Consiglio di Stato sezione IV sentenza n. 143 depositata il 18 gennaio 2016
N. 00143/2016REG.PROV.COLL.
N. 02829/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2829 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
F. Spa in proprio e quale mandataria Rti, Rti V. Spa, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, rappresentati e difesi dagli avv.ti Antonio Saitta, Renzo Ristuccia, Luca Tufarelli, con domicilio eletto presso Studio Legale Ristuccia in Roma, Via Ennio Quirino Visconti, 20;
contro
T. I. Spa, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dagli avv.ti Francesco Cardarelli, Filippo Lattanzi, Francesco Saverio Cantella, con domicilio eletto presso Filippo Lattanzi in Roma, Via G.P. Da Palestrina,47;
nei confronti di
Consip Spa, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dagli avv. Cecilia Martelli, Andrea Guarino, con domicilio eletto presso Andrea Guarino in Roma, piazza Borghese N. 3;
Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, non costituito nel presente giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. del Lazio –sede di Roma- Sezione III n. 03794/2015, resa tra le parti, concernente aggiudicazione definitiva del lotto 1 della gara per la fornitura di prodotti e servizi per la realizzazione, manutenzione e gestione di reti locali per le pubbliche amministrazioni.
Visti il ricorso in appello, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di T. I. Spa e di Consip Spa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 ottobre 2015 il Consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti gli Avvocati Saitta, Tufarelli, Cantella e Guarino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con la sentenza n. 03794/2015 in epigrafe appellata, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio – Sede di Roma – ha deciso il ricorso di primo grado proposto dalla odierna parte appellata, T. I. Spa, volto ad ottenere l’annullamento – della nota del 27.10.2014 prot. 28180 con la quale era stata comunicata a T. I., ai sensi dell’art. 79 co. 5 del d.lvo n. 163/06, l’aggiudicazione definitiva al Rti F. V. del Lotto 1 della gara per la fornitura di prodotti e servizi per la realizzazione, manutenzione e gestione di reti locali per le Pubbliche Amministrazioni, nonché del provvedimento con il quale era stata disposta l’aggiudicazione definitiva, della nota del 27.10.2014 prot. 28179 con la quale era stata comunicata a T. I., ai sensi dell’art. 79, comma 5, del d.lvo n. 163/06, l’aggiudicazione definitiva al Rti F. — V. del Lotto 2 della medesima gara, nonché del provvedimento, di data e estremi sconosciuti, con il quale era stata disposta detta aggiudicazione definitiva e degli atti connessi.
In particolare,erano stati gravati tutti i verbali delle operazioni della commissione giudicatrice e, in particolare, i verbali nn. 1 e 2, nella parte in cui l’offerta del Rti F. era stata ritenuta completa in relazione alla documentazione amministrativa, del verbale n. 6, qualora interpretato nel senso di ritenere dimostrati anche gli elementi migliorativi della offerta tecnica, e dei verbali dal n. 13 al n. 20, nella parte in cui le offerte del Rti F. sui due lotti erano state ritenute non anomale e sono state confermate le graduatorie provvisorie, della nota 7.7.2014 prot. n. 881, nella parte in cui aveva ritenuto congrua l’offerta del Rti F. per entrambi i Lotti, dei verbali della commissione di collaudo istituita ai sensi del par. 5.6 del disciplinare, se esistenti, e/o dei provvedimenti di estremi e data sconosciuti con i quali sono stati ritenuti comprovati tutti i requisiti tecnici migliorativi dell’ offerta del Rti F..
Era stata altresì chiesta la declaratoria di accertamento della inefficacia delle convenzioni nelle more eventualmente stipulate tra Consip e il Rti F., e l’affermazione del diritto di T. I. a subentrarvi, mentre in via subordinata era stata chiesta la condanna di Consip al risarcimento per equivalente del pregiudizio sofferto.
Con ricorso incidentale il RTI F. – V. aveva a propria volta chiesto l’ annullamento in parte qua degli atti della procedura aperta bandita da Consip S.p.a. per la fornitura di prodotti e servizi per la realizzazione, manutenzione e gestione di reti locali di fonia-dati per le Pubbliche Amministrazioni, edizione 5, nella parte in cui aveva ammesso e non espulso T. I. s.p.a. ed in particolare, della nota del 27.10.2014 prot. 28180 con la quale era stata comunicata a T. I. l’aggiudicazione definitiva del lotto 1 e del relativo provvedimento di aggiudicazione, della nota del 27.10.2014 prot. 28179 con la quale era stata comunicata a T. I. l’aggiudicazione definitiva del lotto 2 e del relativo provvedimento di aggiudicazione, di tutti i verbali di gara ed in particolare dei verbali nn. 1 e 2 di verifica della documentazione amministrativa, del verbale n. 5 di verifica dei requisiti minimi dell’offerta tecnica, del verbale n. 6 di attribuzione del punteggio tecnico della graduatoria provvisoria e di quella definitiva e di ogni atto presupposto, connesso e conseguente ai precedenti.
In punto di fatto era accaduto che con bando spedito per la pubblicazione sulla GUUE il 15 gennaio 2014 Consip S.p.a. aveva avviato una procedura aperta, gestita con modalità telematiche, per la fornitura di prodotti e servizi per la realizzazione, manutenzione e gestione di reti locali per le Pubbliche Amministrazioni, suddivisa in due Lotti.
L’importo massimo stimato a base di gara era pari a Euro 38 milioni oltre iva per il Lotto 1 ed Euro 42 milioni oltre iva per il Lotto 2.
Il contratto sarebbe stato aggiudicato con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, con l’attribuzione di un massimo di 40 punti per la parte tecnica e di 60 punti per quella economica, come precisato nel par. 5 del disciplinare di gara.
Quest’ultimo aveva stabilito che, nel caso di sottoscrizione dell’offerta da parte di procuratore speciale i cui poteri non risultassero dal certificato della Camera di Commercio, i concorrenti avrebbero dovuto allegare all’offerta, a pena di esclusione l’atto di conferimento dei poteri (cfr. parr. 4.4.1 e 4.4.1.5: “… copia della procura (generale o speciale) che attesti i poteri del sottoscrittore e gli estremi dell’atto notarile”).
L’offerta doveva essere presentata nel rispetto di quanto previsto, quanto alla parte tecnica, dall’Allegato 2 al disciplinare, indicando tutte le componenti necessarie ivi previste e, in apposita tabella (Tabella A), le caratteristiche migliorative (rispetto a quelle minime) eventualmente offerte dal concorrente relativamente al cablaggio, agli switch, al wireless e ai dispositivi di sicurezza, le quali sarebbero state oggetto di attribuzione del punteggio.
I concorrenti, al fine di dimostrare il possesso da parte dei prodotti offerti delle caratteristiche minime e migliorative indicate, avrebbe dovuto allegare la “documentazione tecnica a comprova” prevista dal par. 4.4.2.1 del disciplinare. In caso contrario ciò avrebbe reso necessari ulteriori accertamenti, ai sensi del successivo par. 5.6. Qualora la caratteristica minima o migliorativa offerta fosse risultata in concreto insussistente, anche all’esito delle eventuali operazioni di collaudo, ne sarebbe derivata l’esclusione dalla gara (cfr. par. 5.6, pag. 72, del disciplinare).
Con particolare riguardo al personale da impiegarsi nell’esecuzione del contratto, il capitolato tecnico aveva previsto l’obbligo per il concorrente di avvalersi di “personale qualificato, che abbia le idonee competenze richieste dalla particolare lavorazione” (così, in termini generali, il par. 2.6), vale a dire, “specializzato” (par. 2.6.1.1.1 in merito alla manutenzione preventiva) ovvero “… in possesso delle competenze professionali adeguate in termini di conoscenza specifica dei sistemi ed apparati installati/fomiti stessi ovvero esperienza lavorativa almeno triennale in ambito manutenzione e gestione delle reti LAN” (par. 2.6.3.3 con riguardo al servizio di gestione on-site della rete); l’assenza di una specifica esperienza lavorativa poteva essere supplita con la dimostrazione di una conoscenza specialistica dei sistemi sui quali intervenire, da attestarsi “tramite certificazioni” (cfr. par. 2.6.1.1.2 del capitolato con riferimento al servizio di manutenzione correttiva).
Nel termine previsto dal bando di gara erano pervenute due offerte per i Lotti 1 e 2: quella di T. I. e quella del raggruppamento temporaneo tra F. e V..
All’esito delle operazioni valutative, l’offerta del Rti F. si era classificata al primo posto di entrambe le graduatorie provvisorie, con un punteggio tecnico di 37,885 per il Lotto 1 e 37,800 per il Lotto 2, seguito da T.I. (che aveva conseguito 38,629 punti per entrambi i Lotti).
Il RTI controinteressato F. aveva colmato il divario sotto il profilo tecnico con una offerta economica inferiore alla base d’asta, rispettivamente pari, per il Lotto 1, ad Euro 22.665.084,34 (da cui scaturiva il punteggio economico di 49,646) contro gli Euro 24.715.910,60 (46,100 punti) offerti da T.I., e, per il Lotto 2, a Euro 25.026.551,37 (49,680 punti) a fronte di Euro 27.317.517,95 (46,100 punti) proposti dalla originaria ricorrente (cfr. verbale n. 11 del 18.4.2014).
Poiché le offerte del rti F. erano risultate sospette di anomalia su entrambi i lotti, esse erano state sottoposte alle verifiche di cui agli artt. 86 e ss. del d.lgs. n. 163/06 (verbale n. 12 del 24.4.2014). Consip aveva ritenuto insufficienti le giustificazioni prodotte ai fini della dimostrazione della congruità dell’offerta, in relazione a diversi profili, tra cui, anche il costo del personale (cfr. verbali delle sedute del 22.5.2014 n. 14, del 10.6.2014 n. 15, del 12.6.2014 n. 16, del 16.6.2014 n. 17, del 19.6.2014 n. 18).
In seguito l’RTI F. aveva fornito altri chiarimenti ai sensi dell’art. 88 del D.lgs 163/2006, che erano stati viceversa ritenuti sufficienti ad escludere l’anomalia dell’offerta (cfr. verbale della seduta del 27.6.2014 n. 19), per cui la commissione aveva redatto la graduatoria provvisoria di merito con riferimento ai due lotti, cui era seguita la comunicazione a T. I. dell’aggiudicazione definitiva a favore del Rti F. — V. per entrambi i lotti (note del 27.10. 2014 prot. 28180, doc. n. 15, e prot. 28179, doc. n. 16).
Avverso il provvedimento di aggiudicazione al Rti F. dei Lotti 1 e 2 e gli atti presupposti T.I. era insorta prospettando tre analitiche macrocensure di violazione di legge ed eccesso di potere.
L’aggiudicataria Rti F., a propria volta, aveva depositato un ricorso incidentale con il quale aveva impugnato gli atti della gara nella parte in cui non avevano determinato la inammissibilità dell’offerta di T.I. S.p.a. deducendo due analitiche macrocensure di violazione di legge ed eccesso di potere.
Con ordinanza n. 6564 del 17.12.2014 il Tar ha fissato l’udienza di trattazione della causa al 28 gennaio 2015 ed in detta udienza la causa è stata trattenuta in decisione
Il primo giudice ha fatto presente che -quanto all’ordine di esame dei motivi del ricorso principale e di quello incidentale – si sarebbe attenuto ai principi di cui alla decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 9, del 25.2.2014, ed ha espresso il convincimento per cui poteva ravvisarsi un parallelismo tra i contenuti delle censure c.d. paralizzanti espresse dagli originari ricorrenti, principale e incidentale.
Ha quindi scrutinato in primo luogo il ricorso incidentale, con cui si era dedotto che la originaria ricorrente principale non aggiudicataria T.I., avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara.
Quanto al primo motivo del suddetto mezzo incidentale, (laddove il RTI contro interessato F. aveva sostenuto che T.I. nella dichiarazione riguardante il requisito di cui all’art. 38, comma 1 lett. m) del codice dei contratti pubblici non aveva fatto riferimento ai reati per i quali aveva subito due condanne ai sensi del d.lgs. 231/2001, che avrebbe consentito alla stazione appaltante di verificare in concreto l’idoneità a contrarre con la p.a.) ne ha escluso la favorevole delibabilità.
Ciò, in quanto le condanne per le quali F. aveva reclamato l’esclusione di T.I. non rientravano tra le cause di esclusione previste dall’art. 38 del Codice dei contratti pubblici.
Nella dichiarazione resa ai sensi della lett. m), T.I. aveva infatti dichiarato (non solo le sentenze di applicazione della pena su richiesta di parte sopra indicate, ma anche) che “che in entrambi i provvedimenti sopra indicati, i Giudici avevano ritenuto applicabile a favore di T. I. S.p.A. l’attenuante di cui all’art. 12, comma 2, lett. b) d.lgs. 231/2001 (“è stato adottato e reso operativo un modello organizzativo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi”), e non era stata viceversa applicata alcuna sanzione interdittiva a carico della società prevista dal d.lgs. 231/2001, né qualsiasi altra sanzione che comportasse il divieto di stipulare contratti con la pubblica amministrazione”.
Ad avviso del Tar, le indicazioni rese da T.I. erano sufficientemente dettagliate e tali da consentire a Consip di vagliare la capacità di T.I. a contrarre con l’Amministrazione.
Posto, poi, che T.I. non risultava aver riportato alcun provvedimento interdittivo non ricorrevano i presupposti indicati dall’art. 38 lett. m), (devono essere esclusi coloro “nei cui confronti è stata applicata la sanzione interdittiva di cui all’articolo 9, comma 2, lettera c), del decreto legislativo dell’8 giugno 2001 n. 231 o altra sanzione che comporta il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione compresi i provvedimenti interdittivi di cui all’articolo 36-bis, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006 n. 248”).
L’astratta riconducibilità delle predette condanne all’ipotesi di “errore grave nell’esercizio della loro attività professionale”, ai sensi dell’art. 38 lett. f) del Codice Appalti, non poteva rilevare in senso dirimente: tale valutazione spettava alla stazione appaltante, che – in ipotesi – avrebbe potuto chiedere chiarimenti o integrazioni; non poteva essere considerata in danno della originaria ricorrente una valutazione che la stessa stazione appaltante Consip non aveva ritenuto di svolgere, pur essendone nelle condizioni.
Il Tar ha poi saggiato la consistenza del secondo motivo di ricorso incidentale proposto da F..
Ivi, F. aveva sostenuto l’assenza del requisito minimo dell’ “Intrusion Prevention Throughout almeno pari a 700Mbps” nel prodotto Huawei Technologies USG6350, offerto da T.I. per entrambi i lotti, e per il quale era stato dichiarato anche il possesso del requisito migliorativo pari al 30% del predetto IPS Throughput minimo, sulla base di quanto riportato nel sito del produttore stesso.
Anche di tale censura il Tar ha escluso l’accoglibilità alla stregua delle risultanze documentali versate in atti.
Ha infatti in proposito osservato, che la circostanza era stata smentita dalla dichiarazione del 29.12.2014 del General Manager di Huawei depositata dalla difesa di T.I..
Ivi si era ribadito “che i valori prestazionali (throughput lPS) dei Firewall USG 6350 sono conformi ai requisiti di base e migliorativi relativi a quelli del prodotto di fascia media riportati nel Capitolato Tecnico della gara Consip Reti Locali 5…”.
Tale dichiarazione, oltre a confermare la sussistenza del requisito minimo e migliorativo relativo all’apparato offerto da T. I. (già evincibile dalle dichiarazioni del produttore Huawei allegate all’offerta di T.I.), forniva, inoltre, una spiegazione sui valori prestazionali indicati sul sito web del costruttore, in una logica di tipo commerciale e di posizionamento sul mercato del prodotto rispetto ad altri del medesimo gruppo (che, pertanto, aveva un valore meramente indicativo rispetto ai valori prestazionali massimi effettivamente raggiungibili dall’apparato).
Inoltre, a sostegno della attendibilità delle dichiarazioni del predetto general manager, la originaria ricorrente T.I. aveva dedotto che lo stesso produttore aveva aggiornato le informazioni relative all’apparato in questione presenti sul sito internet ( in cui era stato indicato un valore di IPS throughput pari a 950 Mbits/s per il modello USG6350).
Alla luce di tali considerazioni, il Tar ha integralmente disatteso il ricorso incidentale proposto dall’ATI F..
Il primo giudice ha quindi proceduto allo scrutinio del mezzo principale di primo grado, proposto da T.I., rammentando che con il primo motivo era stata contestata l’incongruità dell’offerta del RTI F. rispetto alle previsioni del disciplinare di gara (di cui ai parr. 4.4.1, 4.4.1.5., 4.4.2.1., 5.1.1, 5.3 e 5.6) e dei parr. 2.6, 2.7, 3.1 del capitolato tecnico. Detta inattendibilità – si sosteneva nel mezzo- emergeva dalle giustificazioni fornite in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta.
Di tale mezzo il Tar ha affermato la fondatezza, alla stregua delle seguenti considerazioni, avendo premesso la propria adesione al principio per cui il giudizio di anomalia postulava una riscontrata inattendibilità dell’offerta complessiva.
Ha in proposito rammentato quale fosse stato l’esito della gara ed il significativo scostamento della offerta della aggiudicataria rispetto a quella di T.I..
F., infatti, aveva presentato una offerta economica inferiore alla base d’asta ottenendo:
– per il Lotto 1 il punteggio economico di 49,646 contro i 46,100 punti ottenuti da T.I.;
– per il Lotto 2, il punteggio economico di 49,680 punti contro i 46,100 punti di T.I..
