Con la conclusione del periodo transitorio e la diffusione del Vademecum del ministero del lavoro diventa più stringente chiarire ogni aspetto della tipologia del contratto intermittente. Possono formare oggetto del contratto che si esamina anche le prestazioni rese per periodi lunghi, purché non ci sia esatta coincidenza tra la durata della prestazione svolta e quella del contratto, ovvero sia rispettato il requisito della «intermittenza» della prestazione di lavoro. Non si può ricorrere, invece, al contratto di lavoro intermittente per eludere i periodi intercorrenti tra un contratto a termine e il successivo. Questi chiarimenti sono contenuti nel vademecum diffuso dal ministero del Lavoro il 22 aprile 2013, che è stato diffuso mentre si avvicina con il 18 luglio 2013 la fine del regime transitorio per i vecchi contratti a chiamata.
Il job on call, rivisitato dalla legge 92/2012, è un contratto subordinato con cui il lavoratore si mette a disposizione del datore per svolgere prestazioni di carattere discontinuo o intermittente, individuate dalla contrattazione collettiva nazionale o territoriale. Una forma di lavoro flessibile che spazia all’interno di un perimetro ampio: proprio l’elasticità di utilizzo fa sì che questo contratto si presti a un ricorso maggiore nel periodo estivo. L’interpello del Lavoro n. 13 del 27 marzo 2013 ha affermato la possibilità di ricorrervi anche per le figure degli assistenti bagnanti negli stabilimenti balneari.
Le regole ante riforma
Occorre prestare particolare attenzione al regime transitorio ormai quasi scaduto. Per i contratti a chiamata in corso alla data di entrata in vigore della rifroma Fornero legge 92/2012 (18 luglio 2012) non conformi alle nuove disposizioni, sia a tempo determinato, sia a tempo indeterminato, si dovranno esaurire entro il 18 luglio 2013, altrimenti cesseranno ex lege.
La disposizione della riforma sui contratti a chiamata sottoscritti prima del 18 luglio 2012 prevede semplicemente che questi rapporti cessino «di produrre effetti», ma secondo le indicazioni fornite dal ministero del Lavoro con la circolare 18/2012, in caso di violazione della vigenza transitoria, l’eventuale prosecuzione della prestazione sarà considerata “in nero”, poiché vietata: le conseguenze potrebbero essere pesanti, perché farebbero scattare l’apparato sanzionatorio previsto proprio per questa condotta. A livello operativo, quindi, sarà necessario “rifare” i contratti o variare l’inquadramento del lavoratore qualora questo non fosse possibile.
Le nuove regole
Le novità introdotte dal comma 21 art. 1 legge 92/2012 sui contratti a chiamata sono divisibili in due categorie. La prima relativa alle regole che consentono il ricorso a questa fattispecie contrattuale. La seconda categoria ha innovato particolari modalità dello svolgimento della prestazione lavorativa, con l’intento di arginare i possibili abusi.
Per cui con le nuove norme è possibile instaurare contratti intermittenti, senza limitazioni dell’attività di impiego, per due tipologie di soggetti. La prima riguarda i giovani sotto i 24 anni di età per i quali dall’entrata in vigore della riforma è di fatto possibile dar corso solo a rapporti di lavoro a termine, poiché la prestazione si deve esaurire entro il venticinquesimo anno di età.
L’altra tipologia di soggetti per i quali è possibile stipulare i contratti a chiamata sono i lavoratori di età superiore a cinquantacinque anni, anche pensionati.
Rimangono poi le ipotesi oggettive, per le prestazioni di carattere discontinuo o intermittente individuate dai Ccnl o per quelle elencate nella tabella approvata con il regio decreto 2657/1923 (tra le figure ammesse, figurano custodi, guardiani diurni e notturni, portinai, fattorini, uscieri e inservienti, personale addetto alla sorveglianza di determinati impianti, artisti, cineoperatori e così via).
Con la riforma prevista dalla legge 92/2012 viene abrogato la possibilità di usare i contratti a chiamata per periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno: nella disciplina precedente era possibile il ricorso a questi rapporti nei weekend, nelle ferie estive o nelle vacanze natalizie e pasquali. In base alle disposizioni attuali (articolo 34, comma 1 del Dlgs 276/2003), l’uso di questo istituto nei periodi «predeterminati» appare possibile – secondo la tesi sostenuta dal Lavoro nella circolare 20/ 2012 – solo laddove questi periodi siano stati individuati dai contratti collettivi nazionali. Per il turismo, la circolare 34/2010 del ministero del Lavoro aveva già descritto alcune attività per le quali si può ricorrere al job on call.
I contratti attivati senza le condizioni previste verranno considerati a tempo pieno e indeterminato.
Il diritto all’indennità di disponibilità
Il contratto può prevedere il diritto all’indennità di disponibilità a seconda che il lavoratore sia obbligato o meno a rispondere alla chiamata del datore (con preavviso di almeno un giorno lavorativo). Se c’è obbligo di risposta, il datore deve corrispondere l’indennità disciplinata dai Ccnl o fissata dal Dm del 10 marzo 2004 (non meno del 20% della retribuzione)
I divieti
Il lavoro a chiamata non si può usare per sostituire lavoratori in sciopero; presso unità produttive nelle quali siano stati effettuati licenziamenti collettivi o sospensioni/riduzione dell’attività con ricorso a integrazioni salariali (per lavoratori adibiti alle stesse mansioni); da aziende non in regola con la valutazione dei rischi in materia di sicurezza sul lavoro
La comunicazione preventiva
Va effettuata: usando il modulo informatico Uni-Intermittente, tramite email, all’indirizzo intermittenti@lavoro.gov.it; tramite il sito www.cliclavoro.gov.it; per chiamate urgenti, con sms indicando il codice fiscale del lavoratore e previa registrazione del datore al sito cliclavoro.
In caso di malfunzionamento
del sistema telematico, inoltrando un fax alla Dtl
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