AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 19 aprile 2021, n. 258

Convenzione contro le doppie imposizioni Italia-Svizzera. Applicazione della ritenuta convenzionale ai partecipanti a un fondo fiscalmente trasparente

Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente

Quesito

Alfa Fund (in breve, “istante”, “Fondazione” o “Alfa”) è una fondazione di diritto privato, con sede legale in Svizzera e ivi fiscalmente residente ai sensi della Convenzione contro le doppie imposizioni tra la Confederazione elvetica e l’Italia, firmata a Roma il 9 marzo 1976 e ratificata con legge 23 dicembre 1978, n. 943 (di seguito, “Convenzione” o “Trattato”).

Più precisamente, la Fondazione è dotata di personalità giuridica e risulta un soggetto passivo d’imposta, pur godendo di un’esenzione dalle imposte sui redditi in base alla normativa svizzera.

Nella sua attività istituzionale, l’istante offre coperture previdenziali ai dipendenti del …… e di talune società aderenti alla Fondazione, con la finalità di garantire agli iscritti una protezione pensionistica per i casi di invalidità, vecchiaia o morte.

Nello svolgimento della sua attività, Alfa investe parte delle sue disponibilità finanziarie in azioni di società residenti in Italia, agendo per il tramite di un Fond Commun de Placement, denominato Beta (nel prosieguo, anche “FCP” o “Beta”). Sotto il profilo regolamentare, un FCP è un fondo di investimento di diritto elvetico, privo di personalità giuridica, destinato a investitori qualificati. I rapporti tra i partecipanti a Beta, la società di gestione e la banca depositaria sono regolati dal contratto del fondo approvato dall’autorità di vigilanza svizzera.

Per quanto concerne il profilo tributario, l’FCP è fiscalmente trasparente, con la conseguenza che i redditi dallo stesso conseguiti sono imputati direttamente agli investitori proporzionalmente alla rispettiva quota di partecipazione, a prescindere dall’effettiva distribuzione.

L’istante riferisce che tale trattamento fiscale è descritto nella circolare 20 novembre 2017, n. 24, del Dipartimento delle Finanze svizzero, in cui si chiarisce che gli FCP “soggiacciono al principio di trasparenza in virtù del quale i redditi sono imputati direttamente agli investitori”, ed è confermato nella successiva circolare 23 febbraio 2018, n. 25, del medesimo Dipartimento.

Il dubbio interpretativo sollevato da Alfa attiene al regime tributario applicabile ai dividendi erogati dalle società italiane in cui la Fondazione investe per il tramite di Beta. Più precisamente, l’istante chiede se, nel caso di specie, sia applicabile la ritenuta del 15 per cento prevista dall’articolo 10 della Convenzione, in luogo della ritenuta del 26 per cento disposta dall’articolo 27, comma 3, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.

Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente

La Fondazione osserva come le previsioni del Trattato non possano essere applicate direttamente nei confronti di un FCP, trattandosi di un fondo fiscalmente trasparente che, in quanto tale, non si qualifica come persona residente ai fini convenzionali.

I benefici convenzionali, tuttavia, potrebbero essere riconosciuti direttamente nei confronti di Alfa, in ossequio ai principi elaborati dalla prassi dell’Amministrazione finanziaria.

A tal fine, la Fondazione rinvia ai chiarimenti resi nelle risoluzioni 27 gennaio2006, n. 17/E e 21 aprile 2008, n. 167/E relativamente alla “trasparenza economica” e alla “trasparenza fiscale”. In questi ultimi documenti, viene valorizzata la trasparenza economica, riconoscendo il trattamento convenzionale ai partecipanti al fondo, purché il relativo statuto ne preveda la distribuzione con cadenza almeno annuale.

A parere dell’istante, la condizione della distribuzione annuale, assunta per il riconoscimento della trasparenza economica, è alternativa rispetto a un regime di trasparenza fiscale che si sostanzi nella diretta e automatica imputazione degli utili ai partecipanti al fondo.