Ciò aveva prodotto una importante differenza consentendo a F. di recuperare il punteggio inferiore ottenuto per l’offerta tecnica e di ottenere l’aggiudicazione dell’appalto .
Senonchè, dall’esame delle giustificazioni fornite al riguardo da F. emergevano –ad avviso del Tar- significative incongruenze.
In particolare, il Rti F., con nota del 5.6.2014, in relazione ai costi del personale assunto ai sensi dell’art. 8, comma 9, ultimo periodo, della legge n. 407/1990 (considerato il vincolo di impiego nelle sole regioni disagiate del Mezzogiorno) aveva chiarito che avrebbe fatto ricorso all’apprendistato per il 50% delle risorse complessivamente necessarie ad erogare i servizi di presidio on site e reperibilità per i due lotti ed il 45% delle ulteriori risorse sarebbero state assunte sfruttando lo sgravio fiscale integrale previsto dall’art. 8, comma 9, ultimo periodo, della legge n. 407/1990 per 36 mesi impiegate solo nelle zone del Mezzogiorno di cui al d.P.R. n. 218/78, mentre il rimanente 5% sarebbe stato inquadrato sulla base della legislazione ordinaria (3° livello CCNL), senza sgravi di carattere contributivo e/o fiscale.
Da ciò conseguiva che per circa il 50% dei presidi F. si sarebbe avvalsa di personale apprendista, mentre per il 45% si sarebbe avvalsa di personale che avrebbe beneficiato dello sgravio fiscale previsto dalla l. n. 407/90, mentre il restante 5% di lavoratori sarebbero stati assunti in regime ordinario.
Ciò, però, non appariva conforme alle previsioni del par. 2.6.3.3 del capitolato tecnico e, più in generale, di tutte alle prescrizioni relative ai requisiti minimi del personale da impiegarsi.
Ad avviso del Tar, infatti, il par. 2.6.3.3 del capitolato, con specifico riferimento ai servizi in esame, imponeva l’impiego di risorse in possesso “delle competenze professionali adeguate in termini di conoscenza specifica dei sistemi ed apparati installati/forniti stessi ovvero esperienza lavorativa almeno triennale in ambito manutenzione e gestione delle reti lan” (par. 2.6.3.3).
E tale previsione era logicamente incompatibile con la figura del contratto di apprendistato.
Nell’ambito di tale rapporto di lavoro, l’acquisizione delle competenze e della professionalità specifica era il risultato del ciclo di addestramento pratico e della formazione teorica la cui durata minima attuale era pari a 36 mesi (art. 20 del CCNL per il settore T.I.unicazioni). Ne conseguiva che le conoscenze specifiche dei sistemi e degli apparati in questione avrebbero potuto essere acquisite solo al termine del triennio e non prima.
F. e Consip avevano sostenuto la infondatezza della censura proposta da T.I., sostenendo gli apprendisti sarebbero stati già in possesso di competenze specialistiche adeguate e che essi avrebbero implementato l’apprendimento nel corso dell’attività lavorativa, in modo da integrare la professionalità e le proprie cognizioni tecniche (sul modello del cosiddetto training on the job).
Non si trattava di escludere la capacità del personale assunto con il contratto di apprendistato di assolvere alle funzioni richieste dal capitolato di gara: ad avviso del Tar, il capitolato di gara imponeva “in modo chiaro ed univoco” ai concorrenti di avvalersi di personale specializzato per l’erogazione delle prestazioni, che fosse in possesso delle “competenze professionali adeguate in termini di conoscenza specifica dei sistemi e degli apparati installati/forniti…”.
Invero doveva essere posto in luce che il capitolato non richiedeva una conoscenza generica o anche solo iniziale, ma una “conoscenza specifica” dei sistemi degli apparati da parte del personale in servizio: detta conoscenza F. non aveva in alcun modo dimostrato. Né F. aveva documentato che si sarebbe avvalso di personale comunque in possesso di un’esperienza lavorativa almeno triennale in ambito di manutenzione gestione delle reti LAN (come previsto dal capitolato in via alternativa), posto che ben il 50% del personale sarebbe stato assunto con il contratto di apprendistato.
Il Tar ha irrobustito la propria motivazione evidenziando che altre disposizioni del capitolato richiedevano ben determinate forme di conoscenza: in relazione al servizio di addestramento su reti locali, il personale, invero, doveva essere “dotato di conoscenza ed esperienza all’insegnamento dello specifico argomento, in possesso di almeno una o più certificazioni in ambito networking” (par. 2.7.2); mentre il Responsabile del Servizio generale e provinciale (par. 3.1.2) doveva essere in possesso degli specifici requisiti (di esperienza o di studio).
In assenza di una specifica esperienza lavorativa, la competenza specialistica dei sistemi da parte delle risorse da impiegarsi avrebbe dovuto essere comprovata “tramite certificazioni” (par. 2.6.1.1.2, con riferimento al servizio di manutenzione correttiva).
Ad avviso del Tar la stessa connotazione del contratto di apprendistato appariva incompatibile con le prescrizioni di gara.
Era infatti incontestato che la conoscenza specifica necessaria per lo svolgimento dell’attività di manutenzione venisse acquisita soltanto al termine del triennio di formazione (tanto che il personale era assunto con un inquadramento iniziale immediatamente inferiore -2° livello- rispetto a quello finale -3° livello-, che costituiva il parametro di riferimento per il personale adibito al suddetto servizio).
In base al CCNL il personale apprendista era assunto con la qualifica iniziale di secondo livello: essa di per sé non era sufficiente ai fini per lo svolgimento del servizio richiesto da Consip, il quale presupponeva il possesso del terzo livello (cd livello target) da raggiungere al termine del periodo di apprendistato di 36 mesi.
Ciò risultava confermato dalle stesse giustificazioni fornite da F., che indicava il personale apprendista TLC come dotato di un livello finale di terzo e quarto grado.
Il Tar ha invece escluso la fondatezza dell’ulteriore profilo di censura avente ad oggetto i benefici di cui avrebbe goduto il personale assunto sensi dell’articolo 8, comma 9, della legge 407/1990.
L’eventuale anomalia dell’offerta –infatti- doveva essere valutata con riferimento al quadro giuridico fattuale esistente al momento in cui tale giudizio era stato formulato dalla commissione di gara.
La valutazione dell’anomalia dell’offerta riguardante il raggruppamento F. si era conclusa nel mese di luglio 2014, mentre l’articolo 8, comma 9, della legge 407/1990 era stato abrogato dalla legge 23 dicembre 2014, n. 190: la valutazione della commissione di gara si era correttamente basata sulle norme all’epoca vigenti ( tra le quali rientrava la legge 407/1990).
Parimenti, il Tar ha escluso la favorevole delibabilità della censura con cui T.I. aveva dedotto che l’offerta del Rti aggiudicatario non sarebbe stata conforme alla legge di gara nella parte in cui indicava requisiti migliorativi di alcuni prodotti in realtà inesistenti.
In particolare – aveva sostenuto T.I.- lo switch tipo 1 della società Dell (modello PowerConnect 3524) per il quale il Rti F. aveva consegnato una autocertificazione firmata dal legale rappresentante di Dell attestante il possesso della caratteristica migliorativa “assorbimento di potenza al 100% del throughput minore di 30W” coerentemente con quanto riportato dall’Rti nell’offerta tecnica beneficiaria di punteggio aggiuntivo non avrebbe posseduto le caratteristiche indicate (come si sarebbe dovuto desumere da uno scambio di mail avvenuto il 10.3.2014 -alle ore 14.53, 15.53 – e il 12.3.2014 alle 21,44, da cui si sarebbe dovuto ricavare l’inesistenza del requisito migliorativo: “assorbimento di potenza al 100% del throughput minore di 30w”).
Ad avviso di T.I., alla stregua di tali emergenze, Consip avrebbe dovuto escludere l’offerta del RTI F. per omessa dimostrazione dei requisiti previsti per la componente tecnica dall’allegato 2 al disciplinare, in base al par. 5.6, pag. 72, del disciplinare secondo cui “il collaudo negativo di caratteristiche minime e/o migliorative offerte determina l’esclusione dalla gara”.
In senso contrario all’accoglimento del mezzo, il Tar ha osservato che sebbene rispondesse al vero la circostanza che il legale rappresentante della società Dell, nelle mail del 10 marzo e del 12 marzo 2014 aveva negato il possesso delle caratteristiche dello switch, era parimenti vero che lo stesso, in seguito, con dichiarazione sostitutiva di certificazione del 10 dicembre 2014, aveva affermato l’esistenza del requisito migliorativo indicato dal raggruppamento controinteressato per lo switch tipo 1.
Ad avviso del Tar doveva accordarsi prevalenza l’ultima dichiarazione del 10 dicembre 2014, con la quale il legale rappresentante di Dell aveva inteso porre fine all’incertezza emersa in ordine al requisito in questione: ad ulteriore comprova di ciò giovava precisare che F., in data 7 gennaio 2015, aveva depositato una relazione tecnica giurata redatta dalla professoressa Marina Ruggeri del Dipartimento di ingegneria elettronica dell’Università di Roma Tor Vergata, in cui si attestava che i test svolti sullo switch marca Dell modello Power Connect 3524 evidenziavano il pieno soddisfacimento del requisito migliorativo richiesto riguardante l’assorbimento di potenza al 100% del throughput minore di 30 W.
Quanto all’ultimo segmento del primo motivo del mezzo di primo grado proposto da T.I., il Tar ha rammentato che ivi si era stigmatizzato che la documentazione di offerta del RTI F. fosse stata sottoscritta, per la mandataria F., dai procuratori speciali Onofrio Pecorella e Mariano Marianello, sulla base della procura conferita loro dall’Amministratore Delegato Alberto Calcagno congiuntamente al Direttore Human Capital Biazzi.
Senonchè, ad avviso di T.I., costoro non avrebbero potuto conferire tale autorizzazione, atteso che dalla visura presso la CCIAA relativa alla società F. emergeva che i poteri dell’Amministratore Delegato, da esercitarsi congiuntamente al Direttore Human Capital, non erano sufficienti ad autorizzare la partecipazione alla gara in esame, a cui base d’asta superava il limite dei loro poteri fissato a 30 milioni di Euro.
In senso contrario all’accoglimento del mezzo, il Tar ha posto in luce che dalla documentazione in atti risultava che l’offerta di F. era stata sottoscritta dai procuratori e che alla stessa era stata allegata la procura notarile per atto a rogito del notaio Elena Terrenghi rep. n. 27.467 del 28 febbraio 2014.
La detta procura attestava che i signori Calcagno e Biazzi avevano costituito quali procuratori speciali i signori Marianiello e Pecorella; in calce alla procura figurava l’autenticazione del notaio, il quale aveva certificato l’identità dei sottoscrittori e il possesso in capo agli stessi dei poteri necessari per conferire la rappresentanza della società al fine di partecipare alla gara.
La procura di per sé, quindi, risultava sufficiente a dimostrare i poteri di rappresentanza di coloro che avevano sottoscritto l’offerta, posto che il notaio affermava espressamente di aver preso visione del verbale del consiglio amministrazione del 27 febbraio 2014.
In senso contrario non valeva l’erronea allegazione alla procura del verbale del consiglio amministrazione del 17 dicembre 2013 (invece che quello corretto del 27 febbraio 2014, in cui erano stati conferiti i poteri per partecipare alla gara in esame).
A fronte di tale erronea allegazione, peraltro, la stazione appaltante avrebbe dovuto sollecitare il raggruppamento a fornire adeguati chiarimenti, esercitando i poteri previsti dall’articolo 46, del D.Lgs. 163/2006, posto che – contrariamente a quanto dedotto – non si trattava di integrare alcuna documentazione mancante ab origine, ma di correggere un dato non essenziale e ultroneo quale era l’allegazione di un verbale del consiglio di amministrazione.
Accolto in parte quindi, il primo mezzo del ricorso principale di primo grado proposto da T.I., il Tar ha scrutinato le censure proposte con il secondo ed il terzo motivo di gravame (laddove si era affermata la inattendibilità dell’offerta del RTI F. in relazione agli sgravi fiscali di cui avrebbe goduto per il personale assunto).
Anche di dette censure il Tar ha affermato la parziale fondatezza.
Muovendo dall’affermato convincimento per cui l’offerta del RTI controinteressato avrebbe meritato maggiori approfondimenti in ordine alla assunzione, per ben il 50% delle risorse umane, di personale apprendista incompatibile con le specifiche disposizioni della legge di gara, alla affermata impossibilità di avvalersi di tale personale (e dei connessi sgravi e agevolazioni fiscali) conseguiva necessariamente una stima dei costi del lavoro diversa da quella elaborata da F. al fine di giustificare il ribasso, in contrasto con gli artt. 86, comma 3-bis, e 87, comma 3, del Codice dei contratti pubblici.
L’utile dichiarato dal RTI F. (euro 2.214.285,99), non essendo possibile avvalersi di personale apprendista, sarebbe stato sensibilmente eroso all’incremento dei costi per la componente del personale indicato sulla base dell’incremento dei costi ricavabili dal CCNL di riferimento (con l’aggiunta dell’incidenza degli oneri previdenziali).
Inoltre, a ciò doveva aggiungersi l’aggravio dei costi derivante dalla sopravvenuta impossibilità di avvalersi degli incentivi economici previsti dall’articolo 8, comma 9, della legge 407/1990 (abrogato dalla legge 23 dicembre 2014, n. 190).
La sopravvenuta (giuridica) impossibilità di avvalersi degli sgravi fiscali previsto dalla predetta legge (seppur irrilevante in termini di verifica di anomalia) erodeva ulteriormente il margine di utile di F..
Il Tar ha invece disatteso l’ulteriore profilo di censura con il quale T.I. aveva contestato l’importo delle cauzioni calcolate dal raggruppamento controinteressato.
Condivisibilmente, F. aveva dimostrato che T.I. aveva errato nell’individuare la base di calcolo dell’anomalia, facendo riferimento alla base d’asta e non al valore dell’importo contrattuale come previsto dall’articolo 113 del decreto legislativo 163/2006.
Inoltre, la censura non teneva conto che il coefficiente di calcolo ai fini del rilascio della produzione non era dello 0,55% come ipotizzato da T.I., ma dello 0,20% per il primo anno dello 0,40% del secondo anno come risulta dalla dichiarazione rilasciata dalla banca Unicredit.
Conclusivamente, il Tar ha ritenuto che l’offerta del RTI F.-V. non risultasse conforme alle prescrizioni del bando di gara e neppure giustificata, con assorbimento degli ulteriori motivi non esaminati.
Il Tar, annullata l’aggiudicazione, ha poi sostenuto la ricorrenza dei presupposti di cui all’art. 122 c.p.a. per la dichiarazione di inefficacia del contratto d’appalto (qualora nel frattempo stipulato).
T.I. aveva infatti presentato la domanda di subentro nel contratto, nella forma di domanda risarcitoria in forma specifica: qualora F. fosse stata esclusa, T.I. avrebbe infatti avrebbe conseguito l’aggiudicazione del servizio, in quanto classificata seconda nella gara, a seguito di scorrimento nell’ordine di graduatoria.
L’aggiudicataria originaria resistente e ricorrente incidentale di primo grado ha proposto un articolato appello avverso la detta decisione.
Ha ripercorso analiticamente l’andamento anche infraprocedimentale della vicenda contenziosa (ivi compresa la fase di verifica dell’anomalia dell’offerta conclusasi il 27 giugno 2014) ed ha radicalmente contestato l’approdo cui era giunto il Tar.
Ad avviso dell’appellante F., infatti, innanzitutto il Tar aveva errato nel respingere il ricorso incidentale di primo grado da essa stessa proposto.
Il primo motivo ivi proposto era fondato, in quanto T.I. aveva omesso di comunicare i dati identificativi delle due gravi sentenze di condanna rese nei propri confronti; ciò rendendo impossibile la valutazione della Stazione appaltante in ordine alla incidenza delle stesse sulla moralità della T.I. medesima.
Quanto a tali condanne, Consip aveva omesso la doverosa attività valutativa demandatale (art. 38 lett. f del d.Lvo. 16372006); e tale omissione discendeva dalla circostanza che T.I. non aveva neppure comunicato per quale fattispecie di reati erano state rese le predette condanne.
Anche la seconda censura incidentale era fondata: l’assenza del requisito minimo dell’ “Intrusion Prevention Throughout almeno pari a 700Mbps” nel prodotto Huawei Technologies USG6350, offerto da T.I. per entrambi i lotti, avrebbe dovuto comportare la diretta esclusione di T.I. dalla gara.
Nel sito internet della società produttrice era stato chiarito che detta apparecchiatura presentava requisiti minimi inferiori: successivamente alla presentazione del mezzo incidentale, la scheda del prodotto esposta nel sito internet della società produttrice era stata modificata.
Il Tar si era rifatto –al fine di escludere la fondatezza della censura- ad una dichiarazione postuma rilasciata dal legale rappresentante della ditta produttrice Huawei.
Ma tale fideistica interpretazione collideva con la logica (di solito, le imprese, vantano caratteristiche del prodotto migliori di quelle effettivamente possedute, e non già inferiori) e con la prassi (perchè mai una multinazionale, per asserite ragioni di “posizionamento commerciale” avrebbe dovuto indicare che il prodotto da essa commercializzato possedeva caratteristiche inferiori a quelle in realtà possedute?).
