CORTE di CASSAZIONE n. 27496 del 30 dicembre 2014
SENTENZA
sul ricorso 9967-2010 proposto da: C. V., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE PARIOLI 47, presso lo studio dell’avvocato PIO CORTI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato LIVIO ROSSI giusta delega a margine;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI GALLARATE, AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI VARESE;
– intimati –
avverso la sentenza n. 56/2009 della COMM.TRIB.REG. di MILANO, depositata il 05/03/2009; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/10/2014 dal Consigliere Dott. MARINA MELONI; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
L’Agenzia delle Entrate notificava in data 15/3/2006 atto di diniego di condono ex art.9 bis legge 289/2002 al contribuente C. V., in quanto il versamento dell’ultima rata dell’importo complessivamente dovuto era stato effettuato tardivamente oltre i termini di legge. Il contribuente presentava ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Varese la quale lo accoglieva con sentenza successivamente riformata dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia.
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale della Lombardia ha proposto ricorso per cassazione C. V. con cinque motivi, l’Agenzia delle Entrate non ha spiegato difese.
Il ricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso il ricorrente C. V. denuncia violazione del diritto di difesa, dell’art.24 della Costituzione, art.31 D.L.gs 546/92 in relazione all’art. 360 comma 1 nr.4 cpc perché la CTR ha emesso la sentenza senza aver notificato a C. V. nessun avviso di convocazione per l’udienza del 19/12/2008 né personalmente né tramite i suoi procuratori.
Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente C. V. denuncia violazione del principio del contraddittorio e dell’art.31 e 32 D.L.gs 546/92 in relazione all’art. 360 comma 1 nr. 4 cpc perché la CTR ha emesso la sentenza sebbene l’appellato non avesse avuto la possibilità di discutere in pubblica udienza e di svolgere le proprie difese in contraddittorio con l’Ufficio Finanziario.
Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente C. V. denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 9 bis legge 289/2002 in relazione all’art.1965 cc in relazione all’art. 360 comma 1 nr.3 cpc perché la CTR ha emesso la sentenza ritenendo inefficace la sanatoria a causa del mancato pagamento tempestivo delle rate con decadenza dalle agevolazioni mentre, al contrario, il mancato o ritardato pagamento integrale delle somme dovute a saldo non determina l’inefficacia del condono, potendo invece l’Ufficio iscrivere a ruolo le somme eventualmente dovute.
Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente C. V. denuncia violazione e falsa applicazione dell’art.12 delle disposizioni sulla legge in generale in relazione all’art. 360 comma 1 nr.3 cpc perché la CTR, nel ritenere che il ritardato versamento di quanto dovuto in base al condono ex art.9 bis legge 289/2002 comporta la decadenza dal beneficio del condono, ha interpretato la norma in contrasto con l’art.12 delle preleggi che pone il principio dell’interpretazione letterale delle leggi.
Con il quinto motivo di ricorso il ricorrente C. V. denuncia omessa ed insufficiente motivazione su punti controversi e decisivi in relazione all’art. 360 comma 1 nr.3 e 5 cpc ed art.10 comma l e 3 legge 212/2000 perché la CTR non ha motivato in alcun modo in ordine alla tesi dell’errore scusabile ribadita dall’appellato nella comparsa costitutiva, in considerazione dell’incertezza in ordine ai termini di scadenza di volta in volta prorogati dal legislatore.
In ordine al primo e secondo motivo di ricorso, la mancata notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza da parte della cancelleria ha reso impossibile al ricorrente esercitare il diritto di difesa. Infatti nel contenzioso tributario, la comunicazione della data di udienza, ai sensi dell’art. 31 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, adempie ad una essenziale funzione di garanzia del diritto di difesa e del principio del contraddittorio; ne consegue che la omessa comunicazione alle parti, almeno trenta giorni prima, dell’avviso di fissazione dell’udienza di discussione determina la nullità della decisione della commissione tributaria.
La giurisprudenza di questa Corte è consolidata nell’affermare che la trattazione del ricorso in pubblica udienza, senza preventivo avviso alla parte in presenza di una istanza in tal senso, costituisce una nullità processuale che travolge, per violazione del diritto di difesa, la sentenza successiva (Cass. n. 10678 del 2009; Cass. n. 20852 del 2005,Sez. 5, Sentenza n. 3559 del 16/02/2010).
La predetta nullità, una volta dedotta e rilevata in sede di impugnazione, non determina necessariamente la retrocessione del processo al grado precedente. In tal senso depone, da un lato, il carattere dell’appello, che anche nel processo tributario costituisce un gravame generale a carattere sostitutivo, che impone al giudice dell’impugnazione di pronunciarsi e decidere sul merito della controversia e, dall’altro, la regola ormai consolidata che i casi previsti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 59 di nullità verificatesi in primo grado che comportano la rimessione del processo al primo giudice sono tassativi (Cass. n. 17127 del 2007) e che tra essi non rientra l’ipotesi in esame. Sul punto si è anche precisato, sia pure con riferimento alla norma omologa dell’art. 354 cod. proc. civ. dettata per il processo civile, che tale interpretazione non è in contrasto ne’ con il principio del doppio grado di giurisdizione, che, com’è noto, non è coperto da garanzia costituzionale, ne’ con il diritto di difesa, che appare ampiamente salvaguardato dalla previsione del potere dovere del giudice di appello di decidere la causa nel merito (Cass. n. 8993 del 2003).
La stessa regola vale anche per il giudizio di legittimità ove non siano necessari accertamenti di fatto nel merito e debba essere decisa, come nella fattispecie, una questione di mero diritto. Infatti (Sez. 3, Sentenza n. 21985 del 24/10/2011) “Il principio costituzionale della ragionevole durata del processo impedisce al giudice di adottare decisioni che, senza utilità per il diritto di difesa o per il rispetto del contraddittorio, comportino l’inutile allungamento dei tempi del giudizio.
Ne consegue che la nullità accertata in sede di legittimità, non può comportare di per sé la rimessione della causa al giudice di appello, tutte le volte che questi abbia comunque esaminato e deciso i motivi di gravame proposti dalla parte o comunque tali motivi siano infondati in diritto”.
A tale proposito, rileva questa Corte, correttamente la CTR ha ritenuto che il ritardato versamento di quanto dovuto in base al condono ex art.9 bis legge 289/2002 comporta la decadenza dal beneficio del condono e pertanto appaiono infondati i motivi posti alla base del ricorso introduttivo che deve pertanto essere rigettato ex art. 384 cpc non richiedendo la fattispecie ulteriori accertamenti in punto di fatto.
Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, (Sez. 5, Sentenza n. 19546 del 23/09/2011): In tema di condono fiscale, in assenza di disposizioni quali quelle di cui agli artt. 8, 9, 15 e 16 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 – che considerano efficaci le ipotesi di condono ivi regolate anche senza adempimento integrale, insuscettibili di applicazione analogica, perché connesse a norme di tipo eccezionale nell’ipotesi prevista dall’art. 9 bis della legge citata la non applicazione delle sanzioni si verifica solo se si provvede al pagamento (in un’unica soluzione o in modo rateale) delle imposte, nei termini e nei modi di cui alla medesima disposizione, con la conseguenza che, nel caso di omesso o non integrale pagamento, l’istanza di definizione diviene inefficace e si verifica la perdita della possibilità di avvalersi della definizione anticipata.
La particolarità della fattispecie impone la compensazione delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso introduttivo. Compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della V sezione civile il 21/10/2014
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