compravendita e vizi occultiLa Corte di Cassazione con la sentenza n. 28419 depositata il 19 dicembre 2013 intervenendo in tema di compravendita, vizi redibitori e mancanza di qualità (le cui relative azioni sono soggette ai termini di decadenza e di prescrizione ex articolo 1495 c.c.) si distinguono dall’ipotesi della consegna di aliud pro alio – che dà luogo ad un’ordinaria azione di risoluzione contrattuale svincolata dai termini e dalle condizioni di cui al citato articolo 1495 c.c. – , la quale ricorre quando la diversità tra la cosa venduta e quella consegnata incide sulla natura e, quindi, sull’individualità, consistenza e destinazione di quest’ultima sì da potersi ritenere che essa appartenga ad un genere del tutto diverso da quello posto a base della decisione dell’acquirente di effettuare l’acquisto, o che presenti difetti che le impediscono di assolvere alla sua funzione naturale o a quella concreta assunta come essenziali dalle parti (cd. inidoneità ad assolvere la funzione economico-sociale), facendola degradare in una sottospecie del tutto diversa da quella dedotta in contratto.

La vicenda ha riguardato una controversia tra un persona fisica ed una società che per ottenere la risoluzione si era rivolto al Tribunale, per inadempimento della convenuta, del contratto di compravendita di un toro stipulato nei primi giorni del mese di marzo 1989 e la condanna della convenuta al risarcimento del danno. In particolare lamentava di avere acquistato presso la sede di Eboli dell’azienda convenuta il toro, destinato a coprire le sessantatre bufale della sua azienda agricola, nessuna delle quali era stata ingravidata. Egli aveva, quindi, contestato l’inadempienza all’azienda venditrice senza ricevere risposta. Fece presente di aver subito un danno, dovuto, tra l’altro, alla mancata produzione di latte, al mancato incremento della mandria ed alla necessità di acquistare un altro toro.

Il Tribunale rigettò le eccezioni di prescrizione e decadenza sollevate dalla convenuta, in accoglimento della domanda attorea, al risarcimento del danno nella misura di euro 12541,12. La decisione fu impugnata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, succeduto al predetto Ente, disciolto.

La Corte di Appello, in accoglimento del gravame, rigettò la domanda del P., nel frattempo deceduto e continuata dai suoi eredi. In particolare i giudici di appello ritennero che l’alterazione patologica da cui era risultato affetto il toro rappresentasse un vizio dell’animale che andava denunziato, ai fini della decadenza e della prescrizione, nei termini di cui all’art. 1.495 cod. civ.