Consiglio di Stato sezione III sentenza n. 647 depositata il 17 febbraio 2016
N. 00647/2016REG.PROV.COLL.
N. 08746/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8746 del 2015, proposto da:
A. C. A. Società Cooperativa, rappresentata e difesa dagli Avv. Daniele Spinelli, Barbara Bracarda, con domicilio eletto presso Daniele Spinelli in Roma, Piazza dell’Orologio, 7;
contro
Azienda Usl Umbria N.1;
nei confronti di
I. E. Cooperativa Sociale, rappresentata e difesa dall’avv. Paolo Rossi, con domicilio eletto presso Paolo Rossi in Roma, Via del Quirinale 26;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. UMBRIA – PERUGIA: SEZIONE I n. 00407/2015, resa tra le parti, concernente affidamento del servizio di trasporto pazienti in trattamento dialitico da effettuarsi con i comuni mezzi di trasporto per un periodo di 36 mesi con opzione di rinnovo per ulteriori mesi 12
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di I. E. Cooperativa Sociale;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 febbraio 2016 il Cons. Stefania Santoleri e uditi per le parti gli Avvocati Daniele Spinelli, Barbara Bracarda e Giuliano Gruner su delega di Paolo Rossi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
L’Azienda Unità Sanitaria Locale Umbria 1 ha indetto – con delibera direttoriale n. 323 del 26 aprile 2013 -, la gara per l’affidamento del servizio di trasporto dei pazienti in trattamento dialitico, da effettuarsi con i comuni mezzi di trasporto per un importo annuo stimato di € 800.000 Iva esclusa, da svolgere per un periodo di 36 mesi con opzione di rinnovo di ulteriori 12 mesi e un valore stimato dell’appalto di 4 milioni, da aggiudicare all’offerta economicamente più vantaggiosa.
Hanno preso parte alla gara l’appellante Autonoleggiatori Consorziati Artigiani Perugia (in seguito A.C.A.P.) e I. E. Cooperativa Sociale, essendo stata esclusa una terza concorrente.
All’esito della gara l’offerta migliore è risultata quella dell’A.C.A.P. che ha conseguito il punteggio di punti 95,20 mentre I. E. Coop. sociale ha conseguito il secondo posto con punti 92,66.
L’offerta dell’A.C.A.P. è stata sottoposta al procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta.
Con nota del 29 settembre 2014 la società I. E. Coop. Soc. ha rappresentato alla stazione appaltante il difetto dei requisiti di partecipazione dell’A.C.A.P., rilevando che non si sarebbe trattato di un consorzio, bensì di una società cooperativa, con la conseguenza che non avrebbe potuto dimostrare la sussistenza dei requisiti prescritti attraverso il cumulo di quelli posseduti dalle imprese consorziate ex art. 34, co. 1, lett. b), D.Lgs. n. 163/2006, ma avrebbe dovuto dimostrare di possederli direttamente ex art. 34, co. 1, lett. a) D.Lgs. n. 163/2006.
Pertanto, non avendo dimostrato direttamente il possesso dei requisiti, avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara.
Nonostante i rilievi della società I. E. coop. sociale, l’Azienda sanitaria ha ritenuto regolare la partecipazione alla gara dell’A.C.A.P., e con provvedimento del 24 ottobre 2014, le ha aggiudicato in via definitiva l’appalto.
Detto provvedimento è stato impugnato in primo grado dinanzi al T.A.R. Umbria, che con la sentenza appellata ha annullato l’aggiudicazione accogliendo il primo motivo di ricorso, con il quale era stata dedotta la violazione degli artt. 34, co. 1 e 35 D.Lgs. n. 163/2006 in relazione agli artt. 2602 e 2615 ter c.c., per essere stata l’aggiudicataria A.C.A.P. ammessa alla gara senza avere dimostrato di possedere in proprio tutti i requisiti di partecipazione.
L’A.C.A.P. ha proposto appello deducendo il difetto di giurisdizione e l’erroneità della sentenza chiedendone l’annullamento o la riforma.
L’appellante ha anche chiesto la declaratoria di inefficacia del contratto medio tempore stipulato con la controinteressata, con subentro nell’esecuzione dello stesso, con la condanna dell’Ente intimato a risarcire il danno in forma specifica mediante aggiudicazione nei suoi confronti della commessa oggetto di affidamento e subentro nell’esecuzione del contratto eventualmente stipulato; in via subordinata ha chiesto il risarcimento del danno in forma generica – qualora non fosse possibile il risarcimento in forma specifica – nella misura del 15% dell’importo a base d’asta, ovvero della somma maggiore o minore stabilita in sede di giudizio, oppure mediante determinazione dei criteri risarcitori ai sensi dell’art. 34, comma 4, c.p.a.
