Consiglio di Stato sezione V sentenza n. 3578 depositata il 10 agosto 2016
N. 03578/2016REG.PROV.COLL.
N. 02153/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2153 del 2016, proposto da:
G. s.r.l. unipersonale, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Natale Bonfiglio C.F. xxxxxxxxxxx, domiciliato ex art. 25 c.p.a. presso il Cons. di Stato Segreteria in Roma, p.za Capo di Ferro 13;
contro
Comune di Milano, in persona del sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Antonello Mandarano C.F. xxxxxxxxxxx, Stefania Pagano C.F. xxxxxxxxxxx, Emilio Pregnolato , Raffaele Izzo C.F. xxxxxxxxxxx, con domicilio eletto presso Raffaele Izzo in Roma, Lungotevere Marzio, 3;
nei confronti di
TE Srl non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA – MILANO: SEZIONE I n. 02552/2015, resa tra le parti, concernente affidamento lavori relativi a interventi di emergenza e razionalizzazione nei mercati comunali coperti – viii lotto – ris.danni
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Milano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 luglio 2016 il Cons. Oreste Mario Caputo e uditi per le parti gli avvocati Natale Bonfiglio, Paola Cozzi su delega dell’avv. Emilio Pregnolato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.G. s.r.l. unipersonale ha impugnato l’autoannullamento dell’aggiudicazione dell’appalto di lavori n. 52/10 lotto VIII disposta in suo favore dal comune di Milano a seguito dell’esperimento della procedura d’interpello ex art. 140, comma 1, d.lgs. n. 163/2006, conseguente al fallimento dell’impresa originariamente aggiudicataria.
A fondamento del gravame, deduceva la plurima e concorrente violazione degli artt. 140, 75 e 38 del d.lgs. n. 163 del 2006, sul rilievo che il Comune avrebbe illegittimamente posto a fondamento dell’annullamento l’intervenuta sentenza di condanna dell’amministratore unico per i reati di cui agli artt. 81, 347 e 352 c.p., cessato dalla carica nell’anno antecedente l’invio alla società dell’interpello. Conseguentemente anche l’incameramento della cauzione provvisoria disposta dalla stazione appaltante sarebbe affetta da illegittimità.
2. Si costituiva in giudizio il comune di Milano instando per l’infondatezza del ricorso.
3. Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sez. I, respingeva il ricorso.
Ritenevano i giudici di prime cure che la natura degli interessi pubblici presidiati dall’art. 38, comma 1, lett. c) d.lgs. n. 163 del 2006 impone l’applicazione della norma anche agli affidamenti di contratti conseguenti all’avvio della procedura d’interpello e che la sentenza di condanna passata in giudicato per i reati in continuazione d’usurpazione di funzioni pubbliche e turbata libertà degli incanti fosse ex se sintomatica della corretta valutazione esperita dal Comune sull’incidenza dei reati sulla moralità professionale dell’amministratore unico cessato dalla carica, tale da pregiudicare il rapporto fiduciario tra committente pubblico e imprenditore.
L’incameramento della cauzione provvisoria, aggiunge il Tar, consegue ex lege dalla mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell’affidatario.
4. Appella la sentenza G. s.r.l. unipersonale. Resiste il comune di Milano.
Alla pubblica udienza del 14.07.2016 la causa, su richiesta delle parti, è trattenuta in decisione.
5. Coi motivi d’appello la società appellante deduce gli errori di giudizio in cui sarebbe incorso il Tar nell’interpretazione e applicazione degli artt. 38, 46 comma 1, 75 e 140 d.lgs. n. 163/2006.
In particolare, oltre a pretermettere la natura della procedura d’interpello, non omologabile a quella della gara pubblica, i giudici di prime cure, secondo l’appellante, avrebbero omesso di considerare la reale entità dei fatti che hanno dato causa alla sentenza di condanna, risalenti al 2008 e privi di disvalore sociale in grado di pregiudicare la moralità professionale sia dell’amministratore unico cessato dalla carica che dell’impresa aggiudicataria.
