CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 gennaio 2018, n. 126
Gestione commercianti Inps – Società in accomandita semplice – Attività esclusiva di locazione di immobili di proprietà – Obbligo di iscrizione e versamento contributi – Esclusione
Rilevato
che, con sentenza del Tribunale di Torino, veniva annullato l’avviso di addebito per complessivi euro 1.843,35 a titolo di contributi omessi e somme aggiuntive ritenuti dovuti alla Gestione Commercianti INPS da R.M.T. quale socia accomandataria della società in accomandita semplice M.R. s.a.s., la cui attività era limitata alla locazione di alcuni uffici siti nel complesso immobiliare di via (…) in Torino ed alla riscossione del relativo canone, senza assunzione dei rischi relativi alla gestione aziendale ed in mancanza di prevalente ed abituale partecipazione personale all’esercizio dell’attività aziendale;
che la Corte di appello di Torino dichiarava inammissibile il gravame dell’INPS ai sensi degli artt. 348-bise 348-ter c.p.c.;
che avverso la sentenza del primo giudice l’INPS, in proprio e nella qualità epigrafata ha proposto ricorso affidato ad unico motivo, al quale ha opposto difese la R., con controricorso;
che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;
Considerato
1. che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata;
2. che viene denunziata violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1 della legge 662/1996 n. 613, dell’art. 1 l. 27 novembre 1960 n. 1397, così come modificato dall’art. 1, comma 203, l. 662/1996, dell’art. 2 della stessa l. 1397/1960 e degli artt. 2291, 2298 e 2697 c.c., assumendosi: che, contrariamente a quanto sostenuto nella impugnata sentenza, il socio di una s.n.c. è per ciò stesso, in quanto unico soggetto abilitato a compiere atti in nome della società, tenuto alla iscrizione nella Gestione Commercianti, perché l’esercizio dell’attività commerciale in modo abituale e prevalente è “in re ipsa”, ossia immediatamente e direttamente correlato all’essere socio con poteri di gestione della società; che l’attività di riscossione di canoni di locazione di immobile, rientrando in quella più ampia di gestione del patrimonio immobiliare, ha natura commerciale; che il giudizio di prevalenza richiesto dalla legge n. 662/1996 è di natura endogena, ossia deve essere compiuto solo in relazione alle vicende interne della società, senza che assumano alcun rilievo altre ed ulteriori attività espletate dal socio al di fuori della attività sociale, nella specie non provate;
che si rileva che la R. è l’unica socia accomandatari della SNC ed è altresì amministratrice delegata di altra società, la G.G.I. srl in relazione alla quale è iscritta alla Gestione Separata dell’INPS;
3. che ritiene il Collegio si debba rigettare il ricorso;
4. che, infatti, presupposto imprescindibile per l’iscrizione alla gestione commercianti è che sia provato, in conformità a quanto previsto dalla legge 23 dicembre 1996 n. 662, art. 1 comma 203, che ha sostituito la L. 3 giugno 1975, n. 160, art. 29, comma 1 (requisiti previsti per ritenere l’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali), lo svolgimento di un’attività commerciale che, nella specie, risulta essere stato escluso con un accertamento in fatto da parte della Corte del merito supportato da una motivazione adeguata ed immune dai denunciati vizi;
5. che è stato accertato che la società di cui la R. era socia non espletava alcuna attività diretta all’acquisto ed alla gestione di beni immobili e non svolgeva attività diversa da quella limitata alla riscossione del canone di locazione dell’immobile nella disponibilità della stessa, e pertanto non rileva la mancanza di prova che altri soci fossero impegnati negli atti di gestione ordinaria e straordinaria della società, né può invocarsi la presunzione normativa di esercizio di attività imprenditoriale ricollegabile, secondo l’assunto dell’istituto, alla circostanza che la società fosse costituita in forma diversa da quella semplice;
6. che tale decisione è in linea con il principio già espresso da questa Corte secondo cui la società di persone che svolga una attività destinata alla locazione di immobili di sua proprietà e si limiti a percepire i relativi canoni di locazione non svolge un’attività commerciale ai fini previdenziali, a meno che detta attività non si inserisca in una più ampia di prestazione di servizi quale l’attività di intermediazione immobiliare (Cass. n. 3145 dell’11 febbraio 2013);
7. che, dovendo considerarsi lo svolgimento in concreto di un’attività commerciale, non rileva il contenuto dell’oggetto sociale;
8. che questa Corte – proprio con riferimento alle società in accomandita semplice – ha affermato il principio (Cass. n. 3835 del 26 febbraio 2016) secondo cui, ai sensi dell’art. 1, comma 203, L. n. 662/1996, che ha modificato l’art. 29 L. n. 160/1975, e dell’art. 3 L. n. 45/1986, in tali società la qualità di socio accomandatario non è sufficiente a far sorgere l’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali, essendo necessaria anche la partecipazione personale al lavoro aziendale, con carattere di abitualità e prevalenza, la cui ricorrenza deve essere provata dall’istituto;
9. che tale prova, secondo i giudici di merito, non è stata fornita, essendo emerso da accertamento istruttorio svolto in relazione ad altro giudizio riguardante ulteriore porzione dell’obbligo contributivo contestato, riferita alla stessa situazione di fatto sottostante il presente giudizio e le relative domande, che la R. si limitava a riscuotere il canone della locazione degli immobili e che tale attività non si qualificava per la partecipazione al lavoro aziendale con i caratteri dell’abitualità e prevalenza, come richiesto dall’art. 1 co. 203 l. 662/96;
10. che, da ultimo, l’orientamento espresso ha ricevuto l’avallo di ulteriore pronuncia di questa Corte che ha confermato i principi enunciati (cfr. Cass. 6.9.2016 n 17643, nonché, successivamente, tra le altre, Cass. 17.11.2016 n. 23439);
11. che pertanto, essendo da condividere la proposta del relatore, il ricorso va rigettato con ordinanza, ai sensi dell’art. 375, n. 5, cod. proc. civ.;
12. che le spese del presente giudizio seguono la soccombenza dell’Istituto e si liquidano come da dispositivo;
13. che sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, dPR 115 del 2002;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 1000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonché al rimborso delle spese forfetarie in misura del 15%.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis, del citato D.P.R..
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