Nella seconda parte dell’appello (motivi 3 e segg) F. ha censurato i capi di sentenza accoglitivi del mezzo di primo grado proposto da T.I., sostenendo che il Tar avesse debordato i limiti del controllo giurisdizionale sulla discrezionalità della stazione appaltante, sia con riferimento alle prescrizioni del bando riferibili alla professionalità del personale da adibire allo svolgimento del servizio, che con riguardo alla espletata verifica di anomalia.
Nel verbale del 19 giugno 2014 si dava atto che –su espressa segnalazione di T.I., che aveva sollecitato una disamina sulla adeguatezza delle professionalità impiegate da F., con ciò anticipando le tematiche sulle quali si sarebbe successivamente fondato il ricorso di primo grado- v’era stata una accuratissima verifica su tale aspetto dell’offerta F..
Il vero era che nessuna norma del bando impediva il ricorso ai contratti di apprendistato, non avendo quest’ultimo prescritto alcun livello formale di inquadramento del personale.
Il Tar aveva, anzitutto, errato in fatto.
L’accoglimento era riferito alla supposta inadeguatezza del personale adibito ai servizi di manutenzione, mentre il mezzo proposto da T.I. si riferiva alla gestione on site.
L’oggetto della gara riposava nella “ fornitura di prodotti e servizi per la manutenzione realizzazione e gestione” di reti locali
L’art. 2.6. del Capitolato, distingueva i servizi di manutenzione (punto 2.6.1. del Capitolato) da quelli di monitoraggio e gestione (punto 2.6.3. del Capitolato).
All’interno dei servizi di gestione dovevano distinguersi quelli di gestione da remoto (punto 2.6.3.2. del Capitolato) e quelli di gestione “on site” (punto 2.6.3.3. del Capitolato)
Il servizio on site, -da espletare su richiesta facoltativa dell’Amministrazione – doveva tenersi distinto da quello di manutenzione, per cui con riferimento al personale deputato a svolgere servizio on site non rilevavano i requisiti prescritti per il servizio di manutenzione.
Del tutto a sproposito, quindi, il Tar aveva evocato le disposizioni di cui ai punti del Capitolato 2.6.1.2, 2.7.2., 3.1.2.
Escludendo le prestazioni che si riferivano a servizi (quale quello di manutenzione) per le quali F. impiegava personale munito della necessaria qualificazione e specializzazione, per le altre attività (ivi inclusa quella on site) la regola generale era quella scolpita sub punto 2.6.3.3. del Capitolato: ivi si richiedeva (unicamente) il possesso della conoscenza specifica degli apparati, ovvero una pregressa esperienza lavorativa almeno triennale.
E la detta conoscenza ai fini della gestione dei sistemi in site non doveva – a tenore del bando – seppure essere suffragata dalla produzione di certificazioni (né era pensabile che F. dovesse dimostrare, in sede di verifica di anomalia, la specifica conoscenza dei sistemi, in capo al personale non ancora assunto).
Quanto alle problematiche di inquadramento del personale prospettate dal Tar, era dirimente in senso contrario alla tesi esposta nella sentenza il disposto di cui all’art. 2 comma 1 lett. c del d.Lgs. n. 167/2011.
Con la quinta censura F. ha sostento che l’accoglimento parziale del secondo motivo del mezzo di primo grado proposto da T.I. era viziata ex art. 112 cpc (laddove aveva accolto un “terzo motivo” in realtà inesistente) ed ex art. 34 del cpa.
La sentenza era monca: mancava ogni riferimento alle asserite e supposte ragioni per cui l’indimostrato incremento dei costi avrebbe reso l’offerta F. inattendibile.
La contraddizione in cui era incorso il Tar, era poi palese, laddove, dapprima, aveva (correttamente) evidenziato che la verifica di anomalia andava svolta avuto riguardo alla situazione di fatto e di diritto sussistente al momento dello svolgimento della predetta (e, quindi, per quel che rilevava nel caso di specie, considerato che la valutazione dell’anomalia dell’offerta riguardante il raggruppamento F. si era conclusa nel mese di luglio 2014,senza potersi tenere conto della sopravvenuta abrogazione, dell’articolo 8, comma 9, della legge 407/1990 per effetto della legge 23 dicembre 2014, n. 190) e, poi, aveva dato ingresso alla censura (neppure articolata con motivi aggiunti) riposante sulla richiamata sopravvenuta modifica legislativa di cui alla legge n. 190/2014.
In ogni caso, il Tar non aveva tenuto conto della circostanza per cui il Legislatore, “abrogando” gli sgravi fiscali di cui al comma 9 dell’art. 8 della legge n. 407/2009 aveva esteso taluni benefici fiscali, senza limiti territoriali (comma 118 dell’art. 1 della legge n. 190/2014).
La originaria ricorrente di primo grado, T.I., vittoriosa in primo grado, ha depositato una memoria di costituzione chiedendo la reiezione dell’appello, perché infondato.
La Stazione appaltante Consip si è costituita depositando un appello incidentale chiedendo la riforma della gravata decisione.
Ha prospettato argomenti in larga parte coincidenti con l’appello proposto da F. ed ha osservato che era pacifico che nessuna norma del capitolato impediva espressamente il ricorso all’apprendistato, quanto ai servizi di presidio (ciò era incontroverso).
Ma era anche corretto rilevare –contrariamente alla tesi del Tar- che il ricorso all’apprendistato non era ontologicamente collidente con alcuna disposizione della lex specialis.
Il punto 2.6.33 infatti: richiedeva una pregressa conoscenza, o esperienza, pacificamente ricavabile da attività di studio, ovvero da pregresse esperienze lavorative, seppur in diverse e/o non coincidenti qualifiche.
Peraltro, la detta disposizione facoltizzava la stazione appaltante a chiedere la sostituzione delle eventuali unità di personale inidonee, per cui l’interesse della Pubblica Amministrazione alla corretta esecuzione dell’appalto era salvaguardato.
Parimenti errato appariva il riferimento del Tar al livello di inquadramento minimo.
Innanzitutto, il secondo livello non era da considerare un livello minimale dal quale inferire che il personale ivi inquadrato non avrebbe potuto possedere le caratteristiche minime comunque adeguate per svolgere le mansioni di presidio.
Secondariamente, la “scelta” di inquadrare il personale apprendista al secondo livello era, appunto, una opzione di F. ma non una scelta obbligata.
In terzo luogo – e con portata dirimente- emergeva da una simulazione matematica che se anche il personale apprendista che F. si era ripromessa di inquadrare al secondo livello fosse stata inquadrata al terzo livello, l’onere da ciò derivante non avrebbe azzerato l’utile di impresa di F. per entrambi i lotti.
E poiché questa era stata la ragione dell’accoglimento dell’appello (inattendibilità dell’offerta a cagione dell’“errore” nell’assunzione del personale apprendista e correlativa incidenza dell’aumento dei costi sul margine di utile), era evidente la erroneità dell’approdo del Tar.
Anche l’altro caposaldo accoglitivo del mezzo di prima grado, intimamente contraddittorio, era errato.
Tanto errato, che era persino difficile inquadrare detta statuizione.
Il Tar aveva riconosciuto che la verifica di anomalia si era correttamente svolta secondo il canone tempus regit actum, e quindi tendo conto del disposto di cui all’articolo 8, comma 9, della legge 407/1990 (e prescindendo dalla sopravvenuta circostanza che detto articolo, comportante significativi sgravi fiscali, era stato successivamente abrogato dalla legge 23 dicembre 2014, n. 190).
Poi, però, aveva “riconosciuto” di non potere prescindere, sotto il profilo effettuale, da tale circostanza: e aveva rilevato che la circostanza (sopravvenuta rispetto al momento di svolgimento della verifica di anomalia) relativa alla sopravvenuta abrogazione del disposto di cui all’articolo 8, comma 9, della legge 407/1990 ad opera della legge 23 dicembre 2014, n. 190 comportando il venir meno di sgravi fiscali, parimenti incideva in maniera decisiva sull’utile di impresa prospettato da F., concorrendo a fare ritenere la offerta presentata dall’aggiudicataria inattendibile.
La contraddittorietà di tale modus procedendi non necessitava di ulteriori dimostrazioni.
Era importante però rilevare che il Tar non aveva tenuto conto del fatto che la predetta legge 23 dicembre 2014, n. 190 aveva introdotto nuove, e più significative, agevolazioni fiscali: tenere conto della (sopravvenuta) abrogazione delle agevolazioni fiscali di cui alla legge 407/1990 senza al contempo valutare le (parimenti sopravvenute) neointrodotte agevolazioni (per di più applicabili sull’intero territorio nazionale) viziava anche in fatto – oltrechè, per quanto prima esposto, in diritto – il ragionamento del Tar.
E comunque, applicando le nuove agevolazioni fiscali, anche inquadrando l’intera aliquota di personale assunta con contratto di apprendistato al terzo livello, l’offerta F. avrebbe mantenuto una percentuale di utile.
La controinteressata T.I. ha depositato un articolato appello incidentale ed ha chiesto la reiezione dell’appello principale proposto da F., al contempo riproponendo i motivi del mezzo di primo grado assorbiti.
Ha in proposito rilevato (primo motivo) che l’offerta F. era condizionata (e come tale inammissibile) in quanto non aveva dimostrato di non avere già goduto di un aiuto di Stato.
Infatti: l’agevolazione per l’assunzione di apprendisti tale era considerata (pagg. 6-13 dell’appello).
In sintesi: quanto al primo profilo, tale disposizione integrava “aiuto di stato” l’appellante principale non aveva documentato di avere già assunto tale personale, o fruito già di tale agevolazione, finiva con il subordinare la propria offerta ad un evento futuro ed incerto (art. 87 comma 5 TUCP).
Quanto al secondo, la norma facoltizzante era stata peraltro abrogata (unico argomento, questo, della complessa censura effettivamente analizzato ed accolto dal Tar) il che avrebbe comunque comportato la cessazione della materia del contendere perché anche in caso di accoglimento dell’appello F. non avrebbe potuto giustificare la propria offerta, in quanto il margine di utile ne sarebbe risultato del tutto azzerato.
Insomma: il Tar aveva preso in esame soltanto quest’ultimo (accogliendolo, nella sostanza, tanto che F. aveva gravato il relativo capo di decisione con il quinto motivo dell’appello principale).
Tale accoglimento sostanziale avrebbe reso necessario:
a)un –vincolato- atto di autotutela da parte di Consip;
b)il venire meno, in capo a F., dell’interesse all’appello principale.
Premesso che dai calcoli depositati da T.I. emergeva che il venire meno delle agevolazioni fiscali di cui all’art. 8, comma 9, I. n. 407/90 avrebbe comportato –già isolatamente considerata- l’azzeramento dell’utile, l’appellante incidentale T.I. ha quindi riproposto il versante di censura assorbito, indicato nella lettera a suindicata (id est: natura di “aiuti di stato” del beneficio).
Rievocati i pronunciamenti Ue sulla fattispecie normativa de quo, ha fatto presente che F. non aveva documentato di potersi giovare della detta disposizione, anche nello ristretto perimetro applicativo scolpito dalla Commissione e dalla Corte di Giustizia.
Inoltre (pagg. 12-17) erano errate le stime dei presidi da attivarsi nel Mezzogiorno (posto che il beneficio dell’assunzione degli apprendisti era limitato -c.d. vincolo geografico).
T.I. ha infatti fatto presente che v’era un ulteriore, connesso, profilo prospettato in primo grado, ma dal Tar obliato: anche a volere ritenere possibile l’impiego del detto personale, non poteva concordarsi con la stima dei presidi da attivare nel Mezzogiorno.
Era pacifico, che il personale così assunto, dovesse essere impiegato nelle medesime zone del Mezzogiorno;
la stima dei presidi da attivare nel Mezzogiorno, era però errata in quanto fondata sui dati di cui alla Convenzione Quadro Centrali Telefoniche 5; se ci si fosse fondati sui dati di cui alla Convenzione Lan5 si sarebbe appieno percepita la erroneità della stima .
Se poi – sconfessando il presupposto di partenza – si fosse affermato che il personale avrebbe anche potuto risiedere in aree geografiche diverse, si sarebbe dovuto computare l’ingentissimo costo delle trasferte.
L’appellante incidentale ha poi riproposto il motivo II1del mezzo di primo grado.
Ha rammentato che F. prevedeva che il 50% del personale destinato ad erogare i presidi on site, nel centro-nord, fosse assunto con contratto di apprendistato.
Se il 45% (destinato al Sud/Mezzogiorno) era assunto con il sistema ex all’art. 8, comma 9, I. n. 407/90, ed il 50% con contratto di apprendistato, rimaneva quindi solo un 5% di personale esperto per presiedere ad attività di tutoraggio.
Né il detto personale apprendista era inserito in una struttura collaudata, né erano state previste e stimate risorse per la formazione di esso.
T.I. ha poi riproposto il –parimenti assorbito – motivo II3 del mezzo di primo grado, incentrato sulla omessa menzione/sottovalutazione da parte di F. di ulteriori costi (costi, peraltro, ammessi dall’appellante principale in altra coeva gara simile a quella oggetto della odierna delibazione) .
Ha poi censurato espressamente (quarto motivo): il capo della sentenza gravata che aveva respinto il motivo II4 in punto di costo delle garanzie e, (quinto motivo di appello) la reiezione del motivo incentrato sulla insussistenza del requisito migliorativo sullo Switch Dell di Tipo1 che essa si proponeva di utilizzare.
Con il sesto motivo ha sostenuto che il Tar era incorso in un vizio di travisamento del fatto allorchè aveva omesso di rilevare la denunciata carenza di potere rappresentativo in capo ai sottoscrittori dell’offerta F., sostenendo che ci si trovasse al cospetto di una palese incertezza sulla provenienza dell’offerta.
Ha infine fatto presente che i precetti di cui alla legge n. 190/2014 non erano applicabili alla gara de quo in quanto bandita nel gennaio 2014 (cds 140/2015).
Con ulteriore memoria depositata datata 23 aprile 2015 T.I. ha completato l’esposizione delle proprie difese.
Mentre con l’appello incidentale prima richiamato aveva proposto i motivi rimasti assorbiti, e criticato le statuizioni reiettive di alcune censure da essa proposte in primo grado contenute nella sentenza del Tar, con la memoria ha preso posizione sulle censure proposte da F. e da Consip.
La premessa di fondo ivi esposta riposava nel convincimento (già espresso nell’appello incidentale, per il vero) secondo cui gli appelli di F. e Consip fossero –oltre che infondati –affetti da inammissibilità: soppressi a far data dall’1.1.2015 i benefici ex art. 8 co.9 ult. per. della legge 407/1990, l’offerta F. era oggettivamente in perdita e quindi giammai si sarebbe potuta aggiudicare la gara.
Nella prima parte della memoria (pagg. 1 -7) ha confutato le censure incidentalmente proposte da F. in primo grado, e reiterate in appello, secondo cui l’offerta T.I. era viziata ex art. 38 del TUCP (omessa dichiarazione di condanne “aziendali”) e prive del requisito minimo quanto al dispositivo Huawei.
Nella seconda parte della memoria (pagg. 7-24) ha esposto le proprie considerazioni sugli appelli avversari, facendo presente che il Tar aveva correttamente colto che l’impiego massivo di personale apprendista collidesse con il bando e fosse ingiustificabile.
F. e Consip, con due articolate memorie datate entrambe 24 aprile 2015 hanno replicato alle difese svolte da T.I..
F., ha sostenuto che:
a)con la memoria datata 23 aprile 2015 (pag. 5) T.I. aveva “ammesso” che le proprie originarie censure riguardavano esclusivamente il servizio di presidio on site e di reperibilità, e non il servizio di manutenzione, sul quale il Tar si era invece erroneamente diffuso;
b)con la memoria datata 23 aprile 2015 T.I. aveva riproposto le censure volte a sostenere che l’offerta dell’aggiudicataria F. era “condizionata” e “non redditiva” riposanti nel:
b1)non avere F. dimostrato di potere avvalersi del regime degli “aiuti di Stato” (così, infatti, T.I. considerava il ricorso all’assunzione di apprendisti);
b2)nella non corretta stima dei presidi da attivarsi nel Mezzogiorno;
b3) nell’utilizzo massivo dell’apprendistato nei servizi on site e nel non avere considerato ulteriori costi.
Premesso che la domanda di T.I. secondo cui Consip sarebbe stata vincolata ad emettere un atto di estromissione dell’originaria aggiudicataria F. a seguito della soppressione dei benefici ex art. 8 co.9 ult. per. della legge 407/1990 era “nuova” e come tale inammissibile, F. ha sostento quanto segue.
La tesi di T.I. volta ad inquadrare la legge n. 407/1990 tra gli “aiuti di Stato” era errata e distorta : la legge stessa era stata a lungo applicata, in quanto non contrastante con il diritto comunitario (pag.1-6).
E parimenti infondata era la tesi per cui la sopravvenuta (rispetto allo svolgimento della verifica di anomalia) abrogazione dei benefici di cui alla suindicata legge potesse incidere ex post sulla verifica di anomalia espletata.
Ciò per due motivi: vi si opponevano principi giuridici (tempus regit actum) ma anche fattuali: le sopravvenute norme estendevano benefici già previsti: l’impatto economico dell’operazione era del tutto nullo.
Quanto alle censure riferite alle agevolazioni nel Mezzogiorno, la doglianza era già stata respinta dalla Commissione in sede di verifica di anomalia (verbale 18 del 19.6.2014) e la riproposizione integrava censura di merito, inammissibile;
del pari inammissibile ed infondata era la doglianza tesa a stigmatizzare l’utilizzo massivo di personale apprendista (quando ed a quali condizioni diventava “massivo” ed “intollerabile”? non era specificato, né alcuno poteva affermarlo).
