CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 maggio 2017, n. 11102
Tributi erariali diretti – Accertamento delle imposte sui redditi – Determinazione del reddito di impresa – Prelevamenti e versamenti su conto corrente – Presunzione legale del conseguimento di ricavi – Sussistenza – Prova contraria – Onere a carico del contribuente – Ricorso alle presunzioni semplici – Ammissibilità – Contenuto
Rilevato che
S.M. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, contro la sentenza resa dalla CTR della Toscana indicata in epigrafe, che ha confermato la decisione di primo grado con la quale era stato rigettato il ricorso proposto dal contribuente avverso l’avviso di accertamento eseguito sulla base della verifica di operazioni finanziarie risultante dai conti correnti del medesimo;
Rilevato che l’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso;
Rilevato che il procedimento può essere definito con motivazione semplificata;
Considerato che il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato;
Considerato che, diversamente da quanto opinato dalla parte ricorrente, la CTR non ha affatto escluso la possibilità del contribuente di vincere la presunzione nascente dall’art. 32 c. 1 n. 7 dPR n. 600/73 attraverso presunzioni, ma ha riaffermato, ponendosi nel solco della giurisprudenza di questa Corte, che la prova contraria che lo stesso deve fornire deve avere i caratteri della specificità ed analiticità, ritenendo insussistenti tali caratteri nel caso di specie;
Considerato che, infatti, questa Corte è ferma nel ritenere che in tema di accertamento delle imposte sui redditi, il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32 prevede una presunzione legale in base alla quale sia i prelevamenti operati su conti correnti bancari vanno imputati a ricavi e che, a fronte di detta presunzione legale il contribuente è onerato di fornire la prova contraria, anche attraverso presunzioni semplici, da sottoporre comunque ad attenta verifica da parte del giudice, il quale è tenuto a individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purché grave, preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo (Cass. 22502/2011);
Considerato che la CTR ha, nel caso di specie, escluso la prova specifica da parte del contribuente e non ha violato detti principi;
Considerato che il secondo motivo di ricorso è anzitutto inammissibile, poiché la parte ricorrente qualifica come vizio di violazione di legge l’omesso esame di elementi fattuali da parte del giudice di merito senza minimamente evocare il vizio di motivazione fondato sul n. 5 dell’art. 360 c. 1 c.p.c.;
Considerato che l’unico riferimento che compare alla motivazione apparente è destituito di fondamento, cogliendosi dalla sentenza impugnata l’iter logico seguito per disattendere le censure esposte dalla parte contribuente;
Considerato che la stessa censura è manifestamente infondata laddove profila un vizio di violazione di legge in relazione al fatto che la CTR aveva richiesto la prova specifica di cui si è detto, non ritenendo sufficiente la coincidenza della somma dei prelevamenti e versamenti con la somma dei costi e dei ricavi contabilizzati in ragione del regime di contabilità semplificata adottato dalla parte contribuente – esercente l’attività d commercio al dettaglio di pesce;
Considerato che l’operato della CTR è immune da vizi, avendo correttamente applicato il regime di prova specifica contraria per superare la presunzione di cui al ricordato art. 32 anche in ipotesi di contabilità semplificata per il quale la parte contribuente, discostandosi con la giurisprudenza di questa Corte-cfr. Cass. n. 1506/2015 – vorrebbe in realtà giungere ad un regime di ribaltamento della presunzione diverso da quello espresso dall’indirizzo giurisprudenziale sopra esposto; Considerato che il terzo motivo di ricorso è manifestamente inammissibile per difetto di autosufficienza, avendo la parte ricorrente omesso di allegare la decisività degli elementi fattuali che non sarebbero stati esaminati dalla CTR; Considerato che il quarto motivo è infondato;
Considerato che questa Corte è infatti ferma nel ritenere che in sede di verifica compiuta ai sensi dell’art. 32 ult. cit. l’Ufficio non è tenuto a procedere alla deduzione presuntiva di oneri e costi deducibili, essendo posto a carico del contribuente l’onere di indicare e provare eventuali specifici costi deducibili (Cass. 24 luglio 2012, n. 13035; 23 giugno 2006, n. 14675; Cass. n. 20679/2014). Nemmeno ricorrono nel caso di specie le ipotesi di c.d. inerenza allargata dei costi alle quali talvolta questa Corte ha fatto riferimento (Cass. n. 3340/2013); Considerato che ai principi anzidetti si è pienamente attenuto il giudice di appello;
Considerato che il ricorso va quindi rigettato e che le spese seguono la soccombenza, dando atto della ricorrenza dei presupposti di cui all’art. 13 comma 1 quater del dPR n. 115/2002 per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
Visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquidai n favore dell’Agenzia delle entrate in euro per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Dà atto della ricorrenza dei presupposti di cui all’art. 13 comma 1 quater del dPR n. 115/2002 per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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