Consiglio di Stato sezione IV sentenza n. 1555 depositata il 20 aprile 2016
N. 01555/2016REG.PROV.COLL.
N. 08906/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 8906/2015 RG, proposto dal Consorzio nazionale delle Cooperative di produzione e lavoro Ciro Menotti s.c.p.a., corrente in Ravenna, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Francesco Maria Fucci e Flavia De Bartolomeo, con domicilio eletto in Roma, via Cosseria n. 2, presso l’avv. Placidi,
contro
– la R.I. s.p.a., corrente in Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Rodolfo Mazzei, con domicilio eletto in Roma, via XX Settembre n. 1 e
– la I. s.p.a., corrente in Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita nel presente giudizio e
nei confronti di
– M. Impresa s.r.l., corrente in Monopoli (BA), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Marascio e Gennaro Maria Amoruso, con domicilio eletto in Roma, via G. B. Martini n. 2 e
– D.I. s.r.l., corrente in Barletta, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Angelo Clarizia, con domicilio eletto in Roma, via P.ssa Clotilde n. 2;
per la riforma
della sentenza del TAR Calabria – Catanzaro, sez. I, n. 1634/2015, resa tra le parti e concernente l’aggiudicazione della gara per i lavori di rettifica del tracciato che interessano il rifacimento della sede ferroviaria Sibari – Cosenza;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio solo della R.I. s.p.a., nonché delle imprese intimate;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, c. 10, c.p.a.;
Relatore all’udienza pubblica del 17 marzo 2016 il Cons. Silvestro Maria Russo e uditi altresì, per le parti, gli avvocati Fucci, Salvatore Di Pardo (su delega di Amoruso), De Bartolomeo, Clarizia e Mazzei;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. – Con bando pubblicato nella GUUE del 28 febbraio 2015 ed in G.U. il successivo 6 marzo, la I. s.p.a. ha indetto in nome e per conto della R.I. s.p.a. una procedura aperta, da aggiudicare al prezzo più basso, per i lavori di rettifica di tracciato lungo la linea ferroviaria Sibari – Cosenza, per un importo a base d’asta pari a € 17.217.718,25, più IVA.
A detta procedura risultano aver partecipato cinque tra imprese ed ATI, tra cui la M. Impresa s.r.l., corrente in Monopoli (BA), la quale, essendo ciò possibile in base alla lex specialis, ha inteso avvalersi dei requisiti di partecipazione, per le ctg O43 (prevalente) e OS21 (scorporabile).
A tal riguardo ha individuato, quale impresa ausiliare, la D.I. s.r.l., corrente in Barletta, che ha effettuato le prescritte dichiarazioni ex art. 38 del Dlg 12 aprile 2006 n. 163, anche per i casi di cui al c. 1, lett. f). Detta Società vi ha allegato però un separato foglio, rappresentando così alla stazione appaltante che la Provincia di Massa Carrara aveva risolto un contratto d’appalto tra loro, in esecuzione d’una sentenza del TAR Toscana ancora sub judice. Tanto perché, a suo dire, tal vicenda non avrebbe comunque integrato un evento rilevante «… neppure solo in ipotesi, ai fini delle valutazioni che la S.A. potrebbe operare ai sensi dell’art. 8, co. 2, lett. dd) del D.P.R. 207…».
In esito alla gara, l’appalto de quo è stato aggiudicato in via definitiva alla M. Impresa s.r.l., secondo graduato essendo risultato il Consorzio nazionale delle Cooperative di produzione e lavoro Ciro Menotti s.c.p.a., corrente in Ravenna.
2. – Quest’ultimo ha allora impugnato tal aggiudicazione e gli atti di gara innanzi al TAR Calabria, con il ricorso n. 1097/2015 RG, deducendo in sostanza che l’impresa ausiliaria ha reso in tal modo una dichiarazione fuorviante, mendace e non esauriente —avendo omesso di dichiarare le vere ragioni del grave inadempimento da cui è scaturita la risoluzione del contratto con la Provincia di Massa Carrara—, nonché la carente istruttoria e l’omessa valutazione in concreto della gravità di quest’ultimo e la consequenziale illegittimità dell’aggiudicazione.
L’adito TAR, con sentenza n. 1634 del 23 ottobre 2015, ha respinto la pretesa attorea. In particolare il TAR precisa che: 1) – la ricorrenza, o meno, della causa d’esclusione ex art. 38, c. 1, lett. f) del Dlg 163/2006 è giudizio rimesso all’esclusiva valutazione tecnico – discrezionale della stazione appaltante; 2) – la dichiarazione dell’impresa ausiliaria, laddove reputa irrilevante la vicenda, di per sé sola non è falsa, avendo rappresentato il fatto ed avendone rimesso il giudizio alla stessa SA; 3) – la dichiarazione neppure può dirsi fuorviante o incompleta, avendo la SA, cui la legge commette sul punto un’ampia potestà di accertamento, svolto un’adeguata istruttoria e valutato in concreto l’assenza d’un grave inadempimento in capo all’impresa ausiliaria.