F. ha poi sostenuto che:
a)il terzo motivo dell’appello incidentale T.I. incentrato su ulteriori costi del lavoro si fondava su dati congetturali;
b) il quarto motivo dell’appello incidentale T.I. incentrato sui costi delle garanzie al più avrebbe portato all’irrisorio scostamento di poche decine di migliaia di euro, insuscettibile di erodere il margine di utile;
c) il quinto motivo dell’appello incidentale T.I. incentrato sulla asserita insussistenza del requisito migliorativo nell’apparato Dell era del tutto infondato, come agevolmente ricavabile dagli atti di gara;
d)infine, il sesto motivo (dubbi sul potere rappresentativo dei sottoscrittori dell’offerta F.) collideva con il principio pacifico per cui il notaio era tenuto a verificare la capacità dei soggetti le cui dichiarazioni riceveva.
Consip che ha articolato la propria memoria in cinquanta sintetici capitoletti ha svolto considerazioni analoghe a quelle rassegnate da F. chiedendo la reiezione dell’appello T.I. in quanto infondato
All’adunanza camerale del 28 aprile 2015 fissata per la delibazione della domanda cautelare, l’appellante principale ha rinunciato al petitum cautelare ed il Collegio di ciò ha dato atto con ordinanza cautelare n. 1832/2015.
In vista della odierna pubblica udienza tutte le parti processuali hanno ulteriormente controdedotto depositando memorie e scritti difensivi.
Con atto ex art. 104 comma 3 del cpa depositato il 4 agosto 2015, corredato da una consulenza tecnica di parte, F. ha depositato motivi aggiunti in appello.
Ha richiamato le precedenti difese, ed ha rammentato che essa aveva sostenuto l’assenza del requisito minimo dell’ “Intrusion Prevention Throughout almeno pari a 700Mbps” nel prodotto Huawei Technologies USG6350, offerto da T.I. per entrambi i lotti, e per il quale era stato dichiarato anche il possesso del requisito migliorativo pari al 30% del predetto IPS Throughput minimo.
La censura era stata disattesa dal Tar, e riproposta in appello.
Dopo la notifica del ricorso incidentale di primo grado contenente detta censura (e supportata dalla copia certificata delle caratteristiche del prodotto contenute nel sito internet del produttore) la scheda tecnica reperibile sul sito era stata modificata.
F. non era riuscita ad acquisire dai distributori un esemplare dell’apparecchiatura in questione per sottoporla ad accertamenti di parte, se non recentemente.
Esso era stato finalmente –solo di recente- acquisito, e sottoposto ad un test prestazionale che aveva fornito un responso univoco: l’apparecchiatura non soddisfaceva i requisiti minimi, previsti a pena di esclusione dal capitolato.
Era pertanto stato violato il capitolato tecnico (artt. 2.2.1. 2.2.1.3.5 e 2.2.1.3.5.2.) in quanto erano carenti:
a) “intrusion prevention thoughput” almeno pari a 700mbps;
b) “firewall thoughput” almeno pari a 1,5 Gbps;
c) “almeno 20.000 sessioni al secondo”.
Tutti tali requisiti minimi erano previsti nel capitolato, a pena di esclusione e l’apparecchiatura non soddisfaceva neppure i requisiti migliorativi.
La sentenza si era fondata su una dichiarazione del produttore cinese dell’apparecchiatura(successiva alla ostensione sul sito internet delle caratteristiche del prodotto, dalle quali già si evinceva l’insufficienza del medesimo) ed era errata.
Dalla falsità della dichiarazione resa da T.I. sul possesso dei requisiti migliorativi, discendeva la inammissibilità del mezzo di primo grado proposto da T.I..
Con nota di deposito datata 29.9.2015 e depositata in pari data, F. SPA ha prodotto svariata documentazione e, tra l’altro copia della sentenza del Tar del Lazio n. 9563/2015 e relazione di verificazione resa in detta causa (n. 15954/2014 REG.RIC)giusta ordinanza collegiale del Tar n. 03740/2015.
T.I. in data 29.9.2015 ha depositato una perizia giurata relativa alla funzionalità della medesima apparecchiatura oggetto del ricorso per motivi aggiunti in appello.
Consip in data 29.9.2015 ha prodotto ulteriore documentazione, tra cui il verbale di collaudo della medesima apparecchiatura oggetto del ricorso per motivi aggiunti in appello (collaudo imposto alla Società T.I.,giusta nota del 14.9.2015 versata in atti).
Con memoria depositata il 3 ottobre 2015 F. ha ribadito e puntualizzato le proprie difese, ed ha sintetizzato quali fossero le tematiche oggetto del contendere indicando analiticamente quali fossero state le posizioni e le tesi dalla stessa via via rappresentate nel corso del procedimento.
Con memoria ex art. 73 del cpa depositata il 3 ottobre 2015 T.I. ha ribadito e puntualizzato le proprie difese.
In particolare,ha espresso il convincimento per cui gli appelli proposti da Consip e da F. fossero inammissibili, in quanto privi di concreto interesse: il Tar aveva accertato che l’offerta F. era non redditiva; trattavasi di un accertamento (negativo) in ordine la sussistenza di una condizione dell’azione (e quindi di una tematica esplorabile ex officio); non rilevava che detta non redditività dell’offerta fosse emersa successivamente alla verifica di anomalia, e fosse ascrivibile (anche) alla sopravvenuta disposizione di cui all’art. 1 comma 121 della legge n. 190/2014.
Ha poi sostenuto che i motivi aggiunti proposti nell’odierno grado di giudizio fossero inammissibili in quanto:
a)nuovi;
b)supportati da una relazione di verificazione non depositata in primo grado;
c)proposti tardivamente, nella –non dimostrata – affermazione che F. medesima avesse cercato ininterrottamente, ed invano, di reperire sul mercato la detta apparecchiatura.
Essi, in ogni caso, erano infondati nel merito, come desumibile dalla perizia giurata redatta dal Prof. Bolla e versata in atti.
Inoltre, Consip aveva proceduto al materiale collaudo dell’apparecchiatura “sospettata” di essere carente dei requisiti prescritti dal bando ed il collaudo aveva smentito la tesi patrocinata da F..
Ciò spiegava portata troncante, anche in considerazione della posizione processuale rivestita da Consip: essa nell’odierno processo rivestiva la qualità di appellante; aveva proposto tesi, argomenti, e censure, coincidenti con la posizione rappresentata dall’originaria aggiudicataria F.; lealmente, però, aveva dato atto che l’argomento contenuto nei motivi aggiunti d’appello era infondato.
Alle pagg. 8 e segg. della predetta memoria, T.I. ha riepilogato gli argomenti da essa proposti a confutazione degli appelli proposti da F. e da Consip.
Con memoria depositata il 3.10.2015 Consip ha riepilogato le proprie difese ed ha chiesto di dichiarare la legittimità della intera procedura di gara e, quindi, di riformare la sentenza del Tar, “confermare” la originaria aggiudicazione disposta nei confronti di F. e di respingere il ricorso incidentale da questa proposto, teso ad affermare che T.I. non avrebbe dovuto essere ammessa alla gara.
Il 9 ottobre 2015 tutte le parti processuali hanno depositato ulteriori memorie di replica insistendo nelle rispettive difese.
Alla odierna pubblica udienza del 20 ottobre 2015 la causa è stata posta in decisione dal Collegio.
DIRITTO
1. L’appello principale di F. e l’appello incidentale di Consip sono infondati e vanno respinti nei termini di cui alla motivazione che segue. L’appello incidentale di T.I. è improcedibile.
La sentenza di primo grado va quindi confermata.
1.1. Il metodo seguito dal Collegio sarà il seguente: in primo luogo verranno esaminate le riproposte censure “incidentali paralizzanti” già prospettate dall’aggiudicataria F. in primo grado, e disattese dal Tar.
Successivamente –e soltanto in ipotesi di riscontrata infondatezza delle dette doglianze incidentali- verrà vagliato il nucleo centrale delle censure prospettate dall’aggiudicataria F. e delle analoghe censure prospettate da Consip.
Dette doglianze verranno esaminate unitamente a taluni connessi argomenti prospettati da T.I. e volti a fare valere motivi assorbiti, a cagione della intima connessione tra dette censure.
In ultimo – e soltanto in ipotesi di riscontrata fondatezza degli appelli proposti da F. e da Consip – potrebbero invece essere esaminati gli ulteriori (riproposti in quanto assorbiti dal Tar) motivi di censura di T.I., già contenuti nel mezzo di primo grado ed “eccentrici” rispetto al tema centrale della causa preso in esame dal Tar.
Laddove invece il Collegio dichiarasse la infondatezza degli appelli proposti da F. e da Consip, ovviamente, gli ulteriori motivi di censura proposti da T.I. diverrebbero improcedibili per carenza di interesse
1.3. In via assolutamente preliminare, però, il Collegio dovrà soffermarsi sulla qualificazione –ed ammissibilità- dell’atto di “motivi aggiunti” depositato da F. (“eventualmente anche ai sensi dell’ art. 104 comma 3 del cpa”) il 4 agosto 2015, e sulla sua fondatezza nella parte in cui “rafforza” la prospettazione circa la originaria inammissibilità della offerta T.I. per difetto dei requisiti, già incidentalmente proposta in primo grado da F., respinta dal Tar, e riproposta in via principale da F. nell’odierno grado di giudizio.
1.3.1. Esso –unitamente alla documentazione che lo correda – sarebbe, secondo l’opinione del Collegio, inammissibile.
Come è noto (ex aliis Consiglio di Stato sez. IV 14/07/2015 n. 3506 “) l’eccezionale (in quanto derogatrice al tendenziale principio del doppio grado di giudizio afferente all’intero materiale cognitivo soggetto a decisione) possibilità di proporre motivi aggiunti nuovi nel processo d’appello è legata alla duplice possibilità incentrata sulla novità dell’accadimento e/o della omessa conoscenza pregressa.”.
Su analoghe posizioni rigide si attesta la giurisprudenza per ciò che concerne la ulteriore produzione documentale volta ad introdurre nel giudizio materiale cognitivo non presente nel giudizio di primo grado.
Nel caso di specie, parte appellante principale F., per il vero, sia nel ricorso incidentale di primo grado sia nelle memorie del 12.1.2015 e del 17.1.2015 propose la censura ed ivi diede atto della circostanza che non era riuscita a procacciarsi un esemplare del dispositivo la cui di sicurezza antintrusione la cui rispondenza ai requisiti del capitolato è contestata.
Si potrebbe quindi argomentare, sostenendo che una volta venuta in possesso dell’esemplare dell’apparecchiatura, le ulteriori “censure” e produzioni documentali (accertamento di consulenza tecnica di parte posto a corredo) costituiscano, alternativamente, o congiuntamente:
a)articolazione/sviluppo della precedente censura;
b)motivo “nuovo” giustificabile in relazione alla circostanza che essa venne in possesso dell’apparecchiatura in epoca successiva allo svolgimento del giudizio di primo grado.
1.3.2. In contrario senso, però, osserva il Collegio quanto segue (in disparte la pur rilevante circostanza che non v’è nessuna prova della data in cui l’appellante F. venne in possesso dell’esemplare di apparecchiatura sul quale eseguì le prove di laboratorio che fondano e presuppongono la censura, al fine di delibare sulla sua tempestività).
Sia nel ricorso incidentale di primo grado, sia nelle memorie di primo grado del 12.1.2015 e del 17.1.2015, parte appellante F. ha articolato la censura unicamente su un dato “logico” che così può essere sintetizzato: “nella scheda tecnica originaria pubblicata su internet, e poi “ritirata”, il prodotto non risultava possedere le caratteristiche tecniche richieste dal bando; non ci si è riusciti a procurare un esemplare di tale apparecchiatura; la scheda fu poi ritirata; la nota del produttore successiva, che dalla scheda tecnica originaria diverge non è credibile, laddove sostiene che il prodotto possiede requisiti non originariamente indicati nella scheda tecnica; la scheda tecnica pubblicata era l’unico dato “credibile”, essendo illogico che il produttore ivi misconosca, non indicabili, pregi e qualità prodotti dall’apparecchiatura”.
Pur potendolo fare, l’appellante non chiese decisamente che venisse ordinata l’esibizione di tale esemplare di apparecchio dal Collegio di primo grado; che sullo stesso si eseguisse una verificazione; che venisse accertato il possesso o meno di tali requisiti.
F. propose una censura fondata su dati essenzialmente logici, e non chiese alcun approfondimento istruttorio.
Soltanto con l’odierno appello principale (pag 20), ha richiesto, in via subordinata (“se il Collegio lo ritenesse…potrebbe disporre…”) una verificazione che accertasse quanto sostenuto.
È, quindi del tutto lecito, sostenere la tardività della produzione e con essa, dell’articolazione delle ulteriori censure “tecniche”, “nuove” in quanto perseguenti uno sviluppo critico in parte diverso da quello di primo grado volte a dimostrare la inadeguatezza prestazionale dell’apparato.
1.3.3. Anche se fosse possibile prescindere da tali considerazioni, comunque, nel merito esso è infondato, per una considerazione troncante.
1.3.4. Consip (proprio a seguito della iniziativa di F. di cui si è detto, sfociata nella presentazione di motivi aggiunti) ha disposto il collaudo dell’apparecchiatura proposta da T.I. (collaudo effettuato ex art. 5.6. del bando e disciplinare di gara).
Detto collaudo ha dato esito positivo – come da nota Consip versata in atti.
Gli esiti del collaudo sono stati ulteriormente censurati dall’appellante principale F., sulla scorta (nuovamente) di argomenti eminentemente “logici” ma non atti ad introdurre sull’odierno processo sospetti di “errori” nello svolgimento del predetto collaudo da parte della stazione appaltante (gli argomenti critici, sono compendiati a pagg 4-7- della memoria di replica di F. depositata il 9 ottobre 2015) .
La estrema affidabilità dell’esito del collaudo rileva in sé e spiega nodale importanza anche per ulteriori ragioni di natura logica e processuale.
Invero l’appellante incidentale Consip spiega una posizione processuale sovrapponibile a quella di F., quanto alla questione centrale della causa; essa “vuole” che la gara sia aggiudicata a F.; ha vibratamente difeso il proprio operato; ha sostenuto la erroneità della sentenza demolitoria del Tar.
Consip, quindi, in teoria avrebbe avuto interesse a dimostrare la fondatezza della doglianza (che ove accolta, avrebbe condotto alla estromissione di T.I. ricorrente vittoriosa in primo grado).
Essa ha però tenuto una condotta processuale (che il Collegio non può esimersi dal definire estremamente seria e leale) opponendosi in prima battuta all’accoglimento delle censure incidentali di primo grado proposte da F. e riproposte in appello, ma anche eseguendo tempestivamente il collaudo dell’apparecchiatura “sospetta” e, poi depositandone l’esito.
Lealmente, quindi, ha depositato documentazione che va in senso diametralmente opposto all’accoglimento del mezzo proposto da F.;F. non ha convincentemente revocato in dubbio il positivo esito del collaudo espletato, ma soprattutto le tesi dalla stessa esposte non chiariscono un interrogativo che, a questo punto, sorge spontaneo: perché mai, Consip, che ha appellato la sentenza del Tar, che auspica che questa venga ribaltata e che l’aggiudicazione spetti a F., dovrebbe difendere la rispondenza al capitolato di gara dell’apparecchiatura proposta da T.I.? Perché mai, ove questa fosse irregolare, non dovrebbe accertarlo e sostenerlo, così asseverando elementi condotti ad estromettere l’appellata T.I. dalla gara (e quindi, in ultima analisi a raggiungere l’obiettivo dell’appello da essa stessa proposto, e la “conferma” dell’aggiudicazione a F.)?
Tali considerazioni anche indipendentemente dalla ritenuta inammissibilità del mezzo sono sarebbero dirimenti, e militerebbero per la reiezione della censura, sia isolatamente considerata, sia valutata congiuntamente a quanto già esposto sulla tematica nell’appello principale di F. (laddove si era riproposto il corrispondente motivo del mezzo incidentale di primo grado che era stato disatteso dal Tar); tali considerazioni circa l’avvenuto positivo collaudo dell’apparecchiatura “sospetta” (collaudo non oggetto di alcuna persuasiva critica, lo si ripete) sommate alla perizia di parte depositata da T.I. in grado di appello, e considerato che la sentenza in atti depositata da F. resa dal Tar del Lazio (e relativa verificazione ivi resa) riguarda un’altra gara e non concerne la posizione di tutti gli attuali contendenti impongono la reiezione del mezzo (mezzo che,era volto a rafforzare il motivo di appello F. di cui alle pagg. 18-20 dell’atto di appello principale da questa depositato, e su cui di seguito comunque ci si soffermerà di nuovo brevemente) ed un giudizio di superfluità della ulteriore verificazione richiesta dall’appellante F..
2. Ciò posto, seguendo l’ordine delle censure mosse da F. alla decisione di primo grado, il primo profilo da esplorare riposa nella vibrata affermazione di originaria fondatezza dei due motivi del ricorso incidentale “paralizzante” prospettati in primo grado, e, quindi, di critica alla sentenza gravata nella parte in cui essa li ha disattesi.