Si è costituita in giudizio la società I. E. soc. coop. che ha replicato alle censure proposte dall’appellante ed ha chiesto il rigetto dell’impugnazione.
L’Azienda U.S.L. Umbria 1 non si è costituita in giudizio.
In prossimità dell’udienza di discussione le parti hanno depositato memorie e memorie di replica.
All’udienza pubblica del 4 febbraio 2016 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Deve essere prioritariamente esaminata la censura di difetto di giurisdizione sollevata dall’appellante: secondo l’A.C.A.P. il primo giudice non si sarebbe pronunciato sulla carenza di un requisito partecipativo prescritto dalla normativa di gara, ma su profili di stretta attinenza al diritto societario, interpretando le clausole del suo statuto pervenendo alla conclusione dell’incompatibilità, secondo le norme civilistiche, tra la forma giuridica di “società cooperativa” rivestita e la qualità di “consorzio”, senza nemmeno considerare la figura del “consorzio artigiano ex legge n. 443/1985 (pag. 5 atto di appello).
La censura di difetto di giurisdizione è infondata.
Il T.A.R., dovendosi pronunciare sul primo motivo del ricorso di primo grado, con il quale era posto in contestazione il possesso da parte dell’A.C.A.P. dei requisiti di partecipazione alla gara in relazione alla sua natura giuridica, ha esaminato lo statuto dell’ente per poter vagliare la legittimità dell’aggiudicazione.
L’interpretazione dello statuto societario e le conseguenti conclusioni rese dal primo giudice,
costituiscono quindi soltanto l’antecedente logico utilizzato per la decisione di merito, che ha investito l’aggiudicazione.
Contrariamente a quanto ritenuto dall’appellante il T.A.R. non si è pronunciato soltanto sulla natura giuridica dell’ A.C.A.P., ma ha espressamente rilevato che non potendo considerarsi un consorzio non poteva “fruire del computo cumulativo delle attrezzature, dei mezzi d’opera e dell’organico medio posseduti dalle singole imprese consorziate, previsto dall’art. 35, D.Lgs. n. 163/2006 ai fini del possesso dei requisiti di ammissione alla gara”, statuendo – quindi – la sua illegittima ammissione alla gara e disponendo di conseguenza l’annullamento dell’aggiudicazione a suo favore, rimanendo pacificamente nell’ambito della propria giurisdizione.
Ne consegue che la ricostruzione effettuata dal primo giudice sulla natura dell’A.C.A.P., costituendo esercizio della cognizione sulle questioni incidentali e pregiudiziali, senza efficacia di giudicato, ai sensi dell’art. 8, comma 1, del cod. proc. amm., non invade la giurisdizione del giudice ordinario.
La censura deve essere quindi respinta.
Con il secondo motivo di impugnazione l’appellante ha dedotto la censura di erroneità ed illegittimità della sentenza appellata per motivazione contraddittoria e non coerente con gli elementi di fatto acquisiti nel giudizio di primo grado. Errata interpretazione e violazione della legge speciale dettata in tema di consorzi tra imprese artigiane dalla legge n. 443/1985. Travisamento dei fatti e dei presupposti giuridici.
Ricorda l’appellante che il T.A.R. Umbria ha accolto il primo motivo del ricorso di primo grado (violazione dell’art. 2615 ter c.c. e della L. 443/85, in combinato disposto con gli artt. 35 e 34, comma 1, lett. b) e c) del D.Lgs. n. 163/06) sostenendo che la sua natura giuridica sarebbe quella della società cooperativa – ricadente nella previsione di cui all’art. 34, comma 1 lett. b) del D.Lgs. 163/06 – e non già quella del “consorzio tra società imprese artigiane di cui alla legge 8 agosto 1985 n. 443”, come dichiarato in sede di gara.
Ricorda l’appellante nel secondo motivo che i presupposti posti a base della decisione possono ricondursi a cinque punti, di seguito elencati:
a) lo statuto di ACAP “evidenzia una terminologia non sempre lineare ma fungibile fra l’utilizzo del termine cooperativa e l’utilizzo del termine consorzio: in ogni articolo dello Statuto viene infatti utilizzato il termine consorzio, non intendendo l’aspetto giuridico del termine, bensì l’abbreviazione della denominazione (Consorzio ACAP), senza con ciò impingere sulla natura della società” (pagg. 8-9 della sentenza);
b) lo statuto di ACAP contiene elementi di disciplina propri della finalità mutualistica cooperativa incompatibili con la mutualità consortile (pagg. 11-12 della sentenza);
e) le uniche forme giuridiche prospettabili per un consorzio sono quelle previste dal Titolo V del codice civile (s.r.1., s.p.a. e s.a.p.a.), tra cui non è compresa la forma giuridica di società cooperativa assunta dall’ACAP disciplinata dal Titolo VI del codice civile (pag. 15 della sentenza);
d) non potendo l’ACAP configurarsi come un consorzio stabile va anche esclusa l’applicabilità all’odierno appellante dell’art. 2615 ter del codice civile e la possibilità di avvalersene per fruire del beneficio del “cumulo alla rinfusa” previsto dall’art. 35 del Codice dei contratti pubblici (pag. 14 della sentenza).
