Consiglio di Stato sezione V sentenza n. 4960 depositata il 24 novembre 2016
N. 04960/2016REG.PROV.COLL.
N. 03453/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3453 del 2016, proposto da
C.O. srl in proprio e quale mandataria un costituendo RTI con E. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Alessandro Tozzi e Laura Di Giovanni, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Quorum in Roma, via degli Scipioni, 281
contro
A. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Pietro Cavasola, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, V. A. Depretis, 86
nei confronti di
TS S.r.l. non costituita in giudizio;
per la riforma della sentenza in forma semplificata del T.A.R. del Lazio, Sezione II-ter, n. 1762/2016
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della A. S.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 novembre 2016 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti l’avvocato Marco Iannacci (su delega dell’avvocato Cavasola) e l’avvocato Daniela Jouvenal (su delega dell’avvocato Tozzi);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue
FATTO
La società C.O. s.r.l. riferisce di aver preso parte, in raggruppamento costituendo con la E. s.p.a., alla procedura di gara indetta dalla A. s.p.a per l’affidamento del servizio di supporto ai responsabili per le attività di pianificazione, manutenzione ed assistenza sul processo di sviluppo del sistema informativo delle operazioni (BDO).
Con provvedimento in data 4 novembre 2015 la stazione appaltante disponeva l’esclusione del costituendo raggruppamento ai sensi dell’articolo 38, comma 1, lettera g) del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, per essere emerse gravi irregolarità di carattere fiscale a carico della mandante E..
Più in particolare, dopo la presentazione dell’offerta (avvenuta entro il termine perentorio dell’8 maggio 2015), la Commissione giudicatrice, espletata la verifica dei documenti, rilevava che la posizione fiscale della E. S.p.a. risultasse irregolare alla data del 19 giugno 2015. L’odierna appellante presentava quindi le proprie giustificazioni allegando di aver richiesto sia sgravi che dilazione di pagamenti, ma alla nuova verifica disposta dal Seggio di gara risultava ancora irregolare ancora alla data del 29 settembre 2015.
Il provvedimento di esclusione veniva impugnato dalla CONSOP dinanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio il quale con la sentenza in epigrafe respingeva il ricorso in quanto infondato.
La sentenza in questione è stata impugnata in appello dalla CONSOP la quale ne ha chiesto la riforma articolando un unico complesso motivo.
Si è costituita in giudizio la A. s.p.a. la quale ha concluso nel senso della reiezione dell’appello.
Alla pubblica udienza del 10 novembre 2016 l’appello è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Giunge alla decisione del Collegio l’appello proposto da una società attiva nel settore dei sistemi informativi, la quale aveva partecipato a una gara di appalto indetta da A. s.p.a. per l’affidamento di servizi di carattere informativo ed era stata esclusa per l’irregolarità fiscale della sua mandante, avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio con cui è stato respinto il ricorso proposto avverso il provvedimento di esclusione.
2. Con il primo motivo di ricorso l’appellante afferma che le conclusioni cui è giunta l’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato con la sentenza 20 agosto 2013, n. 20 non potrebbero trovare applicazione nel caso che qui viene in rilievo.
E’ noto in particolare che la richiA.ta sentenza dell’Adunanza plenaria ha chiarito i contorni applicativi dell’istituto della dilazione del pagamento dei tributi di cui all’articolo 19 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 e ha stabilito che nel periodo che intercorre fra l’istanza di ammissione alla dilazione e il relativo accoglimento al contribuente non possa essere riconosciuta la regolarità fiscale ai sensi dell’articolo 38, comma 1, lettera g) del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.
Secondo l’appellante, tuttavia:
– mentre il quadro normativo vigente al tempo della richiA.ta decisione ne giustificava appieno le conclusioni (configurando il provvedimento di dilazione come atto a valenza discrezionale prima del quale il contribuente non poteva in alcun modo allegare uno stato di regolarità);
– al contrario, la disciplina sopravvenuta (e rilevante ai fini della presente decisione) ha ancorato l’emissione o il diniego della dilazione a precisi parametri numerici ed economici, sì da superare il principale argomento sul quale si era fondato il rigido approccio seguito dall’Adunanza plenaria nel 2013 (l’appellante richiA. al riguardo: i) l’articolo 52, comma 3 del decreto-legge n. 69 del 2013 il quale ha modificato il richiA.to articolo 19 del d.P.R. 602 del 1973; ii) il decreto ministeriale del 6 novembre 2013 che ha individuato i parametri dalla cui verifica deriva l’adozione del provvedimento di ammissione alla dilazione).
2.1. Il motivo non può essere condiviso.
In punto di fatto è pacifico in atti che, al momento in cui l’appellante aveva chiesto di partecipare alla gara per cui è causa, la sua mandante E. s.p.a. presentasse insoluti fiscali piuttosto rilevanti.
