La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 26951 depositata il 2 dicembre 2013 intervenendo in materia di rinnovo dei contratti a tempo determinato ha statuito, riformando il precedente orientamento espresso nelle due precedenti sentenze 392/2012 e 10127/2012, il diritto al risarcimento del danno per illegittimità e abuso dei contratti a termine per i precari ai sensi dell’art.36 del dlgs 165/2001.
La vicenda ha riguardato una dipendente di una USL a cui il datore di lavoro pubblico aveva stipulando in successione quattro contratti a termine in violazione della legge 230/62, art. 2, comma 2, applicabile ratione temporis. Il Tribunale adito dal ricorrente rigettava la domanda del ricorrente. Il dipendente impugnava la pronuncia del giudice di prime cure inanzi alla Corte di Appello che in riforma della pronuncia di rigetto di primo grado, ha dichiarato l’illegittimità dei contratti a tempo determinato stipulati condannando il datore di lavoro, a titolo risarcitorio, al pagamento a favore della predetta dipendente di dieci mensilità di retribuzione, con gli accessori di legge.
La USL per la cassazione della sentenza di secondo grado proponeva ricorso, basato su quattro motivi di censura, alla Corte Suprema.
Gli Ermellini rigettano il ricorso. I giudici di legittimità hanno affermato, tra l’altro, l’esclusione in caso di violazione di dette norme la conversione in contratto a tempo indeterminato in base alla disciplina di cui all’art. 36 d. lgs. n. 165 del 2001 (analoga a quella di cui all’art. 36, comma 8, d. lgs. n. 80/98), ha affermato che tale disposizione introduce un proprio e specifico regime sanzionatorio con una accentuata responsabilizzazione del dirigente pubblico e il riconoscimento del diritto al risarcimento dei danni subiti dal lavoratore e, pertanto è speciale ed alternativa rispetto alla disciplina di cui all’art. 5 del d.lgs. n. 368 del 2001, ma pur sempre adeguata alla direttiva 1999/70/CE, in quanto idonea a prevenire e sanzionare l’utilizzo abusivo dei contratti a termine da parte della pubblica amministrazione (cfr. Cass. 13 gennaio 2012 n. 392; Cass. 15 giugno 2010 n. 14350).
La sentenza in commento sembra anticipare di qualche mese la sentenza della Corte di Giustizia europea sul medesimo tema. La Cassazione sembrerebbe accogliere indirettamente le osservazioni della Commissione europea nella Causa “Papalia” iscritta al numero C-50/13 pendente presso la Corte di Giustizia, giusto rinvio pregiudiziale del Tribunale di Aosta del 3/1/2013.
La sentenza della Corte di Cassazione in oggetto viene emessa a pochi giorni dalla conclusione della procedura di infrazione aperta dalla Commissione europea nei confronti dell’Italia per utilizzo abusivo del personale precario, inizialmente intrapresa solo per il personale non docente della scuola, poi nel 2012 estesa anche al personale docente e il 26 agosto 2013, in seguito a numerosissime denunce, estesa a tutto il pubblico impiego.
Dopo la clamorosa sentenza della Corte di legittimità ora toccherà ai giudici di merito conformarsi e applicare correttamente la clausola 5 della DIRETTIVA 1999/70/CE DEL CONSIGLIO del 28 giugno 1999 relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato.
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