Consiglio di Stato sezione V sentenza n. 3854 depositata il 13 settembre 2016
N. 03854/2016REG.PROV.COLL.
N. 01541/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1541 del 2016, proposto dalla ET S.p.a. in proprio e in qualità di mandataria del costituendo R.T.I. con la TS S.r.l. (mandante), con la Q. S.p.a. (mandante) e con la S. S.r.l. (mandante), rappresentate e difese dagli avvocati Filippo Arturo Satta C.F. xxxxxxxxxxx e Anna Romano C.F. xxxxxxxxxxx, con domicilio eletto presso lo Studio legale Satta Romano & Associati in Roma, Foro Traiano, 1/A
contro
Consip S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Cecilia Martelli C.F. xxxxxxxxxxx e Andrea Guarino C.F. xxxxxxxxxxx, con domicilio eletto presso Andrea Guarino in Roma, piazza Borghese, 3
nei confronti di
S.I. soc. coop. a r.l., SE S.p.a. (in qualità di soggetto incorporante la IL S.r.l.) non costituiti in giudizio
per la riforma della sentenza del T.A.R. del Lazio, Sezione III, n. 622/2016
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Consip S.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 giugno 2016 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti l’avvocato Laura Gentili su delega dell’avvocato Filippo Satta, nonché l’avvocato Elisabetta Pistis su delega dell’avvocato Andrea Guarino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue
FATTO
Con ricorso proposto dinanzi al T.A.R. del Lazio e recante il n. 6858/2015, la ET s.p.a., la Q. s.p.a., la S. s.r.l. e la TS s.r.l., premesso di aver partecipato in R.T.I. (la prima in qualità di mandataria, le altre di mandanti) alla gara di appalto indetta dalla Consip s.p.a. nel maggio del 2014 per l’affidamento dei servizi di manutenzione hardware fuori garanzia per gli uffici centrali e periferici del sistema informativo della fiscalità della Sogei, impugnavano il provvedimento di esclusione disposto a proprio carico.
L’impugnazione riguardava anche la richiesta di escussione della cauzione provvisoria formulata da Consip nei confronti di Intesa Sanpaolo s.p.a. e la segnalazione dell’esclusione effettuata dalla Stazione Appaltante nei confronti dell’ANAC.
Il R.T.I. Ericsson, che pure si era classificato primo nella graduatoria provvisoria con 87,35 punti, è stato escluso dalla competizione perché la stazione appaltante ha ritenuto mendace la dichiarazione effettuata – ai sensi dell’articolo 38, comma 1, lettera i) e degli articoli 2 e 4.2 del disciplinare di gara – a corredo dell’offerta presentata, relativa all’assenza di gravi irregolarità contributive definitivamente accertate in capo ai membri della compagine.
In particolare, Consip ha rilevato che la mandante Q. s.p.a., secondo un DURC rilasciato il 12 febbraio 2015, presentava un debito nei confronti dell’INPS pari ad euro 71.835,00, relativo al periodo 04/2014; e ciò ancora alla data del 12 giugno 2014 (i.e.: alla data in cui era stata resa la dichiarazione circa l’insussistenza di una situazione di irregolarità contributiva).
Le difese del R.T.I. aggiudicatario si sono imperniate sulla buona fede del dichiarante, che si era affidato alle risultanze di un precedente DURC valido; sulla non definitività dell’irregolarità contributiva, perché non era stato attivato il procedimento di regolarizzazione contemplato dall’art. 31, comma 8 della l. 98 del 2013; sull’intervenuta estinzione del debito in data 24 luglio 2014.
La stazione appaltante ha allora provveduto ad acquisire altro DURC, da cui risultava l’adempimento del citato debito verso l’INPS, avvenuto il 24 luglio 2014; e tuttavia emergeva anche la sussistenza di un debito contributivo verso l’INAIL pari ad euro 7.775,31, relativo ai premi assicurativi dell’anno 2014, pure regolarizzato il 24 luglio 2014.
Da tanto era scaturita l’esclusione impugnata, che Consip aveva motivato sulla scorta della vincolatività delle risultanze del DURC e della definitività delle violazioni accertate; definitività dovuta alla ritenuta irrilevanza del pagamento tardivo e della inoperatività della compensazione del debito verso l’INPS invocata da Q..
Con l’impugnata sentenza n. 622/2016 il T.A.R. del Lazio ha respinto il ricorso ritenendolo infondato.
