CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 ottobre 2017, n. 23098
Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Appello dell’Agenzia delle Entrate – Firmatario dell’atto
Rilevato che
Con sentenza in data 18 aprile 2016 la Commissione tributaria regionale della Lombardia dichiarava inammissibile e comunque respingeva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n. 1268/1/15 della Commissione tributaria provinciale di Milano che aveva accolto il ricorso della I. S. srl contro il diniego di rimborso IVA ed altro 2004. La CTR osservava in particolare che il gravame doveva considerarsi inammissibile in quanto sottoscritto da persona che non solo non era dirigente dell’Agenzia delle entrate, ufficio locale, ma che addirittura era cessata dall’incarico; rilevava comunque l’infondatezza meritale del gravame medesimo.
Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo due motivi.
Resiste con controricorso la società contribuente.
Considerato che
Con il primo motivo – ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.- l’agenzia fiscale ricorrente lamenta violazione/falsa applicazione degli artt. 18, 53, d.lgs. 546/1992, poiché la CTR ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello in quanto non debitamente sottoscritto da funzionario avente la qualifica dirigenziale.
La censura è fondata.
Va infatti ribadito che «In tema di contenzioso tributario, la provenienza di un atto di appello dall’Ufficio periferico dell’Agenzia delle Entrate e la sua idoneità a rappresentarne la volontà si presumono anche ove non sia esibita in giudizio una corrispondente specifica delega, salvo che non sia eccepita e provata la non appartenenza del sottoscrittore all’ufficio appellante o comunque l’usurpazione del potere di impugnare la sentenza» (Sez. 6 — 5, n. 15470 del 26/07/2016, Rv. 640640 — 01; conforme Sez. 6 – 5, n. 15458 del 2017).
Nel caso di specie l’eccezione di “usurpazione di potere” da parte della firmataria dell’atto di impugnazione, P. P., non risulta invero fondata e quindi neppure può ritenersi corretto il conforme accertamento del giudice tributario di appello.
La P. ha infatti sottoscritto il gravame quale “funzionario delegato”, sicché la visura tratta dal sito dell’Agenzia delle entrate, valorizzata dalla società contribuente e dalla CTR, che ne attesta la cessazione dall’incarico di direttore provinciale reggente dell’ufficio agenziale locale, non può che avere il significato letterale che ha ossia che la funzionaria dal 26 marzo 2015 non possedeva più detta qualifica dirigenziale sia pure in reggenza.
Certamente da tale documento non può invece trarsi, come ritenuto dal giudice tributario di appello, l’arbitraria ed infondata considerazione che la P. non appartenesse nemmeno più a detto ufficio locale agenziale, risultando dall’atto di appello appunto il contrario.
Ciò posto, rispetto al fatto processuale in esame va ulteriormente rilevato che la sussistenza e la validità della delega ad appellare de qua non è stata contestata, sicché questo ulteriore profilo di ritualità del gravame non poteva ne può più essere oggetto di sindacato.
La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al primo motivo, assorbito il secondo, con rinvio al giudice a quo per nuovo esame.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
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