CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 febbraio 2018, n. 2649
Imposte dirette – IRPEF – Accertamento – Redditometro – Accertamenti bancari
Fatti e ragioni della decisione
L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, contro S.U., impugnando la sentenza resa dalla CTR Toscana indicata in epigrafe, con la quale, confermando la pronunzia di primo grado, è stato ritenuto illegittimo l’accertamento emesso a carico del contribuente per la ripresa a tassazione di IRPEF sulla base di accertamenti bancari ex art. 32 dPR n. 600/73.
S.S. e S.T. costituitisi quali eredi di S.U., hanno chiesto il rigetto del ricorso.
Il procedimento può essere definito con motivazione semplificata.
L’Agenzia ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 32 dPR c. 2 e 7 n. 600/73 e dell’art. 38 c. 5 dPR n. 600/73. La CTR avrebbe fondato la decisione su una previsione normativa errata, non vertendosi in tema di redditometro, tralasciando di applicare i principi giurisprudenziali più volte espressi da questa Corte in tema di prova specifica necessaria per superare la presunzione posta a carico del contribuente dall’art. 32 dPR n. 633/1972.
Il motivo è fondato.
Giova ricordare che questa Corte è ferma nel ritenere che la presunzione legale “juris tantum” nascente dall’art. 32 c. 1 n. 2 dpr n. 600/73, può essere vinta dal contribuente soltanto se offre la prova liberatoria che dei movimenti sui conti bancari egli ha tenuto conto nelle dichiarazioni, o che gli accrediti e gli addebiti registrati sui conti non si riferiscono ad operazioni imponibili, occorrendo all’uopo che vengano indicati e dimostrati dal contribuente la provenienza e la destinazione dei singoli pagamenti con riferimento tanto ai termini soggettivi dei singoli rapporti attivi e passivi, quanto alle diverse cause giustificative degli accrediti e dei prelievi” (Cass. n. 26111/2015, Cass. n. 21800/2017).
Ne consegue che il contribuente è tenuto a fornire non una prova generica, ma una prova analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle singole operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili, dovendo poi il giudice verificare in modo rigoroso l’efficacia dimostrativa delle prove fornite a giustificazione di ogni singola movimentazione accertata, rifuggendo da qualsiasi valutazione di irragionevolezza ed inverosimiglianza dei risultati restituiti dal riscontro delle movimentazioni bancarie – Cass. n. 221800/2017, Cass. n. 18081/2010, Cass. n. 22179/2008, Cass. n. 26018/2014.
Fatte tali premesse in diritto, la CTR non si è affatto conformata ai superiori principi.
Ed invero, la CTR ha erroneamente richiamato, in motivazione, un parametro normativo (art. 38 c. 5 Dpr n. 600/73) spurio rispetto al tema dell’accertamento, pacificamente relativo a somme risultanti da accertamenti bancari alla stregua dell’art. 32 dPR n. 633/1973, in tal modo ponendo in essere una falsa applicazione della disposizione appena ricordata.
Peraltro, risulta evidente l’errore nel quale è incorsa la CTR che, invece di verificare se il contribuente, per superare la presunzione nascente dalla su richiamata disposizione, avesse fornito in concreto la prova specifica idonea a giustificare i movimenti bancari sui quali si era fondato l’accertamento-tre assegni di terzi intestati a S.U. e dallo stesso incassati – si è limitata per l’un verso ad indicare la prospettazione del contribuente in ordine alla provenienza delle somme ed alla circostanza che le stesse erano già state sottoposte ad imposizione. Così facendo, il giudice di appello ha valorizzato elementi irrilevanti – quali la provenienza delle somme – ed invece omesso di compiere la verifica in ordine a quanto dedotto dal contribuente che, secondo quanto sopra ricordato, avrebbe invece richiesto una prova specifica dell’estraneità delle movimentazioni a fatti imponibili. Né la valorizzazione della natura non reddituale dei flussi finanziari, allegati e non contestati dall’Ufficio, avrebbe potuto sortire un effetto favorevole al contribuente, in assenza di una chiara indicazione degli specifici elementi indicati dal contribuente per giustificare le movimentazioni anzidette.
Tanto è sufficiente per escludere che in discussione vi sia un accertamento di fatto che impedisca a questa Corte l’esame del profilo di censura, invece puntualmente correlato alle prospettate violazione e falsa applicazione di legge.
Sulla base di tali considerazioni, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio ad altra sezione della CTR Toscana, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR Toscana, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
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