Con riferimento al punto a) l’appellante ha dedotto che il giudice di primo grado si è basato su dati meramente nominalistici e formali per qualificare il soggetto giuridico non prendendo in considerazione la documentazione versata in atti, non contestata da I. E., ed in particolare lo Statuto redatto dal notaio Dott. Giuseppe Brunelli e l’iscrizione all’apposita sezione del RR.II. relativo alle imprese artigiane, da cui emerge che essa è stata costituita ed opera ai sensi dell’art. 6 della L. n. 443/85 che consente espressamente alle imprese artigiane di costituirsi in consorzio “anche in forma di società cooperativa”.
Ha poi aggiunto che la sua natura è conforme a quanto previsto dall’art. 3 lett. b) della L.R. Umbria 13/2/2013 n. 4 e che le norme statutarie (artt. 5 e 7) dimostrerebbero chiaramente la sua natura di consorzio tra imprese artigiane ex L. n. 443/85: il consorzio, inoltre, presenta carattere mutualistico in quanto l’attività consortile deve svolgersi nell’interesse delle imprese associate.
Con riferimento ai punti sub b) e c), ha dedotto che la disciplina applicabile alla fattispecie in esame non si rinviene nel codice civile, ma nella normativa speciale ed in particolare nella legge quadro sull’artigianato; la giurisprudenza ha sempre ritenuto possibile la costituzione di consorzi sotto forma di cooperative in considerazione della comune base mutualistica.
Ha poi criticato l’interpretazione fornita dal primo giudice delle clausole statutarie rilevando che l’intero impianto dello statuto ACAP sarebbe in linea con la finalità consortile.
Ha rilevato, inoltre, la compatibilità della struttura cooperativa con la finalità consortile richiamando la dottrina e la giurisprudenza sul punto; ha poi precisato che il mancato richiamo alle cooperative nell’art. 2615 ter c.c. non implica l’impossibilità della costituzione della società consortile cooperativa, tenuto conto del tenore dell’art. 2511 c.c.
Ha quindi concluso rilevando che il primo giudice avrebbe erroneamente ritenuto la non riconducibilità della cooperativa consortile ACAP nel novero delle società consortili di cui all’art. 2615-ter c.c. senza tener conto della previsione recata dall’art. 6 della L. n. 443/85, soffermandosi sull’analisi delle clausole statutarie che pure sarebbero conformi alla finalità consortile.
La controinteressata ha invece sostenuto la correttezza della decisione del primo giudice facendo propri i principi espressi dal T.A.R.
La Sezione ritiene opportuno richiamare preliminarmente gli artt. 34 (per quanto di interesse) e 35 del D.Lgs. 163/06, e l’art. 6 della L. n. 443/85.
Dispone l’art. 34 che “Sono ammessi a partecipare alle procedure di affidamento dei contratti pubblici i seguenti soggetti, salvo i limiti espressamente indicati:
a) gli imprenditori individuali, anche artigiani, le società commerciali, le società cooperative;
b) i consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro costituiti a norma della legge 25 giugno 1909, n. 422, e del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, e successive modificazioni, e i consorzi tra imprese artigiane di cui alla legge 8 agosto 1985, n. 443 (…).
Prevede, inoltre l’art. 35 che: “I requisiti di idoneità tecnica e finanziaria per l’ammissione alle procedure di affidamento dei soggetti di cui all’articolo 34, comma 1, lettere b) e c), devono essere posseduti e comprovati dagli stessi, secondo quanto previsto dal regolamento, salvo che per quelli relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo, che sono computati cumulativamente in capo al consorzio ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate”.
Dispone, infine, l’art. 6 comma 1 della L. n. 443/85 che “I consorzi e le società consortili, anche in forma cooperativa, costituiti tra imprese artigiane sono iscritti in separata sezione dell’albo di cui al precedente articolo 5” (albo delle imprese artigiane n.d.r.).
