CORTE CASSAZIONE n 27508 del 30 dicembre 2014
SENTENZA
sul ricorso 2607-2010 proposto da:
M. G. & M. L. SNC in persona dell’Amministratrice Sig.ra E. M., elettivamente domiciliati in ROMA VIALE GIULIO CESARE 61, presso lo studio dell’avvocato LUCIANO DRISALDI, rappresentati e difesi dall’avvocato BENEDETTO GUGLIELMO giusta delega a margine;
– ricorrenti –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI SORA in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 196/2009 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di LATINA, depositata il 12/03/2009; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/10/2014 dal Consigliere Dott. FRANCESCO TERRUSI;
udito per il controricorrente l’Avvocato GIORDANO che ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo La Meta Auto di Meta E. & C. s.a.s. ha proposto ricorso per cassazione, in due motivi, avverso la sentenza con la quale la commissione tributaria regionale del Lazio, sez. di Latina, riformando la decisione di primo grado, aveva respinto il di lei ricorso contro un diniego di condono di lite pendente, ex art. 16 della 1. n. 289-02. La sentenza ha rilevato che la lite non poteva considerarsi pendente alla data del 10 gennaio 2003, in quanto era infruttuosamente scaduto il termine di trenta giorni per la costituzione in giudizio previsto dall’art. 22 del d.lgs. n. 546-92.
L’amministrazione ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione
I. – Nei due motivi di ricorso la società denunzia la violazione dell’art. 16 della 1. n. 289 del 2002 e la violazione dell’art. 2, 49 0 co., della 1. n. 350 del 2003 nella parte in cui afferma che si intende per lite pendente, ai fini del condono, quella per la quale alla data del 30 ottobre 2003 non sia intervenuta sentenza passata in giudicato. La sostanza della critica è questa. Pur vero essendo che la lite instaurata col ricorso notificato il 16 gennaio 2002 non era stata iscritta a ruolo, giacché la costituzione in giudizio era avvenuta il 15 aprile 2003, tuttavia alla data del 30 ottobre 2003 (di cui alla modifica dell’art. 16 conseguente all’art. 2, 49 ° co., della 1. n. 350 del 2003) non era ancora intervenuta la sentenza dichiarativa dell’inammissibilità del ricorso; sentenza che sola avrebbe potuto ritenersi ostativa a configurare la pendenza di lite.
II- I motivi devolvono alla corte la questione relativa alle modalità di introduzione del giudizio tributario in vista dell’apprezzamento della pendenza della lite fiscale. La questione è posta in specifica correlazione col problema della fruibilità del condono di cui alla 1. n. 289 del 2002, art. 16. Tuttavia essa risulta caratterizzata da più ampio profilo, perché suppone la necessità di definire le condizioni per la litispendenza a ogni effetto di legge.
III. – Il tema non ha precedenti nella giurisprudenza della corte, almeno con riguardo al giudizio di primo grado. E’ stato solo in parte considerato dalla corte in rapporto al giudizio d’appello ma a fini del tutto limitati, praticamente per stabilire il principio secondo il quale, ove l’appellante non abbia depositato entro trenta giorni dalla proposizione, nella segreteria della commissione tributaria adita, l’originale del ricorso notificato o copia dello stesso, unitamente a copia della ricevuta (se la notifica è avvenuta a mezzo posta), il ricorso deve esser dichiarato inammissibile ai sensi del combinato disposto degli art. 53, 2 °co., e 22, l °e 2 co., del d.lgs. n. 546 del 1992, e tale prevista sanzione è 2 rilevata d’ufficio in ogni stato e grado del processo (v. Cass. n. 1025-08; n. 8388-08). Sempre in relazione all’appello, la corte ha anche ritenuto che il deposito presso la commissione adita dell’atto notificato alle altri parti perfeziona il rapporto nei confronti del giudice, il quale, in mancanza di tale adempimento deve dichiarare inammissibile, e non già inesistente, l’appello medesimo (v. Cass. n. 12154-04). Tuttavia anche in tal caso in particolare ciò è stato affermato per stabilire semplicemente che la notifica dell’appello produce di per sé una serie di effetti impeditivi dell’ipotesi di nullità, come quello di far decorrere i termini per la proposizione dell’appello incidentale. Sicché, in ultima analisi, il tema centrale (più rilevante) delle modalità introduttive del processo non è stato concretamente affrontato, se non per ribadire l’ovvio principio che, ove si discuta del gravame, l’appellato, se intende impugnare la stessa sentenza fatta oggetto di appello principale, deve farlo con le modalità ed entro i termini di cui all’art. 54, 2 °co., d.lgs. 546 del 1992 a pena di inammissibilità; e, ciò facendo, ha diritto a veder esaminato il suo appello incidentale; mentre un eventuale secondo appello principale, proposto dopo quello dichiarato inammissibile, va dichiarato a sua volta inammissibile, e neppure può essere dichiarato incidentale rispetto al primo appello principale poiché comunque tardivo rispetto al disposto degli art. 53, 2° co., e 23, l °co., d.lgs. 546-92 (così appunto Cass. n. 12154-04).
