Consiglio di Stato sezione V sentenza n. 501 depositata il 6 febbraio 2017
N. 00501/2017REG.PROV.COLL.
N. 04639/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 4639 del 2016, proposto da:
AD cooperativa sociale, Cooperativa sociale Società Dolce, P. società cooperativa sociale a responsabilità limitata – Servizi integrati alla persona, in persona dei rispettivi presidenti e legali rappresentanti pro tempore, nelle rispettive qualità di capogruppo mandataria la prima e mandanti le seconde del costituendo raggruppamento temporaneo di imprese, rappresentate e difese dall’avvocato Paolo Michiara, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Gian Marco Grez, in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 18;
contro
Comune di Parma, in persona del dirigente dell’avvocatura comunale pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Giuseppe Manfredi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Maria Grazia Picciano, in Roma, via Ippolito Nievo, n. 61;
nei confronti di
Società cooperativa sociale AS e A. cooperativa sociale società cooperativa sociale, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Enrico Giuseppe Vallania e Nicola Laurenti, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via Denza, n. 50/a;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA, SEZ. STACCATA DI PARMA, n. 94/2016, resa tra le parti, concernente una procedura di affidamento del servizio di integrazione scolastica per alunni e studenti con disabilità e per le attività di supporto nel periodo estivo;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Parma e delle cooperative sociali AS società cooperativa sociale e A.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, cod. proc. amm.;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 gennaio 2017 il consigliere Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati Paolo Michiara, Maria Grazia Picciano, su delega dell’avvocato Manfredi, e Nicola Laurenti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale dell’Emilia-Romagna, sezione staccata di Parma, integrato da motivi aggiunti le cooperative sociali AD onlus, Società Dolce e P. società cooperativa – Servizi integrati alla persona impugnavano gli atti della procedura di affidamento in appalto del servizio di integrazione scolastica per alunni e studenti con disabilità nelle scuole del Comune di Parma e relative attività di supporto nel periodo estivo per il periodo (presunto) dal settembre 2015 al settembre 2016, (bando approvato con determinazione n. 1851 del 25 agosto 2015), alla quale avevano partecipato in raggruppamento temporaneo di imprese collocatosi, all’esito della selezione mediante il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa sulla base d’asta di € 2.148.600,00, al secondo posto della graduatoria finale, immediatamente dietro il raggruppamento temporaneo con capogruppo l’AS società cooperativa sociale, conseguentemente dichiarato aggiudicatario definitivo (determinazione n. 1851 del 25 agosto 2015).
2. Con la sentenza in epigrafe il Tribunale amministrativo adito respingeva l’impugnazione, con cui si era censurata in via principale la mancata esclusione del raggruppamento aggiudicatario per l’anomalia dell’offerta e inidoneità del suo progetto tecnico – di cui veniva dedotta in subordine la sopravvalutazione in sede di attribuzione dei punteggi – e in via gradata l’illegittimità dell’intera procedura per inadeguatezza della base d’asta e del sistema di valutazione delle offerte tecniche.
3. Le cooperative sociali originarie ricorrenti hanno quindi riproposto le loro censure con il presente appello, al quale resistono il Comune di Parma e le cooperative facenti parte del raggruppamento di imprese aggiudicatario, AS e A. società cooperativa sociale.
DIRITTO
1. Con il primo motivo d’appello le cooperative AD, Società Dolce e P. ripropongono la censura diretta a sostenere l’anomalia dell’offerta economica del raggruppamento aggiudicatario a causa di un costo orario del personale impiegato nel servizio, quantificato in € 18,72, inferiore a quello previsto nella pertinente tabella ministeriale, pari ad € 20,06/ora (€ 20,08 è invece la base d’asta). Le appellanti sostengono che attraverso questo ribasso l’offerta del raggruppamento controinteressato sarebbe in perdita e non consentirebbe allo stesso di assicurare le migliorie proposte in sede di progetto tecnico. Nella censura in esame le cooperative appellanti contestano inoltre l’assunto del giudice di primo grado secondo cui le tabelle ministeriali e i minimi salariali della contrattazione collettiva nazionale di settore sarebbero derogabili in peius.
