Con la riforma della legge 92/2012 (legge Fornero) sono state modificate le norme relative ai contratti a termine regolati dal D.Lgs. 368/2001. La modifica più contestata della riforma e relativa all’estensione dei tempi che devono intercorrere tra la stipula di un contratto ad un altro. Per porre rimedio a tale situazione incresciosa si è intervenuti con la legge n. 134/2012 con cui si è demandato alla contrattazione collettiva la possibilità di ridurre i termini previsti dalla legge n. 92/2012 in caso di interruzione tra un contratto a termine e un altro con lo stesso lavoratore. La questione è rilevante in termini pratici, sia per le aziende che per i lavoratori. Praticamente, si tratta di poter assumere e dare occupazione ad un lavoratore riducendo l’interruzione da un contratto ad un altro, portando i termini da 60 a 20 giorni nel caso che il primo contratto sia stato inferiore a 6 mesi e da 90 a 30 giorni negli altri casi. Il Ministero è intervenuto con una propria circolare
Analisi della circolare del Ministero del Lavoro n. 27/2012
La circolare cerca di chiarire alcuni dubbi su aspeti di rilievo. Il primo risolve il possibile contrasto tra le due norme di legge sopra ricordate in ordine al livello di contrattazione autorizzato a derogare alla norma generale, avendo il testo originario della legge n. 92 assegnato tale possibilità soltanto alla contrattazione interconfederale o nazionale. La circolare ricorda il carattere interpolativo della legge n. 134 nel passaggio che prevede che «i termini ridotti trovano applicazione per le attività di cui al comma 4-ter (attività stagionali di cui al D.P.R. n. 1525/1963) e in ogni altro caso previsto dai contratti collettivi stipulati ad ogni livello dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale».
Altro problema su cui interviene la circolare è relativo era l’interpretazione che gli Accordi collettivi avrebbero potuto ridurre gli intervalli tra un contratto e un altro solo ed esclusivamente nel caso di individuazione di altri casi di stagionalità oltre quelli indicati dall’art. 5, comma 4-ter del D.Lgs n. 368/2001 e non nella totalità dei casi di ricorso ai contratti a termine. Questo in relazione al fatto che la norma che fa riferimento «agli altri casi previsti dalla contrattazione collettiva » si sarebbe potuta leggere in stretto nesso con la norma sulla stagionalità che la precedeva. Viene chiarito che i termini ridotti si applicano invece in ogni ipotesi prevista dalla contrattazione. La circolare infine precisa ulteriormente il ruolo della contrattazione collettiva, individuando due distinte fattispecie. La prima sancisce che gli accordi di livello interconfederale o di categoria – ovvero, in via delegata, a livello decentrato – possono ridurre la durata degli intervalli per esigenze organizzative qualificate all’avvio di una nuova attività, al lancio di un prodotto o di un servizio innovativo, ecc. In tale ipotesi la contrattazione collettiva è «sollecitata» a regolamentare tali fattispecie. La seconda chiarisce che il riferimento «ad ogni altro caso previsto dai contratti collettivi» di qualsiasi livello, rende comunque valida ogni altra ipotesi di riduzione degli intervalli da parte della contrattazione nazionale, territoriale o aziendale, anche in ipotesi diverse e ulteriori rispetto a quelle legate ai processi organizzativi sopra considerati. Il problema, come vedremo più avanti, rimane quello della «lettura» del termine «ipotesi».
Analisi dei contratti collettivi che hanno applicato al norma introdotta dalla legge 134/2012
I principali contratti collettivi che in applicazione della legge n. 134/2012 hanno disciplinato l’argomento, che analizzeremo riportando la sola parte che interessa, sono i seguenti:
- Agidae: «qualora il lavoratore venga riassunto a termine, entro un periodo di 20 giorni per contratti di durata non superiore ai 6 mesi e 30 giorni per contratti superiori ai 6 mesi, il secondo contratto si considera a tempo indeterminato».
- Alimentari: «il menzionato Accordo del 17 marzo 2008 sulla stagionalità soddisfa i requisiti legali per l’applicazione dei termini obbligatori ridotti di interruzione tra più contratti a tempo determinato stipulati con il medesimo lavoratore; i medesimi termini ridotti di intervallo temporale sono altresì applicabili in tutte le tipologie di assunzioni a termine effettuate per le ragioni di cui all’art. 1 del D.Lgs. n. 368/2001».