E’ dunque la stessa legge n. 443/1985 ad ammettere la compatibilità tra la forma giuridica di “società cooperativa” e la veste di “consorzio artigiano”.
Dallo statuto dell’appellante (redatto dal notaio Dott. Giuseppe Brunelli ed iscrizione nell’apposita sezione del Registro delle Imprese relativo alle Imprese artigiane) si evince che l’A.C.A.P. è un consorzio artigiano in forma di società cooperativa ai sensi e per gli effetti dell’art. 6 della L. 443/85; nel 2005 ha modificato la denominazione sociale per adeguarla al nuovo testo dell’art. 2515 c.c. acquisendo l’attuale denominazione di “Autonoleggiatori Consorziati Artigiani Perugia società cooperativa” abbreviato in “Consorzio ACAP”, mantenendo la natura originaria di consorzio artigiano in forma di società cooperativa.
Dunque non è una comune società cooperativa, ma presenta questa particolare natura derivante dalla normativa di settore (legge quadro sull’artigianato).
L’appellante ha precisato – senza che ciò sia stato contestato in giudizio – di essere costituito da 50 soci/consorziati tutti qualificati come imprenditori artigiani e di essere iscritto nel registro delle imprese nell’apposita sezione relativa alle imprese artigiane, rilevando altresì di aver sempre funzionato come organizzazione consortile alla quale hanno aderito esclusivamente imprese artigiane operanti nel settore degli autotrasporti (circostanza non contestata). Ha poi rilevato che detta struttura associativa è frequente nel settore artigiano perché consente di sfruttare i benefici a favore della cooperazione e quelli previsti a favore delle strutture consortili.
Da queste premesse consegue che l’A.C.A.P.- nella sua natura di consorzio artigiano in forma di società cooperativa – è stato regolarmente costituito ai sensi dell’art. 6 della L. n. 443/85.
L’art. 34 comma 1 lett. b) del D.Lgs. 163/06 rimanda ai consorzi di imprese artigiane previsti dalla legge quadro sull’artigianato, e dunque alla previsione recata dall’art. 6 della suddetta legge, con l’effetto di consentire la partecipazione alle gare dei consorzi tra imprese artigiane costituiti nelle forme previste dalla normativa speciale di cui alla L. n. 443/85, e dunque anche a quelli costituiti in forma di cooperativa.
A sua volta l’art. 35 del codice dei contratti, nel prevedere il cosiddetto “cumulo alla rinfusa” rimanda alla previsione recata dall’art. 34 comma 1 lett. b) del codice, con l’effetto di ritenere applicabile anche a detta tipologia di soggetti giuridici il cumulo ivi previsto.
La sentenza appellata ha esaminato la questione controversa facendo applicazione delle sole norme ricavabili dal codice civile, omettendo di prendere in considerazione la normativa speciale propria delle imprese artigiane, sicuramente applicabile, tenuto conto della natura del soggetto giuridico, qualificato nell’atto costitutivo/statuto come consorzio artigiano (l’ACAP è infatti iscritto nella Sezione Speciale dell’Albo dell’Artigianato).
Anche il T.U. regionale in materia di artigianato richiamato dall’appellante (L.R. Umbria 13/2/13 n. 4 art. 3 lett. b) si esprime nel senso della compatibilità tra consorzio e società cooperativa riferendosi espressamente ai “consorzi e alle società consortili costituiti tra imprese artigiane, anche in forma cooperativa iscritti nell’Albo con la denominazione di “consorzio artigiano” o “società consortile artigiana”.
L’omesso esame della normativa speciale vizia le statuizioni contenute nella sentenza appellata.
Ad ogni buon conto, correttamente l’appellante ha ricordato che – a prescindere dalla normativa di settore – sia la dottrina che la giurisprudenza hanno ritenuto possibile la costituzione di consorzi sotto forma di cooperative: con il parere del 25 ottobre 1978 il Consiglio di Stato ha rilevato che l’art. 2615-ter c.c. nel prevedere che “Le società previste nei capi III e seguenti del titolo V possono assumere come oggetto sociale gli scopi indicati nell’articolo 2602” non ha la funzione limitativa dell’uso degli schemi societari a fini consortili, e dunque “nulla impedisce di costituire società cooperative per il perseguimento degli scopi indicati nell’art. 2602 del codice civile”.
Contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice la norma dell’art. 2615-ter non prevede l’esclusività delle forme societarie (s.p.a., s.a.p.a., s.r.l.) nelle quali possono essere costituite le società consortili (basti considerare la normativa speciale).
Di recente la Cassazione, con l’ordinanza n. 946/2015, ha affermato che l’art. 2615 ter c.c. consente che le società consortili possano essere costituite in forma di società cooperativa cumulando i benefici a favore della cooperazione con quelli a favore delle strutture consortili.
