Accertamenti bancari non applicabili agli autonomi – Non applicabile ai lavoratori autonomi la presunzione reddituale basata sui prelevamenti e versamenti – La dichiarazione di incostituzionalità dell’articolo 32, primo comma, n. 2, che equiparava gli autonomi alle imprese, rappresenta uno jus superveniens, che travolge, di fatto, le cause in corso
Atteso che ai sensi dell’art. 380 bis, cod. proc. civ. è stata depositata e ritualmente comunicata la seguente relazione:
«Con sentenza in data 18 dicembre 2014 la Commissione tributaria regionale della Sicilia parzialmente accoglieva l’appello proposto da S.G. avverso la sentenza n. 476/1/2013 della Commissione tributaria provinciale di Ragusa che aveva parzialmente accolto il suo ricorso contro l’avviso di accertamento IRPEL 2007. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione il contribuente deducendo due motivi.
L’ Agenzia delle entrate si è costituita tardivamente al solo fine di poter partecipare alla discussione in udienza pubblica.
Il ricorso appare parzialmente fondato.
Con il primo motivo il ricorrente – ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. – deduce violazione di legge in relazione agli artt. 42, primo e terzo comma, d.P.R. 600/1973 e 54, d.P.R. 633/1972 in conseguenza della sentenza n. 37/2015 della Corte costituzionale, considerata quale ius superveniens applicabile. In particolare afferma la nullità/inesistenza dell’ avviso di accertamento impugnato in quanto sottoscritto da un funzionario delegato dal Direttore dell’ Agenzia delle entrate, ufficio locale, che tuttavia era privo della qualifica dirigenziale, poiché nominato in virtù delle norme dichiarate incostituzionali con detta sentenza del giudice delle leggi.
La censura è manifestamente infondata.
Questa Corte ha infatti precisato che «In tema di accertamento tributario, ai sensi dell’art. 42, commi 1 e 3, del d.P.R. n. 600 del 1973, gli avvisi di accertamento in rettifica e gli accertamenti d’ufficio devono essere sottoscritti a pena di nullità dal capo dell’ufficio o da altro funzionario delegato di carriera direttiva e, cioè, da un funzionario di area terza di cui al contratto del comparto agenzie fiscali per il quadriennio 2002-2005, di cui non è richiesta la qualifica dirigenziale, con la conseguenza che nessun effetto sulla validità di tali atti può conseguire dalla declaratoria d’incostituzionalità dell’art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, convertito nella l. n. 44 del 2012. (Principio affermato ai sensi dell’art. 363, comma 3, c.p.c.)» (Sez. 5, n. 22810 del 2015).
Il secondo motivo invece appare fondato.
Risulta infatti sicuramente applicabile quale ius superveniens la dichiarazione di incostituzionalità dell’ art. 32, primo comma, n. 2, d.P.R. 600/1973 nella parte in cui prevedeva una presunzione legale relativa di reddito in relazione alle movimentazioni bancarie dei lavoratori autonomi.
Questa Corte ha infatti già reiteratamente affermato che «In tema di accertamento delle imposte sui redditi, la presunzione di cui all’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, secondo cui sia i prelevamenti sia i versamenti operati sui conti correnti bancari, non annotati contabilmente, vanno imputati ai ricavi conseguiti, nella propria attività, dal contribuente che non ne dimostri l’inclusione nella base imponibile oppure l’estraneità alla produzione del reddito, si riferisce ai soli imprenditori e non anche ai lavoratori autonomi o professionisti intellettuali, essendo venuta meno, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, la modifica della citata disposizione, apportata dall’art. 1, comma 402, della legge n. 311 del 2004, sicché non è più sostenibile l’equiparazione, ai fini della presunzione, tra attività d’impresa e professionale per gli anni anteriori» (Sez. 5, n. 23041 del 2015 e n. 12781 del 2016).
Si ritiene pertanto la sussistenza dei presupposti di cui all’ art. 375, cod. proc. civ. per la trattazione del ricorso in camera di consiglio e se ne propone l’accoglimento in relazione al secondo motivo, con rinvio alla CTR siciliana per nuovo esame tenuto conto degli effetti di detta pronuncia di incostituzionalità».
Il Collegio condivide la relazione depositata, precisando tuttavia che il primo motivo, prima ancora che infondato, è inammissibile, trattandosi di questione posta ex novo soltanto con il ricorso per cassazione, mentre evidentemente doveva essere fatta oggetto di uno specifico motivo del ricorso introduttivo del processo.
La sentenza impugnata deve essere quindi cassata con rinvio al giudice a quo per nuovo esame.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Sicilia anche per le spese del presente giudizio.