AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 05 agosto 2020, n. 245
Articolo 10 del D.P.R. n. 601 del 1973. Cooperativa agricola mista
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La Cooperativa X – società agricola, dichiara di essere una cooperativa a mutualità prevalente ai sensi degli articoli 2512 e seguenti del codice civile e di essere iscritta presso l’Albo delle Società Cooperative, tenuto dal Ministero dello Sviluppo Economico, nella categoria delle “cooperative di conferimento di prodotti agricoli e allevamento”.
L’istante precisa, inoltre, di configurarsi quale cooperativa “mista” poiché è:
i. “cooperativa agricola di consumo” con riferimento all’attività di fornitura, prevalentemente ai soci, di beni e servizi diretti alla cura e allo sviluppo del ciclo biologico. La Cooperativa acquista merci e materiali da terzi per rivenderli quasi esclusivamente ai soci a un prezzo inferiore rispetto a quello che i singoli soci dovrebbero sostenere se li acquistassero direttamente sul mercato;
ii. “cooperativa agricola di allevamento” con riferimento all’attività di allevamento di bovini da carne, acquistati prevalentemente presso terzi, ma alimentati con mangimi ottenuti per almeno un quarto dai terreni dei soci e della cooperativa stessa;
iii. “cooperativa agricola da conferimento” con riferimento alle attività di manipolazione, conservazione, valorizzazione, trasformazione e alienazione di prodotti ortofrutticoli e animali conferiti prevalentemente dai soci.
In altri termini la Cooperativa fa presente di svolgere a favore dei soci, accanto alle attività agricole, anche un’attività accessoria fornendo ad essi prevalentemente beni e servizi diretti alla cura e allo sviluppo del ciclo biologico, in assenza delle quali non potrebbero realizzare la loro attività.
In questo contesto, la fornitura di beni e servizi funzionali allo sviluppo del ciclo biologico dei soci rappresenta, ad avviso dell’istante, una fase preliminare e indispensabile per la realizzazione delle stesse attività agevolabili, in quanto, in assenza di questi servizi strumentali i soci non sarebbero in grado di ottenere dalle loro attività agricole le materie prime necessarie per la produzione dei mangimi da destinare all’allevamento degli animali da parte della Cooperativa e i prodotti agricoli e zootecnici e gli animali che, conferiti alla Cooperativa, sono oggetto di manipolazione, conservazione, valorizzazione, trasformazione e alienazione a opera della stessa.
Come precisato nella documentazione integrativa, l’istante si propone di affiancare i soci durante tutto il processo produttivo, sia a monte con la fornitura di beni e servizi, sia a valle con la manipolazione, trasformazione e vendita dei prodotti conferiti dai soci.
Al riguardo l’interpellante precisa che circa il 70 per cento del volume d’affari del settore ortofrutticolo è rivolto ad aziende della grande distribuzione che richiedono ai propri fornitori prodotti con determinate caratteristiche qualitative e l’utilizzo di contenitori specifici per il trasporto e la successiva rivendita e che vi è pertanto l’esigenza che i prodotti rispettino gli standard qualitativi e commerciali che impone alla cooperativa di intervenire nelle procedure di produzione poste in essere dai soci.
Con la conseguenza che questi ultimi sono indotti a rivolgersi alla cooperativa stessa anche per l’approvvigionamento dei beni e servizi diretti alla cura e allo sviluppo del ciclo biologico.
Inoltre l’istante fa presente che contabilmente i ricavi e i costi relativi alle vendite verso i soci e acquisti dai soci sono tracciate per singolo socio ed inoltre che svolge in minima parte anche un’attività di vendita verso terzi.
Sempre nella documentazione integrativa l’istante precisa che i soci sono obbligati a vendere tutta la loro produzione tramite la Cooperativa.
Tanto premesso l’istante fa presente che in relazione alle attività agricole svolte a valle può fruire dell’esenzione dalle imposte sui redditi prevista dall’articolo 10, comma 1, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601.
Pertanto, pone il problema di quale sia il trattamento da riservare alle attività che svolge “a monte” come cooperativa di consumo.
In particolare, l’istante chiede se i redditi conseguiti dall’attività di “fornitura prevalentemente ai soci di beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico”, effettuate nei confronti dei soci, siano esenti ai sensi dell’articolo 10, comma 1, del D.P.R. n. 601 del 1973 nel presupposto che costituisce un’attività accessoria determinate per lo svolgimento dell’attività agricola.
A tal ultimo riguardo l’istante osserva che, laddove sia applicabile tale agevolazione anche alla predetta attività di fornitura di beni e servizi ai soci, l’applicazione del regime di esenzione comporta la necessità di sterilizzare le variazioni in aumento da apportare al risultato civilistico in applicazione della disciplina fiscale, mediante una variazione in diminuzione.