In dottrina è stato ritenuto che il mancato richiamo della cooperativa nell’art. 2615-ter c.c. sarebbe giustificato dall’inutilità di un’espressa autorizzazione, coincidendone la causa mutualistica, interpretazione che sarebbe poi confermata dal valore paradigmatico della legislazione speciale (D.Lgs. C.P.S. 14.12.1947, n. 1577; D.Lgs. 7.5.1948, n. 1235; L. 25.7.1956, n. 860; L. 21.5.1981, n. 240; L. 8.8.1985, n. 443; L. 5.10.1991, n. 317) dalla quale si ricava, specie quella agevolativa, un generale criterio di ammissibilità di società consortili cooperative; da ultimo è stato ritenuto che l’ammissibilità della forma cooperativa dei consorzi si ricaverebbe dall’ art. 2538, comma 4°, c.c. , che prevede «cooperative in cui i soci realizzano lo scopo mutualistico attraverso l’integrazione delle rispettive imprese o di talune fasi di esse».
E’ stato quindi ritenuto in giurisprudenza che nonostante la mancata previsione da parte dell’art. 2615 ter della società cooperativa, è ammissibile la costituzione di una “società consortile cooperativa” da parte di alcune società cooperative per l’esercizio di attività di gestione dei servizi di assistenza a favore delle imprese socie, in quanto tale “società consortile” integra una vera e propria “cooperativa di secondo grado” corrispondente al disposto dell’art. 27, D.Lgs.C.P.S. 14.12.1947, n. 1577 (c.d. l. Basevi) nel testo modificato dalla L. 17.2.1971, n. 127 (T. Napoli 30.4.1999). Una società consortile cooperativa è consentita tra le piccole e medie imprese, come previsto e disciplinato dalla legislazione speciale (T. Lecce 17.7.1991).
L’appellante ha infine richiamato a sostegno della configurabilità del consorzio in forma di società cooperativa la previsione recata dall’art. 2511 c.c. secondo cui “le Cooperative sono società a capitale variabile con scopo mutualistico”.
Pertanto non ricorre secondo la dottrina e la giurisprudenza l’assoluta incompatibilità tra la causa mutualistica propria delle cooperative e quella lucrativa propria dei consorzi, in quanto la finalità lucrativa delle società consortili non è quella di realizzare un utile da dividere tra i consorziati, ma quello di consentire a questi ultimi il conseguimento di un vantaggio mutualistico, come il risparmio nei costi di produzione (ad es.: approvvigionamento di materie prime o fruizione di un servizio a condizioni più vantaggiose) o di aumento dei prezzi di vendita dei prodotti delle rispettive imprese, riconducibile anch’essa alla mutualità.
L’appello deve essere quindi accolto con totale riforma della sentenza appellata.
Ciò comporta la riviviscenza del provvedimento di aggiudicazione dell’appalto a favore dell’appellante (determinazione del D.G. n. 915 del 24/10/2014).
Con il ricorso in appello l’appellante ha formulato – in via principale – la domanda risarcitoria in forma specifica, chiedendo alla Sezione di dichiarare l’inefficacia del contratto, ove stipulato nelle more della definizione del contenzioso, e di ordinare il suo subentro nello svolgimento del servizio trattandosi di rapporto di durata pluriennale (36 mesi con possibilità di rinnovo per ulteriori 12 mesi); in via subordinata ha chiesto il risarcimento del danno per equivalente qualora non fosse ritenuto possibile disporre il subentro.
In accoglimento dell’espressa richiesta formulata dall’appellante – aggiudicataria dell’appalto del servizio pluriennale di trasporto di pazienti in trattamento dialitico – deve essere accolta la domanda di declaratoria di inefficacia del contratto, ove nelle more stipulato, disponendosi il risarcimento in forma specifica mediante subentro nello svolgimento del servizio, non sussistendo preclusioni al subentro, trattandosi di rapporto di durata pluriennale.
Quanto alle spese di lite, tenuto conto della novità e complessità della questione, sussistono giusti motivi per disporne la compensazione tra le parti costituite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, così dispone:
— accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado respinge il ricorso di primo grado.
— accoglie la domanda di risarcimento del danno in forma specifica e dispone il subentro dell’appellante nel contratto di appalto ove stipulato con I. E. Cooperativa Sociale;
— spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 febbraio 2016 con l’intervento dei magistrati:
Marco Lipari, Presidente
Manfredo Atzeni, Consigliere
Massimiliano Noccelli, Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere
Stefania Santoleri, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/02/2016
IL SEGRETARIO
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