Tale conclusione risulta avvalorata dai lavori OCSE, formalizzati dapprima nel Report “The Application of the OECD Model Tax Convention to Partnerships” (inseguito “Partnership Report”) e successivamente recepiti nella versione 2014 del Commentario al Modello di Convenzione contro le doppie imposizioni.

In base ai principi espressi in sede OCSE, l’investitore può godere dei benefici convenzionali se il fondo d’investimento è considerato fiscalmente trasparente e il reddito dello stesso è attribuito ai partecipanti in base alla normativa interna dello Stato di residenza di questi ultimi, a prescindere dalla distribuzione.

In presenza di un regime di trasparenza come quello descritto, infatti, non occorre una sistematica distribuzione che garantisca l’assoggettamento a tassazione dei redditi materialmente percepiti, poiché tale assoggettamento è già realizzato dall’immediata imputazione ai partecipanti.

I medesimi principi sono stati mutuati dall’Amministrazione finanziaria nella risposta all’interpello 28 maggio 2020, n. 156 e nella circolare 30 marzo 2016, n. 6/E.

Peraltro, la condizione dell’imposizione in capo ai partecipanti al fondo deve essere intesa conformemente al significato convenzionale, ossia come attribuzione del reddito ai fini della assoggettabilità a tassazione, anche solo potenziale.

Nella fattispecie in esame, si riscontra il regime di trasparenza fiscale, valorizzato dai lavori OCSE e dalla menzionata prassi dell’Amministrazione, nella misura in cui i dividendi di fonte italiana sono fiscalmente imputati alla Fondazione, indipendentemente dalla materiale distribuzione.

Alfa, inoltre, risulta essere un soggetto passivo d’imposta in base alla legislazione elvetica sebbene goda di un regime di esenzione dalle imposte sui redditi, integrando la nozione di persona residente ai fini della Convenzione, come attestato dal certificato rilasciato dalla competente autorità svizzera.

Da quanto precede, l’istante sostiene di poter beneficiare del trattamento convenzionale e che, pertanto, ai dividendi erogati dalle società italiane possa essere applicata la ritenuta del 15 per cento prevista dall’articolo 10 del Trattato.

Parere dell’Agenzia delle entrate

In relazione al dubbio interpretativo formulato dalla Fondazione, preliminarmente si condivide la considerazione secondo cui l’assenza di soggettività passiva di Beta, in Svizzera, impedisce di considerare tale forma di investimento come “persona residente” in quest’ultimo Paese ai fini convenzionali.

Ciò non esclude, tuttavia, che, al ricorrere di determinate condizioni, Alfa, come partecipante di un FCP, possa beneficiare del trattamento previsto dalla Convenzione tra l’Italia e la Svizzera. Risultano, infatti, applicabili i chiarimenti resi nel Partnership Report (menzionato anche dall’istante), recepiti dal Commentario al Modello OCSE ed estesi anche a entità diverse dalle partnership.

In particolare, il Partnership Report precisa che una partnership fiscalmente trasparente non può essere trattata come persona residente, ma che, in tal caso, si riconosce ai soci della stessa la legittimazione a invocare la Convenzione stipulata dagli Stati di cui sono residenti, in relazione alla quota di reddito loro imputata, a condizione che tale reddito sia agli stessi attribuito ai fini dell’imposizione nel rispettivo Paese di residenza.

I medesimi principi sono stati applicati dall’Amministrazione finanziaria nei documenti di prassi citati anche dalla Fondazione, in cui è delineato il trattamento dei dividendi erogati da società residenti in Italia a fondi esteri che si qualificano come trasparenti.

Più precisamente, nelle risoluzioni n. 17/E del 2006 e n. 167/E del 2008, sono state indicate le condizioni in presenza delle quali la trasparenza economica può ritenersi equiparata alla nozione di trasparenza fiscale vigente nel nostro ordinamento.

