CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 ottobre 2017, n. 23132
Accertamento – Dichiarazione dei redditi – Cessione ramo d’azienda – Avviamento – Plusvalenza
Fatti di causa
Con atto del 27.2.2004 la società Panificio P. di M. A. M. & C. s.n.c. cedeva la propria azienda per il corrispettivo dichiarato di euro 120.000, di cui euro 88.000 riferiti al valore dell’avviamento. Poiché nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2004 non era stata indicata alcuna plusvalenza patrimoniale per la cessione dell’azienda, l’Agenzia delle Entrate emetteva distinti avvisi di accertamento notificati ai soci M. A., P. R. e P. M., con i quali determinava il maggior reddito da cessione di azienda in euro 181.000 (rettificando il corrispettivo dell’avviamento in euro 149.000), corrispondente al valore definito mediante accertamento con adesione ai fini dell’imposta di registro; il maggior reddito conseguito dalla società di persone veniva attribuito ai soci in proporzione delle rispettive quote.
Contro l’avviso di accertamento M. A., in proprio ed in qualità di erede di P. R., presentava ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Livorno che lo accoglieva con sentenza n.238 del 2010.
L’Agenzia delle Entrate proponeva appello alla Commissione tributaria regionale che lo rigettava con sentenza n.93 del 13.9.2012.
Contro la sentenza di appello l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi attinenti al medesimo vizio di motivazione, declinato in riferimento all’art. 360 comma primo n. 5 cod.proc.civ. nella formulazione vigente prima e dopo la riforma normativa.
La contribuente resiste con controricorso. Deposita memoria.
Contro l’avviso di accertamento emesso a carico della socia P. M., la stessa proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Livorno che, nella stessa udienza ed in uguale composizione, lo accoglieva con sentenza n.237 del 2010.
L’Agenzia delle Entrate proponeva appello alla Commissione tributaria regionale che, nella stessa udienza e con Collegio identicamente composto, lo rigettava con sentenza n.94 del 13.9.2012.
Contro la sentenza di appello l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per due motivi di tenore identico a quelli contenuti nel ricorso proposto avverso la sentenza di appello pronunciata nel giudizio promosso dalla socia M. A..
La contribuente resiste con controricorso. Deposita memoria.
Ragioni della decisione
A norma dell’art. 274 cod.proc.civ., si dispone preliminarmente la riunione del ricorso n.7993/2013 al ricorso n.7991/2013, sussistendo un’ipotesi di litisconsorzio necessario ai sensi dell’art.14 comma 1 decreto legislativo 31 dicembre 1992 n.546. In proposito va ribadito che, in presenza di cause decise separatamente nel merito, attinenti alla rettifica del reddito di una società di persone ed all’accertamento del conseguente maggior reddito di partecipazione imputato automaticamente a ciascun socio, non va dichiarata la nullità dei giudizi celebrati senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari (società e soci), ma ne va disposta la riunione nel processo di cassazione, allorché risulti che i distinti ricorsi proposti dalla società di persone e dai soci, anche se non riuniti, sono stati oggetto di simultanea trattazione in entrambi i gradi di merito e si sono conclusi con decisioni di identico tenore. In tal caso, la ricomposizione dell’unicità della causa nel processo di cassazione attua il principio costituzionale della ragionevole durata del processo (art. Ili, secondo comma, Cost.), evitando che, con la declaratoria di nullità ed il conseguente rinvio al giudice di merito, si determini un’ inutile dilatazione dei tempi processuali per ragioni meramente formali, attesa la sostanziale equivalenza della trattazione simultanea dei distinti ricorsi davanti allo stesso giudice, nella stessa udienza e con esiti coincidenti, rispetto alla trattazione con unico giudizio previa formale riunione dei ricorsi, (conformi, Sez. 5, Sentenza n. 3830 del 18/02/2010, Rv. 611765 – 01; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 2014 del 29/01/2014, Rv. 629182 – 01).
I ricorsi riuniti, proposti per identici motivi, sono infondati.
1. Primo motivo: “insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 comma primo n.5 cod.proc.civ. nella formulazione vigente prima della riforma attuata con il d.l. 22.6.2012 n. 83, convertito nella legge 7.8.2012 n.134.”
Il motivo è inammissibile dovendosi applicare l’art. 360 comma primo n.5 cod.proc.civ. nella formulazione risultante dalla sopravvenuta modifica. A norma dell’art. 54 comma 3 del d.l. n.83 del 2012,convertito nella legge n.134 del 2012, la nuova formulazione dell’art. 360 comma primo n. 5 cod.proc.civ. è applicabile alla sentenze pubblicate a decorrere dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del decreto. Poiché la legge di conversione è entrata in vigore il 12.8 2012, la nuova disposizione è applicabile alle sentenze pubblicate a decorrere dal 11.9.2012. La sentenza impugnata è stata pubblicata il 13.9.2012.
2.Secondo motivo: “In via subordinata. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio , in relazione all’art. 360 comma primo n.5 cod.proc.civ. come riformulato dal d.l. n.83 del 2012 convertito nella legge 7.8.2012 n.134.
Il motivo è infondato. La Commissione tributaria regionale ha confermato la sentenza della Commissione tributaria provinciale sul rilievo che la rettifica della plusvalenza ai fini dell’imposta sul reddito era stata operata sulla base del solo valore definito in sede di imposta di registro; inoltre riteneva che la documentazione prodotta dai contribuenti, relativa ad una causa legale insorta per il mancato pagamento del prezzo di vendita , smentiva l’esistenza di un corrispettivo maggiore di quello pattuito, che neppure risultava riscosso.
I fatti dedotti dalle parti sono stati adeguatamente esaminati e correttamente valutati sotto il profilo giuridico, considerato che il sopravvenuto l’art. 5 comma 3 del d.lgs. n. 147 del 2015, norma espressamente qualificata di natura interpretativa, quindi con efficacia retroattiva, esclude che l’Amministrazione finanziaria possa ancora procedere ad accertare, in via induttiva, la plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito di cessione di immobile o di azienda solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro. (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 11543 del 06/06/2016, Rv. 640048 – 01). Il motivo è ugualmente infondato nella parte in cui censura la decisione del giudice di appello che, con valutazione in fatto non sindacabile in questa sede, ha ritenuto provato in causa che i venditori della panetteria non solo non avevano percepito un corrispettivo maggiore di quello pattuito, ma neppure avevano incassato il prezzo convenuto, per inadempienza della parte acquirente.
Si compensano le spese, valutata anche l’incidenza della normativa sopravvenuta di cui all’art.5 comma 3 del d.lgs.n.147 del 2015.
P.Q.M.
Riunisce al ricorso n.7991/2013 il ricorso n.7993/2013; rigetta i ricorsi riuniti. Compensa le spese.
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