In relazione a quanto precede chiede di sapere quale sia la modalità di individuazione della quota parte di variazioni in aumento, riferibili ai redditi esenti, da sterilizzare agli effetti della determinazione della base imponibile IRES e IRAP.
La società cooperativa fa presente, infine, che poiché nell’incertezza dell’applicazione del citato articolo 10 del DPR n. 601 del 1973 non ha mai fruito dell’agevolazione in essa prevista, chiede di poter applicare retroattivamente le risposte fornite in sede di interpello ai sensi dell’articolo 2, comma 8, del d.P.R. n. 322 del 1988, al fine di recuperare l’esenzione non fruita. R
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
La Cooperativa ritiene che rientrino nell’esenzione di cui all’articolo 10 del D.P.R. n. 601 del 1973 anche i redditi conseguiti dall’attività di “fornitura prevalentemente ai soci di beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico” effettuate solo nei confronti dei soci, restando esclusi i redditi derivanti dalle vendite effettuate nei confronti dei terzi che rappresentano una mera attività commerciale.
Nel merito l’istante osserva che per assoggettare a tassazione correttamente i redditi derivanti dall’attività agricola esente da IRES e l’attività di fornitura di beni e servizi non agevolabile, il criterio da applicare per effettuare le variazioni in dichiarazione, possa essere quello individuato dall’Agenzia in un contesto analogo. In particolare ha richiamato il criterio stabilito per determinare la quota del valore della produzione da tassare agli effetti dell’IRAP, in caso di esercizio sia di attività agricole (soggette in passato ad un’aliquota agevolata e, a partire dal periodo d’imposta 2016, ad una totale esclusione), sia di attività commerciali (per le quali non è previsto un obbligo di tenuta di contabilità separata, ai sensi dell’articolo 36 del D.P.R. 633 del 1972), basato sul rapporto tra l’ammontare dei ricavi e proventi riferibili all’attività agricola e l’ammontare complessivo dei ricavi e proventi rilevanti ai fini IRAP (cfr. circolare n. 141 del 1998; risoluzione n. 93 del 2017).
Ad avviso dell’istante tale criterio potrebbe essere adottato anche nel caso in esame per individuare ai fini IRES la quota di reddito non agevolabile poiché non ricompreso nelle fattispecie delineate dall’articolo 10 del D.P.R. 601 del 1973.
Più precisamente, a fronte di variazioni in aumento riferibili indistintamente sia alle attività “agevolabili” che alle attività “non agevolabili”, l’istante propone di determinare la corrispondente variazione in diminuzione sulla base del rapporto percentuale risultante tra i ricavi riferiti all’attività “agevolabile” e l’ammontare complessivo dei ricavi rilevanti ai fini delle imposte sui redditi.
Il criterio individuato per le variazioni in aumento dovrebbe essere esteso per simmetria anche alle variazioni in diminuzione, in quanto anche queste ultime dovrebbero essere rapportate alla quota di reddito oggetto di tassazione.
L’interpellante precisa, ancora, che “resta inteso che, in ogni caso, la cooperativa istante dovrà assoggettare a tassazione il 23% degli utili netti annuali, ai sensi del combinato disposto:
– dell’articolo 1, comma 460, lettera a) della legge n. 311 del 2004, con riferimento alla quota di utili netti derivanti da attività agricole “non agevolabili”, in applicazione dell’articolo 10 del D.P.R. 601/1973, ma per i quali può comunque trovare applicazione l’esclusione prevista dall’articolo 12 della L. n. 904/1977, nei limiti di cui al predetto articolo 1,comma 460, lettera a) della L. n. 311/2004;
– dell’articolo 1, comma 461, della legge n. 311 del 2004, con riferimento alla quota di utili netti derivanti da attività agricole “agevolabili” in applicazione dell’articolo 10 del D.P.R. 601 del 1973;
– dell’articolo 6, comma 1, del D.L. n. 63 del 2002, con riferimento alla quota del 10% degli utili netti annuali destinati alla riserva minima obbligatoria”.
Il criterio individuato ai fini IRES ad avviso dell’istante dovrebbe trovare applicazione, inoltre, anche con riferimento all’individuazione del valore della produzione ai fini IRAP.
Con riferimento invece all’ulteriore quesito circa la possibilità di poter applicare retroattivamente le risposte eventualmente favorevoli fornite in sede di interpello, mediante presentazione delle dichiarazioni integrative di cui al comma 8 dell’articolo 2 del D.P.R. n. 322 del 1988, ritiene che ciò sia possibile in quanto l’esenzione non fruita è da imputare alla mancanza di istruzioni operative circa l’applicazione dell’agevolazione di cui all’articolo 10 del D.P.R. n. 601 del 1973 in presenza di un reddito solo parzialmente esente.