IV. – Il profilo delle condizioni necessarie ai fini della instaurazione del giudizio tributario è stato oggetto di interesse dottrinale. Neppure la dottrina, però, ha manifestato vedute uniformi. Benché nella comune premessa che la fase introduttiva del processo tributario, ai sensi degli artt. 20 e 22 del d.lgs. n. 546-92, si articola in due momenti, il primo volto alla instaurazione del contraddittorio, incentrato sulla notificazione del ricorso alla controparte, e il secondo volto a investire il giudice della controversia, incentrato sulla conseguente costituzione del ricorrente in giudizio, una parte della dottrina è sembrata ritenere che la litispendenza sarebbe determinata infine dalla costituzione in giudizio, e non dalla mera notifica del ricorso. A tale orientamento si è allineata l’impugnata sentenza nel caso di specie. Il punto qualificante dell’orientamento è che, in base all’art. 22, 2 °co., del d.lgs. n. 546-92, a differenza di quanto accade nel processo civile ordinario, l’inammissibilità derivante dalla mancata costituzione del ricorrente “è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado (..) anche se la parte resistente si costituisce a norma dell’articolo seguente”. Se ne desume che in difetto di costituzione del ricorrente la causa non può essere iscritta a ruolo (art. 25, l ° co.), né può esservi la formazione e la trasmissione del fascicolo processuale da parte della segreteria della commissione tributaria al presidente (art. 25, 3 °co.). In questa prospettiva, palese sarebbe la differenza col processo civile di cognizione, nel quale la causa – come noto – è suscettibile di iscrizione a ruolo, ai sensi dell’art. 168 c.p.c., anche su richiesta del convenuto. Di conseguenza, mancando la tempestiva costituzione del ricorrente, vano sarebbe discorrere di effettiva pendenza della lite tributaria. Invero i due momenti, di cui consta la fase introduttiva del processo tributario, sarebbero coessenziali allo scopo, e la notificazione del ricorso, finalizzata a instaurare il contraddittorio, in sé non avrebbe l’effetto di determinare la litispendenza giacché solo con la tempestiva costituzione del ricorrente il processo potrebbe ritenersi in effetti incardinato dinanzi al giudice tributario.
V. – Può osservarsi che, inserito nel contesto del condono ex lege n. 289 del 2002, lo schema interpretativo appena esposto avrebbe come conseguenza questo: che a nulla varrebbe la precisazione contenuta nell’art. 16, 3 °co., lett. a), laddove è detto che si intende pendente la lite “per la quale l’atto introduttivo non sia stato dichiarato inammissibile con pronuncia non passata in giudicato”; l’inciso andrebbe riferito alle cause di inammissibilità relative ai processi comunque incardinati alla data del l gennaio 2003. Mentre nella fattispecie – come affermato dalla commissione tributaria – la causa, al l °gennaio 2003, non poteva ritenersi ravvisabile come esistente per difetto di costituzione in giudizio. L’elemento essenziale della presente controversia è infatti che la società aveva notificato il ricorso introduttivo della lite in data 16 gennaio 2002, ma non si era costituita nel termine stabilito dall’art. 23 del d.lgs. n. 546-92, in quanto la costituzione era avvenuta soltanto il 15 aprile 2003.
VI. – Sennonché l’esegesi sulla quale si fonda l’esposta ricostruzione delle modalità introduttive del processo tributario, cui l’impugnata sentenza ha mostrato di aderire, non può essere condivisa. Ritiene all’opposto il collegio che le doglianze prospettate dalla ricorrente sono fondate e che la questione generale, consegnata alle stesse, va risolta nel modo che segue.
VII. – Gli artt. 18 e 20 del d.lgs. n. 546-92 dispongono rispettivamente che il processo tributario è introdotto con ricorso alla commissione tributaria provinciale e che il ricorso “è proposto mediante notifica” a norma dei commi 2 e 3 dell’art. 16. La disciplina delle modalità di proposizione del ricorso innanzi alle commissioni rende chiaro che la decadenza dell’azione è impedita di per sé dalla notifica del ricorso. Il che d’altronde è conforme a una linea di tendenza generale dell’ordinamento, ribadita anche per i giudizi amministrativi (v. artt. 41 e 45 del cod. proc. amm.) Solo la notifica del ricorso, dunque, rileva in vista dell’effetto che deriva dalla manifestazione della volontà di impugnare un atto tributario. E’ invece rinviato a un momento successivo il coinvolgimento del giudice, integrato dalla costituzione del ricorrente in giudizio ai sensi dell’art. 22 del d.lgs. n. 546 del 1992. In base al diritto positivo, la costituzione rappresenta un adempimento ulteriore, logicamente supponente che una lite sia (già) pendente. Un adempimento la cui mancanza, o tardività, preclude in effetti unicamente la prosecuzione, non l’esistenza (id est, l’instaurazione), del processo, benché sotto formula di “inammissibilità” evocativa di un fatto impeditivo afferente uno dei presupposti processuali.