Appella quindi detto Consorzio, con il ricorso in epigrafe, deducendo l’erroneità dell’impugnata sentenza sotto vari profili e facendo riemergere i motivi assorbiti in primo grado. Resiste in giudizio la R.I. s.p.a., concludendo per l’infondatezza dell’appello. Si sono costituite nel presente giudizio pure l’aggiudicataria e l’impresa ausiliare, che concludono anch’esse in modo articolato per il rigetto dell’apello.
Alla pubblica udienza del 17 marzo 2016, su conforme richiesta delle parti, il ricorso in epigrafe è assunto in decisione dal Collegio.
3. – L’appello è infondato, con riguardo anzitutto alla questione della falsità e dell’incompletezza della dichiarazione resa dall’impresa ausiliare, nonché a quella circa il giudizio sulla gravità in concreto dell’ inadempimento di essa verso la Provincia di Massa Carrara.
Detta impresa ha dichiarato di non versare in alcuno dei casi indicati nell’art. 38, c. 1, lett. f) del Dlg 163/2006, ma ha al contempo precisato d’aver subito, da parte della Provincia di Massa Carrara e in virtù della determinazione prot. n. 1071 del 26 marzo 2013, la risoluzione dell’appalto stipulato con tale P.A. Afferma però detta impresa che «… la citata risoluzione… non è senz’altro valutabile ai sensi dell’art. 38, … lett. f) …», poiché essa «… è insorta avverso la stessa… innanzi al Tribunale di Genova… al… fine di veder accertate le responsabilità della S.A. nella conduzione dell’appalto …». In particolare, «… prima dell’adozione della determinazione n. 1071/2013 è intervenuta la sentenza del TAR Toscana n. 2053/2013, a mezzo del quale, è stata annullata l’aggiudicazione dell’appalto… (…è oggi pendente l’appello) …». Sicché «… la Provincia…, con nota prot. n. 5449 del 19.2. 2013 (antecedente al provvedimento di risoluzione), dichiarava “il contratto d’appalto nullo, caducato o inefficace” …». Inoltre «… l’AVCP, nell’ambito del procedimento di annotazione avviato su segnalazione della S.A…. ha preso atto… che la risoluzione è stata disposta… in ragione della sentenza del TAR Toscana… (e)… ha quindi sospeso il procedimento di annotazione… pendente (ancorché l’annotazione costituisca notoriamente conseguenza automatica della segnalazione)… (e)… non ha a tutt’oggi proceduto ad alcuna iscrizione della vicenda… neppure quale notizia utile alle S.A., ai sensi dell’art. 8, co. 2, lett. dd) del D.P.R. 207/2010…».
Si tratta nella specie, come ha rettamente notato la stessa I. s.p.a. che ha comunque sottoposto la relativa dichiarazione a valutazione (donde il rigetto del terzo motivo assorbito: pagg. 31/32 del ricorso in epigrafe), d’una fattispecie che ha riguardato i rapporti tra l’impresa ausiliaria ed una stazione appaltante terza rispetto a quella che ha bandito la gara per cui è causa, per cui si applica il ripetuto art. 38, c. 1, lett. f), ma solo laddove esclude dalla gare pubbliche quelle imprese «… che hanno commesso un errore grave nell’esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante…».
Ebbene, quanto al contenuto della dichiarazione, dalla sua serena lettura il Collegio è convinto che l’impresa ausiliaria ha offerto alla SA ogni elemento utile per consentirle un preciso controllo sulla vicenda sottesa. In tal modo, l’impresa non solo non ha violato regole di buona fede nella procedura di gara (e, quindi, nelle trattative precontrattuali), ma soprattutto ha realizzato l’obiettivo sotteso al medesimo art. 38, lett. f), che non ha un carattere sanzionatorio, ma tutela l’elemento fiduciario che deve necessariamente sussistere tra la SA e l’impresa con cui vuol contrarre (cfr. sul punto Cons. St., III, 26 febbraio 2016 n. 802). Sicché tal dichiarazione non è certo incompleta poiché, fornendo i dati essenziali della statuizione della Provincia di Massa Carrara, ha consentito alla SA d’acquisire il documento secondo le ordinarie regole della leale collaborazione tra i soggetti pubblici e senza alcun apprezzabile ritardo nello svolgimento della gara. Ed anche ad ammettere che non attingesse alla completezza, la dichiarazione così confezionata non avrebbe potuto portare in modo automatico all’esclusione dell’impresa ausiliaria, ma al più avrebbe imposto, a cura della SA ed in presenza d’un serio principio di prova offerto da detta impresa, un soccorso istruttorio ex art. 46, c. 1 del Dlg 163/2006. Tanto mercé l’assegnazione all’impresa ausiliare d’un termine per l’esibizione della nota provinciale e per fornire chiarimenti su tutto quanto occorso nel rapporto tra l’impresa stessa e la Provincia, ma senza limitarsi al solo dato della risoluzione.