2.1. Tale porzione dell’appello principale non persuade il Collegio.
2.2. Quanto alla prima riproposta censura, essa si sostanzia in una duplice affermazione: T.I. avrebbe errato nel non fornire alla Stazione appaltante tutti i dati distintivi atti ad “individuare” le due condanne riportate; ed inoltre, la stazione appaltante (che già non era stata messa in grado dalla dichiarazione di T.I. di conoscere con esattezza a quali condotte, realmente, dette pesanti condanne facessero riferimento) avrebbe errato nel non valutare la portata di dette due condanne al fine di compiere la richiesta delibazione sull’affidabilità della ditta offerente.
2.3. Il Collegio non concorda con tale complessiva critica (che, in realtà, deduce due connesse ma distinte censure, l’una diretta ad aggredire la condotta di T.I., e l’altra diretta a censurare l’inerzia della stazione appaltante).
Quanto alla prima articolazione della doglianza (in realtà direttamente volta a censurare la condotta di T.I. in quanto “mendace”, ovvero sleale perché silente) si osserva quanto segue.
T.I. ha tempestivamente ed immediatamente indicato che aveva subito due “condanne” ex art. 63 del d.Lgs n. 231/2001, rispettivamente alla sanzione di euro 400.000 e 200.000; ha fatto presente che in entrambi i casi non le era stata applicata alcuna misura interdittiva, e le era stata riconosciuto il beneficio ex art. 12 del citato d.Lgs. n. 231/2001 2.3.1.
Stabilisce l’art. 38 comma 1 del TUCP che non possono contrarre con la Pubblica Amministrazione e sono esclusi dalle gare (“sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, nè possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti:”) le compagini societarie (lett. m) “nei cui confronti è stata applicata la sanzione interdittiva di cui all’articolo 9, comma 2, lettera c), del decreto legislativo dell’8 giugno 2001 n. 231 o altra sanzione che comporta il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione compresi i provvedimenti interdittivi di cui all’articolo 36-bis, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006 n. 248.”.
T.I. ha quindi dichiarato di avere subito due condanne, e che in entrambi i casi non le erano state applicate le misure interdittive di cui al richiamato articolo 9, comma 2, lettera c), del decreto legislativo dell’8 giugno 2001 n. 231 (1. Le sanzioni per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato sono:
a) la sanzione pecuniaria;
b) le sanzioni interdittive;
c) la confisca;
d) la pubblicazione della sentenza.
2. Le sanzioni interdittive sono:
a) l’interdizione dall’esercizio dell’attività;
b) la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito;
c) il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;
d) l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi;
e) il divieto di pubblicizzare beni o servizi. ”)
La dichiarazione suddetta, ad avviso del Collegio, soddisfa i requisiti richiesti ex art. 38 del TUCP in quanto sebbene non fossero stati indicati dati ulteriori (epoca della condanna, fattispecie, soggetto che commise il reato, posizione ricoperta nell’organizzazione societaria, etc) essi erano agevolmente ricavabili dalla Stazione appaltante, e comunque avrebbero potuto formare oggetto di specifica richiesta.
Le condanne non recavano sanzione interdittiva: bene ha fatto T.I. a comunicarne la esistenza; non altro, a parere del Collegio, le si poteva imporre.
2.3.1. Non va sottaciuto poi, come prima evidenziato, che F. ulteriormente insistito sul punto, sotto altra angolazione: ad avviso di parte appellante F. infatti, posto che simili condanne avvenute nell’ esercizio dell’attività di impresa potevano rientrare nel paradigma scolpito exlett. f seconda parte della citata norma di cui all’art. 38 ( “che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara; o che hanno commesso un errore grave nell’esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante”) l’omessa specifica indicazione aveva determinato una assenza di valutazione da parte della Stazione appaltante e quindi era mancata alcuna “motivata valutazione”, anche in negativo, della non incidenza delle suddette condanne.
2.3.2. Anche tale arguta ricostruzione non persuade.
E’ possibile, in via teorica, che a fronte della notizia della avvenuta pronuncia di condanna ex d.Lgs 8 giugno 2001, n. 231 nei confronti di una concorrente, una stazione appaltante voglia attivarsi, acquisendo gli atti del relativo procedimento, e la sentenza, per valutarne la portata.
Senonchè – si osserva da parte del Collegio- tale pur consentito scrupolo, si innesta a monte su una valutazione già svolta: è quella del giudice ordinario procedente, che nell’applicare la sanzione ha all’evidenza ritenuto che non sussistessero le condizioni per applicare la misura interdittiva exart. 9.
E che trattasi di una valutazione specifica ed approfondita, incidente proprio sulla particolare posizione della persona giuridica coinvolta lo si desume dalla costante giurisprudenza penale in materia (ex aliis: Cass. pen. Sez. Unite, 24-04-2014, n. 38343 “in tema di responsabilità da reato degli enti collettivi, il profitto del reato oggetto della confisca diretta di cui all’art. 19 del D.Lgs. n. 231 del 2001 si identifica non soltanto con i beni appresi per effetto diretto ed immediato dell’illecito, ma anche con ogni altra utilità che sia conseguenza, anche indiretta o mediata, dell’attività criminosa; In tema di responsabilità da reato degli enti, la colpa di organizzazione, da intendersi in senso normativo, è fondata sul rimprovero derivante dall’inottemperanza da parte dell’ente dell’obbligo di adottare le cautele, organizzative e gestionali, necessarie a prevenire la commissione dei reati previsti tra quelli idonei a fondare la responsabilità del soggetto collettivo, dovendo tali accorgimenti essere consacrati in un documento che individua i rischi e delinea le misure atte a contrastarli; il sistema normativo introdotto dal d.Lgs. n. 231 del 2001 , coniugando i tratti dell’ordinamento penale e di quello amministrativo, configura un “tertium genus” di responsabilità compatibile con i principi costituzionali di responsabilità per fatto proprio e di colpevolezza”: nell’affermare tale principio, la Corte ha chiarito, in tema di responsabilità dell’ente derivante da persone che esercitano funzioni apicali, che grava sulla pubblica accusa l’onere di dimostrare l’esistenza dell’illecito dell’ente, mentre a quest’ultimo incombe l’onere, con effetti liberatori, di dimostrare di aver adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del reato, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi).
A fronte di tale motivata scelta del giudice penale, non pare al Collegio si debba necessariamente richiedere alla Stazione appaltante una ulteriore, doppia, valutazione, tesa eventualmente a discostarsi da quanto dal giudice penale stabilito (sullo stesso oggetto: Cass. pen. Sez. Unite, 30-01-2014, n. 10561: “nel vigente ordinamento, è prevista solo una responsabilità amministrativa e non una responsabilità penale degli enti -ai sensi del D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231-, sicchè la società non è mai autore del reato e concorrente nello stesso.”).
La Stazione appaltante può rifarsi, senza particolari oneri motivazionali di alcun genere, a quanto deciso dal giudice penale, nel momento in cui ha ritenuto di non applicare alcuna misura interdittiva.
Sarebbe semmai vero il contrario; ove per estremo scrupolo volesse accertare il reale contenuto delle decisioni, e verificare quali fossero le condotte censurate ed eventualmente discostarsi dalle valutazioni rese dal Giudice penale, graverebbe su di essa un consistente onere motivazionale.
Se così, risulta, nell’ordine:
a)soddisfacente la seppur stringata dichiarazione resa da T.I.;
b)non censurabile la scelta della Stazione appaltante di rifarsi alla valutazione già resa dal Giudice penale, e non svolgere un autonomo ulteriore accertamento, eventualmente richiedendo più dettagliate notizie sulle condanne riportate.
Per altro verso, sarebbe stata ben agevole, e non certo resa impossibile dalla stringatezza della dichiarazione di T.I., la possibilità per la stazione appaltante di effettuare detto –eventuale, facoltativo per le ragioni già dette, e rimesso quindi alla sua latissima discrezionalità- “controllo”.
Il dPR 14 novembre 2002, n.313 (recante testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti) prevede agli artt. 31-33 un vero e proprio “diritto potestativo” delle Amministrazioni di consultare l’anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato (in particolare: art. 31 comma 1 “L’ente interessato ha diritto di ottenere il certificato dell’anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dell’anagrafe dei carichi pendenti degli illeciti amministrativi dipendenti da reato senza motivare la richiesta.” ; art. 32 comma 1” Le amministrazioni pubbliche e i gestori di pubblici servizi hanno diritto di ottenere i certificati di cui all’articolo 31, quando sono necessari per l’esercizio delle loro funzioni.”).
Da quanto sinora esposto, pare al Collegio che la dichiarazione di T.I. non abbia leso alcuno degli interessi garantiti ex art. 38 del TUCP e che pertanto la censura vada disattesa integralmente, dovendosi soltanto e per completezza osservarsi che giammai la invocata sanzione espulsiva in danno di T.I. sarebbe potuta discendere dalla asserita (ed esclusa dal Collegio, per quanto prima si è chiarito) carenza di “specifico pronunciamento” della stazione appaltante ex lett. f seconda parte della citata norma di cui all’art. 38 TUCP sul punto relativo alle conseguenze della avvenuta irrogazione delle dette condanne , ma che, semmai, ove il Collegio fosse stato persuaso della tesi avanzata da F., non potendo sindacare poteri non esercitati dall’Amministrazione avrebbe unicamente potuto imporre alla Stazione appaltante di provvedere ad una una motivata valutazione su tale profilo.
Osserva infine il Collegio – per mero tuziorismo per il vero, perché quanto sinora affermato è certamente sufficiente a respingere la censura – che tale “valutazione” nei fatti, ha già avuto luogo, perché, come prima riferito, la Stazione appaltante ( appellante nell’odierno grado di giudizio con posizione in larga parte coincidente con quella dell’appellante principale F.) ha “difeso” le proprie scelte, quanto all’ammissibilità della offerta T.I., e quanto sinora rilevato esclude in radice che l’auspicata (e non dovuta) specifica motivazione avrebbe potuto essere nel senso (espulsivo) ipotizzato da F..
In conclusione pare al Collegio che detto primo mezzo meriti senz’altro la reiezione.
3. Parimenti, va disattesa la seconda censura incidentale di primo grado, riproposta nell’atto di appello, ed “ampliata” con i motivi aggiunti in appello sui quali ci si è prima pronunciati.
3.1. Il Collegio è convinto che quanto di seguito si illustra rivesta ormai una portata meramente teorica: il nucleo centrale della doglianza, riposante nella inadeguatezza prestazionale dell’apparato, come chiarito nei capi da 1.3. ad 1.3.4. della presente decisione, è, come prima precisato, superato dall’esito positivo del collaudo svolto dalla Stazione appaltante.
Tuttavia, tenuto conto della circostanza che il detto motivo di appello insiste a lungo anche sulla affermata contraddittorietà ed insufficienza ed apoditticità della motivazione del Tar ritiene il Collegio che ci si debba brevemente ulteriormente soffermare sul punto: sia per completezza espositiva che per ottemperare all’obbligo di provvedere su tutti i punti di domanda rilevanti, ex art. 112 cpc.
3.1.1. A tale proposito, ritiene di evidenziare il Collegio che la censura di primo grado riproposta in appello si fondava su dati congetturali non implausibili e financo apprezzabili sotto il profilo logico (compendiabili nei seguenti termini: se il produttore, che ha tutto l’interesse a “promuovere” e “vantare” l’apparecchiatura da esso stesso commercializzata, rende due dichiarazioni distinte, una delle quali descrive l’apparato in termini “minor”, è questa quella veritiera, e non la successiva, maggiormente “enfatica”) .
E’ altrettanto vero però che gli stessi (in disparte il subsequens esito positivo del collaudo dell’apparecchiatura, circostanza questa che il Tar non poteva conoscere e sulla quale non si era, ovviamente, pronunciato) erano rimasti, appunto, privi di riscontro probatorio e meramente ipotetici di guisa che la doglianza di apoditticità mossa all’iter motivo seguito dal Tar appare sinceramente ingenerosa.
E’ certo infatti che i dati presi in esame si possono così riassumere:
a)v’è una dichiarazione del produttore dell’apparecchiatura che T.I. si era proposta di utilizzare, laddove questi dichiara la rispondenza della medesima ai requisiti previsti dal capitolato;
b)non v’è prova della non rispondenza al vero di tale affermazione, e il dichiarante ha ivi spiegato le ragioni per cui la scheda tecnica presente sul sito internet, in passato, forniva informazioni distoniche sotto tale profilo;
c)il Tar ha – con procedimento logico immune da mende – dato credito a tale emergenza processuale;
d)parte appellante la ha contestata – con argomenti logici- ed in appello si è spinto sino a sostenere la necessità di una verificazione sul punto (ormai superata dal positivo collaudo, come a più riprese rilevato);
e)senonchè, condiviso il processo logico seguito dal giudicante di primo grado, in primis viene fatto di chiedersi come mai l’appellante non avesse tempestivamente proceduto, in ossequio al canone del “principio di prova” a procurarsi essa stessa una delle dette apparecchiature, eseguendovi le prove tecniche di rispondenza ai requisiti previsti nel capitolato, ed offrendo eventualmente al Collegio dati contrari a quelli prospettati dal produttore e/o a chiedere direttamente alla Stazione appaltante di collaudare l’apparato.
Trattavasi di onere agevolmente espletabile, cui F. non ha proceduto, né in primo grado, né in appello: pare al Collegio che con l’appello si fosse prospettato un supplemento probatorio di portata defatigatoria, in quanto tale inaccoglibile.
Secondariamente – e sotto il profilo della critica alla motivazione della sentenza del Tar – ci si deve chiedere se davvero sarebbe stata ipotizzabile ed “esigibile” una statuizione del primo giudice che svalutasse il “peso” probatorio riposante nella dichiarazione del produttore dell’apparecchiatura che T.I. si era proposta di utilizzare (laddove questi aveva dichiarato la rispondenza della medesima ai requisiti previsti dal capitolato) sulla sola scorta di una parziale non coincidenza rispetto ad una pregressa illustrazione delle caratteristiche del prodotto sulla scheda tecnica presente sul sito internet.
La risposta, pare al Collegio senz’altro negativa.
Anche tale mezzo (peraltro sotto il profilo concettuale assai simile ad altro mezzo di censura, assorbito dal Tar e riproposto da T.I. e volto ad avversare l’offerta di F.) va pertanto disatteso, sia alla stregua delle considerazioni in premessa formulate sui motivi “aggiunti” di appello, sia avuto riguardo al convincimento del Collegio secondo cui la motivazione esposta dal Tar non fosse né apodittica né contraddittoria od insufficiente, ma – al contrario- congruente rispetto ai dati documentali di cui era in possesso.
4. Conclusa la disamina sui riproposti motivi “paralizzanti” del ricorso incidentale di primo grado di F. con la conferma della statuizione reiettiva del Tar (e la conseguente reiezione dei suddetti primi due motivi d’appello), corre l’obbligo di scrutinare le doglianze articolate dalla originaria aggiudicataria F. e da Consip ai capi di sentenza accoglitivi del mezzo di primo grado proposto da T.I..
4.1. Al fine di perimetrare il novero degli argomenti ammissibili ed esaminabili nello scrutinio della causa , corre l’obbligo di segnalare immediatamente il convincimento negativo del Collegio in ordine a tutti gli argomenti critici mercè i quali T.I., (massime nel proprio appello incidentale di riproposizione dei motivi assorbiti) ha cercato di introdurre nella causa argomenti fondati su norme sopravvenute.
Tale preliminare disamina si impone in quanto da un lato trattasi di argomenti critici tesi a sollecitare decisioni pregiudiziali (id est, addirittura: declaratoria di sopravvenuta carenza di interesse agli appelli principali in capo a F. e Consip); per altro verso trattasi di censure – non soltanto in parte “nuove”, ma anche-infondate.
4.1.1. Ci si riferisce in particolare: alle affermazioni di T.I. secondo le quali l’appello F. e quello Consip sarebbero divenuti inammissibili a cagione delle modifiche normative incidenti sulla legislazione in materia di apprendistato (sopravvenuta abrogazione della legge n. 407/1990); alla tesi avanzata da T.I. e connessa alla prima, per cui Consip avrebbe dovuto emettere una pronuncia vincolata di decadenza dall’aggiudicazione di F. e/o di esclusione di questa dalla gara.
E ci si riferisce anche alle connesse tesi di T.I. secondo le quali si dovrebbe quindi valutare le conseguenze incidenti sull’utile di impresa discendenti da dette modifiche legislative, ed alle speculari “eccezioni” di F. in ordine alla circostanza che nella determinazione della soglia di utile si dovrebbe tenere conto dell’impatto della legislazione superveniens che avrebbe “esteso” i benefici fiscali previsti dall’antevigente legislazione.
4.1.2. Ritiene il Collegio che nessuno di tali argomenti critici sia fondato –e, forse, prima ancora ammissibile- nella odierna sede giudiziale.
4.1.3. Invero la procedura evidenziale integra una sequenza procedimentale che si “apre” con la determinazione a contrarre e con la pubblicazione del bando, culmina nella scelta del contraente e si “chiude” con l’aggiudicazione definitiva.
Essa per granitica giurisprudenza è regolata dal principio tempus regit actum (ancora, di recente, si veda Consiglio di Stato sez. III 27/11/2014 n. 5877 “in sede di gara pubblica la stazione appaltante è obbligata ad applicare le regole fissate nel bando in quanto lex specialis della procedura, che non può essere disapplicata nel corso del procedimento neppure nel caso in cui talune delle sue regole risultino non più conformi allo ius superveniens, salvo l’esercizio del potere di autotutela”).
Il principio è stato poi specificamente affermato alle situazioni di fatto e di diritto soggette a modifica in sede di svolgimento della verifica di anomalia (Cons. giust. amm. Sicilia sez. giurisd.
