CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 gennaio 2018, n. 118
Imposte dirette – IRPEF – Accertamento – Dichiarazione dei redditi – Spesa per incrementi patrimoniali
Rilevato
che la Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c. delibera di procedere con motivazione semplificata;
che l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia che aveva respinto il suo appello contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Bari.
Quest’ultima, a sua volta, aveva accolto il ricorso di V.G., contro un avviso di accertamento IRPEF, relativo all’anno 2008;
Considerato
che il ricorso è affidato a due motivi;
che, col primo, la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 38 comma 4 DPR n. 600/1973, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c.: la CTR avrebbe erroneamente ritenuto illegittimo imputare la spesa per il conferimento di capitale, sostenuta nel 2009, pro quota all’anno accertato, il 2008;
che, col secondo, l’Agenzia assume la violazione e falsa applicazione dell’art. 38, commi 4°, 5° e 6° DPR n. 600/1973, degli artt. 112 e 115 c.p.c., degli artt. 2697 e 2728 c.c., ai sensi dell’art. 360 n. 3, c.p.c., giacché il contribuente non avrebbe assolto l’onere probatorio posto a suo carico dall’art. 38 cit.;
che il G. si è costituito con controricorso;
che il primo motivo dedotto dalla ricorrente è fondato;
che l’Ufficio ha agito secondo il disposto del previgente art. 38, comma V, d.p.r. 600/ 1973, a mente del quale qualora l’Ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi “Patrimoniali, la stessa si presume sostenuta, salvo prova contraria, con redditi conseguiti, in quote costanti, nell’anno in cui è stata effettuata e nei quattro anni precedenti; che in tal senso è l’orientamento consolidato di questa Corte – ribadito di recente da Sez. 6-5, n. 12207 del 16 maggio 2017 e da Sez. 5, n. 1510 del 20 maggio 2017 (che il Collegio condivide e rispetto alla quale la sentenza richiamata dal ricorrente (Sez. 6-5, n. 7147 del 12/04/2016) costituisce precedente isolato), secondo cui la norma di cui all’art. 38 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 legittima la presunzione, da parte dell’amministrazione finanziaria, di un reddito maggiore di quello dichiarato dal contribuente sulla base di elementi indiziari dotati dei caratteri della gravita, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 cod. civ. e, in particolare, per quel che in questa sede interessa, in ragione della spesa per incrementi patrimoniali, la quale si presume sostenuta, salvo prova contraria, con redditi conseguiti, in quote costanti, nell’anno in cui e stata effettuata e nei quattro precedenti;
che, in presenza di tale presupposto, la norma non impone altro onere all’amministrazione ma piuttosto faculta (e onera) il contribuente a offrire la prova contraria: prova testualmente riferita, nel successivo comma 6, al fatto che «il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente e costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte», con la espressa precisazione che «l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione»;.
che anche il secondo motivo è fondato;
“che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la prova documentale contraria ammessa per il contribuente dall’art. 38, sesto comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nella versione vigente ratione temporis, non riguarda la sola disponibilità di redditi esenti o di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma anche l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso, che costituiscono circostanze sintomatiche del fatto che la spesa contestata sia stata sostenuta proprio con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta (Sez. 5, n. 25104 del 26/11/2014);
che, nella specie tale prova, come emerge dalla sentenza della CTR, non è stata fornita dal contribuente né la sua insufficienza è stata congruamente valutata dai giudici di appello, che si sono limitati a parlare di “copiosa e dettagliata documentazione, comprovante le modalità di provvista delle maggiori somme reddituali accertate presuntivamente dall’ufficio”;
che il ricorso va dunque accolto;
che, pertanto, la sentenza va cassata ed il giudizio rinviato alla CTR Puglia, in diversa composizione, affinché si attenga agli enunciati principi e si pronunzi anche con riguardo alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Regionale della Puglia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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