VIII. – L’impianto del d.lgs. n. 546 del 1992 è dichiaratamente legato al codice di procedura civile (art. l, 2 °co., d.lgs. cit.), seppur mediatamente all’uso della clausola di compatibilità. La similitudine appropriata è quella del giudizio che inizia con citazione, perché nel codice di procedura civile il contraddittorio dei processi che iniziano con ricorso si instaura necessariamente dopo il deposito del ricorso medesimo, da notificare alla controparte assieme al decreto del giudice che fissa l’udienza di trattazione. L’elemento propriamente differenziale rispetto al processo civile è, ai nostri fini, determinato da questo: che, diversamente da quanto accade nel processo civile, la costituzione dell’attore (in senso formale: vale a dire del ricorrente) rappresenta un adempimento previsto a pena di inammissibilità, la cui mancanza possiede forza impediente della conclusione del processo con una decisione di merito. La mancanza infatti non può esser sanata neppure dalla costituzione della controparte. L’impossibilità di costituzione del resistente, ove sia mancata la costituzione tempestiva della parte ricorrente, non è invece, diversamente da quanto sostenuto dalla tesi dottrinale sopra esposta, una conseguenza necessitata dalla disciplina normativa. Invero la circostanza che il d.lgs. n. 546 del 1992 non rechi una norma analoga all’art. 168 c.p.c. è spiegabile con la considerazione che, se l’attore non ha rispettato l’art. 22 del d.lgs. cit., la costituzione in giudizio dell’amministrazione (convenuta in senso formale) non è sorretta da interesse, potendo l’amministrazione attivare direttamente la fase liquidatoria del tributo contando sulla cristallizzazione della pretesa derivante proprio dall’inammissibilità del ricorso del contribuente; inammissibilità che può esser accertata incideter tantum anche nel giudizio eventualmente instaurato avverso l’atto liquidatorio. In ogni caso nulla impedisce, in base all’art. 23 del d.lgs. n. 546 del 1992, che l’amministrazione resistente si costituisca, essa, al fine di eccepire l’inammissibilità dell’avverso ricorso, e di sollecitarne, quindi, la declaratoria, per rimuovere definitivamente gli effetti connessi alla proposizione della domanda di annullamento dell’atto impositivo. Anche da questo punto di vista, quindi, non si può affermare che, in base agli gli artt. 22 e 23 del d.lgs. n. 546 del 1992, la costituzione del ricorrente nel giudizio tributario sia adempimento necessario ai fini dell’esistenza del processo.
IX. – Naturalmente è vero che la costituzione in giudizio del ricorrente è adempimento non surrogabile. Ma ciò nello specifico senso che in questo modello la struttura del processo non è compatibile con la contumacia (comunque la si voglia considerare) dell’attore. Invece, la costituzione in giudizio dell’ufficio (convenuto in senso formale) è soltanto eventuale. Il processo tributario non può proseguire senza la costituzione dell’attore, mentre può certamente proseguire in assenza del convenuto (l’ufficio), che abbia adottato l’atto impugnato e che sia stato raggiunto da regolare notifica del ricorso. In siffatto schema, pertanto, è pur sempre la notifica del ricorso che, instaurando il contraddittorio, determina la litispendenza. Al punto che la stessa 1. n. 289 del 2002, art. 16, 3 ° co., lett. a), definisce la lite tributaria pendente come quella per la quale, alla data di entrata in vigore della legge medesima, sia stato “proposto l’atto introduttivo del giudizio”. E non può seriamente sostenersi che il concetto di litispendenza sia caratterizzato da connotati variabili, a seconda che sia impiegato a fini processuali generali ovvero ai fini specifici del condono fiscale. X. – Stando così le cose, la conseguenza è semplice. Nel caso di specie la lite era da considerare pendente alla data del 1 0 gennaio 2003, giacché la società aveva notificato il ricorso introduttivo il 16 gennaio 2002. Dunque doveva esser ritenuta astrattamente definibile in base all’art. 16 della 1. n. 289 del 2002, in quanto la società non si era costituita nel termine stabilito dall’art. 23 del d.lgs. n. 546-92, ma il vizio, integrativo di una specifica ipotesi di inammissibilità, non era stato accertato alla data di entrata in vigore della legge di condono, con sentenza della commissione adita benché non passata in giudicato (art. 16, 3 0 co., lett. a), 1. n. 289 del 2002). La decisione impugnata non è conforme ai principi esposti. Pertanto va cassata con rinvio alla medesima commissione tributaria regionale, diversa sezione, per ogni valutazione afferente l’effettiva concreta definizione del giudizio mediante condono. La commissione provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla commissione tributaria regionale del Lazio.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta sezione civile, addì 21 ottobre 2014.
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