21/07/2008 n. 605 “In sede di verifica dell’anomalia dell’offerta la commissione preposta deve tener conto solo delle giustificazioni attinenti a situazioni esistenti al momento della presentazione dell’offerta o, al più, al momento della verifica in contraddittorio instaurata dall’amministrazione nel momento successivo a tale presentazione; pertanto il giudizio di giustificabilità dell’offerta non può essere ancorato alla ricorrenza di elementi futuri e/o ipotetici, anche se probabili (come le future assunzioni), pena la violazione del principio di serietà ed affidabilità dell’offerta e di “par condicio” fra i concorrenti).
4.1.4. Non si può immorare oltremisura sul tema.
Ma evidenzia il Collegio che, se anche si volesse sostenere che a determinate condizioni il detto principio suindicato potrebbe subire delle deroghe ove lo ius superveniens intervenga nel corso della procedura, principi processuali pacifici (oggi cristallizzati con portata omnicomprensiva ex art. 34 comma 2 del cpa, prima parte) impediscono che in sede giurisdizionale possano essere veicolati elementi normativi e fattuali sui quali la Stazione appaltante non si è pronunciata, ovvero dati giuridici dalla stessa non vagliati in quanto sopravvenuti rispetto alla fase di “amministrazione attiva”.
Peraltro le problematiche scaturenti da sopravvenienze normative, giurisdizionali (si pensi ad eventi incidenti sulla compagine societaria che si è resa aggiudicataria della gara) e lato sensu fattuali (ivi comprese mutate valutazioni economiche) trovano compiuta ed armonica soluzione sol che si consideri il permanere di poteri affidati alla consapevole responsabilità della Stazione appaltante in punto di autotutela incidente sul segmento della procedura evidenziale, ovvero di recesso (si veda sulla questione Cons. Stato Ad. Plen. 20-06-2014, n. 14).
Ma ciò –appunto- esula dalla presente fase giurisdizionale: implica che la parte interessata debba all’uopo eventualmente sollecitare la Stazione appaltante ad esercitare le prerogative ad esse attribuite; integra pretesa eventualmente giustiziabile ex art. 31 e 117 del cpa: non costituisce invece argomento delibabile in sede giurisdizionale, e men che meno in secondo grado.
Taluni degli argomenti sono “nuovi” in quanto discendenti da circostanze cronologicamente successive alla conclusione della fase di amministrazione attiva: ma non è questo l’argomento primario che milita a favore della loro inammissibilità (a determinate condizioni è possibile veicolare in appello argomenti critici che non è stato possibile sollevare prima): è troncante, sul punto il comma 2 dell’art. 34 del cpa.
4.1.5. Dell’incidenza di tale convincimento sulla parte di motivazione della sentenza che ha espressamente preso in esame la verifica di anomalia si dirà nel prosieguo: allo stato va dichiarata la inammissibilità e comunque la infondatezza (vedasi punto 5.2. del presente elaborato) di tali speculari argomenti di critica prima menzionati,e si deve ribadire che il vaglio del Collegio sarà condotto (e resta limitato) al sindacato di legittimità sulle “scelte” della stazione appaltante rese sulla scorta dei dati di fatto e giuridici alla stessa noti e “vigenti” al momento in cui esse furono adottate.
4.2. E’ convincimento del Collegio, quello per cui il Tar abbia accolto la doglianza proposta da T.I. alla stregua di un duplice caposaldo motivazionale:
a)contrasto dell’offerta F. con le norme del capitolato speciale che prescrivevano il necessario possesso delle professionalità in grado di gestire il servizio (questa è la sintesi del primo motivo del ricorso di primo grado di T.I. riportata dallo stesso Tar: “1 sui vizi attinenti alle componenti amministrativa e tecnica dell’ offerta del RTI F.; violazione e falsa applicazione dei parr. 4.4.1, 4.4.1.5., 4.4.2.1., 5.1.1, 5.3 e 5.6 del disciplinare di gara, dei parr. 2.6, 2.7, 3.1 del capitolato tecnico, nonché degli artt. 46 e 74 del D.lgs. 163/2006. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, falsità del presupposto, irrazionalità e contraddittorietà manifesta.
Il Rti F. avrebbe dovuto essere escluso per avere violato le disposizioni del capitolato che imponevano ai concorrenti di avvalersi di personale specializzato per l’erogazione delle prestazioni, con particolare riguardo a quello da adibirsi ai servizi di presidio on site e reperibilità.”; e questo è l’incipit dell’accoglimento del detto primo motivo “con il primo motivo si contesta l’incongruità dell’offerta del RTI F. rispetto alle previsioni del disciplinare di gara -di cui ai parr. 4.4.1, 4.4.1.5., 4.4.2.1., 5.1.1, 5.3 e 5.6- e dei parr. 2.6, 2.7, 3.1 del capitolato tecnico, inattendibilità che emergerebbe dalle giustificazioni fornite in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta. La tesi merita adesione.”) ;
b) incidenza della suddetta violazione alle norme del capitolato in punto di utile di offerta, accertato in sede di verifica di anomalia.
Ad avviso del Collegio, ognuna delle prospettate articolazioni della censura avrebbe potuto essere affrontata anche autonomamente, conducendo (ove fondata, è ovvio) ad esiti demolitorii sulla aggiudicazione della offerta proposta da F..
E sol che si compulsi il puntuale appello incidentale di Consip (nella parte dedicata alla illustrazione del fatto pag. 2, punto n. 3 è agevole riscontrare che il convincimento del Collegio è condiviso dall’appellante incidentale)
5. Venendo all’esame di tali profili di merito quindi, il Collegio è convinto che meriti reiezione il primo, radicale, profilo di censura (terzo motivo di appello F.) secondo cui il Tar avrebbe debordato dai limiti interni del proprio potere valutativo: è ben nota al Collegio la corretta tesi secondo cui la disamina giurisdizionale delle scelte delle Stazioni appaltanti debba tenere conto della discrezionalità tecnica alle stesse demandata (il principio, come è noto, assume portata massima in sede di scrutinio sulla verifica di anomalia espletata).
Ma, nel caso di specie, non pare al Collegio che ciò sia stato obliato dal Tar: il primo giudice, infatti ha proceduto ad una disamina del capitolato ed ha espresso la propria opinione sulla natura delle prescrizioni ivi contenute in punto di personale da adibire al servizio.
Da tale valutazione ha tratto il convincimento che il personale avente la qualifica di apprendista non potesse esservi impiegato.
Ha poi “doppiato” tale considerazione e, muovendo dalla constatazione che impiegando personale diverso e “non apprendista” i costi sarebbero stati maggiori, ha tratto il convincimento che non soltanto fossero state violate le prescrizioni del bando ma, anche, che ciò azzerasse il margine di utile dell’aggiudicataria.
5.1. Nessuna ingerenza sulla discrezionalità tecnica, v’è stata: semmai, un giudizio strettamente giuridico sulle prescrizioni del capitolato, il cui approdo si è poi anche riflettuto sul dato (economico) relativo alla erosione del margine di utile dichiarato dall’aggiudicataria, e ricavabile: la censura di straripamento di potere è infondata.
5.1.1 E d’altro canto, il leit motiv dell’intero terzo motivo di appello è incentrato sulla considerazione che la stazione appaltante non aveva espressamente vietato il possibile ricorso a personale assunto con contratto di apprendistato: ciò è senz’altro vero.
Ma è vera anche la speculare considerazione per cui ciò non era stato, neppure, espressamente ammesso.
Ed allora, non appare certamente arbitraria una disamina – quale quella svolta dal Tar, e che verrà nuovamente effettuata dal Collegio – che, muovendo dal tenore delle prescrizioni di gara in punto di requisiti posseduti dal personale da adibire al servizio, le rapporti alla “causa” del contratto di apprendistato per verificare se esse fossero tra loro compatibili.
Si aggiunge poi –ad abundantiam– che è convincimento del Collegio che tale vaglio sarebbe stato ammissibile quando anche (il che comunque non è, lo si ripete) il disciplinare avesse espressamente ammesso il ricorso all’apprendistato: ugualmente infatti, in una simile situazione, a fronte di eventuali censure che avessero denunciato il contrasto di una simile affermazione di principio con altre prescrizioni della lex specialis, il Tar avrebbe dovuto interrogarsi in ordine alla compatibilità tra di esse o, per avventura, sulla contraddittorietà, confusorietà, inintelligibilità delle dette prescrizioni ove lette coordinatamente.
La terza censura va quindi disattesa.
5.2. Come si è fatto prima presente, parimenti va disattesa – trattasi di motivo riproposto da T.I. in sede di appello incidentale, che di regola dovrebbe esaminarsi, eventualmente, al termine della disamina degli appelli “principali” proposti da F. e da Consip ma che, per la sua portata logicamente prioritaria ritiene il Collegio di scrutinare in questa sede – la censura proposta da T.I. secondo la quale l’offerta F. violava la disciplina comunitaria in materia di aiuti di stato e sarebbe dovuta incorrere nelle conseguenze normate ex art. 87 (recante criteri di verifica delle offerte anormalmente basse) del TUCP.
5.2.1. L’argomento è infondato.
5.2.1.1. Come accennato nella parte in fatto, T.I. invoca l’art. 87 comma 5 del d.Lgs n. 163/2006 (“Quando un’offerta appaia anormalmente bassa, la stazione appaltante richiede all’offerente le giustificazioni relative alle voci di prezzo che concorrono a formare l’importo complessivo posto a base di gara, nonche’, in caso di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente piu’ vantaggiosa, relative agli altri elementi di valutazione dell’offerta, procedendo ai sensi dell’articolo 88. All’esclusione puo’ provvedersi solo all’esito dell’ulteriore verifica, in contraddittorio .
2. Le giustificazioni [di cui all’articolo 86, comma 5 e di cui all’articolo 87, comma 1,] possono riguardare, a titolo esemplificativo :
a) l’economia del procedimento di costruzione, del processo di fabbricazione, del metodo di prestazione del servizio;
b) le soluzioni tecniche adottate;
c) le condizioni eccezionalmente favorevoli di cui dispone l’offerente per eseguire i lavori, per fornire i prodotti, o per prestare i servizi;
d) l’originalità del progetto, dei lavori, delle forniture, dei servizi offerti;
[ e) il rispetto delle norme vigenti in tema di sicurezza e condizioni di lavoro ] (3);
f) l’eventualità che l’offerente ottenga un aiuto di Stato;
[g) il costo del lavoro come determinato periodicamente in apposite tabelle dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sulla base dei valori economici previsti dalla contrattazione collettiva stipulata dai sindacati comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale e assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali; in mancanza di contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro è determinato in relazione al contratto collettivo del settore merceologico più vicino a quello preso in considerazione .]
3. Non sono ammesse giustificazioni in relazione a trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge.
4. Non sono ammesse giustificazioni in relazione agli oneri di sicurezza [ per i quali non sia ammesso ribasso d’asta ] in conformità all’articolo 131, nonché al piano di sicurezza e coordinamento di cui all’articolo 12, decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494 e alla relativa stima dei costi conforme all’articolo 7, decreto del Presidente della Repubblica 3 luglio 2003, n. 222. [In relazione a servizi e forniture,] nella valutazione dell’anomalia la stazione appaltante tiene conto dei costi relativi alla sicurezza, che devono essere specificamente indicati nell’offerta e risultare congrui rispetto all’entità e alle caratteristiche dei servizi o delle forniture.
4-bis. Nell’ambito dei requisiti per la qualificazione di cui all’articolo 40 del presente decreto, devono essere considerate anche le informazioni fornite dallo stesso soggetto interessato relativamente all’avvenuto adempimento, all’interno della propria azienda, degli obblighi di sicurezza previsti dalla vigente normativa .
5. La stazione appaltante che accerta che un’offerta è anormalmente bassa in quanto l’offerente ha ottenuto un aiuto di Stato, può respingere tale offerta per questo solo motivo unicamente se, consultato l’offerente, quest’ultimo non è in grado di dimostrare, entro un termine stabilito dall’amministrazione e non inferiore a quindici giorni, che l’aiuto in questione era stato concesso legalmente. Quando la stazione appaltante respinge un’offerta in tali circostanze, ne informa tempestivamente la Commissione.”).
E sostiene che:
a)la Ue ( decisione della Commissione 128/2000 CE sentenza della Corte di Giustizia 7.3.2002 in C 310/1999) avrebbe qualificato quali “aiuti di stato alle imprese” gli sgravi ascrivibili ai contratti di formazione e lavoro (tra l’altro, ex art. 8 comma 9 della legge n. 407/1990).
b) la legittimità di detta legislazione, sarebbe stata ammessa, quindi, a condizione del rispetto di alcuni parametri.
Ad avviso dell’appellante incidentale, né F. aveva provato, né la Stazione appaltante aveva accertato che la offerente ed aggiudicataria predetta, F., avesse ottenuto detti aiuti e/o di essere nelle condizioni per fruirne.
c) ciò avrebbe dovuto avvenire sin dal momento della presentazione dell’offerta.
5.2.1.2 Il Collegio non è persuaso della fondatezza della censura.
5.2.2. Consip e F. hanno buon giuoco nel dimostrare che:
a) giammai è stata affermata la “contrarietà comunitaria” delle disposizioni afferenti agli sgravi ascrivibili ai contratti di formazione e lavoro (tra l’altro, ex art. 8 comma 9 della legge n. 407/1990);
b)semmai, la Commissione e la Corte hanno stabilito che detti benefici, ove non miranti a creare nuovi posti di lavoro ovvero a favorire l’assunzione di soggetti “disagiati” possano integrare aiuti di stato.
Tali profili non devono essere oggetto di vaglio preventivo.
Se così è, la censura assume la forma di una ipotesi e potrebbe essere riformulata nei seguenti termini: l’offerente che “computa” i benefici discendenti dalla detta legge, ove mirasse ad eludere le condizioni scolpite dalla Ue perché la detta legislazione non sia considerata aiuto di Stato, finirebbe con l’avere ottenuto un indebito aiuto di Stato.
5.3. La censura non è quindi accoglibile.
Non lo è, perché –a seguire l’appellante – per dimostrare che il beneficio fiscale computato e discendente dall’assunzione di apprendisti sia legittimamente invocato, F. (che ha già affermato, senza essere contraddetta sul punto, il che rileva ex art. 64 del cpa, di non avere effettuato licenziamenti collettivi per riduzione di personale negli ultimi anni) avrebbe dovuto fornire i nominativi dei soggetti assumendi, il che (oltre a non essere richiesto dal bando) integrerebbe condizione impossibile, che la stessa appellante incidentale ha evitato di ipotizzare.
Non lo è, a monte, perché non pare al Collegio che la disposizione di cui al comma 5 dell’art. 87 concerna la fattispecie di una offerente che si giova di una norma di legge nazionale valida ed efficace.
Non lo è infine, perché la norma di legge nazionale valida ed efficace non integra “aiuto di Stato” fino a prova contraria della dimostrazione della sua elusione, ed il controllo sulla detta eventuale elusione non è ontologicamente “eseguibile” ex ante.
La doglianza/eccezione radicale, prospettata dal T.I. va disattesa.
6. Piuttosto, occorre soffermarsi approfonditamente sulle doglianze mosse in concreto dalle parti appellanti F. e Consip all’iter motivo seguito dal Tar.
Come rilevato nella parte in fatto, il primo giudice ha espresso il proprio convincimento negativo in ordine alla possibilità di utilizzare personale con contratto di apprendistato sulla scorta di più dati: il primo di essi, riposa nella lettura della prescrizione di cui al par. 2.6.3.3 del capitolato Secondariamente – e con funzione “rafforzativa” della tesi suddetta – sono state richiamate ulteriori prescrizioni contenute nel capitolato (par. 2.7.2; par. 3.1.2; par. 2.6.1.1.2, quest’ultimo con riferimento al servizio di manutenzione correttiva); in terzo luogo è stata sostenuta una incompatibilità “ontologica” del contratto di apprendistato che con le prescrizioni di gara, essendosi sostenuto, nella gravata sentenza, che “ la conoscenza specifica necessaria per lo svolgimento dell’attività di manutenzione è acquisita soltanto al termine del triennio di formazione, tanto è vero che il personale è assunto con un inquadramento iniziale immediatamente inferiore (2° livello) rispetto a quello finale (3° livello), che costituisce il parametro di riferimento per il personale adibito al suddetto servizio.”.
6.1.1.In sintesi, per il Tar: F. avrebbe espressamente violato il capitolato,ed inoltre, a cagione di ciò, l’offerta di questa non sarebbe stata redditiva.
6.1.1. Le appellanti F. e Consip, con argomentazioni coincidenti che possono quindi essere esaminate congiuntamente hanno diffusamente censurato ogni profilo del detto iter motivo.
6.2. Con riguardo alle articolazioni motive utilizzate dal Tar in chiave “rafforzativa” della prospettazione principale, pare al Collegio che F. e Consip ne abbiano con successo dimostrato la inconducenza.
Esse hanno infatti condivisibilmente chiarito ( e la disamina complessiva del disciplinare di gara induce il Collegio ad ritenere persuasiva tale esposizione) che:
a)le “ulteriori” prescrizioni del disciplinare di gara erano state evocate dal Tar non del tutto pertinentemente, in quanto esse non si riferivano al personale da adibire al servizio di gestione “on site” (l’unico, per il quale fosse stato previsto l’impiego di apprendisti); infatti l’art. 2.6. del Capitolato, distingue i servizi di manutenzione (punto 2.6.1. del Capitolato) da quelli di monitoraggio e gestione (punto 2.6.3. del Capitolato) ed all’interno dei servizi di gestione dovevano distinguersi quelli di gestione da remoto (punto 2.6.3.2. del Capitolato) e quelli di gestione “on site” (punto 2.6.3.3. del Capitolato).
