010 e 2011 supera il limite individuato dalla Biosud in quanto afferiscono a detto settore anche gli importi relativi alle cliniche e case di cura, il cui fatturato, sommato a quello relativo alle Aziende Ospedaliere, supera ampiamente il limite indicato (per gli anni 2009, 2010 e 2011 rispettivamente di € 307.495,87 + 279.634,14 + 289.935,21 = € 877.065,22 che sommato all’importo di € 3.274.318,94 arriva ad € 4.151.384,16 ben maggiore del limite di € 3.864.900,00 indicato dalla Biosud).
La censura deve essere dunque respinta.
Con il secondo motivo si deduce che l’aggiudicataria non sarebbe stata in possesso del requisito di cui al punto 16 lett. A.5 punto 1 del disciplinare di gara (pag. 11) e cioè il “possesso di tutte le autorizzazioni previste dalla normativa vigente richieste per i servizi offerti”: tra i servizi offerti vi sarebbe anche quello dello smaltimento dei rifiuti raccolti, per il quale l’ati Salvaguardia-Mida si è limitata ad indicare la disponibilità dell’impianto della società Econet senza instaurare rapporti di associazione con essa o a sottoscrivere apposito contratto di avvalimento.
Anche detto motivo è infondato in quanto l’art. 16 punto A.5) del disciplinare di gara individua, fra i requisiti di capacità tecnico-organizzativa anche il “possesso di tutte le autorizzazioni previste dalla normativa vigente richieste per i servizi offerti”, ma non richiede espressamente la personale titolarità dell’autorizzazione.
La dichiarazione di disponibilità da parte della Econet è dunque pienamente rispondente alla lex specialis di gara, ed infatti la Commissione di gara nulla ha rilevato al riguardo. Del resto anche la Biosud si era comportata in modo analogo.
Con il terzo motivo deduce l’appellata che l’aggiudicataria avrebbe dovuto essere esclusa anche per la violazione dell’art. 38 del D.Lgs. 163/06, in quanto il Presidente del Consiglio di Amministrazione della mandataria (Sig. Alessandro Brutto) ed il direttore tecnico della stessa (Sig. Mario Scutifero) non avrebbero reso la dichiarazione di cui al punto 38 comma 1 lett. m-ter. Detta dichiarazione sarebbe stata richiesta dal disciplinare di gara (art. 16) a pena di esclusione.
La censura non può essere condivisa in quanto la società ha rilasciato l’autodichiarazione cumulativa utilizzando il modello predisposto dalla stazione appaltante (come da Fac simile Allegato 2) contenente la dichiarazione di non trovarsi in nessuna delle condizioni generali di esclusione dai pubblici appalti previste dall’art. 38 comma 1 e 2 del D.Lgs.163/2006.
La giurisprudenza ha costantemente ritenuto che “nella gara pubblica, non può determinarsi l’esclusione dalla gara per l’incompletezza della dichiarazione ex art. 38, d.lg. 12 aprile 2006, n. 163 allorché tale dichiarazione sia stata resa sulla scorta di modelli predisposti dalla stazione appaltante
(cfr. Cons. Stato sez. III 24 febbraio 2015 n. 925; 23/01/2015 n. 303).
Inoltre, “la previsione ad opera del disciplinare di gara di una clausola prescrivente che nella busta sia inserita a pena di esclusione una dichiarazione cumulativa, ai sensi del d.P.R. n. 445 del 2000, “di insussistenza di tutte le cause di esclusione di cui all’art. 38, d.lg. n. 163 del 2006” in assenza di ulteriori specificazioni, autorizza la presentazione di una dichiarazione unica e omnicomprensiva, da parte del legale rappresentante che sottoscrive la domanda così come predisposta, anche per conto degli altri eventuali legali rappresentati (cfr. T.A.R. Puglia Bari sez. I 03 aprile 2013 n. 467).
Ne consegue che la dichiarazione è stata resa in conformità alla lex specialis di gara.
Con l’ultimo motivo lamenta la Biosud che l’aggiudicataria non avrebbe inserito il listino prezzi relativo allo smaltimento di tutti i codici rifiuto diversi da quelli indicati in gara per i quali disponeva delle necessarie autorizzazioni, essendosi riservata la stazione appaltante la facoltà di richiedere lo smaltimento anche di detti ulteriori rifiuti: detta omissione costituirebbe elemento essenziale dell’offerta.
La censura è infondata: la richiesta contenuta nell’art. 18 del disciplinare di gara non costituisce un elemento essenziale dell’offerta, afferendo ad una richiesta meramente eventuale, estranea all’oggetto di gara, con la conseguenza che detta omissione non costituisce motivo di esclusione tenuto conto del rispetto del principio di tassatività delle cause di esclusione di cui all’art. 46 c. 1 bis del D.Lgs. 163/06.
Pertanto, i motivi di gravame proposti in primo grado ed assorbiti dal T.A.R. si appalesano infondati, mentre sono fondati i motivi di appello dedotti dall’Azienda Ospedaliera e dall’aggiudicataria. Possono dunque assorbirsi le eccezioni di inammissibilità sollevate dalle appellanti.
Le spese di lite relative ad entrambi i gradi di giudizio possono invece compensarsi, tenuto conto della complessità delle questioni trattate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, così dispone:
li riunisce e li accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso ed i motivi aggiunti proposti in primo grado.
Spese compensate per entrambi i gradi.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 novembre 2015 con l’intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Dante D’Alessio, Consigliere
Massimiliano Noccelli, Consigliere
Alessandro Palanza, Consigliere
Stefania Santoleri, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/12/2015
IL SEGRETARIO
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna, sezione II, sentenza n. 25 depositata il 16 gennaio 2020 - L’inidoneità delle referenze bancarie non è suscettibile di regolarizzazione in quanto si riferisce all’ipotesi di integrazione,…
- Consiglio di Stato, Sezione Quinta, sentenza n. 2862 depositata il 21 marzo 2023 - L'avvalimento è finalizzato a soddisfare i requisiti strettamente connessi alla prova della capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale, nel senso che…
- Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione V, sentenza n. 3856 depositata il 17 aprile 2023 - Il subappalto è il contratto con cui l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di una parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di…
- MINISTERO FINANZE - Decreto ministeriale 01 febbraio 2024 Modalità di utilizzo dei dati fiscali relativi ai corrispettivi trasmessi al Sistema tessera sanitaria Art. 1 Definizioni 1. Ai fini del presente decreto si intende per: a) «dati fiscali», i…
- Consiglio di Stato, Sezione Quinta, sentenza n. 1626 depositata il 16 febbraio 2023 - E’ vietato il rinnovo tacito dei contratti per la fornitura di beni e servizi, ivi compresi quelli affidati in concessione a soggetti iscritti in appositi albi. I…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 14 agosto 2020, n. 17164 - In tema di lavoro interinale, l'art. 1, secondo comma, della legge n. 196 del 1997 consente il contratto di fornitura di lavoro temporaneo solo per le esigenze di carattere temporaneo…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- L’indennità sostitutiva di ferie non godute
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9009 depositata…
- Il giudice tributario è tenuto a valutare la corre
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5894 deposi…
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…
- L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione
L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione, infatti il risparmio fiscale…
- Spese di sponsorizzazione sono deducibili per pres
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 6079 deposi…