I documenti di prassi trattano specificamente dell’applicazione della ritenuta convenzionale, prevista da ciascun Trattato in vigore con il Paese di residenza dell’investitore, su dividendi di fonte italiana che transitano attraverso un fondo interposto.

A tal fine, nelle menzionate risoluzioni, richiamate anche nella circolare n. 6/E del 2016, è stato chiarito che i partecipanti a un fondo che investe in Italia possono godere del trattamento convenzionale previsto dal Trattato concluso con il Paese in cui gli stessi risiedono, purché gli utili di gestione siano loro imputati ai fini dell’imposizione nel rispettivo Stato di residenza. Tale condizione si ritiene verificata sia nel caso in cui quest’ultimo Stato qualifichi il fondo come fiscalmente trasparente e assoggetti a imposizione gli utili in capo agli investitori, indipendentemente dall’effettiva percezione (c.d. “trasparenza fiscale”), sia nel caso in cui il fondo abbia natura di mero veicolo, attraverso cui i flussi di reddito transitano in favore dei sottoscrittori, a cui sono distribuiti con cadenza almeno annuale in base a vincoli statutari e in capo ai quali sono sottoposti a imposizione nello Stato di residenza (c.d. “trasparenza economica”).

Al riguardo, dall’istanza si evince che, in base alla legislazione fiscale svizzera, il reddito che deriva dagli investimenti effettuati tramite un FCP è imputato a ciascun partecipante in proporzione alla sua quota, prescindendo dalla distribuzione. Sulla base delle esposte condizioni, si ritiene integrata la nozione di trasparenza fiscale, nel senso chiarito dai precedenti di prassi.

Il trattamento convenzionale, tuttavia, può essere riconosciuto solo laddove la Fondazione integri tutti i presupposti di applicazione del Trattato, ossia possa essere considerata treaty entitled e beneficial owner. Il treaty entitlement dell’investitore presuppone, in particolare, il requisito dell’assoggettamento a imposizione, inteso conformemente al significato convenzionale, ossia come attribuzione del reddito ai fini della assoggettabilità a tassazione, anche solo potenziale.

Ne consegue che il riconoscimento del vantaggio convenzionale è sempre subordinato al riscontro (i) della qualifica di residente ai fini del Trattato, nel senso già chiarito di soggetto passivo d’imposta, nonché (ii) del fatto che il percettore sia anche beneficiario effettivo del reddito.

In merito, si osserva che l’istante ha prodotto un certificato di residenza fiscale ai fini convenzionali, emesso dalla competente autorità elvetica, che consente di ritenere integrato il predetto requisito sub (i). Per quanto attiene, invece, alla qualifica di beneficiario effettivo (requisito sub ii), si tratta di un riscontro che non può essere condotto in questa sede, involgendo profili fattuali che esulano dall’istituto dell’interpello.

Da quanto precede, si ritiene che, al ricorrere delle esposte condizioni, non compiutamente verificabili in sede di interpello, Alfa possa beneficiare del trattamento previsto dall’articolo 10, paragrafo 2, del Trattato.

In base a tale ultima norma, i “dividendi possono essere tassati anche nello Stato contraente di cui la società che paga i dividendi è residente ed in conformità alla legislazione di detto Stato ma, se la persona che percepisce i dividendi ne è l’effettivo beneficiario, l’imposta così applicata non può eccedere il 15 per cento dell’ammontare lordo dei dividendi”.

Si ricorda, infine, che per una costante interpretazione dell’Amministrazione finanziaria, (cfr. risoluzioni 24 settembre 2003 n. 183/E, 24 maggio 2000 n. 68/E, e 10 giugno 1999 n. 95/E-VII-14-60866), l’applicazione della ritenuta ridotta prevista dal Trattato costituisce una facoltà e non un obbligo per il sostituto d’imposta italiano.