La sentenza in questione è stata impugnata in appello dal R.T.I. Ericsson la quale ne ha chiesto la riforma articolando plurimi motivi.
In particolare, i primi Giudici avrebbero erroneamente ritenuto che in capo alla mandante Q. sussistesse, alla data della presentazione della domanda di partecipazione, una violazione contributiva “grave e definitivamente accertata”, che la stessa aveva omesso di dichiarare ai fini partecipativi.
In tal modo decidendo i primi Giudici avrebbero omesso di considerare che non potrebbe parlarsi di definitività dell’accertamento dell’irregolarità in ipotesi – quale quella che qui ricorre – in cui sia mancato il procedimento di regolarizzazione di cui all’articolo 7, comma 3 del decreto ministeriale 24 ottobre 2007 e di cui all’articolo 31, comma 8 del decreto-legge n. 69 del 2013.
Del resto, secondo l’appellante, nessuna disposizione di legge o regolamento conforta la tesi secondo cui l’istituto del c.d. ‘invito alla regolarizzazione’ sarebbe destinato a non operare in relazione alla partecipazione alle pubbliche gare di appalto, restando la sua operatività limitata ai soli lavori fra impresa interessata ed Ente previdenziale.
Opinando in senso contrario: i) si introdurrebbe un concetto di ‘definitività’ non confortato dalla normativa di settore; ii) si vanificherebbe nella sostanza la ratio di tutela sottesa alla formulazione delle disposizioni in tema di ‘preavviso di DURC negativo’; iii) si vanificherebbe parimenti la previsione normativa che riconosce al DURC una validità di centoventi giorni e che, quindi, induce l’impresa a ritenere la propria regolarità contributiva durante la validità del DURC stesso.
Del resto, la tesi qui sostenuta troverebbe conferma nella recente circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali 8 giugno 2015, n. 19.
Allo stesso modo, la sentenza in epigrafe sarebbe meritevole di riforma per avere il T.A.R. affermato che l’esclusione dell’appellante dalla gara si imponesse alla luce del principio di autorepsonsabilità.
Al contrario, l’appellante sottolinea che non si potrebbe muovere alcuna censura a carico dell’impresa che abbia incolpevolmente fatto affidamento sulle risultanze di un DURC in corso di validità, peraltro mancando l’attivazione da parte dell’amministrazione della ridetta procedura di preavviso.
Allo stesso modo, la sentenza sarebbe meritevole di riforma per avere i primi Giudici ritenuto che la Q. non potesse ignorare la propria situazione di irregolarità al momento in cui – a contrario – dichiarava alla stazione appaltante la propria piena regolarità (12 giugno 2014).
Occorrerebbe poi considerare che, al momento in cui la Q. aveva reso la propria dichiarazione ai fini della gara, essa vantava un rilevante credito nei confronti dell’INPS in relazione al ricorso da parte sua all’istituto della cassa integrazione guadagni straordinaria di cui alla l. 223 del 1991.
Ed ancora, l’appellante lamenta che i primi Giudici avrebbero erroneamente omesso di rilevare l’incompatibilità fra le disposizioni nazionali che consentono l’acquisizione d’ufficio del DURC e l’articolo 45 della direttiva 2004/18/CE (il quale, a contrario, non consente una siffatta acquisizione d’ufficio).
L’appellante lamenta poi che i primi Giudici non abbiano valutato la circostanza per cui la Q. avesse provveduto a saldare il proprio debito contributivo ben prima che il R.T.I. di cui faceva parte fosse aggiudicata la gara. Si tratta di una circostanza che – insieme ad altre – deporrebbe nel senso della piena buona fede che aveva caratterizzato l’operato della Q. nel corso dell’intera vicenda.
Laddove, poi, la normativa nazionale sia davvero da interpretare nel senso indicato dai primi Giudici, l’appellante chiede che questo Giudice di appello sollevi una questione pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267 del TFUE per presunto contrasto fra la normativa nazionale (per come interpretato dal Giudice amministrativo) e il pertinente paradigma UE di riferimento.
Ed ancora, l’appellante lamenta che i primi Giudici, pur riconoscendo in via di principio la possibilità per l’impresa interessata di operare una compensazione fra i debiti contributivi e i crediti vantati nei confronti dell’Ente previdenziale, non abbiano tratto le dovute conseguenze da tale riconoscimento e abbiano comunque concluso nel senso della complessiva irregolarità dell’impresa interessata.
