ICI – Accertamento – Obbligo di dichiarazione – Sanzioni
Fatto e diritto
Costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 – bis del d.l.. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 197/2016; dato atto che parte ricorrente ha depositato memoria e che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata, osserva quanto segue:
Con sentenza n. 129/33/2013, depositata il 18 novembre 2013, non notificata, la CTR della Lombardia ha rigettato l’appello proposto dal sig. V.T. nei confronti del Comune di Calco per la riforma della sentenza di primo grado della CTP di Lecco, che aveva rigettato il ricorso del contribuente avverso avviso di accertamento ai fini ICI per l’anno d’imposta 2006.
Avverso detta pronuncia il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
L’intimato Comune di Calco non ha svolto difese.
Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 3 del d. lgs. n. 472/1997, in relazione all’art. 37, comma 53, del d.l. n. 223/2006, come modificato dall’art. 1, comma 174 della l. n. 296/2006, sostenendo che, avendo stabilito il succitato art. 37, comma 53 del d.l. n. 223/2006, con decorrenza dall’anno 2007, per quanto qui rileva, la soppressione dell’obbligo della dichiarazione ICI, di cui all’art. 10, comma 4, Del d. lgs. n. 504/1992, in applicazione del principio del favor rei non avrebbero dovuto essere applicate le sanzioni, con riferimento a modifiche comportanti diverso ammontare dell’imposta dovuta, risalenti, peraltro, ad anni precedenti. Preliminarmente va sottolineato come risulti incomprensibile la doglianza del ricorrente di aver ricevuto modulo in bianco della proposta del relatore, redatta in conformità al nuovo rito camerale secondo l’art. 380 bis c.p.c. in ragione delle modifiche sopra richiamate, atteso che la proposta notificata in uno al decreto presidenziale di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio reca, sotto l’indicazione «Manifesta fondatezza del ricorso», evidentemente prescelta tra le altre, la specificazione «limitatamente al secondo motivo, rigettato il primo». Ciò opportunamente precisato, venendo all’esame dei motivi di ricorso, il collegio ritiene di condividere la proposta nei termini sopra indicati.
Il primo motivo è, infatti, manifestamente infondato.
La pronuncia impugnata ha correttamente rilevato che, essendo la contestazione relativa all’anno 2006, non rileva che il Comune avesse potuto acquisire una precedente conoscenza di fatto dell’intervenuta modificazione, non ammettendo la disposizione di cui all’art. 10, comma 4, del d.lgs. n.504/1992, equipollenti alla denuncia di variazione (cfr. Cass. sez. 5, 12 settembre 2012, n. 15235).
D’altronde, come desumibile dalla stessa prospettazione del motivo di ricorso, l’obbligo di denuncia della variazione era, per l’anno 2006, certamente vigente, a ciò facendo quindi seguito legittimamente l’irrogazione delle sanzioni.
Viceversa è manifestamente fondato il secondo motivo, con il quale il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. , richiamato dall’art. 15, comma 1, del d.lgs. n. 546/1992, nella parte in cui la sentenza impugnata ha condannato, nella misura liquidata come da dispositivo, il contribuente appellante alla rifusione delle spese del grado di giudizio in favore del Comune appellato, sebbene quest’ultimo non si fosse costituito. Non v’è, infatti, luogo, nella fattispecie, alla pronuncia di condanna del contribuente alle spese di lite pronunciata dalla CTR, difettando il presupposto di cui all’art. 91 comma 1, c.p.c., cioè il rimborso delle spese anticipate dalla parte vittoriosa, posto che nel giudizio di appello il Comune di Calco non si è costituito, come si rileva dalla stessa sentenza impugnata.
Il ricorso va dunque rigettato in ordine al primo motivo ed accolto limitatamente al secondo, con conseguente cassazione della sentenza impugnata limitatamente al capo di pronuncia sulle spese, e pronuncia nel merito limitatamente a detto capo, nulla dovendo statuirsi su di esse da parte della CTR, non avendo svolto il Comune appellato dinanzi al giudice tributario di secondo grado.
Le spese del giudizio di legittimità cedono a carico dell’intimato Comune, liquidate come da dispositivo in favore della parte ricorrente parzialmente vittoriosa.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso limitatamente al secondo motivo, rigettato il primo.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, per l’effetto, dichiara nulla dover essere statuito per le spese del giudizio di appello.
Condanna l’intimato alla rifusione in favore del ricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per spese borsuali e in € 350,00 per compenso, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15%, ed accessori, se dovuti.