2. Il motivo è infondato.
3. Al di là dell’asserita derogabilità dei minimi contrattuali (per il quale si rinvia più sotto), la censura non può essere accolta per il decisivo rilievo che le tabelle ministeriali esprimono un costo del lavoro medio, ricostruito su basi statistiche, per cui esse non rappresentano un limite inderogabile per gli operatori economici partecipanti a procedure di affidamento di contratti pubblici, ma solo un parametro di valutazione della congruità dell’offerta, con la conseguenza che lo scostamento da esse, specie se di lieve entità, non legittima di per sé un giudizio di anomalia (giurisprudenza assolutamente consolidata di questo Consiglio di Stato, da ultimo ribadita da: III, 25 novembre 2016, n. 4989, 2 marzo 2015, n. 1020; IV, 29 febbraio 2016, n. 854; V, 24 luglio 2014, n. 3937). Nell’ambito di questo indirizzo giurisprudenziale si afferma quindi che gli scostamenti del costo del lavoro rispetto ai valori medi delle tabelle ministeriali possono essere ritenuti anomali se eccessivi e tali da compromettere l’affidabilità dell’offerta (da ultimo: Cons. Stato, III, 17 giugno 2016, n. 2685).
Ciò premesso, nel caso di specie le censure riproposte nel presente appello si incentrano in via esclusiva sullo scostamento del ribasso offerto dalle aggiudicatarie rispetto alle tabelle ministeriali. In particolare, su questo raffronto si diffonde la consulenza di parte allegata al ricorso di primo grado, mentre la violazione dei minimi contrattuali è meramente affermata.
Così ricostruito il tenore della censura, la stessa si pone dunque in una prospettiva non idonea a fare emergere alcuna illegittimità nell’operato del Comune di Parma – che puntualmente ne rileva l’impostazione metodologica errata. Infatti, quand’anche si vogliano condividere i rilievi del consulente di parte, non emerge e comunque non è dedotto e dimostrato che lo scostamento registratosi nell’offerta del raggruppamento aggiudicatario, a fronte di un ribasso non eccessivo, pari al 10%, sia tale da pregiudicare la sostenibilità economica dell’offerta.
4. Con il secondo motivo d’appello si deduce la violazione dell’art. 86, commi 2 e 3, dell’allora vigente codice dei contratti pubblici (decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163), a causa del fatto che il Comune di Parma non ha effettuato la verifica di congruità dell’offerta dell’aggiudicataria, malgrado questa avesse superato i quattro quinti del punteggio massimo. Le appellanti contestano che, come ritenuto dall’amministrazione, tali disposizioni non siano applicabili, sul rilievo che il servizio rientra in quelli previsti dall’allegato II B del citato codice. Le stesse evidenziano in contrario che, data la delicatezza del servizio posto a gara, la verifica è in realtà doverosa.
5. Anche questo motivo è infondato.
6. In base all’art. 20 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (codice dei contratti pubblici allora vigente), l’aggiudicazione degli appalti avente ad oggetto i servizi indicati nell’elenco allegato II B, tra cui quello in contestazione, è disciplinato solo dai successivi artt. 68, 65 e 225 (in questo senso, cfr. Cons. Stato, III, 13 maggio 2015, n. 2388; sez. IV, 14 giugno 2014, n. 2853), oltre che, ai sensi dell’art. 27 del medesimo d.lgs. n. 163 del 2006, dai principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza e proporzionalità. Nell’ambito di questi principi rientrano quindi le questioni relative all’adeguatezza ed alla congruità dell’offerta presentata dai concorrenti (su questo punto: Cons. Stato, V, 7 novembre 2016, n. 4646).
In conseguenza dei principi ora espressi, da un lato, per i servizi in questione non è consentito estendere le disposizioni puntuali del previgente codice dei contratti pubblici, se non quando richiamate della normativa di gara, mentre per gli stessi contratti si pone certamente l’esigenza di assicurare l’affidabilità dell’offerta sul piano economico.
Dall’altro lato, se per i servizi di cui all’allegato II B non è configurabile un obbligo di procedere alla verifica dell’anomalia dell’offerta, quand’anche si siano verificati in astratto i presupposti di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 86 del previgente codice dei contratti pubblici, ne consegue che la scelta in questione integra una facoltà discrezionale della stazione appaltante, la cui determinazione è sindacabile in sede giurisdizionale solo se manifestamente irragionevole, ovvero irrazionale, illogica ovvero viziata da travisamento di fatti (in questo senso: Cons. Stato, V, 1 ottobre 2015, n. 4586).
Per contro, nel formulare la loro censura ancora una volta le cooperative sociali appellanti muovono da una premessa interpretativa errata, laddove deducono a sostegno dell’illegittimità prospettata il solo verificarsi del presupposto di cui al citato art. 86, comma 2, e cioè l’avere il raggruppamento temporaneo aggiudicatario conseguito un punteggio superiore ai quattro quinti dei corrispondenti punti massimi previsti dal bando di gara.