Neppure è mendace e men che mai si può certo dire fuorviante, perché non ha indotto in errore la SA con dolo, né le ha posto ostacoli gravi o dirimenti alla conoscenza di essa sulla reale consistenza della vicenda sottesa. E quand’anche detta impresa avesse voluto descrivere quest’ultima in ogni suo minimo particolare alla SA, ciò sarebbe stato comunque inopponibile ai poteri di accertamento e di giudizio autonomi di quest’ultima, senza con ciò agevolarla nella sostanza più di quanto già non avesse fatto la predetta dichiarazione. Resta così assorbita ogn’altra questione, di cui al primo motivo non esaminato dal TAR, in quanto l’assunto dell’impresa ausiliaria di non aver commesso errori professionali va letto in una con la messa a disposizione degli elementi di differente tenore, di talché le due parti della dichiarazione devono esser lette congiuntamente. Del pari non rileva che tal dichiarazione sia stata accompagnata da un commento sull’irrilevanza della descritta anomalia, in quanto, ai fini della prima dimostrazione del possesso dei requisiti di cui al ripetuto art. 38, basta già la sola natura negoziale della dichiarazione nella sua interezza, ogni altro apporto o commento essendo meramente pleonastico o al più solo collaborativo. Sicché non ha gran senso la doglianza di cui al § C.3 (pag. 329, neppure sotto il profilo della carente istruttoria, che s’appalesa nulla più che un’erronea petizione di principio, d’altra parte inutilmente (oltre che in violazione del principio di sinteticità degli atti processuali in materia) ripetuta all’infinito, come meglio si vedrà tra poco.
Né importa che tal dichiarazione si sia in concreto manifestata in una duplice articolazione, ossia con la negazione d’incorrere in un’alcuna ipotesi ex art. 38, c. 1, lett. f) e con la descrizione di un’anomalia che, in astratto, avrebbe potuto configurare uno dei casi contemplati dalla norma citata, in quanto ciò non dev’esser descritto con una forma solenne predefinita.
4. – In ordine, poi, alla vicenda sottesa alla dichiarazione, quel che qui rileva è non già la mera imperizia professionale, ma un errore professionale grave, che può se del caso manifestarsi in una «… grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate…».
Ma l’accertamento di esso non può giammai prescindere dalla «… motivata valutazione…» da condurre secondo i noti canoni della ragionevolezza e della congruente proporzionalità con riguardo al dato di fatto. La legge, quindi, pone una necessaria intermediazione tra la notizia d’una serie di reali e sostanziose carenze di professionalità, emergenti dal passato aziendale circa rapporti cui sia estranea la SA che gestisce la gara, e l’assunzione della misura espulsiva. Ed appunto perché questa non è solo sanzionatoria, ma è posta a garanzia di tal rapporto fiduciario (cfr. Cons. St., V, 15 giugno 2015 n. 2928; id., 19 agosto 2015 n. 3950), occorre una rigorosa e motivata delibazione, da parte della SA che verifica la dichiarazione, della gravità dell’errore professionale, in base ad un giudizio che è espressione d’un ampio potere discrezionale, al di là d’ogni altro o diverso avviso della SA terza. E la valutazione de qua soggiace sì al sindacato di questo Giudice, ma nei soli limiti della manifesta illogicità, della chiara irrazionalità o del determinante errore fattuale (cfr. ex plurimis Cons. St., V, 27 marzo 2015 n. 1619; id., n. 3950/2015, cit.; ma cfr. pure Cass., sez. un., 17 febbraio 2012 n. 2312).
Tal giudizio si sostanzia non già (o non solamente) nella nozione jure civili d’inadempimento ex art. 1218 c.c. (arg., così, Cons. St., V, 28 settembre 2015 n. 4512), bensì nella valutazione (al contempo discrezionale e complessiva) circa l’attuale inaffidabilità (che è cosa ben diversa dalla capacità), come dedotta dalle ed a causa delle precedenti vicende, dell’impresa a realizzare in concreto l’appalto. Ma non è inutile rammentare che, se di errore professionale si deve giudicare, non basta alla SA sussumere la mera circostanza della risoluzione d’un precedente appalto da parte d’una SA terza. Occorre piuttosto leggere l’eventuale inaffidabilità dell’impresa così attinta nel complesso della fattispecie che l’ha riguardata. Non erronea, né incompleta deve dirsi allora la valutazione, svolta dal seggio di gara con il verbale del 27 aprile 2015, laddove ha riportato e fatto propri passaggi salienti della citata dichiarazione e, quindi, fa presente d’aver «…verificato l’insussistenza, a carico dell’impresa DORONZO, di annotazioni iscritte nel Casellario informatico… A.N.A.C., risultando così confermata la sospensione – dichiarata dalla DORONZO – del procedimento di iscrizione…».