I requisiti del personale adibito alla gestione “on site” quindi, vanno valutati facendo unicamente riferimento alla prescrizione di cui al punto 2.6.3.3. del Capitolato.
b)parimenti, pare al Collegio, che la deduzione di F. incentrata sulla prescrizione di cui all’art. 2 comma 1 lett. c del d.Lgs. n. 167/2011 meriti condivisione.
La citata disposizione, invero, così recita: “1. La disciplina del contratto di apprendistato è rimessa ad appositi accordi interconfederali ovvero ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale nel rispetto dei seguenti principi:
a) forma scritta del contratto e del patto di prova. Il contratto di apprendistato contiene, in forma sintetica, il piano formativo individuale definito anche sulla base di moduli e formulari stabiliti dalla contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali;
a-bis) previsione di una durata minima del contratto non inferiore a sei mesi, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 4, comma 5;
b) divieto di retribuzione a cottimo;
c) possibilità di inquadrare il lavoratore fino a due livelli inferiori rispetto alla categoria spettante, in applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro, ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al conseguimento delle quali è finalizzato il contratto ovvero, in alternativa, di stabilire la retribuzione dell’apprendista in misura percentuale e in modo graduale all’anzianità di servizio;
d) presenza di un tutore o referente aziendale;
e) possibilità di finanziare i percorsi formativi aziendali degli apprendisti per il tramite dei fondi paritetici interprofessionali di cui all’ articolo 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 e all’ articolo 12 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 e successive modificazioni anche attraverso accordi con le Regioni;
f) possibilità del riconoscimento, sulla base dei risultati conseguiti all’interno del percorso di formazione, esterna e interna alla impresa, della qualifica professionale ai fini contrattuali e delle competenze acquisite ai fini del proseguimento degli studi nonché nei percorsi di istruzione degli adulti;
g) registrazione della formazione effettuata e della qualifica professionale a fini contrattuali eventualmente acquisita nel libretto formativo del cittadino di cui all’ articolo 2, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 ;
h) possibilità di prolungare il periodo di apprendistato in caso di malattia, infortunio o altra causa di sospensione involontaria del rapporto, superiore a trenta giorni, secondo quanto previsto dai contratti collettivi;
i) possibilità di forme e modalità per la conferma in servizio, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, al termine del percorso formativo, al fine di ulteriori assunzioni in apprendistato, fermo restando quanto previsto dal comma 3 del presente articolo; (8)
l) divieto per le parti di recedere dal contratto durante il periodo di formazione in assenza di una giusta causa o di un giustificato motivo. In caso di licenziamento privo di giustificazione trovano applicazione le sanzioni previste dalla normativa vigente;
m) possibilità per le parti di recedere dal contratto con preavviso decorrente dal termine del periodo di formazione ai sensi di quanto disposto dall’articolo 2118 del codice civile; nel periodo di preavviso continua a trovare applicazione la disciplina del contratto di apprendistato. Se nessuna delle parti esercita la facoltà di recesso al termine del periodo di formazione, il rapporto prosegue come ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.”.
Discende dalla legge, quindi, la possibilità di assumere apprendisti ed inquadrarli in modo “deteriore” financo di due livelli. Se così è, allora, il citato inquadramento “inferior” non può destare scandalo, né da esso possono trarsi conseguenze in punto di omesso rispetto delle prescrizioni “generali” della legge di gara. Ciò, nel senso che: o la lex specialis vietava espressamente l’assunzione di apprendisti (ma neppure il Tar ciò afferma), ovvero, non direttamente impedita tale possibilità, dall’inquadramento “inferior” di detto personale non può discendere il convincimento di un omesso rispetto delle prescrizioni del bando nella parte in cui, le medesime, prevedono per il personale adibito ad un determinato servizio un inquadramento superiore.
Le considerazioni delle appellanti F. e Consip sono sul punto persuasive: ma – come riferito appena prima- tali argomenti sono stati utilizzati dal Tar in termini meramente aggiuntivi.
Ed allora, la questione si sposta nella disamina della prima –e centrale- censura prospettata negli atti di appello e riposante nella “lettura” della prescrizione di cui al punto 2.6.3.3. del Capitolato, sulla quale il primo giudice si è diffusamente soffermato.
6.3. La stessa parte appellante, F., come del resto Consip infatti, riconoscono che questa è la prescrizione da tenere presente, in quanto tesa a normare i requisiti che deve possedere il personale adibito al servizio di gestione on site (anzi criticano la sentenza del Tar laddove questo avrebbe richiamato altre disposizioni del capitolato, non direttamente attagli antesi alla fattispecie).
6.3.1. Sotto tale profilo, v’è frontale contrasto tra la tesi patrocinata dal Tar e quella sostenuta da parte appellante.
Il Tar ha riportato integralmente il testo della detta prescrizione(par. 2.6.3.3), che con specifico riferimento ai servizi in esame, impone l’impiego di risorse in possesso “delle competenze professionali adeguate in termini di conoscenza specifica dei sistemi ed apparati installati/forniti stessi ovvero esperienza lavorativa almeno triennale in ambito manutenzione e gestione delle reti lan”.
Ed ha sostenuto che detti requisiti, naturaliter, non potessero essere in possesso degli apprendisti.
Una volta, infatti, che il capitolato pretendeva una “conoscenza specifica”, ne doveva discendere che essa dovesse essere posseduta dal personale adibito al detto servizio, sin dal primo giorno di lavoro, (e non che, quindi, potesse essere acquisita al termine del periodo formativo triennale); e d’altro canto, anche la specifica esperienza lavorativa triennale in ambito manutenzione e gestione delle reti lan era prescritta dal capitolato in funzione di una specifica esigenza: id est, quella che il personale assunto ed adibito al detto servizio potesse, sin dal primo giorno, da solo, e senza necessità di tirocini, piani formativi, etc, assicurare il corretto svolgimento delle attività demandategli.
F. e Consip contestano radicalmente tale convincimento e sottolineano che il capitolato faceva riferimento ad un requisito “alternativo”, che neppure doveva essere comprovato mercè autodichiarazioni: all’evidenza,la discrezionalità della Stazione appaltante che al momento della formulazione della lex specialis non aveva vietato il ricorso ad apprendisti e, poi, in sede di verifica di anomalia non aveva mosso rilievi all’impiego di tale personale nel detto servizio on site, era stata misconosciuta dal Tar, che vi aveva immotivatamente sovrapposto una arbitraria interpretazione della citata prescrizione del capitolato.
6.3.2. Il Collegio non concorda con la tesi delle appellanti F. e Consip.
6.3.3. Si chiarirà la motivazione di tale convincimento negativo provvedendo ad allineare di seguito alcuni precedenti giurisprudenziali – che il Collegio condivide – che assumono portata chiarificatrice.
6.3.4 Si è detto in passato da parte della giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato sez. V 30/04/2002 n. 2296) che: “nell’ambito di una gara per l’aggiudicazione dei servizi cimiteriali, legittimamente è esclusa la concorrente a seguito dell’esame delle giustificazioni fornite in relazione ad un’offerta sospettata di anomalia, con riferimento al rilevante impiego di apprendisti, che sia stato valutato insufficiente ad assicurare la corretta esecuzione del contratto. ”.
Nella motivazione della richiamata decisione, poi, si rinviene la seguente affermazione: “si appalesa, in particolare, idonea a giustificare l’esclusione, la valutazione negativa, assunta a fondamento della determinazione quale rilievo decisivo, del rilevante impiego di apprendisti nell’espletamento del servizio. L’utilizzo dell’istituto dell’apprendistato con le modalità indicate dall’impresa, ancorché astrattamente idoneo a giustificare i bassi costi del personale contenuti nell’offerta, è stato, infatti, validamente giudicato distorto, rispetto alla funzione di quella peculiare fattispecie di contratto di lavoro, nonché insufficiente ad assicurare all’Ente la corretta esecuzione del contratto. Risulta, in proposito, logico il giudizio relativo all’inidoneità del personale assunto con la qualifica di apprendista a svolgere le prestazioni connesse alla gestione dei servizi cimiteriali, atteso che la presumibile imperizia di quel tipo di dipendenti, perlomeno nella fase iniziale del rapporto di lavoro, non offre all’Amministrazione sufficienti garanzie della capacità professionale del personale impiegato. Posto, in definitiva, che il controllo delle offerte apparentemente anomale risulta finalizzato alla verifica dell’affidabilità dell’impresa contraente, sotto il profilo dell’accertamento delle garanzie di regolare esecuzione del contratto, deve concludersi che, nel caso di specie, la relativa potestà valutativa è stata legittimamente esercitata sulla base di una prognosi negativa, correttamente formulata, del buon esito dell’affidamento del servizio all’odierna appellante. A fronte, pertanto, del decisivo argomento dell’inidoneità del personale utilizzato, gli ulteriori profili di esame delle giustificazioni appaiono secondari ed ininfluenti.”
6.3.5. L’approdo raggiunto da questo Consiglio di Stato con la decisione che si è dianzi richiamata sarebbe in se e per sé sufficiente a confermare la statuizione del Tar ed a respingere gli appelli.
Ivi si è stabilito un principio, che pare al Collegio possa essere così espresso:
a)se il bando “vuole” che si assuma personale in grado sin da subito di effettuare i compiti prescritti;
b)se ivi non è previsto che una quota del personale addetto possa svolgere il servizio sotto guida di altro personale, e con il contemporaneo svolgimento di attività addestrativa;
c)ciò significa che il bando non consente l’assunzione di apprendisti in quanto costoro, per definizione (tanto che vi è necessità di un periodo di formazione e di attività addestrative) non rispecchiano i requisiti prescritti dal bando.
6.3.5.1. Né dicasi – vedasi memoria di replica Consip depositata il 9 ottobre 2015, pag.6 punto 16- che costituirebbe argomento “di merito” quello svolto da T.I. e tenuto presente dal Tar sul rilievo che avrebbe assunto per l’offerta F. il ricorso agli apprendisti, nel senso che esso era “massiccio” se non totalizzante (per quanto riguarda i servizi on site).
Il punto merita chiarezza: se si opina che la prescrizione del bando vietava, per quel servizio, l’assunzione di apprendisti, anche l’assunzione di uno soltanto violerebbe la lex specialis e potrebbe in teoria giustificare l’esclusione.
Una incompatibilità “ontologica” della prescrizione del bando, invece, non potrebbe fondare l’esclusione dell’offerta in una simile ipotesi, ma un ricorso massiccio e/o totalizzante a personale non rispondente alla prescrizione del bando, certamente sì (come ritenuto dalla giurisprudenza nel citato precedente) perché implica violazione non soltanto della lettera, ma anche dello spirito e della ratio della prescrizione della lex specialis.
6.3.5.2. Il Collegio condivide e fa proprio l’ argomentare contenuto nel citato precedente giurisprudenziale, e rileva che è sintomatico che esso appare in linea con le affermazioni della giurisprudenza civile di legittimità e di merito (quella giurisprudenza, cioè, che ha avuto maggiori occasioni di scandagliare la tematica, e sotto un maggior numero di angoli prospettici).
Il leit motiv della giurisprudenza di merito, sul punto, è quello per cui “non ricorre un rapporto di apprendistato quando manca il presupposto sostanziale del contratto di apprendistato costituito dal non possesso delle cognizioni e dell’esperienza relativi alla specifica qualifica professionale, e dall’idoneità della prestazione lavorativa a consentite all’apprendista la loro progressiva acquisizione in vista del conseguimento della qualifica stessa. Pertanto l’apprendista che fin dall’assunzione svolge in piena autonomia l’attività lavorativa non può essere inquadrata nell’ambito del rapporto di apprendistato bensì nel normale rapporto di lavoro a cui corrisponde le mansioni svolte dal lavoratore medesimo.” (Tribunale Torino sez. lav. 05/05/2009 n.2024).
La giurisprudenza di legittimità ha affermato principi non dissonanti.
In particolare, nel chiarire sotto un profilo più generale che “l’apprendistato è un rapporto di lavoro speciale, in forza del quale l’imprenditore è obbligato ad impartire nella sua impresa all’apprendista l’insegnamento necessario perché questi possa conseguire la capacità tecnica per diventare lavoratore qualificato, occorrendo a tal fine lo svolgimento effettivo, e non meramente figurativo, sia delle prestazioni lavorative da parte del dipendente sia della corrispondente attività di insegnamento da parte del datore di lavoro, la quale costituisce elemento essenziale e indefettibile del contratto di apprendistato, entrando a far parte della causa negoziale. E che spetta al giudice di merito verificare, con valutazione non censurabile in sede di legittimità se congruamente motivata, la ricorrenza di una attività formativa, pur modulabile in relazione alla natura e alle caratteristiche delle mansioni che il lavoratore è chiamato a svolgere, purché adeguata ed effettivamente idonea a raggiungere lo scopo di attuare una sorta di ingresso guidato del giovane nel mondo del lavoro.”(Cassazione civile sez. lav. 10/05/2013 n. 11265) la Cassazione civile ha puntualizzato alcuni aspetti.
Si è detto, pertanto, che rapporto di apprendistato è un rapporto di lavoro speciale, dotato di una causa mista costituita dallo scambio tra lavoro retribuito e addestramento finalizzato all’acquisizione di una qualificazione professionale, il quale non si distingue dal rapporto ordinario con il lavoratore qualificato per una diversità sostanziale di mansioni , ma piuttosto per il modo in cui esse sono svolte e cioè “sotto la sorveglianza e con l’assistenza del datore di lavoro o di persone all’uopo incaricate, così da consentire l’acquisizione delle cognizioni professionali necessarie per diventare lavoratore qualificato” (tra le molte sentenze, Cass. n. 6637/95) e ciò perché “mentre nel rapporto di normale prestazione d’opera qualificata il lavoratore svolge in modo pieno e completo, e senza necessità di insegnamenti, tutte le mansioni proprie della categoria, nel rapporto di apprendistato lo svolgimento delle prestazioni lavorative è collegato all’insegnamento impartito dal datore di lavoro – che è l’elemento essenziale del rapporto- sicché le prestazioni risultano (rispetto a quelle del prestatore d’opera qualificato) di minore livello sia quantitativo che qualitativo e di minore utilità produttiva per l’azienda, e pertanto tali da essere compensate da una retribuzione ridotta” (Cass. n. 1782/87).
E quindi, da tali indicazioni, si è tratto il convincimento per cui :
a)la attività di formazione è essenziale in quanto “scopo del contratto di formazione e lavoro è quello di favorire un ingresso guidato dei giovani nel mondo del lavoro, attraverso un rapporto che dia loro anche gli strumenti per apprendere una determinata professionalità. E consentito al datore di lavoro l’uso di una circoscritta discrezionalità nel realizzare il programma di formazione, che si traduce nella possibilità di alternare la fase teorica con la fase pratica tenendo conto delle esigenze dell’impresa; tale discrezionalità non può mai spingersi fino ad espungere una delle due fasi dalla esecuzione del contratto, atteso che entrambe sono coessenziali, con la conseguenza che il periodo di prova in tanto è rilevante per giudicare delle attitudini del lavoratore in formazione in quanto nello stesso, sia pure con cadenze diverse rispetto a quelle previste dal programma, siano presenti entrambe le predette fasi coessenziali al raggiungimento dello scopo di un inserimento qualificato nel mondo del lavoro.” (Cassazione civile sez. VI 04/08/2014 n. 17603),
b)se però la attività formazione non abbia luogo, ovvero, pur avendo luogo sia sostanzialmente inutile, in quanto “il lavoratore, già al momento della sua assunzione con contratto di formazione, possegga la professionalità che, secondo gli accordi intervenuti, dovrebbe costituire lo scopo del programma formativo, avendo espletato in precedenza analoga attività presso un differente datore di lavoro (nella specie, si trattava della qualifica di “sarta” già conseguita in precedente rapporto di apprendistato), il contratto è affetto da un vizio parziale genetico di causa con conseguente sua trasformazione in contratto di lavoro a tempo indeterminato. Un siffatto accertamento è devoluto al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità, ove adeguatamente motivato. “(Cassazione civile sez. lav.09/03/2009 n.5644)
6.3.6. Se quindi, alla data dell’assunzione come apprendista era già in possesso delle caratteristiche professionali necessarie per svolgere in autonomia tale attività e che dunque a tale data mancasse il presupposto sostanziale del contratto di apprendistato, costituito dal mancato possesso delle cognizioni e dell’esperienza relativi alla specifica qualifica professionale, e dalla idoneità della prestazione lavorativa a consentite all’apprendista la loro progressiva acquisizione in vista del conseguimento della qualifica stessa “la contestazione del rapporto di apprendistato formalmente intercorso tra le parti appare dunque fondata e così anche la conseguente domanda di inquadramento sin dall’inizio del rapporto di lavoro nel livello del CCNL cui corrispondono le mansioni svolte”. .”( motivazione sub Tribunale Torino sez. lav. 05/05/2009 n.2024, prima richiamata e si veda anche Cass. 1 luglio 1998 n. 6432, Cass. 20 aprile 1998 n. 4015 e Cass. 7 gennaio 2003 n. 29 che ha ritenuto che in tali casi “il contratto è affetto da vizio parziale genetico di causa”.).
