CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 maggio 2017, n. 10972
Imposte dirette – IRPEF – Accertamento – Redditometro – Scostamento reddituale
Rilevato che
Con sentenza in data 8 maggio 2015 la Commissione tributaria regionale della Liguria respingeva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n. 30/12/12 della Commissione tributaria provinciale di Genova che aveva accolto il ricorso di T. R. P. contro l’avviso di accertamento IRPEF 2007. La CTR osservava in particolare che l’atto impositivo impugnato si basava originariamente sullo scostamento biennale del reddito secondo il “redditometro” applicabile ratione temporis per gli anni 2006/2007 e che quindi essendo venuto meno per autotutela l’accertamento per la prima annualità difettava uno dei presupposti giuridici essenziali della metodologia accertativa utilizzata; che peraltro a tale specifico fine non si poteva valorizzare il mutamento di contestazione operato in sede processuale dall’Ente impositore, mirante a sostituire l’annualità fiscale 2006 con quelle 2008/2009.
Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo un motivo unico.
Resiste con controricorso il contribuente.
Considerato che
Con l’unico mezzo dedotto -ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- l’Agenzia fiscale ricorrente denuncia violazione/falsa applicazione dell’art. 38, quarto, quinto e sesto comma, d.P.R. 600/1973, poiché la CTR ha affermato l’insussistenza dello scostamento reddituale biennale quale presupposto previsto da dette disposizioni legislative ai fini dell’accertamento “redditometrico”.
La censura è infondata.
Va anzitutto ribadito che “Il processo tributario, in quanto diretto a sollecitare il sindacato giurisdizionale sulla legittimità del provvedimento impositivo, è strutturato come un giudizio di impugnazione del provvedimento stesso e tale caratteristica circoscrive il dibattito alla pretesa effettivamente avanzata con l’atto impugnato, sicché il giudice tributario non può estendere la propria indagine all’esame di circostanze nuove ed estranee a quelle originariamente invocate dall’ufficio” (Sez. 5, Sentenza n. 7927 del 20/04/2016, Rv. 639633 – 01).
Peraltro tale principio di diritto è alla base dello stesso precedente citato dalla ricorrente, la cui massima ufficiale recita “Ai fini dell’accertamento sintetico di cui all’art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, l’Ufficio non è tenuto a procedere all’accertamento contestualmente per due o più periodi d’imposta per i quali ritenga che la dichiarazione non sia congrua, tuttavia il relativo atto deve contenere, per un determinato anno d’imposta, la pur sommaria indicazione delle ragioni in base alle quali la dichiarazione si ritiene incongrua anche per altri periodi d’imposta, così da legittimare l’accertamento sintetico; con la conseguenza che il giudice tributario, a fronte della specifica eccezione del contribuente, non deve limitarsi ad accertare se l’Ufficio abbia preso in considerazione due o più anni consecutivi, ma deve verificare se dall’atto di accertamento possano desumersi le ragioni per le quali l’Ufficio stesso abbia ritenuto non congrua la dichiarazioni per tali annualità” (Sez. 5, Sentenza n. 26541 del 05/11/2008, Rv. 605446 – 01).
La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione di entrambi tali principi di diritto, in particolare escludendo che la motivazione dell’avviso di accertamento impugnato fosse giudizialmente emendabile con specifico riguardo alla seconda annualità nella quale si era verificato lo “scostamento reddituale” occorrente ai fini della legittimità della procedura accertativa de qua.
Il ricorso va dunque rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13 comma 1- quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Sez. 6 – L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714 – 01).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna l’agenzia fiscale ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 4.100 oltre euro 200 per esborsi, 15% per contributo spese generali ed accessori di legge.
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