CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 dicembre 2016, n. 24733

Accertamento – Tributi – IRAP – Attività autonomamente organizzata – Sanzioni

Fatto e diritto

Costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis cod. proc. civ., osserva quanto segue:

La CTR-Piemonte ha parzialmente accolto l’appello del notaio G.B. – gravame proposto contro la sentenza n. 5/10/2011 della CTP-Torino che aveva già respinto il ricorso del contribuente – ed ha così confermato il rigetto dell’impugnazione dell’avviso di accertamento per IRAP relativa al 2004 (anche per la rinuncia dell’appellante alla censura relativa alla debenza dell’imposta) e ridotto le sanzioni al minimo edittale. La CTR – atteso che l’appellante aveva lamentato omessa pronuncia sulla domanda volta ad ottenere la disapplicazione delle sanzioni irrogate nell’avviso – ha motivato la decisione evidenziando che l’orientamento prevalente della giurisprudenza di merito riconosceva assoggettabile ad IRAP i professionisti che svolgessero un’attività autonomamente organizzata, delineata tra l’altro dall’impiego di lavoratori dipendenti e presenza di beni strumentali rilevanti. Era stata perciò sanzionata un’omissione cosciente e volontaria, della quale il contribuente aveva consapevolmente accettato il rischio. Tuttavia, in considerazione della recente “posizione definitiva della Corte di Cassazione” appariva equa l’applicazione della sanzione nella minor misura di legge.

Il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. L’Agenzia si è difesa con controricorso. A seguito della notifica della relazione, non è stata depositata alcuna memoria; indi la causa è stata riassegnata ad altro consigliere relatore con decreto prot. n. 130/VI/16 del 29 luglio 2016.

Il primo motivo (violazione dell’art. 36 co.3 proc. trib.), con il quale il ricorrente denuncia che in calce alla sentenza vi sia contenuta la data della decisione del 6.12. 2011 nonostante l’udienza di trattazione dell’appello fosse stata tenuta il 15.12.2011, va disatteso.

L’evidente errore di scritturazione della data della decisione è irrilevante e non assurge a vizio della pronuncia, atteso che nell’intestazione della sentenza è esattamente indicata la data della trattazione della controversia. Mentre la pubblicazione è un elemento essenziale della sentenza stessa, perché segna il momento in cui questa acquista i caratteri della imperatività e dell’immutabilità e diviene quindi giuridicamente esistente, tale non è, invece, la data della deliberazione, in quanto questa si riferisce a un atto interno. Perciò la sua omissione o erronea indicazione non costituisce nullità ma semplice errore materiale, che può essere corretto (v. Cass. 7.6.1962, n. 1393; conf. Cass. nn. 2229/60, 1268/60, 3814/57, 3084/57).

Gli altri tre motivi vanno egualmente e globalmente disattesi.

Il ricorrente, denunciando violazione di norme di diritto sostanziali e processuali (art. 8 proc. trib.; art.10, co.3, Statuto; art.6, co.2, D.Lgs.472/1997; motivo 2) ed errori di giustificazione della decisione di merito sul fatto (motivi 3-4) si duole del fatto che il giudice di appello abbia ritenuto insussistenti le “condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria”, mentre nella specie avevano generato dette obiettive condizioni gli artt. 2 e 4 D.Lgs. 446/1997. Inoltre, si duole che il giudicante abbia confusamente motivato a riguardo alla mera riduzione al minimo delle sanzioni e non si sia pronunciato sulla richiesta di applicazione degli interessi legali in luogo di quelli moratori.

Premesso che quest’ultimo rilievo è nuovo o comunque non autosufficiente non risultando dalla sentenza e dal ricorso se, dove, come e quando esso sarebbe stato introdotto nel giudizio di merito, è del tutto pacifico in giurisprudenza l’assoggettamento a IRAP dell’attività notarile, nonostante la peculiare strutturazione dei relativi studi (ex plurimis conf. Cass. 3.7.2009, n 15757; 20.7.2009, n. 16855; 6.8.2009, n. 18067; 27.1.2010, n. 1673; 3.11.2011, n. 22873).

Le principali e conformi decisioni di legittimità, emerse anteriormente o comunque a ridosso dell’impugnazione (6.7.2009), sono sintomatiche dell’assenza di gravi incertezze interpretative, talché lo stesso contribuente ha rinunciato alla censura concernente la debenza dell’imposta.

Né consta, con la dovuta specificità e autosufficienza, quale fosse il dato organizzativo talmente controvertibile da creare “condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicatone della norma tributaria ” secondo i rigorosi parametri di valutazione dell’incertezza ermeneutica indicati dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. 11.2.2013, n. 3245; 26.10.2012, n. 18434).

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese liquidate in € 3000 per compensi oltre alle spese prenotate a debito.