- Federalberghi: «nell’ambito della propria autonomia contrattuale, l’intervallo … è fissato in venti giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a 6 mesi, ovvero trenta giorni se superiore a sei mesi, per tutte le fattispecie che, ai sensi e per gli effetti del CCNL Turismo 20 febbraio 2010 e successive modifiche ed integrazioni, rientrano nei casi di legittima apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato nonché in ogni altra eventuale ipotesi individuata dalla contrattazione di secondo livello, territoriale o aziendale».
- Federturismo: «nelle Aziende di stagione di cui all’art. 50 del CCNL 3 febbraio 2008 e nelle attività stagionali individuate nell’Accordo del 24 giugno 2008 e successive modifiche e integrazioni, gli intervalli di tempo sono fissati in 20 giorni per i contratti a tempo determinato di durata fino a 6 mesi e 30 per quelli superiori a 6 mesi. I medesimi intervalli di tempo troveranno applicazione anche alle ipotesi di cui alle lettere A), B), C) dell’art. 54 del CCNL dell’Industria Turistica 3 febbraio 2008 e successive modifiche e integrazioni. Ulteriori ipotesi potranno essere individuate dalla contrattazione di secondo livello».
- Studi Professionali: «gli studi/aziende rientranti nella sfera di applicazione del CCNL applicheranno la disciplina derogatoria prevista dalla legge n. 134/2012 in tutti i casi in cui si rendesse necessario il rinnovo dei contratti a termine. Dalla data di sottoscrizione del presente Accordo dunque gli studi /aziende rientranti nella sfera di applicazione del CCNL, nel caso di assunzione di un lavoratore che già sia stato alle dipendenze degli stessi studi/aziende in forza di uno o più contratti a tempo determinato, saranno tenuti unicamente al rispetto dei seguenti intervalli temporali: 30 giorni se il contratto scaduto è di durata superiore a 6 mesi; 20 giorni se il contratto a termine scaduto è di durata fino a 6 mesi;
- Metalmeccanici: «…. oltre alle attività stagionali definite dal D.P.R. 7 ottobre 1963, n. 1525 e successive modifiche e integrazioni le parti concordano che sono attività stagionali le attività caratterizzate dalla necessità ricorrente di intensificazione dell’attività lavorativa in determinati e limitati periodi dell’anno. L’individuazione della stagionalità così definita nonché la determinazione dei periodi di intensificazione dell’attività produttiva, che non possono in ogni caso superare complessivamente i 6 mesi nell’arco dell’anno solare, saranno concordate dalla Direzione aziendale con la Rappresentanza sindacale unitaria d’intesa con le strutture territoriali delle organizzazioni sindacali stipulanti. Ai sensi di quanto previsto dall’art. 5, comma 3, ultimo periodo, del D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368 come modificato dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, i termini ridotti di intervallo nella successione di contratti a termine con il medesimo lavoratore si applicano nei casi di assunzione in sostituzione di lavoratori assenti nonché nei casi di assunzione dei lavoratori posti in cassa integrazione guadagni, iscritti nelle liste di mobilità ovvero percettori dell’Aspi ed in ogni altro caso previsto dagli accordi aziendali stipulati dalla rappresentanza sindacale unitaria d’intesa con le strutture territoriali delle organizzazioni sindacali più rappresentative sul piano nazionale».
LE DUE DIVERSE IMPOSTAZIONI DEGLI ACCORDI
Dall’analisi degli accordi sopra sintetizzati emergono sostanzialmente due diverse impostazioni:
- alcuni contratti hanno stabilito che la deroga alla legge possa essere applicata in tutti i casi in cui si renda necessario rinnovare i contratti a termine;
- altri contratti hanno individuato invece specifiche ipotesi in cui si applica la deroga prevista dalla legge, rinviando la eventuale specifica definizione di altre ipotesi alla contrattazione di secondo livello. Una lettura prudenziale delle leggi e della circolare del Ministero del lavoro sopra analizzata sembrerebbe far preferire che tra le parti ci sia la precisa individuazione delle specifiche ipotesi, per paradosso anche tutte, piuttosto che formulazioni generiche dove si stabilisce che in tutti i casi di contratti a termine sia possibile derogare alla norma generale.
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