Da ultimo, l’appellante lamenta il mancato accoglimento del motivo di ricorso con cui si era lamentata la violazione del principio di proporzionalità in considerazione del fatto che l’esclusione del raggruppamento era stata disposta i relazione a una violazione commessa da un membro del raggruppamento (il quale peraltro ha una quota minoritaria del raggruppamento).
Si è costituita in giudizio la Consip s.p.a. la quale ha concluso nel senso della reiezione dell’appello.
Alla pubblica udienza del 7 giugno 2016 l’appello è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto da alcune società attive nel settore dei servizi informatici (le quale avevano partecipato quale R.T.I. costituendo alla gara indetta dalla Consip s.p.a. per l’aggiudicazione di alcuni servizi informatici in favore della Sogei) avverso la sentenza del T.A.R. del Lazio con cui è stato respinto il ricorso avverso gli atti con cui la Consip l’ha esclusa dalla gara in ragione di alcune irregolarità contributive che avevano determinato il rilascio di un DURC negativo.
2. L’appello è infondato, risultando in atti la legittimità degli atti con cui la Consip ha disposto l’esclusione del raggruppamento appellante dalla procedura per cui è causa.
Si osserva al riguardo:
– che, in sede di presentazione della domanda di partecipazione (12 giugno 2014) il rappresentante della mandante Q. dichiarava di essere in possesso della piena regolarità contributiva;
– che, al contrario, risulta in atti che a quella data l’appellante versasse in situazione di irregolarità, presentando – alla ridetta data del 12 giugno 2014 – un insoluto contributivo di importo pari ad oltre 71mila euro (circostanza, questa, cristallizzata nel DURC in data 12 febbraio 2015 il quale dava conto della situazione esistente al momento in cui era stata presentata la domanda di partecipazione). Risultava quindi certamente superata l’attestazione positiva contenuta nel precedente DURC, pervero ancora in corso di formale validità alla data di presentazione della domanda di partecipazione alla gara.
3. Ne consegue che il dato storico (invero, incontestato) relativo all’irregolarità contributiva a carico della mandante Q. alla data di presentazione della domanda di partecipazione non poteva che determinare l’esclusione della stessa dalla procedura.
Al riguardo il Collegio ritiene dirimente richiamare le conclusioni cui è di recente pervenuta l’Adunanza plenaria di questo Consiglio.
E’ stato infatti stabilito che ai fini della partecipazione alle gare di appalto, anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 31, comma 8, del decreto legge 21 giugno 2013 n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), non sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale, dovendo l’impresa deve essere in regola con l’assolvimento degli obblighi previdenziali fin dal momento di presentazione dell’offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante. Risulta quindi irrilevante, un eventuale adempimento tardivo dell’obbligazione contributiva, quale quello operato dalla Q. il 24 luglio 2014 (in tal senso: Cons. Stato, Ad. Plen. 29 febbraio 2016, n. 5).
L’Adunanza plenaria di questo Consiglio ha altresì chiarito che l’istituto dell’invito alla regolarizzazione (che già era previsto dall’articolo 7, comma 3, del decreto ministeriale 24 ottobre 2007 ed oggi risulta recepito a livello legislativo dall’articolo 31, comma 8, del decreto legge 21 giugno 2013 n. 69, di cui le appellanti lamentano la violazione) può operare unicamente nei rapporti tra l’impresa concorrente e l’Ente previdenziale, ossia con riferimento al DURC chiesto dall’impresa e non anche al DURC richiesto dalla stazione appaltante ai fini della verifica della veridicità dell’autodichiarazione resa ai sensi dell’articolo 38, comma 1, lettera i) del previgente ‘Codice dei contratti’ ai fini della partecipazione alla procedura di gara.
Il che palesa l’infondatezza dei motivi di appello fondati sulla pretesa violazione delle previsioni di cui all’articolo 31 del decreto-legge n. 69 del 2013.
4. Per ragioni in tutto connesse a quelle appena richiamate non possono essere condivisi i motivi fondati sulla sussistenza (alla data di presentazione della domanda di partecipazione) di crediti della società mandante derivanti dall’ammissione alla Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria ai sensi della l. 223 del 1991, che avrebbero consentito alla stessa Q. di invocare la compensazione con i debiti verso l’Ente previdenziale..
