CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 luglio 2017, n. 16549
Tributi – Accertamento – Riscossione – Cartella di pagamento – Omesso pagamento – Condono
Ritenuto che
La società l.O.B. S.r.l. impugnava la cartella di pagamento per IVA ed IRPEG, anni di imposta 2000 e 2001, emessa ai sensi dell’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione. Nella cartella veniva specificato che il condono ex art. 9 bis della legge n. 289 del 2002 non si era perfezionato per omesso pagamento delle rate successive alla prima. La CTP di Roma accoglieva il ricorso della società contribuente, sostenendo che l’accettazione da parte dell’Ufficio di versamenti parziali portava a ritenere che il condono si era perfezionato, con la conseguenza che andava soltanto ricalcolata la sanzione sulla rata non pagata. La sentenza veniva appellata dall’Agenzia delle entrate innanzi alla CTR del Lazio, che rigettava il gravame. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione svolgendo un motivo. La società J.O.B. S.r.l. si è costituita con controricorso.
Considerato che
1. Con l’unico motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 9 bis della I. n. 289 del 2002, nonché l’art. 12 delle preleggi, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., chiedendo alla Corte che sia confermato il principio di diritto secondo cui, nell’ipotesi di definizione del condono ai sensi dell’art. 9 bis legge n. 289 del 2002, il beneficio Corte di Cassazione – copia non ufficiale della non applicazione delle sanzioni compete solo per effetto dell’integrale pagamento degli importi dovuti.
2. Il motivo è fondato.
L’art.9 bis della legge n. 289 del 2002 ha disciplinato la definizione degli omessi e dei tardivi versamenti delle imposte e delle ritenute emergenti dalle dichiarazioni presentate attraverso il pagamento di quanto dovuto e dei relativi interessi ovvero, in caso di tardività, esclusivamente degli interessi, col beneficio quindi dell’esclusione delle sanzioni amministrative pari al 30% previste dall’art. 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471.Con riferimento alla facoltà di rateazione, con circolare 22/E del 28 aprile 2003, punto 7.3, confermata dalla circolare 23/E del 19 marzo 2008, l’Agenzia delle entrate ha precisato che: “in considerazione della peculiarità della definizione in esame, il beneficio della disapplicazione delle sanzioni compete solo per effetto dell’integrale pagamento degli importi dovuti e, in caso di rateazione, dopo che si è provveduto all’integrale pagamento delle rate”. Infatti, l’art. 9 bis, a differenza di quanto disposto per altri condoni, non prevede che la sanatoria sia efficace anche nell’ipotesi di tardivo o omesso versamento di una o più rate successive alla prima.
Invero, ritenuto che la specialità degli effetti giuridici di cui all’art. 9 bis legge n. 289 del 2002 costituisce una forma di condono clemenziale e non premiale, come, invece, deve ritenersi per le fattispecie regolate dagli artt. 7, 8, 9, 15 e 16 della legge n. 289 del 2002, le quali attribuiscono al contribuente il diritto potestativo di chiedere un accertamento straordinario, nella ipotesi prevista dall’art. 9 bis non occorre procedere ad alcuna liquidazione in ordine alla determinazione del “quantum” esattamente indicato nell’importo specificato nella dichiarazione integrativa presentata ai sensi del terzo comma, con gli interessi di cui al comma 4, con la conseguenza che il condono è condizionato all’integrale pagamento di quanto dovuto e il pagamento rateale determina la definizione della lite pendente solo se integrale (Cass. n. 20745 del 2010; Cass. n. 19546 del 2011; Cass. n. 10650 del 2013) e la non applicazione delle sanzioni si verifica solo se si provvede al pagamento (in un’unica soluzione o in modo rateale) delle imposte. Questa Corte, con indirizzo ampliamente condiviso, a cui si intende dare continuità, ha affermato il principio secondo cui: «Il condono fiscale, ex art. 9 bis della legge n. 289 del 2002, che costituisce una forma di condono clemenziale, è condizionato all’integrale versamento di quanto dovuto, sicchè il pagamento parziale delle somme indicate nella dichiarazione integrativa ne comporta il mancato perfezionamento e non fa venire meno l’illiceità della condotta, neppure limitatamente alle somme parzialmente corrisposte, ma, al contrario, porta ad emersione il definitivo ed originario inadempimento dell’obbligazione tributaria, legittimando la pretesa sanzionatoria dell’Amministrazione finanziaria commisurata all’intero importo dell’imposta non versata nei termini di legge» (Cass. n. 26683 del 2016).
Infatti, in ipotesi di pagamento rateale previsto dall’art. 9 bis (come modificato dalla legge n. 350 del 2003, art. 2, comma 45, recante legge finanziaria per il 2004), il condono – in quanto rimesso alla mera attività di liquidazione e versamento della somma da parte del contribuente – produce la definizione del rapporto tributario e sanzionatorio soltanto con l’integrale pagamento delle rate dovute nei termini prescritti dal comma 1 dell’art. 9 bis legge n. 289 del 2002, essendo legittimata l’Amministrazione finanziaria, in difetto del perfezionamento della procedura condonistica, al recupero dell’originaria imposta dovuta (ovvero al residuo dell’importo, tenuto conto degli eventuali versamenti parziali delle rate) ed alla applicazione delle conseguenti sanzioni pecuniarie (Cass. n. 20745 del 2010; Cass. n. 19546 del 2011; Cass. n. 21364 del 2012; Cass. n. 25238 del 2013) commisurata all’intero importo dell’imposta non versata nei termini di legge, non essendo consentita, stante il divieto opposto dall’art. 14 disp.prel.cod.civ., l’applicazione analogica di norme relative alla medesima legge n. 289 del 2002, ma disciplinanti forme diverse di condono (Cass.n. 21364 del 2012; Cass. n. 25238 del 2013). Né è prospettabile in caso di mancato tempestivo pagamento, anche solo dell’ultima rata indicata nella dichiarazione integrativa, una differente modalità di irrogazione della sanzione pecuniaria prevista per l’illecito ex art. 13 d.lgs. n. 471 del 1997.
3. La sentenza della CTR non si è uniformata ai suindicati principi di diritto, tenuto conto che, a fronte della mancato pagamento delle rate successive alla prima, ha ritenuto che “l’acquisizione degli importi da parte dell’Ufficio, senza un loro specifico rifiuto motivato al loro ricevimento, completano ed attestano l’accettazione dell’atto con conseguente sanzionabilità del 30% delle quote non ancora versate e non dell’intero debito in parte già estinto”.
Il ricorso va, pertanto, accolto, con cassazione della sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, decidendo nel merito, va rigettato il ricorso introduttivo proposto dalla società contribuente. In ragione del recente consolidarsi della giurisprudenza di legittimità con riferimento all’epoca della proposizione della lite, le spese di giudizio di ogni fase e grado vanno interamente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo proposto dalla società contribuente; compensa le spese di lite di ogni fase e grado del giudizio.
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