Per i contratti a tempo determinati il decreto legge n. 76 del 28 giugno 2013 contiene poche modifiche. Le più rilevanti, contenute nel comma 1 dell’art. 7 del decreto legge lavoro, sono quattro che riguardano rispettivamente:
- la causale del contratto a termine e la sua prorogabilità,
- la possibilità di stipulare contratti collettivi anche aziendali che prevedano nuove ipotesi di esclusione della causale e relativo deposito dell’accordo presso la Direzione Territoria del Lavoro;
- la modifica dell’intervallo di tempo che deve intercorrere tra un contratto a tempo determinato e la stipula di altro contratto per evitare la trasformazione in contratto a tempo indeterminato.
- la possibilità di continuare con la prosecuzione di fatto del rapporto oltre il termine inizialmente fissato
La nozione di causale fa riferimento all’obbligo di indicare nel contratto quali sono le ragioni di carattere tecnico, organizzativo, produttivo o sostitutivo che rendono necessaria l’apposizione del termine.
Questo adempimento, vera e propria trappola per le imprese, in quanto non è mai stata chiara la forma che deve essere utilizzata per evitare sanzioni pesanti (la trasformazione a tempo indeterminato). Con la legge Fornero si è preso atto del problema ma ha dato una risposta timida, esonerando le imprese dall’obbligo di indicare la causale, ma solo per i primi contratti di lavoro, ed entro condizioni abbastanza rigide (durata massima del contratto di 12 mesi, divieto di proroghe). In alternativa, era previsto un complicato meccanismo di esenzione da parte dei contratti collettivi, che potevano intervenire solo in alcuni casi.
Il decreto legge sul lavoro modifica, anche se non in modo sostanziale, il regime ordinario introdotto dalla Fornero, eliminando il divieto di proroga, ed amplia lo spazio di intervento delle parti sociali. Infatti il comma 1 dell’art. 7 del D.L. 76/2013 riscrive integralmente innovando l’articolo 1, comma 1 bis del decreto legislativo 368/2001, stabilendo che la causale non deve essere indicata in due diverse ipotesi che di seguito si elencano:
- la prima ipotesi, quella già introdotta dalla legge 9/2012, sussiste per il primo rapporto a tempo determinato, di durata non superiore a dodici mesi, concluso fra un datore e un lavoratore. L’esenzione viene confermata anche per i contratti di lavoro stipulati per eseguire una missione nell’ambito di un contratto di somministrazione a tempo determinato.
- La seconda ipotesi, non contemplata dalla precedente disciplina normativa e che costituisce una novità rilevante, riguarda tutti i casi individuati dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Con questa norma, il legislatore consegna alla contrattazione collettiva – anche di secondo livello – un’ampia delega. Il sistema nel suo insieme resta molto complesso da gestire e applicare, ma comunque si aprono degli spazi di flessibilità regolata.
Altra modifica è la possibilità di prorogare il contratto acausale.
Infine non meno rilevante è stato il ripristino alle modalità ante riforma Fornero per quello che concerne l’intervallo di tempo che deve trascorrere tra la scadenza di un contratto a tempo determinato e la riassunzione del lavoratore con latro contratto a termine.
Pertanto la nuova formulazione dell’articolo 5 comma 3, sostituito dall’art. 7 comma 1 lettera c) del D.L. n. 76/2013, prevede che il termine da trascorrere tra contratti a termine sono rispettivamente superiore ai dieci giorni, se il contratto è stato fino a sei mesi, e superiore ai venti giorni se il contratto a tempo determinato ha avuto una durata superiore ai sei mesi.
Il nuovo decreto interviene anche sulla disciplina della proroga relativamente agli obblighi di comunicazione della prosecuzione di fatto del rapporto oltre il termine inizialmente fissato.
La legge Fornero ha stabilito che, fermo restando il pagamento della maggiorazione retributiva (pari al 20% per ogni giorno successivo alla scadenza fino al decimo o al 40% per ciascun giorno ulteriore) è possibile proseguire di fatto il rapporto oltre il termine inizialmente fissato o successivamente prorogato.
Detta prosecuzione è fissata nella durata di 50 o 30 giorni a seconda che si tratti di contratti di durata iniziale rispettivamente superiore o inferiore a sei mesi. Sul punto, il decreto legge, lasciando immutati i termini di prosecuzione, ha previsto la possibilità di usufruire di detti periodi di prolungamento del contratto anche in relazione al primo contratto a termine acausale.
In base alle disposizioni della legge Fornero, entro la scadenza del termine inizialmente fissato, il datore di lavoro ha l’onere di comunicare al centro per l’impiego nel cui ambito è ubicata la sede di lavoro la prosecuzione del rapporto oltre tale termine, nonché la durata della stessa. Tale obbligo di comunicazione è ora stato abrogato con indubbia semplificazione.
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