Al riguardo ci si limita ad osservare che la sussistenza del richiamato credito (quand’anche positivamente provata) non valeva di per sé ad escludere il dato dell’irregolarità contributiva che sussisteva a carico della mandante Q..
Sarebbe infatti possibile accedere alla tesi delle appellanti soltanto se il Legislatore avesse ammesso una sorta di immanente e generalizzato diritto alla compensazione fra i crediti vantati nei confronti di amministrazioni pubbliche e i debiti contributivi nei confronti dell’Ente previdenziale.
Ma il punto è che il Legislatore (per intuibili ragioni di contemperamento fra gli interessi pubblici e quelli privati che in tali casi vengono in rilievo) ha fissato precisi presupposti e condizioni per l’operatività della richiamata compensazione (presupposti e condizioni che, nel caso di specie, non risultano sussistenti).
In particolare, l’articolo 13-bis, comma 5 del decreto-legge n. 52 del 2012 stabilisce che il rilascio del DURC pure in presenza di debiti contributivi è possibile solo in presenza del previo rilascio di una certificazione da parte dell’amministrazione pubblica debitrice la quale dia atto della sussistenza e dell’importo dei crediti certi, liquidi ed esigibili vantati nei confronti di tali amministrazioni.
Ma nel caso in esame è pacifico in atti che, al momento della presentazione della domanda di partecipazione (i.e.: al momento centrale ai fini della presente decisione) l’insoluto contributivo sussistesse (e che non fosse stato dichiarato dal legale rappresentante della Q.), mentre non risulta in atti la formale e tempestiva certificazione del credito derivante dall’ammissione alle procedure di CIGS.
Non sussistevano quindi gli stringenti presupposti perché la mandante Q. potesse invocare l’applicazione in proprio favore delle previsioni di cui al richiamato articolo 13-bis, comma 5 del decreto-legge n. 52 del 2012.
Pertanto (e in senso contrario a quanto affermato dalle appellanti) non solo non sussistevano nel caso in esame i presupposti per procedere a una (peraltro inammissibile) regolarizzazione postuma della posizione previdenziale della mandante, ma non sussistevano neppure i presupposti perché potesse essere invocata la disciplina sulla compensazione dei debiti previdenziali di cui al richiamato decreto-legge n. 52 del 2012.
Ne consegue l’indifferenza, ai fini che qui rilevano, dell’intervenuto pagamento in data 24 luglio 2014 del debito contributivo da parte della stessa Q., così come della circostanza per cui tale pagamento sia avvenuto prima della disposta aggiudicazione.
In definitiva (e in senso contrario a quanto affermato dalle appellanti):
– non sussiste l’illegittimità delle determinazioni adottate dalla Consip all’esito della verifica delle dichiarazioni di cui all’articolo 38, comma 1 del decreto legislativo n. 163 del 2006, risultando in fatto confermata la sussistenza di un importante insoluto contributivo (non dichiarato) alla data di presentazione della domanda di partecipazione a carico della mandante del raggruppamento appellante;
– non può essere invocata la presunta irrilevanza dei richiamati insoluti in ragione della sussistenza di un concomitante credito nei confronti della P.A. derivante dal ricorso alle procedure di CIGS;
– non può essere invocata la mancata attivazione da parte dell’INPS della procedura di cui all’articolo 31 del decreto-legge n. 69 del 2013, attenendo tale procedura ai soli rapporti fra l’Ente previdenziale e l’impresa e non incidendo invece sui rapporti inerenti lo svolgimento della gara (in tal senso la richiamata sentenza dell’Adunanza plenaria n. 5 del 2016).
5. Allo stesso modo, non può essere condivisa la tesi delle appellanti secondo cui (anche alla luce della tempistica prevista per le denunce ai fini contributivi) l’esclusione dalla gara non avrebbe comunque potuto essere disposta, ostandovi l’applicazione del principio di autoresponsabilità e di buona fede basato sulla persistente validità, al momento in cui le dichiarazioni di gara erano state rese, di un DURC di contenuto positivo.
Si osserva in senso contrario che l’importanza dell’insoluto di che trattasi (pari, lo si ripete, ad oltre 71mila euro) e le altre circostanze rilevanti del caso rendono inverosimile, oltre ogni ragionevole dubbio, la sussistenza di uno stato di ignoranza incolpevole circa l’esistenza dell’insoluto da parte della Q..