7. Con il terzo motivo d’appello, svolto in via subordinata rispetto ai precedenti, le cooperative sociali lamentano che il bando di gara sia stato predisposto in violazione della circolare della Provincia di Parma del 2003 relativa ai servizi alla persona e della normativa di settore. In forza di questa – si soggiunge – la base d’asta di procedure di affidamento di questa categoria di contratti deve essere proporzionata ai costi del servizio e consentire un’adeguata remunerazione dell’appaltatrice; inoltre, la valutazione in sede di gara dei ribassi deve avvenire secondo il sistema della proporzionalità inversa e ai fini dell’attribuzione dei punteggi deve tenersi conto della formazione, del radicamento territoriale, del numero degli operatori già dedicati, dei mezzi e materiali a disposizione, dell’applicazione dei contratti collettivi di settore, dei criteri di reclutamento e formazione del personale, del rapporto con l’associazionismo e il volontariato presente nel territorio di riferimento. Tutto ciò – si conclude nel motivo in esame – non sarebbe avvenuto.
8. Il motivo è formulato in modo generico e dunque inammissibile ed in ogni caso è infondato.
9. Non è innanzitutto necessario richiamare la normativa di settore relativa ai servizi alla persona per esigere il rispetto del principio generale di economicità dei contratti pubblici, che come poc’anzi rilevato si applica anche alle tipologie contrattuali previste dal più volte citato allegato II B al d.lgs. n. 163 del 2006.
Nondimeno, la pretesa antieconomicità della base d’asta (da ultimo ribadita in sede di discussione finale all’udienza del 12 gennaio 2017) è meramente affermata e non dimostrata, ed anzi è smentita dal fatto che le stesse cooperative sociali qui appellanti hanno partecipato alla procedura di gara e formulato un’offerta.
Al rilievo della difesa dell’appellante secondo cui la partecipazione alla gara non equivale ad accettazione della normativa speciale per essa predisposta dall’amministrazione è agevole replicare che l’antieconomicità della base preclude ex ante la partecipazione, per ragioni di convenienza economica, le quali dovrebbero indurre il singolo operatore a soprassedere dal formulare un’offerta, e non già ad invocare a posteriori ed in modo strumentale tale impossibilità di ottenere dall’esecuzione del servizio una remunerazione ancorché minima, dopo avere concorso per la sua aggiudicazione.
Quanto alla mancata previsione del sistema della proporzionalità inversa per valutare i ribassi (richiesto per i servizi alla persona dalla circolare della Regione Emilia-Romagna n. 1851 del 1997), non si deduce se ed in quale misura ciò abbia inciso in modo determinante sull’esito della gara. Le stesse considerazioni devono essere svolte anche con riguardo agli altri criteri di valutazione di tipo qualitativo dell’offerta, nei quali ha peraltro prevalso proprio il raggruppamento temporaneo formato dalle odierne appellanti. Del pari, non si specifica sotto quale profilo questi ultimi criteri non sarebbero conformi alla circolare regionale.
10. Con il quarto motivo d’appello si ripropone il motivo aggiunto proposto davanti al Tribunale amministrativo, nel quale le cooperative sociali originarie ricorrenti avevano dedotto che il costo orario di € 18,72 offerto dal raggruppamento aggiudicatario non è economicamente sostenibile. La censura si fonda su una analisi del costo per che porta a quantificare questa voce di spesa in € 18,90, elevato a € 19,00 in ragione degli oneri interni per la sicurezza, e suscettibile di ulteriori aumenti in ragione di «altri elementi (…)obbligatori da capitolato».
11. Il motivo è infondato, se non addirittura inammissibile.
L’inammissibilità discende dalla sua formulazione ipotetica ed indeterminata. Si prospetta infatti in modo vago una insostenibilità di costi per effetto di oneri economici richiesti per l’esecuzione del servizio di cui non è certa né determinata l’incidenza.
Per il resto, l’asserito scostamento rispetto al ribasso offerto dal raggruppamento aggiudicatario si attesterebbe su valori minimi (19,00 euro contro i 18,72 offerti da quest’ultimo) e tali da non denotare ex ante una manifesta inattendibilità dell’offerta e della decisione dell’amministrazione di non sottoporla a verifica di congruità, apprezzabile in sede di giurisdizione di legittimità, ma solo una diversa ricostruzione di parte, opinabile al pari di quello della stazione appaltante, nell’ambito di un range minimo e inevitabile, tenuto anche conto che si tratta di valutazioni proiettate nella futura esecuzione del servizio.