6.3.7. A questo punto l’alternativa è obbligata:
o l’apprendista non è in grado di svolgere –ab initio, da solo, ed in carenza di tirocinio- la mansione affidatagli, o, se invece lo fosse, non si sarebbe in presenza di un “vero” tirocinio e neppure di un contratto di apprendistato, per il vero.
6.3.8. L’interrogativo cui rispondere, a questo punto, è il seguente: tenuto conto della lettera della prescrizione del bando che prescriveva il possesso “delle competenze professionali adeguate in termini di conoscenza specifica dei sistemi ed apparati installati/forniti stessi ovvero esperienza lavorativa almeno triennale in ambito manutenzione e gestione delle reti lan”, può affermarsi che essa consentisse il massiccio ricorso a personale apprendista (e cioè, per definizione, non in grado di svolgere –ab initio, da solo, ed in carenza di tirocinio-) le mansioni affidategli?
6.3.9. Lettera, spirito, e ratio della clausola non pare al Collegio consentano una simile opzione ermeneutica.
6.3.10. F. e Consip, con indubbia abilità, (oltre a sottovalutare la portata dei servizi di gestione on site nella economia della gara, il che certamente non è, visto che per i lotti 1 e 2 il compenso previsto è superiore a 35 milioni di Euro) ricorrono alla enumerazione di possibili esempi (giovane laureato in ingegneria informatica, privo di pregresse esperienze di lavoro, per cui poteva ipotizzarsi il possesso delle cognizioni tecniche e, insieme, la necessità del tirocinio…etc) di conciliabilità della prescrizione del bando con la possibilità di assunzione del tirocinante per lo svolgimento di tali servizi (la cui portata ed importanza si tenta appunto di marginalizzare e svalutare).
6.3.11. Tale tentativo (“doppiato” dalla puntuale elencazione di cui alle pagg. 5-8 della memoria depositata da F. in data 3 ottobre 2015) non pare al Collegio sortisca positivi effetti.
6.4. Invero F. ed anche Consip richiamano la tripartizione delle figure di apprendista scolpita nella disposizione di cui all’art. 1 comma 2 del d.Lgs. 14 settembre 2011, N. 167 c.d. “Testo unico sull’apprendistato” (“Art. 1 Definizione : 1. L’apprendistato è un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e alla occupazione dei giovani. 2. Il contratto di apprendistato è definito secondo le seguenti tipologie: a) apprendistato per la qualifica professionale; b) apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere; c) apprendistato di alta formazione e ricerca.”) e la prescrizione di cui all’art. 4 pure ivi contenuta (“1. Possono essere assunti in tutti i settori di attività, pubblici o privati, con contratto di apprendistato professionalizzante o di mestiere per il conseguimento di una qualifica professionale a fini contrattuali i soggetti di età compresa tra i diciotto anni e i ventinove anni. Per i soggetti in possesso di una qualifica professionale, conseguita ai sensi del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, il contratto di apprendistato professionalizzante o di mestiere può essere stipulato a partire dal diciassettesimo anno di età. 2. Gli accordi interconfederali e i contratti collettivi stabiliscono, in ragione dell’età dell’apprendista e del tipo di qualificazione contrattuale da conseguire, la durata e le modalità di erogazione della formazione per l’acquisizione delle competenze tecnicoprofessionali e specialistiche in funzione dei profili professionali stabiliti nei sistemi di classificazione e inquadramento del personale, nonché la durata, anche minima, del contratto che, per la sua componente formativa, non può comunque essere superiore a tre anni ovvero cinque per le figure professionali dell’artigianato individuate dalla contrattazione collettiva di riferimento. 3. La formazione di tipo professionalizzante e di mestiere, svolta sotto la responsabilità della azienda, è integrata, nei limiti delle risorse annualmente disponibili, dalla offerta formativa pubblica, interna o esterna alla azienda, finalizzata alla acquisizione di competenze di base e trasversali per un monte complessivo non superiore a centoventi ore per la durata del triennio e disciplinata dalle Regioni sentite le parti sociali e tenuto conto dell’età, del titolo di studio e delle competenze dell’apprendista. 4. Le Regioni e le associazioni di categoria dei datori di lavoro possono definire, anche nell’ambito della bilateralità, le modalità per il riconoscimento della qualifica di maestro artigiano o di mestiere. 5. Per i datori di lavoro che svolgono la propria attività in cicli stagionali i contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale possono prevedere specifiche modalità di svolgimento del contratto di apprendistato, anche a tempo determinato ai sensi del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, ivi comprese le durate minime.”).
Ma non pare al Collegio che il detto richiamo all’apprendistato “professionalizzante” possa giovare alle critiche appellatorie ( in particolare si vedano le pagg. 2-6 della memoria Consip depositata il 3 ottobre 2015).
6.3.12. Valgono in proposito le stesse argomentazioni sinora illustrate, sol che si consideri che tutta la giurisprudenza civile, di legittimità ma anche e soprattutto di merito, trasla su tale figura di apprendistato professionalizzante le considerazioni generali riferibili alla “causa” del contratto di apprendistato e che si sono prima richiamate.
Oltre alle seguenti decisioni che di seguito si riportano senza ulteriori commenti (Cassazione civile sez. lav. 13/02/2012 n. 2015 “nel contratto di apprendistato, come in quello di formazione e lavoro, l’attività formativa, che è compresa nella causa negoziale, è modulabile in relazione alla natura e alle caratteristiche delle mansioni che il lavoratore è chiamato a svolgere, potendo assumere maggiore o minore rilievo, a seconda che si tratti di lavoro di elevata professionalità o di semplici prestazioni di mera esecuzione, e potendo atteggiarsi con anticipazione della fase teorica rispetto a quella pratica, o viceversa, sempre che lo svolgimento della suddetta attività di formazione sia idoneo a raggiungere lo scopo del contratto — ossia l’inserimento effettivo nel lavoro dell’impresa mediante l’acquisizione di una professionalità adeguata — secondo una valutazione che è rimessa al giudice del merito ed è incensurabile in cassazione, se congruamente motivata.”; “per stabilire se un dato rapporto di lavoro al di là del “nomen iuris” utilizzato dal datore di lavoro, possa essere ricondotto alla fattispecie del contratto di apprendistato, occorre caso per caso, individuare la sussistenza del momento formativo”;Tribunale Cassino sez. lav. 14/03/2014 n.170 “il contratto di apprendistato è un rapporto di lavoro speciale, nel quale l’imprenditore ha l’obbligo di impartire gli insegnamenti necessari affinché l’apprendista possa conseguire le abilità tecniche proprie di un lavoratore qualificato. L’attività formativa compresa nella causa negoziale è modulabile in relazione alle caratteristiche delle mansioni che il lavoratore è chiamato a svolgere. Può assumere maggiore o minore rilievo a seconda che si tratti di lavoro di elevata professionalità o di semplici prestazioni di mera esecuzione”; Tribunale Milano sez. lav.09/01/2014 n.29 “Il rapporto di lavoro di apprendistato è un rapporto speciale in forza del quale l’imprenditore, nell’utilizzare l’opera dell’apprendista, è obbligato a fornire a quest’ultimo l’insegnamento necessario per il raggiungimento della capacità tecnica propria del lavoratore qualificato essendo, la prestazione del lavoratore, scambiata non solo con la retribuzione ma anche con la formazione professionale. L’inadempimento del datore di lavoro all’obbligo di formale e addestrare l’apprendista, fa venir meno un elemento costitutivo del rapporto, trasformando lo stesso in un normale rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. È invece irrilevante, ai fini della qualificazione del rapporto, l’inadempimento del datore di lavoro, agli obblighi relativi alle ferie, ai permessi, alla vigilanza sulla frequenza dei corsi, al rispetto dell’orario massimo stabilito dalla legge, alle informazioni alla famiglia e al rispetto delle norme contrattuali.”) piace al Collegio richiamare la decisione del Tribunale di Bergamo 25/01/2012 laddove si afferma che “il piano formativo individuale, da redigersi in forma scritta, rappresenta l’elemento indefettibile nel contratto di apprendistato professionalizzante al fine di accertare il corretto svolgimento del rapporto che, in quanto tale, deve necessariamente svilupparsi attraverso un percorso formativo delineato e funzionale all’acquisizione delle competenze professionali proprie della qualifica finale; ne consegue che la mancanza del piano formativo individuale, stante il suo carattere essenziale, determina la nullità del contratto di apprendistato che, quindi, sin dal suo inizio va considerato un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, con conseguente diritto del lavoratore alle differenze retributive e venir meno del diritto del datore di lavoro agli incentivi economici e normativi applicati all’apprendistato”;.
Parimenti elementi di conforto alla correttezza della tesi sostenuta dal Tar ritrae il Collegio da una ulteriore sentenza, resa dal l Tribunale di Arezzo sez. lav. 06/03/2014 n. 3 (seppur riferentesi alla medesima figura, ma alla antevigente disciplina normativa) laddove si è affermato che “ il contratto di apprendistato professionalizzante, disciplinato dall’art. 49 d.lg. 276/2003, è una tipologia di contratto subordinato a contenuto formativo in virtù del quale, a fronte della prestazione lavorativa, il datore di lavoro si obbliga a corrispondere all’apprendista una retribuzione e gli insegnamenti necessari per il conseguimento di una qualifica professionale; quindi, l’elemento essenziale di tale contratto è la “funzione addestrativa”. (nella specie, risultando lo svolgimento da parte della lavoratrice di mansioni semplici e ripetitive, nonché la mancanza di formazione da parte del cd. tutor aziendale, e ritenendo pertanto che il contratto di apprendistato occultava un ordinario contratto di lavoro subordinato a tempo pieno, il Tribunale ha dichiarato la nullità del contratto con conseguente conversione “ab origine” in un contratto di lavoro a tempo indeterminato).
Nell’ultima decisione richiamata, in particolare, è riportata la seguente, significativa, affermazione “come è noto, il contratto di apprendistato professionalizzante, disciplinato dall’art. 49 D.Lgs. 276/2003, è una tipologia di contratto subordinato a contenuto formativo in virtù del quale, a fronte della prestazione lavorativa, il datore di lavoro si obbliga a corrispondere all’apprendista una retribuzione e gli insegnamenti necessari per il conseguimento di una qualifica professionale (quindi, come affermato più volte dalla giurisprudenza sia di legittimità che di merito, l’elemento essenziale del contratto di apprendistato è la “funzione addestrativa”; cfr. fra le tante Trib. Pescara sez. lav. 29.2.12).
Orbene, si osservi al proposito che i testi esaminati in corso di causa hanno riferito che la ricorrente si occupava della preparazione dei panini e degli aperitivi nel locale cucina dello scarico delle forniture del bar e della preparazione della lavastoviglie, senza mai servire i clienti (se non in caso di necessità), e soprattutto svolgeva le proprie mansioni da sola ed in assoluta autonomia Le deposizioni dei testimoni esaminati, siccome convergenti e rese da soggetti attendibili, in quanto non hanno alcun interesse all’esito della lite, inducono a ritenere che, nella fattispecie, difettasse totalmente l’elemento caratterizzante del contratto di apprendistato, che è dato dal “conseguimento di una qualificazione attraverso una formazione sul lavoro e l’acquisizione di competenze di base, trasversali e tecnico – professionali”, avuto riguardo al fatto che la Vi. fungeva da supporto alla barista e non aveva pressoché alcun contatto con quello che avrebbe dovuto essere il proprio tutor aziendale, cioè il Pr. Pa..
Vero è che le parti avevano stipulato un regolare contratto di lavoro formalmente ineccepibile ma è noto che spetta al giudice verificare in concreto le effettive modalità di svolgimento del rapporto, a prescindere dal nomen iuris utilizzato dalle parti nella stipula del contratto, essendo irrilevanti le connotazioni solo formali, ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro medesimo (vedi Trib. Torino sez. lav. 25.9.12).”.
6.4. Se i dati sinora esposti, e riposanti nella decennale elaborazione della giurisprudenza civile con riferimento a tale figura sono corretti (ed il Collegio è convinto che lo siano) in difformità rispetto a quanto sostenuto negli appelli Consip e F. deve affermarsi che:
a)il bando alla clausola 2.6.3.3. prescriveva che il personale assumendo fosse “… in possesso delle competenze professionali adeguate in termini di conoscenza specifica dei sistemi ed apparati installati/fomiti stessi ovvero esperienza lavorativa almeno triennale in ambito manutenzione e gestione delle reti LAN”;
b) è ben vero che il bando non vietava espressamente il ricorso all’apprendistato (ma neppure lo ammetteva, come si è rilevato);
c) ma è altresì vero, che –non volendo neppure ipotizzare che la detta prescrizione del bando “istigasse/consentisse” la possibile stipula di contratti di apprendistato nulli per difetto di causa, e da convertirsi in contratto ordinario- la detta prescrizione prevedeva che il personale possedesse una professionalità tale da potere sin da subito, e senza ulteriore attività formativa, svolgere il servizio; i termini utilizzati nella detta clausola: “adeguate”, “specifica”, etc non altro significato possiedono, ad avviso del Collegio, ed il requisito della esperienza triennale, in quanto ai primi “parificato” attraverso la disgiuntiva “ovvero” possiede identico senso e significato;
d)essa, quindi, non può che interpretarsi nel senso che ontologicamente impedisse il ricorso a personale apprendista, che è tale se –e solo se – necessita di attività di addestramento e formative che connotano la causa tipica del negozio, non si renderebbero necessarie se il personale sapesse già gestire il servizio (chè all’evidenza non avrebbe bisogno di formazione);
e)alla stregua di tali considerazioni (pagg. 2 e 3 memoria di replica di T.I. depositata il 9. 10 .2015) – e con portata assorbente rispetto alle altre argomentazioni del Tar volte a “traslare” tali argomentazioni sull’esito della verifica di anomalia, le conseguenze in tema di utile, etc, e la inaffidabilità quindi della offerta discendente dalla impossibilità di giovarsi del regime privilegiato e dell’inquadramento destinato al personale apprendista, deve affermarsi quindi che la offerta di F. collideva con le, a più riprese, richiamate prescrizioni del bando di gara, e, quindi, avrebbe dovuto essere esclusa.
6.4.1. Non è il Tar, quindi, che è incorso in contraddizione: sono semmai gli appelli F. e Consip che con indubbia abilità indugiano su aspetti secondari, e non sciolgono il nodo colto dal primo Giudice;
in nessuna parte dei detti appelli, invero, è dato rinvenire l’affermazione che, unica, avrebbe consentito di negare fondatezza (ove ritenuta plausibile e condivisibile) all’iter motivo del Tar: nessuna delle appellanti infatti si spinge a sostenere che la prescrizione di cui al punto 2.6.3.3. del capitolato non “pretendesse” la immissione di personale idoneo, sin da subito, e senza aiuti, tirocini, tutoraggio, etc a svolgere le mansioni rese necessarie dal servizio on site.
E tale affermazione non si rinviene, perché sarebbe oggettivamente insostenibile, ed incoerente con quanto la lettera della prescrizione impone.
Esse prospettano una diversa e suggestiva tesi, (non “provabile”), che potrebbe essere così compendiata: nulla vieta che il personale apprendista fosse in grado di svolgere le mansioni per le quali il bando lo voleva “pronto”, sin da subito, e senza aiuti, tirocinio, etc.
Ma ciò capovolge la logica del contratto di apprendistato e collide con tutta la giurisprudenza segnalata: perché vi sia apprendistato ci si “deve” trovare al cospetto di soggetto non in grado, da solo e sin da subito, ed in carenza di tirocinio, a svolgere le mansioni: sennò non si vedrebbe né la necessità del piano formativo, e sfuggirebbe la vera causa del contratto.
Ma se così è, allora la difformità dell’offerta F. rispetto alla prescrizione del bando è palese: il personale apprendista non è –e non deve essere, sennò non potrebbe essere inquadrato in tal modo- idoneo sin da subito, e senza aiuti, tirocini, tutoraggio, formazione etc a svolgere le mansioni rese necessarie dal contratto di lavoro.
L’offerta quindi collideva con la prescrizione del bando, e F. avrebbe dovuto essere esclusa.
6.5. Tali considerazioni militano in senso troncante per la reiezione degli appelli proposti da F. e da Consip consentono l’assorbimento delle ulteriori censure ivi contenute ed esonerano il Collegio dall’approfondimento di ulteriori tematiche (id est: la incidenza sulla redditività, la fase di verifica di anomalia, etc) e determinano la improcedibilità delle ulteriori doglianze incidentali articolare da T.I., e volte a sostenere che l’offerta F. avrebbe dovuto essere esclusa e non avrebbe potuto rendersi aggiudicataria anche per altre violazioni.
7. Conclusivamente, gli appelli proposti da F. e da Consip vanno disattesi, con assorbimento delle ulteriori censure ivi contenute, e l’appello incidentale di T.I. va dichiarato improcedibile: la sentenza del Tar va quindi integralmente confermata.
Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
8. E’ evidente che quanto alle spese le stesse vadano integralmente compensate, in relazione alla rilevante complessità e parziale novità delle questioni esaminate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando, respinge l’ appello proposto da F. e l’appello proposto da Consip nei termini di cui alla motivazione che precede con assorbimento delle ulteriori censure ivi contenute, e dichiara improcedibile l’appello incidentale di T.I..
Spese processuali del grado integralmente compensate tra tutte le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 ottobre 2015 con l’intervento dei magistrati:
Riccardo Virgilio, Presidente
Nicola Russo, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere, Estensore
Silvestro Maria Russo, Consigliere
Oberdan Forlenza, Consigliere
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/01/2016
IL SEGRETARIO
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