Dal che l’erroneo, agli occhi del Collegio, richiamo del Consorzio appellante al principio (cfr. Cons. St., V, 25 febbraio 2015 n. 943; id., 3 febbraio 2016 n. 404) sulla non necessità dell’accertamento della responsabilità del contraente ad un precedente rapporto contrattuale.
Si tralasci che un siffatto principio pare esser stato elaborato essenzialmente per le ipotesi di grave negligenza o di malafede.
Nel caso in esame, prima della risoluzione del rapporto statuita dalla Provincia di Massa Carrara, v’erano stati non solo l’annullamento dell’aggiudicazione, ma pure l’adizione dell’AGO da parte dell’impresa ausiliaria contro la Provincia causa della conduzione di quello stesso appalto poi risolto. E, ad onta di ciò che opina l’appellante, non manifestamente irrazionale o arbitraria è la considerazione espressa dal seggio di gara alla mancata annotazione di tal risoluzione nel casellario informatico degli operatori economici dell’allora AVCP. Su tal aspetto, la giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. Cons. St., V, n. 2628/2015, cit.) precisa non già l’irrilevanza in sé di tal annotazione ai fini dell’art. 38, c. 1, lett. f), bensì che «… la valutazione riservata alla stazione appaltante a logiche diverse da quelle proprie dell’Autorità di vigilanza…». Il che è come dire che la rilevanza, o meno, dell’annotazione de qua, ai fini appunto del medesimo art. 38, lett. f), è una valutazione rimessa al ragionevole, ma autonomo giudizio sull’affidabilità dell’impresa, indipendentemente da ogni diverso (o conforme) avviso dell’ANAC.
Vuole il Collegio anche concedere che il TAR abbia condiviso, acriticamente a detta del Consorzio appellante, le difese della R.I. s.p.a. sul contenuto del testé citato accertamento svolto dal seggio di gara. Se ci si limitasse ad una prima lettura del verbale, sembrerebbe che l’appellante abbia ragione a ritenere che il seggio di gara si sia limitato a considerare soltanto il rifiuto dell’annotazione nel casellario informatico.
Ma è un errore di prospettiva: il seggio di gara, lo s’è già detto, non ha solo trascritto taluni passi del contenuto della dichiarazione, ma nel trascriverla l’ha condivisa, esprimendo, così ed in base ad una sua serena qualificazione giuridica del relativo fatto, quell’enfasi circa la mancata annotazione da parte dell’Autorità di controllo. Non vale quindi obiettare che, ai fini del medesimo art. 38, lett. f), di per sé solo basti il verificarsi del fatto storico della risoluzione dell’appalto seppur ancora sub judice, ché questo è solo il presupposto della valutazione e non esaurisce il giudizio d’inaffidabilità. Nel caso in di specie, il seggio di gara, in base a quanto dichiarato dall’impresa ausiliaria, ha avuto così a disposizione un insieme di dati da cui trarre un convincimento che, per quanto l’appellante si sforzi di criticare o non condividere, non per forza si sostanzia in un arbitrio logico o argomentativo. Infatti, pure la sussistenza d’un complesso di contenziosi in atto sul medesimo appalto risolto può impedire ragionevolmente un giudizio di radicale inaffidabilità a carico dell’impresa coinvolta.
5. – Dal che l’integrale rigetto dell’appello, in una con le domande sull’illegittimità derivata e sulle sorti del contratto medio tempore stipulato, nonché di tutte quelle risarcitorie. Non pare al Collegio che la questione dedotta, non foss’altro per la messe di giurisprudenza citata dall’appellante, sia così nuova o peculiare da rendere arbitraria o praeter legem la condanna di quest’ultimo alle spese di lite nel grado innanzi al TAR, né tampoco in questa sede, le quali sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. IV), definitivamente pronunciando sull’appello (ricorso n. 8906/2015 RG in epigrafe), lo respinge.
Condanna il Consorzio appellante al pagamento, a favore delle parti resistenti e costituite ed in misura uguale tra loro, delle spese del presente giudizio, che sono nel complesso liquidate in € 9.000,00 (Euro novemila/00), oltre IVA ed accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 17 marzo 2016, con l’intervento dei sigg. Magistrati:
Antonino Anastasi, Presidente
Nicola Russo, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere
Silvestro Maria Russo, Consigliere, Estensore
Carlo Schilardi, Consigliere
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/04/2016
IL SEGRETARIO
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