E’ altresì pacifico in atti che la stessa avesse ormai da tempo richiesto di essere ammessa alla dilazione del proprio debito ma che la dilazione sia stata accordata solo nelle more dello svolgimento della gara.
Risulta quindi dirimente ai fini del decidere stabilire se la mera presentazione dell’istanza di dilazione consenta, nel nuovo quadro normativo delineato dall’articolo 52 del decreto-legge n. 69 del 2013, di vantare la regolarità fiscale ai sensi dell’articolo 38 del previgente ‘Codice dei contratti’.
2.1.1. Ritiene il Collegio che al quesito deve essere fornita risposta in senso negativo.
Si osserva al riguardo che anche la più recente giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha ribadito il consolidato orientamento secondo cui ai fini dell’integrazione del requisito della regolarità fiscale di cui all’articolo 38, comma 1, lettera g) del Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 163 del 2006),non è sufficiente che, entro il termine di presentazione dell’offerta, sia stata presentata da parte del concorrente istanza di rateazione del debito tributario, ma occorre invece che il relativo procedimento si sia concluso con un provvedimento favorevole.
Deve pertanto ritenersi che non sia ammissibile la partecipazione alla procedura di gara del soggetto che, al momento della scadenza del termine di presentazione della domanda di partecipazione, non abbia conseguito il provvedimento di accoglimento dell’istanza di rateizzazione (in tal senso –ex multis -: Cons. Stato, V, 26 luglio 2016, n. 3375; id., V, 7 aprile 2015, n. 1769).
Si tratta di statuizioni che questo giudice di appello ha reso anche all’indomani dell’entrata in vigore del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per l’economia) convertito dall’art. 1, comma 1, l. 9 agosto 2013, n. 98.il quale – secondo l’opposta tesi dell’appellante – rappresenterebbe una sorta di ‘spartiacque’ all’indomani del quale non potrebbero più trovare applicazioni i principi enunciati dalla richiA.ta sentenza dell’Adunanza plenaria.
2.2. Nel merito della questione il Collegio osserva che non sussistono effettive ragioni di ordine concettuale per ritenere che le modifiche apportate dal decreto-legge n. 69 del 2013 all’articolo 19 del d.P.R. 602 del 1973 avrebbero comportato il richiA.to superamento.
Al contrario, la novella enfatizzata dall’appellante ha inciso su uno soltanto degli argomenti su cui si fondava la decisione dell’Adunanza plenaria n. 20 del 2013 (i.e.: sul rilievo del carattere discrezionale dell’ammissione al beneficio della dilazione in base al quadro normativo vigente al momento in cui la decisione in questione è stata resa).
Ma non risulta affatto superato (anzi, risulta ancora oggi invincibilmente ostativo all’accoglimento delle tesi dell’appellante) l’ulteriore e dirimente ragionamento dell’Adunanza plenaria: la circostanza per cui il meccanismo novativo sotteso all’istituto della dilazione fa sì che, nell’arco di tempo che precede l’accoglimento della domanda, resti in vita il debito originario, la cui esistenza è ammessa dallo stesso contribuente con la presentazione della domanda di dilazione del pagamento delle somme iscritte a ruolo (punto 5.2.3 della motivazione).
Ne consegue che il debito gravante sul contribuente prima dell’accoglimento dell’istanza, in caso di istanza di rateizzazione non ancora accolta all’atto della scadenza dei termini di presentazione delle domande di partecipazione, sia unicamente quello originario, in quanto tale certo (tanto nella sua esistenza quanto nel suo ammontare), scaduto ed esigibile nei sensi richiesti dal comma 2 dell’art. 38 del Codice dei contratti pubblici.
Da tanto consegue che, a prescindere dalle innovazioni introdotte sul punto dal richiA.to decreto-legge n. 69 del 2013, non risulta allo stato superato il principio secondo cui la presentazione dell’istanza di dilazione non incide sulla definitività dell’accertamento relativo all’insoluto tributario e non preclude (anzi, in certa misura conferma) l’obbligo di dare applicazione all’articolo 38, comma 1, lettera g) del previgente ‘Codice dei contratti’.
3. Con il secondo motivo di appello, l’appellante chiede nella sostanza di rimeditare l’orientamento espresso dall’Adunanza plenaria n. 20 del 2013 in quanto l’applicazione dei principi ivi enunciati determinerebbe “una sostanziale ed insuperabile disparità di trattamento” fra i contribuenti ‘ordinari’ (i quali possono accedere alle procedure di dilazione di cui all’articolo 19 d.P.R. n. 602 del 1973) e i contribuenti che intendono partecipare alle pubbliche gare (per i quali la mancata, tempestiva ammissione al beneficio preclude nei fatti l’ammissione alle procedure ad evidenza pubblica.