Del resto, il DURC negativo ha soltanto un effetto ricognitivo dell’insoluto contributivo e non presenta la valenza sostanzialmente costitutiva che le appellanti sembrano volervi connettere.
6. Ed ancora, non può essere accolta la tesi delle appellanti secondo cui l’esclusione disposta sulla base di un DURC negativo acquisito d’ufficio si porrebbe in contrasto con le previsioni di cui all’articolo 45 della direttiva 2014/18/CE il quale – sempre nelle tesi delle appellanti – annetterebbe un valore pienamente e definitivamente liberatorio alla presentazione, in sede di gara, di “un certificato rilasciato dall’autorità competente dello Stato membro” (nel caso di specie: il DURC rilasciato dal competente Ente previdenziale).
6.1. Vero è, infatti, che l’articolo 45, paragrafo 2, lettera e) e paragrafo 3 della direttiva 2004/18/CE stabilisce che, in via di principio, il concorrente possa allegare, ai fini partecipativi, un certificato di fonte pubblica il quale attesti (inter alia) la regolarità contributiva.
Ma tale facoltà (evidentemente finalizzata a rendere più agevole la prova in ordine al possesso dei requisiti di partecipazione) non può essere intesa nel senso di precludere alla stessa amministrazione la verifica in concreto in ordine alla corrispondenza al vero delle richiamate certificazioni, non potendo evidentemente essere connesso un valore definitivamente liberatorio a una certificazione dal contenuto erroneo o non veritiero.
In siffatte ipotesi, un contrasto con il diritto UE potrebbe al più essere ipotizzato laddove al concorrente interessato fosse in assoluto impedito fornire la prova in contrario circa la corrispondenza al vero dell’originaria certificazione a sé favorevole.
Ma non si tratta di un’ipotesi che ricorre nel caso in esame, atteso che l’appellante non è stata in grado di contestare il dato storico secondo cui, alla data di presentazione della domanda di partecipazione, la mandante Q. versasse in una grave situazione di irregolarità contributiva. Si tratta di una circostanza positivamente accertata, la cui veridicità non può essere posta nel nulla sulla base del solo dato (estrinseco e formale) rappresentato dall’originaria – quanto erronea – certificazione di regolarità.
7. Allo stesso modo, non sembrano sussistere le paventate violazioni del diritto eurounitario in materia di appalti in relazione all’interpretazione che i primi Giudici hanno offerto in ordine ai presupposti perché le amministrazioni possano legittimamente disporre l’esclusione dalla gara del concorrente che versi in situazione di irregolarità contributiva.
Secondo le appellanti, in particolare, l’articolo 45 della direttiva 2004/18/CE non legittimerebbe l’esclusione dalla gara del concorrente il quale, pur versando in situazione di irregolarità contributiva al momento della partecipazione, abbia comunque provveduto al pagamento di quanto dovuto prima e indipendentemente dall’aggiudicazione provvisoria dell’appalto, intervenuta alcuni mesi dopo.
7.1. Si osserva al riguardo che il richiamato articolo 45, paragrafo 2 (secondo cui “2. Può essere escluso dalla partecipazione all’appalto ogni operatore economico: (…) e) che non sia in regola con gli obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali secondo la legislazione del paese dove è stabilito o del paese dell’amministrazione aggiudicatrice”) legittima certamente un’interpretazione ed applicazione tale per cui la verifica in ordine ai requisiti soggettivi di partecipazione venga svolta in relazione alla situazione esistente al momento della domanda di partecipazione.
Allo stesso modo, la richiamata direttiva (che, in parte qua, mira al solo ravvicinamento delle legislazioni nazionali e non alla relativa armonizzazione) legittima certamente un’interpretazione ed applicazione tale per cui la conclamata carenza di un requisito soggettivo di partecipazione non possa essere ammessa a forme di sanatoria ex post (sia pure, prima dell’aggiudicazione).
Laddove si ammettesse una siffatta possibilità, si determinerebbe un’evidente alterazione del bilanciamento fra i concomitanti (e in parte antinomici) principi del favor participationis e della par condicio concorrenziale, i quali rinvengono un adeguato punto di equilibrio nella previsione secondo cui la verifica in ordine al possesso dei requisiti di ordine soggettivo deve essere operata in relazione alla situazione esistente alla data ultima per la presentazione delle domande di partecipazione.