Il Tar, aggiunge ancora la società appellante, non avrebbe considerato che la società s’è dissociata dal comportamento dell’amministratore unico, autore del reati e che l’incameramento della cauzione, seguendo il filo conduttore dei motivi d’appello, sarebbe stata disposta in assenza di alcuna responsabilità, imputabile alla compagine sociale.
6. L’appello è infondato.
Non è revocabile in dubbio che la procedura d’interpello, promossa sua sponte dalla stazione appaltante nei casi previsti dall’art. 140 d.lgs. n. 163/2006, rientri nel genus delle procedure d’affidamento.
La specificità della procedura riposa sul fatto che vengono interpellati esclusivamente i soggetti utilmente collocati nella originaria graduatoria di gara e l’aggiudicatario, all’esito dell’interpello, deve completare i lavori alle medesime condizioni offerte dall’originario aggiudicatario poi dichiarato fallito o destinatario di una procedura liquidatoria ostativa al completamento dei lavori.
Conseguentemente l’affidamento obbedisce alle medesime norme che governano le procedure di gara che, per inemendabili ragioni di ordine pubblico generale (ed economico), definiscono le cause soggettive ostative alla partecipazione alle procedure d’affidamento, fra le quali, per l’appunto, l’art. 38, comma 1, lett. c) d.lgs. n. 163/2006, correttamente applicato dalla stazione appaltante.
L’amministratore unico della società unipersonale, cessato dalla carica nell’anno antecedente l’invio alla società dell’interpello, è stato infatti condannato con sentenza passata in giudicato per i reati previsti e puniti dagli 81, 347 e 352 c.p., cioè per i delitti in continuazione d’usurpazione di funzioni pubbliche e turbata libertà degli incanti, incidenti (in apicibus) sulla moralità professionale.
Il comune di Milano ha espressamente dato conto che per i reati commessi è venuto meno “il rapporto fiduciario che deve necessariamente intercorrere tra committente e l’imprenditore nell’ambito del rapporto pubblico”.
Valutazione che, secondo l’orientamento giurisprudenziale consolidato (cfr., Cons. Stato, sez. VI, 10 settembre 2015 n. 4228, Id., sez. V, 21 ottobre 2013 n. 5122), da cui non sussistono giustificati motivi per qui discostarsi, è interamente rimessa alla stazione appaltante ed è affrancata dal sindacato di legittimità eccettuati i casi di manifesta irragionevolezza e illogicità, nel caso in esame insussistenti.
Né, in contrario, rilevano le dimissioni presentate dall’amministratore legale rappresentante della società e la vendita dell’intero pacchetto delle quote possedute nella società, poiché la dissociazione dell’impresa consegue eventualmente dall’estromissione disposta dalla compagine sociale e non dal fatto rimesso alla volontà del soggetto autore dei reati.
7. È altresì infondato il motivo d’appello che lamenta l’errore di giudizio in cui sarebbe incorso il Tar nell’applicare l’art. 75, comma 6, d.lgs. n. 163/2006 nel capo di sentenza relativo alla pronuncia di reiezione della censura sull’incameramento della cauzione provvisoria.
Il motivo coonesta nella norma richiamata l’elemento soggettivo del dolo o della colpa dell’affidatario per la mancata sottoscrizione del contratto che, oltre a non essere affatto previsto dalla disposizione, contrasta con la sua ratio.
La cauzione provvisoria garantisce la serietà dell’offerta: la mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell’aggiudicatario, sia volontaria o meno, giustifica – secondo un tipo di giudizio assimilabile alla responsabilità oggettiva – l’incameramento della cauzione (cfr., fra le tante, Cons. Stato, ad plen. n. 8 del 2012).
8. Conclusivamente l’appello deve essere respinto.
9. Le spese del presente grado di giudizio, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, respinge il ricorso.
Condanna G. s.r.l. unipersonale alle spese di lite del presente grado di giudizio in favore del comune di Milano che si liquidano in complessivi 5000,00 (cinquemila) euro, oltre diritti ed accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 luglio 2016 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Caringella, Presidente
Claudio Contessa, Consigliere
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Oreste Mario Caputo, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Oreste Mario Caputo | Francesco Caringella | |
IL SEGRETARIO
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