CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 novembre 2017, n. 26103
Rendita ai superstiti – Rischio di contatto o inalazione da amianto – Non idoneità a determinare la patologia – Malattia inclusa nella tabella – Dimostrare di esserne affetto ed essere stato addetto alla lavorazione nociva – Sufficiente
Rilevato
che il Tribunale di Genova respinse la domanda proposta da S.M.G. volta al conseguimento della rendita ai superstiti per il decesso del coniuge B.G. in data 22.9.2005 per neoplasia polmonare; che tale decisione è stata impugnata dalla S. e la Corte d’appello di Genova (sentenza 22.12.2011) ha rigettato il gravame dopo aver condiviso le conclusioni del consulente d’ufficio di primo grado il quale aveva rilevato che il rischio di contatto o inalazione da amianto cui era stato esposto il B. non era quantificabile, ma non era verosimilmente tale da costituire un rischio idoneo a determinare la neoplasia polmonare diagnosticata, di natura multifattoriale;
che per la cassazione della sentenza ricorre la S. con due motivi; che resiste con controricorso l’Inail;
Considerato
che col primo motivo la ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione del D.P.R. 30.6.1965 n. 1124, del D.P.R. 9.6.1975 n. 482, del D.P.R. 13.4.1994 n. 336 e della relativa Tabella (voce n. 56), del D.M. 9.4.2008 (voce n. 57), degli artt. 115 e 116 c.p.c., dell’art. 2697 cod. civ., dei principi di cui alla sentenza della Corte Costituzionale 18.2.1988 n. 179, nonché l’omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in quanto la Corte d’appello era incorsa in errore nel non ritenere operante nel caso di specie la presunzione tabellare dell’origine professionale della malattia “carcinoma polmonare” correlata all’esposizione ad amianto cui fu esposto il B. nel corso della sua ultratrentennale attività lavorativa;
che col secondo motivo, dedotto per vizio di motivazione ex art. 360 n. 5 c.p.c., la ricorrente lamenta che le conclusioni del consulente d’ufficio, recepite dalla Corte d’appello, si ponevano in evidente devianza dai canoni fondamentali della scienza medico-legale, sia quanto alla natura dell’infermità, sia quanto all’efficienza lesiva dell’esposizione agli effetti nocivi dell’amianto;
che il CTU non aveva fatto riferimento alla produzione documentale e che le distinte attività svolte in navigazione, descritte nei documenti, non erano entrate a far parte della valutazione peritale;
che i due motivi, da trattarsi congiuntamente per ragioni di connessione, sono fondati;
che, invero, questa Corte ha di recente già avuto occasione di precisare (Cass. sez. lav. – Ordinanza n. 13024 del 24.5.2017) che “in tema di assicurazione contro le malattie professionali, quando la malattia è inclusa nella tabella, al lavoratore è sufficiente dimostrare di esserne affetto e di essere stato addetto alla lavorazione nociva, anch’essa tabellata, affinché il nesso eziologico sia presunto per legge ove la malattia stessa si sia manifestata entro il periodo anch’esso indicato in tabella. Per le malattie correlate all’asbesto, definite monofattoriali, il fattore di rischio è previsto nella tabella in termini ampi, senza indicazioni di soglie quantitative, qualitative e temporali, sicché è da ritenere che l’ordinamento abbia compreso nel giudizio di correlazione causale tra i due termini sopra indicati anche l’apporto concausale. Ne consegue che l’INAIL può fornire la prova contraria, dimostrando l’intervento causale di fattori patogeni extralavorativi, dotati di efficacia esclusiva, idonei a superare la predetta presunzione legale di eziologia professionale”;
che la Corte territoriale si è discostata erroneamente dal principio sopra richiamato nel momento in cui ha affermato che spettava al lavoratore provare l’esposizione a rischio, nonostante che il d.p.r. 13.4.1994 n. 336, contenente il Regolamento recante le nuove tabelle delle malattie professionali nell’industria e nell’agricoltura, contempli alla voce n. 56, tra le malattie neoplastiche da esposizione all’asbesto, il carcinoma del polmone;
che, pertanto, il ricorso va accolto, con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza e con rinvio del procedimento, anche per la liquidazione delle spese, alla Corte d’appello di Genova in diversa composizione;
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d’appello di genova in diversa composizione.
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