Contenzioso tributario – Contribuente impugna rigetto istanza di rimborso di un tributo – Onere di allegare e provare i fatti a cui la legge ricollega il trattamento impositivo rivendicato nella domanda – Argomentazioni con cui l’Ufficio nega la sussistenza di detti fatti, o la qualificazione ad essi attribuita dal contribuente – Mere difese non soggette ad alcuna preclusione processuale salva la formazione del giudicato interno
Atteso che ai sensi dell’art. 380 bis, cod. proc. civ. è stata depositata e ritualmente comunicata la seguente relazione:
«Con sentenza in data 12 maggio 2015 la Commissione tributaria regionale del Lazio respingeva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n. 388/65/13 della Commissione tributaria provinciale di Roma che aveva accolto il ricorso della B.N.L. spa — BNP Paribas sa contro il diniego di rimborso di imposta afferente un’operazione di mutuo ipotecario. La CTR rilevava in via preliminare ed assorbente che non essendosi l’Ente impositore costituito in primo grado, quanto devoluto in appello era precluso dal divieto di nuove domande ed eccezioni sancito dall’art. 57, d.lgs. 546/1992.
Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo un unico motivo.
La società contribuente resiste con controricorso.
Con l’unico motivo dedotto —ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- l’Agenzia delle entrate lamenta la violazione degli artt. 57, d.lgs. 546/1992, 2697, cod. civ. In particolare osserva che il divieto di jus novorum evocato dalla CTR riguardasse soltanto le nuove domande e le eccezioni in senso stretto, non le mere difese quali quelle contenute nell’atto di appello.
La censura si palesa fondata.
E’ infatti giurisprudenza consolidata di questa Corte che «In tema di contenzioso tributario, il contribuente che impugni il rigetto dell’istanza di rimborso di un tributo riveste la qualità di attore in senso sostanziale, con la duplice conseguenza che grava su di lui l’onere di allegare e provare i fatti a cui la legge ricollega il trattamento impositivo rivendicato nella domanda e che le argomentazioni con cui l’Ufficio nega la sussistenza di detti fatti, o la qualificazione ad essi attribuita dal contribuente, costituiscono mere difese, come tali non soggette ad alcuna preclusione processuale, salva la formazione del giudicato interno. (Nella specie, la S.C. ha affermato che la necessità della notificazione della cessione del credito anche al concessionario della riscossione, ai fini della sua efficacia, integra una mera difesa, traducendosi nella contestazione della sussistenza, in tutti i suoi elementi, del fatto costitutivo del diritto al rimborso del credito ceduto, deducibile dall’Amministrazione per la prima volta in appello)» (Sez. 5, Sentenza n. 15026 del 02/07/2014, Rv. 631523).
Nel caso di specie la sentenza impugnata non si è attenuta a tale principio, evidentemente errando sulla qualificazione dei motivi di gravame come eccezioni in senso stretto, mentre risulta chiaro che di “mere difese” in diritto si trattasse, pacifici essendo i fatti oggetto della controversia.
Si ritiene pertanto la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 375, cod. proc. civ. per la trattazione del ricorso in camera di consiglio e se ne propone l’accoglimento».
Il Collegio condivide la relazione depositata.
Il ricorso va dunque accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio al giudice a quo per nuovo esame.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio anche per le spese del presente giudizio.