Del resto, la stessa giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’UE ha a più riprese stabilito che, da un lato, il principio di parità di trattamento impone che tutti gli offerenti dispongano delle stesse possibilità nella formulazione dei termini delle loro offerte e implica quindi che queste siano soggette alle medesime condizioni per tutti i concorrenti. Dall’altro lato, l’obbligo di trasparenza ha come scopo quello di eliminare i rischi di favoritismo e arbitrarietà da parte dell’autorità aggiudicatrice.
Esso implica pertanto che tutte le condizioni e le modalità della procedura di aggiudicazione siano formulate in maniera chiara, precisa e univoca nella normativa di settore, nel bando di gara o nel capitolato d’oneri in modo che, da un lato, si permetta a tutti gli offerenti ragionevolmente informati e normalmente diligenti di comprenderne l’esatta portata e d’interpretarle allo stesso modo e, dall’altro, all’autorità aggiudicatrice di essere in grado di verificare effettivamente se le offerte dei concorrenti rispondano ai criteri che disciplinano l’appalto in questione (in tal senso: CGUE, sentenza 6 novembre 2014 in causa C-42/13 –Cartiera dell’Adda; id, 29 aprile 2004 in causa C-496/99 –Commissione c/ CAS).
Non può quindi dubitarsi della conformità con la normativa UE delle richiamate disposizioni nazionali per la parte in cui queste ultime (peraltro, puntualmente richiamate nell’ambito della lex specialis) impongono che i requisiti di partecipazione debbano essere posseduti dai candidati alla data ultima per la formulazione delle offerte e che il relativo possesso debba essere verificato in relazione alla situazione esistente alla medesima data, non essendo ammissibili ipotesi di regolarizzazione postuma.
8. Per le ragioni appena esposte, neppure possono ritenersi nel caso in esame sussistenti le medesime ragioni che hanno indotto la Quarta Sezione di questo Consiglio a sollevare dinanzi alla Corte di Giustizia ai sensi dell’articolo 267 del TFUE la questione della compatibilità dell’articolo 38 del previgente ‘Codice dei contratti’ con l’articolo 45 della direttiva 2004/18/CE, nonché con gli articoli 49 e 56 del TFUE e con il generale principio di ragionevolezza (ordinanza 11 marzo 2015, n. 1236).
8.1. Ed infatti nel caso di specie difetta uno dei presupposti che hanno indetto il Giudice nazionale a rimettere la questione interpretativa alla Corte di Giustizia (i.e.: l’ignoranza incolpevole del concorrente in ordine alla propria situazione di irregolarità contributiva – ignoranza che, per le ragioni dinanzi esposte, deve qui essere esclusa oltre ogni ragionevole dubbio -).
9. Si osserva infine che non può essere accolto il motivo con cui le appellanti hanno lamentato la violazione del principio di proporzionalità sottesa all’esclusione dell’intero raggruppamento nelle ipotesi in cui (come nel caso di specie) la ragione di esclusione riguardasse soltanto una delle imprese, laddove le altre imprese del raggruppamento sarebbero state autonomamente in grado di garantire i medesimi standard di prezzo e di qualità.
9.1. Il motivo non può essere condiviso in quanto il riconosciuto carattere di ‘concorrente’ in capo a ciascun membro del raggruppamento e il carattere solidale della responsabilità assunta nei confronti dell’amministrazione per effetto della formulazione dell’offerta (in tal senso il comma 5 dell’articolo 37 del previgente ‘Codice dei contratti’) comportano che i requisiti di ordine soggettivo debbano essere posseduti da ciascun membro del raggruppamento e che l’accertata carenza di tali requisiti in capo ad uno di essi determina l’esclusione dell’intero raggruppamento dalla gara (indifferente essendo, a tal fine, la circostanza per cui gli altri membri siano in possesso dei richiamati requisiti di moralità e/o che siano autonomamente in grado di assicurare i medesimi standard di qualità e di prezzo).
10. Per le ragioni sin qui esposte l’appello in epigrafe deve essere respinto.
Il Collegio ritiene che sussistano giusti ed eccezionali motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 giugno 2016 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Caringella, Presidente
Claudio Contessa, Consigliere, Estensore
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Alessandro Maggio, Consigliere
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Claudio Contessa | Francesco Caringella | |
IL SEGRETARIO
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