Con il terzo motivo, poi, l’appellante chiede di rimeditare il medesimo orientamento atteso che esso determinerebbe “un ulteriore effetto perverso”: quello di non facilitare, ma anzi ostacolare – attraverso la preclusione alla partecipazione alle pubbliche gare – la possibilità per le imprese in temporanea crisi di superare il proprio stato di difficoltà.
3.1. I motivi non possono essere condivisi.
Pur dandosi atto della ratio legis sottesa alla disciplina della dilazione (finalizzato a consentire – nei limiti del possibile – il superamento di crisi temporanee d’impresa e la conservazione della continuità aziendale), non può ritenersi che nel settore in considerazione il perseguimento di tali finalità (e quindi l’accentuato favor participationis che pure lo caratterizza) possa essere declinato in modo indistinto e senza bilanciamenti con ulteriori e diverse finalità di interesse generale.
E’ noto che nelle pubbliche gare, il pur generale principio della massima partecipazione deve essere rapportato al concomitante principio della par condicio (secondo cui occorre impedire che un concorrente possa avvantaggiarsi della propria situazione tributaria al fine di offrire un prezzo ingiustificatamente più favorevole rispetto agli altri concorrenti) e con l’ulteriore principio secondo cui le amministrazioni pubbliche devono comunque prioritariamente mirare all’obiettivo di negoziare con controparti sicuramente attendibili e finanziariamente solide, in tal modo riducendo il rischio di dispersione ingiustificata di risorse pubbliche.
La più volte richiA.ta decisione dell’Adunanza plenaria del 2013 ha chiarito che la preferenza per un ampliamento del novero dei partecipanti non è un valore assoluto ma deve essere ricondotta nel suo alveo naturale, dato dalla sua funzione di strumento volto al conseguimento dell’obiettivo di assicurare la scelta del miglior contraente in una gara celere e trasparente alla stregua del codice dei contratti pubblici.
Impostati in tal modo i termini della questione, non risulta irragionevole la scelta normativa trasfusa nell’articolo 38, comma 1, lettera g) volta a rinvenire un adeguato bilanciamento fra i richiA.ti – e in parte antinomici – principi.
4. Si osserva infine che non può essere condivisa la tesi trasfusa nell’ultimo motivo di appello, con il quale – nella sostanza – l’appellante chiede di rimeditare l’orientamento giurisprudenziale secondo cui l’istanza di dilazione paleserebbe il carattere di definitività dell’inadempimento tributario, con quanto ne consegue ai sensi dell’articolo 38, comma 1, lettera g) del decreto legislativo n. 163 del 2006.
Al riguardo è sufficiente richiA.re l’orientamento (dal quale non si rinvengono ragione effettive dal quale discostarsi) secondo cui il requisito della regolarità fiscale può dirsi sussistente soltanto qualora, prima del decorso del termine per la presentazione della domanda di partecipazione alla gara di appalto, l’istanza di rateizzazione sia stata accolta con l’adozione del relativo provvedimento costitutivo e non anche nelle ipotesi – quale quella che qui ricorre – in cui l’iniziale irregolarità abbia dato luogo alla richiesta di dilazione, solo successivamente accolta.
L’orientamento in parola prende le mosse dalla premessa maggiore (qui condivisa) secondo cui la stessa presentazione dell’istanza di rateizzazione rappresenta una admissio in ordine alla sussistenza dell’insoluto fiscale, in tal modo palesandone il carattere di definitività.
A sua volta, il provvedimento che accorda la dilazione si traduce in un beneficio che, una volta accordato, comporta la sostituzione del debito originario con uno diverso, secondo un meccanismo di stampo estintivo-costitutivo che dà la stura a una novazione dell’obbligazione originaria (in tal senso: Cons. Stato, IV, 22 marzo 2013, n. 1633).
L’ammissione alla rateizzazione, rimodulando la scadenza dei debiti tributari e differendone l’esigibilità, implica pertanto la sostituzione dell’originaria obbligazione a seguito dell’insorgenza di un nuovo rapporto obbligatorio secondo i canoni della novazione oggettiva di cui agli artt. 1230 e seguenti del Codice civile.
Il risultato è la nascita di una nuova obbligazione tributaria, caratterizzata da un preciso piano di ammortamento e soggetta a una specifica disciplina per il caso di mancato pagamento delle rate (in tal senso: Cons. Stato, Ad. Plen. 20 del 2013, cit.).
4.1. Anche il motivo in questione non può quindi trovare accoglimento.
5. Per le ragioni sin qui esposte l’appello in epigrafe deve essere respinto.
Il Collegio ritiene tuttavia che sussistano giusti ed eccezionali motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 novembre 2016 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Claudio Contessa, Consigliere, Estensore
Fabio Franconiero, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Raffaele Prosperi, Consigliere
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Claudio Contessa | Giuseppe Severini | |
IL SEGRETARIO
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