Contenzioso tributario – Procedimento – Sentenza CTR – Motivazione inadeguata – Difetti sintomatici di una possibile decisione ingiusta – Ricorso per cassazione – Accoglimento – Sussistenza
La Cassazione nella sentenza n. 9537 del 19 aprile 2013 hanno illustrato in dettaglio la distinzione e quindi i limiti del ricorso per cassazione “tra attività di controllo dell’adeguatezza della motivazione del giudizio di fatto e quella di controllo (non ammissibile in cassazione) della bontà e giustizia della decisione – pur restando valido, in linea di principio, il criterio secondo cui la sentenza è valida allorché la motivazione lascia comprendere le ragioni della decisione – è necessario che dalla motivazione risulti il rispetto dei canoni metodologici che l’ordinamento prescrive per la soluzione delle questioni di fatto. Deve comunque rimanere fermo che la verifica compiuta al riguardo può concernere la legittimità della base del convincimento espresso dal giudice di merito e non questo convincimento in sé stesso, come tale incensurabile. È in questione, cioè, non la giustizia o meno della decisione, ma la presenza di difetti sintomatici di una possibile decisione ingiusta, che tali possono ritenersi solo se sussiste un’adeguata incidenza causale dell’errore oggetto di possibile rilievo in cassazione (esigenza a cui la legge allude con il riferimento al “punto decisivo”). Pertanto viene considerato censurabile nel giudizio di legittimità quella decisione che non abbia tenuto in considerazione elementi di fatto idoneamente e tempestivamente rilevati dalle parti.
A tale proposito la motivazione della sentenza appariva apodittica nonché ingiustificata alla luce di “tutti gli elementi a sostegno della tesi dell’Ufficio e sui quali i giudici di secondo grado non si sono minimamente pronunciati”. Dalle pag. 5 e 6 del pvc risultavano – appunto – una serie di elementi di fatto utili a consentire di ravvisare l’interposizione fittizia di terzi soggetti (e cioè i “congiunti” del (..), dei cui nominativi il medesimo si era avvalso), come il fatto che i congiunti in questione non risultassero titolari di adeguati redditi propri; che l’attività prodromica alle compravendite ad essi intestate e i vari movimenti finanziari risultassero riconducibili al (..); che per le vendite immobiliari inteste alla sorella del (..) fosse risultato che gli acquirenti non avevano mai conosciuto l’apparente proprietaria; che nei conti correnti bancari intestati alla suddetta sorella, per il periodo qui in esame, non risultassero movimenti corrispondenti alle vendite, movimenti che invece risultavano sui conti nella disponibilità del (..). Il motivo di impugnazione è inammissibilmente formulato.
Ed invero detto motivo (siccome sostanzialmente incentrato sul solo difetto di motivazione della sentenza impugnata) non può sottrarsi alla regola di autosufficienza del ricorso per cassazione, molteplici volte riaffermata da questa Corte. A questo proposito è sufficiente rimarcare che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, in base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 c.p.c., qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo della congruità del giudizio espresso in ordine alla motivazione di un avviso di accertamento (qui risultante per relationem al menzionato PVC) – il quale non è atto processuale, bensì amministrativo, la cui motivazione, comprensiva dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che lo giustificano, costituisce imprescindibilità requisito di legittimità dell’atto stesso – è necessario, a pena di inammissibilità, che il ricorso riporti (cosa che nella specie non è accaduta) testualmente i passi della motivazione di detto atto che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi dal giudice di merito, al fine dì consentire alla Corte di cassazione di esprimere il suo giudizio in proposito esclusivamente in base al ricorso medesimo (v. Cass. N. 15867 del 2004). In sostanza il giudizio di apoditticità che la parte ricorrente riferisce alla motivazione della sentenza impugnata, non può essere idoneamente verificato in termini di fondatezza, in difetto degli elementi fattuali specifici che la parte ricorrente assume di avere offerto al giudice del merito, la cui motivazione non può essere correlata (in punto di sufficienza) alla modalità di rappresentazione che le parti del processo hanno ritenuto di adottare in proposito degli elementi istruttori.
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