Consiglio di Stato sezione IV sentenza n. 5341 depositata il 20 novembre 2017
LAVORO – SICUREZZA SUL LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – EQUO INDENNIZZO – IMPIEGO PUBBLICO – PARERE DEL COMITATO DI VERIFICA – INFERMITA’ DEL LAVORATORE – GIUDIZIO FINALE SUL NESSO EZIOLOGICO
FATTO e DIRITTO
L’odierno appellato, sottufficiale nell’Arma dei Carabinieri, ha prestato servizio per molti anni in forza alla stazione CC. di Castellaneta, ove ha in prevalenza espletato funzioni di addetto al centralino.
Il predetto è stato da ultimo giudicato inidoneo al servizio a cagione di varie infermità, tra le quali qui rileva quella relativa a “sindrome distimica”.
In relazione a tale infermità il sottufficiale ha domandato il riconoscimento della causa di servizio, effettivamente concesso con provvedimento della competente C.M.O..
L’amministrazione ha poi sottoposto al Comitato di verifica la domanda del militare intesa ad ottenere l’equo indennizzo.
Con il provvedimento impugnato in primo grado il Comitato ha però escluso la dipendenza da causa di servizio dell’infermità in questione.
L’interessato ha allora impugnato la determinazione negativa avanti al TAR Bari il quale con la sentenza in epigrafe indicata ha accolto il ricorso e annullato l’atto per difetto di motivazione, rilevando che il Comitato non aveva verificato in concreto l’incidenza almeno concausale delle condizioni (insalubrità dei locali, turni spossanti etc.) in cui era stata espletata la prestazione lavorativa.
La sentenza è stata impugnata con l’atto di appello oggi all’esame dall’ Amministrazione la quale ne ha chiesto l’integrale riforma.
Si è costituito l’appellato, il quale insta per il rigetto dell’avverso gravame, con vittoria di spese.
Alla pubblica udienza del 16 novembre 2017 l’appello è stato trattenuto in decisione.
L’appello è fondato e va pertanto accolto, con riforma della sentenza gravata.
Osserva, infatti, il Collegio che, in base ad un consolidato orientamento giurisprudenziale, da cui il Collegio medesimo non ravvisa ragioni per discostarsi, “l’ordinamento, con riguardo al procedimento di concessione dell’equo indennizzo, non mette a disposizione dell’Amministrazione una serie di pareri pariordinati resi da organi consultivi diversi e dotati di identica competenza, ma affida al C.P.P.O. (ora Comitato di Verifica) il compito di esprimere un giudizio conclusivo, anche sulla base di quello reso dalla C.M.O. (Commissione medico ospedaliera). Pertanto, il parere del C.P.P.O., in quanto momento di sintesi e di superiore valutazione dei giudizi espressi da altri organi, si impone all’Amministrazione. Tale orientamento si è affermato a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 5 bis, d.l. n. 387 del 1987, convertito con modificazioni dalla legge n. 472 del 1987, consentendosi per tale via all’Amministrazione di conformarsi al giudizio del C.P.P.O. e di giungere a determinazioni contrastanti con altre precedentemente espresse, le quali non hanno carattere di irretrattabilità né di definitività nell’ambito della sequenza procedimentale volta alla concessione dell’equo indennizzo.” (ex multis Cons. di Stato, Sez. VI, 23 settembre 2009, n. 5664).
L’Amministrazione, dunque, ha operato correttamente adeguandosi al parere negativo espresso dal Comitato, che costituiva un “momento di sintesi e superiore valutazione dei giudizi espressi da altri organi”.
A quanto precede va, peraltro, aggiunto che l’esistenza di precedenti pareri tecnici di segno opposto non poteva in ogni caso comportare l’insorgere, in capo all’Amministrazione, di uno specifico obbligo motivazionale sul punto.
Infatti, come già rilevato dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, “in sede di liquidazione dell’equo indennizzo l’Amministrazione è tenuta a recepire e far proprio il parere del C.P.P.O., unico organo consultivo al quale, nel procedimento preordinato alla verifica dei presupposti per la liquidazione dell’equo indennizzo, spetta il compito di esprimere il giudizio finale sul nesso eziologico (professionale o non) dell’infermità sofferta dal pubblico dipendente. Conseguenza della particolare efficacia del parere – obbligatorio – espresso da tale organo è la sua idoneità, ove non vi siano elementi comprovanti la sua inattendibilità, a fungere da unica motivazione per il provvedimento finale, mentre solo nel caso in cui l’Amministrazione ritenga di non potervi aderire sorge un obbligo specifico di motivazione in capo alla stessa” (Cons. di Stato, Sez. VI, 29 gennaio 2010, n. 378).
Sotto altro profilo deve, peraltro, rilevarsi che non risulta viziato neanche il parere espresso dal Comitato.
Tale parere, infatti, consiste in un atto connotato da discrezionalità tecnica, “fondato su nozioni scientifiche e su dati di esperienza tecnico discrezionale”, con la conseguenza che il medesimo “è insindacabile, salve le ipotesi di irragionevolezza manifesta, palese travisamento dei fatti, omessa considerazione di circostanze di fatto tali da poter incidere sulla valutazione medica finale, nonché di non correttezza dei criteri tecnici e del procedimento seguito” (Cons. di Stato, Sez. IV, 15 maggio 2008, n. 2243).
Orbene, nel caso di specie, il parere reso dal Comitato non risulta affetto da nessuno dei succitati vizi, essendo al contrario sorretto da una indicazione, sebbene sintetica, delle ragioni per le quali la infermità sofferta dall’appellante non poteva ritenersi strettamente riconducibile all’attività lavorativa dal medesimo svolta.
Sulla scorta delle considerazioni che precedono l’appello va dunque accolto.
La peculiarità della vicenda amministrativa consente di compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie, riforma la sentenza impugnata e respinge il ricorso introduttivo. Spese del giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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