12. Con il quinto motivo d’appello è riproposto il motivo aggiunto diretto a censurare il progetto tecnico del raggruppamento aggiudicatario. Secondo le cooperative sociali appellanti quest’ultimo non è adeguatamente calibrato al contesto di riferimento e dunque non è in grado di tradursi «in operatività immediata». Per questa ragione – si sostiene – l’aggiudicatario avrebbe dovuto essere escluso o, in subordine, avrebbe dovuto ricevere 0 punti per la propria offerta.
In subordine, le appellanti censurano in modo analitico i punteggi attribuiti a proprio favore e quelli invece riconosciuti al raggruppamento aggiudicatario, esponendo in apposita tabella, suddivisa per singolo elemento di valutazione, i punteggi che l’uno e l’altro concorrente avrebbe dovuto ottenere.
13. Nella sua prima parte la censura è inammissibile per genericità.
Non è infatti chiaro sotto quale profilo l’offerta tecnica del raggruppamento aggiudicatario non sarebbe adeguata al contesto di riferimento.
14. Per il resto la censura è manifestamente infondata, perché sollecita un sindacato di tipo sostitutivo rispetto alle valutazioni tecniche della commissione giudicatrice, unica preposta all’attribuzione dei punteggi in base ai parametri di valutazione predisposti dall’amministrazione, ovvero un sindacato di merito che esorbita dai limiti cognitivi di questo giudice. Di ciò si ha evidenza leggendo la tabella da pag. 25 a 30 dell’appello, nel quale le cooperative ricorrenti ripercorrono l’operato dell’organo di gara sottoponendolo a critica attraverso la riformulazione dei punteggi per l’offerta tecnica e delle sottostanti motivazioni, giungendo ad un esito conforme alle loro aspettative al quale le medesime cooperative pretendono venga dato il “suggello” del giudice amministrativo nell’ambito della sua giurisdizione di legittimità.
15. Infine, le cooperative sociali appellanti formulano specifiche censure nei confronti della sentenza di primo grado, per avere il Tribunale amministrativo:
– supposto che il Comune di Parma abbia valutato in modo adeguato la congruità dell’offerta dell’aggiudicatario, laddove invece questa verifica non ha avuto luogo;
– affermato inoltre che il costo del lavoro possa derogare ai minimi salariali della contrattazione collettiva;
– affermato inoltre che il codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 163 del 2006 si applica in via esclusiva nei confronti di contratti d’appalto di servizi alla persona, escludendo qualsiasi spazio di applicazione della normativa regionale di settore.
16. Al di là di ogni questione sulla tecnica di redazione dell’atto di impugnazione – in cui parte delle critiche alla pronuncia di primo grado sono scisse dalle censure di legittimità precedentemente riproposte – si rileva che eventuali errori in cui il Tribunale amministrativo possa essere incorso nell’esporre il proprio convincimento a sostegno della decisione di rigetto del ricorso non danno luogo ad una riforma della sentenza appellata, se questi errori non siano risultati determinanti nella decisione finale. Gli stessi sono infatti suscettibili di correzione da parte del giudice dell’impugnazione, nell’ambito di un giudizio di secondo grado a carattere devolutivo e non già cassatorio quale l’appello al Consiglio di Stato nei confronti delle sentenze dei Tribunali amministrativi regionali.
Tanto premesso – anche al fine di tacitare le critiche a livello locale alla pronuncia di primo grado su cui è posta l’enfasi da parte delle cooperative sociali appellanti – costituisce certamente affermazione errata quella secondo cui i minimi salariali della contrattazione collettiva nazionale possono essere derogati in peius, come del pari non sono condivisibili le altre ulteriori affermazioni qui contestate. Ma esse costituiscono altrettanti errori di motivazione che non hanno inciso sulla corretta decisione finale di rigetto dell’impugnazione e che in questa sede deve essere confermata, all’esito dell’esame dei motivi di censura riproposti in secondo grado.
17. L’appello deve quindi essere respinto.
Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna le appellanti AD cooperativa sociale, Cooperativa sociale Società Dolce, P. società cooperativa sociale a responsabilità limitata – Servizi integrati alla persona a rifondere alle parti appellate Comune di Parma e controinteressate le spese del presente grado di giudizio, liquidate in € 3.500,00, oltre agli accessori di legge, per ciascuna parte.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2017 con l’intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli, Presidente
Claudio Contessa, Consigliere
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere
Fabio Franconiero, Consigliere, Estensore
Raffaele Prosperi, Consigliere
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Fabio Franconiero | Carlo Saltelli | |
IL SEGRETARIO
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