In quest’ultimo caso, l’istante osserva che tale modo di procedere sia corretto sulla base dei chiarimenti resi con la circolare 16 maggio 2005, n. 23, dove è stato precisato, tra l’altro, che il requisito della preventività risulta soddisfatto anche quando i comportamenti già posti in essere dal contribuente sono destinati a riproporsi in futuro.
Parere dell’agenzia delle entrate
In via preliminare, si rappresenta che esula dal presente parere ogni valutazione in merito alla sussistenza dei requisiti per confermare che l’istante sia una cooperativa a mutualità prevalente su cui resta fermo ogni potere di controllo dell’amministrazione finanziaria.
Nel caso in esame l’istante, che dichiara di essere una cooperativa mista in quanto è una: i) cooperativa agricola di consumo; ii) cooperativa agricola di allevamento; iii) cooperativa agricola da conferimento, chiede se come cooperativa di consumo, relativamente alle vendite effettuate nei confronti dei soci, possa beneficiare dell’agevolazione fiscale di cui all’articolo 10 del d.P.R. n. 601 del 1973, nel presupposto che le attività di cui alle lettere ii) e iii) rientrano nel medesimo articolo 10.
Al riguardo si osserva quanto segue.
Il legislatore fiscale per le cooperative a mutualità prevalente ha previsto che il reddito imponibile sia determinato secondo le regole vigenti per le società di capitali e per gli enti commerciali, applicando alcune agevolazioni di carattere generale, disposte a favore di tutte le società cooperative a mutualità prevalente, e altre cosiddette “settoriali” legate all’attività da esse svolte. La norma di carattere generale contenuta nel vigente articolo 6, comma 1, del decreto legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, stabilisce che l’articolo 12 della legge 16 dicembre 1977, n. 904, secondo il quale non concorrono a formare il reddito imponibile delle società cooperative e dei loro consorzi le somme destinate alle riserve indivisibili, a condizione che sia esclusa la possibilità di distribuirle tra i soci sotto qualsiasi forma, sia durante la vita dell’ente che all’atto del suo scioglimento, non si applica alla quota del 10 per cento degli utili netti annuali destinati alla riserva minima obbligatoria.
Le agevolazioni di carattere speciale sono contenute nei commi da 460 a 464 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005) e successive modifiche. In particolare il comma 460 prevede che >.
Detta esenzione, tuttavia, è stata esclusa dal comma 461, del citato articolo 1, della legge n. 311 del 2004, per la quota del 20 per cento degli utili netti annuali destinati a riserve indivisibili. Pertanto, solo le cooperative in esame possono fruire dell’esenzione prevista dell’articolo 10 del D.P.R. n. 601 del 1973, in relazione all’80 per cento dell’utile imponibile.
Ne consegue che nel caso in cui la società cooperativa oltre alle attività richiamate nel citato articolo 10, svolga anche altre attività, indipendentemente dall’obbligo della tenuta della contabilità separata, sul piano fiscale deve poter distinguere i dati relativi alle due attività, quella esente ai fini della tassazione e quella non esente, per operare le corrette variazioni in dichiarazione.
In relazione a quanto precede si ritiene, quindi, che nel caso in esame, la società cooperativa istante debba pervenire alla tassazione degli utili netti relativi alle due attività sulla base dei dati relativi a ciascuna di esse riportando nel quadro RF il valore aggregato risultante dalla sommatoria delle variazioni in aumento e in diminuzione calcolati tendendo in considerazione le disposizioni fiscali che regolano le due attività.
In relazione ai costi promiscui le variazioni da apportare in dichiarazione sono determinate ai sensi dell’articolo 109, comma 5 del TUIR.
Analogamente ai fini IRAP, poiché la cooperativa svolge due attività diverse, una esclusa dall’imposta in parola (come cooperativa agricola) e l’altra rilevante (come cooperativa di consumo), si ritiene che la base imponibile sia determinata con riferimento ai dati dell’attività relativa alla cooperativa di consumo.
Nella fattispecie in esame il criterio indicato nella risoluzione 18 luglio 2017 n. 93 non è applicabile, in quanto, l’istante non svolge un’unica attività che in parte risulta imponibile e in parte esclusa da tassazione, la stessa svolge due attività, l’una agricola e l’altra commerciale, da cui derivano redditi da assoggettare a tassazione secondo disposizioni normative differenti. Per quanto riguarda le annualità precedenti per le quali l’istante non ha beneficiato dell’agevolazione di cui all’articolo 10 del DPR n. 601 del 1973, in relazione all’attività agricola, si ritiene che sia ai fini IRES che IRAP, laddove la cooperativa abbia la possibilità di ricostruire sulla base dei dati relativi alle due attività i dati per il calcolo degli utili netti da assoggettare a tassazione e della base imponibile IRAP relativa all’attività svolta come cooperativa di consumo, la stessa possa presentare istanza integrativa ai sensi dell’articolo 2, comma 8 del DPR n. 322 del 1998.
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