CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 settembre 2017, n. 20798
Tributi – IRPEF – Accertamento nei confronti di società di persone concluso con esito sfavorevole – Avviso di accertamento nei confronti del socio – Motivazione per relationem – Obbligo di allegazione p.v.c. a carico della società – Esclusione – Atti legalmente già conosciuti nel processo societario
Fatto e diritto
Costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1-bis del D.L. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197/2016; dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata, osserva quanto segue:
con sentenza n. 749/20/2015, depositata il 30 marzo 2015, la CTR dell’Emilia – Romagna accolse l’appello proposto dal sig. S.S. nei confronti dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della CTP di Bologna, che aveva invece rigettato il ricorso del contribuente avverso avviso di accertamento relativamente ad IRPEF ed addizionali regionale e comunale, che scaturiva da accertamento induttivo relativo alla predetta annualità nei confronti di società di persone (società in accomandita semplice) a ristretta base sociale (due soci), con partecipazione dello S., che ne ricopriva anche la carica di amministratore, nella misura del 99% del capitale sociale.
Avverso detta pronuncia l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
L’intimato non ha svolto difese.
Con il primo motivo la ricorrente Amministrazione denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., dell’art. 5 del d.P.R. n. 917/1986 e dell’art. 40 del d.P.R. n. 600/1973, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per avere la sentenza impugnata ignorato il giudicato formatosi sulla posizione della società, che aveva confermato la legittimità dell’accertamento dell’amministrazione finanziaria riguardo al maggior reddito d’impresa induttivamente determinato, di modo che detta pronuncia (CTR Campania n. 675/02/2010, confermativa della pronuncia resa in primo grado dalla CTP di Napoli di rigetto del ricorso proposto dallo S. quale amministratore della società), avrebbe dovuto fare stato nel giudizio riguardante l’imputazione del reddito prò quota al socio.
Con il secondo motivo l’Agenzia delle Entrate denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della L. n. 241/1990, dell’art. 42 del d.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 7 della L. n. 212/2000, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per avere la decisione impugnata illegittimamente ritenuto che, essendo l’avviso di accertamento notificato al socio motivato per relationem a quello notificato alla società, ciò non avrebbe consentito al contribuente di esercitare in modo adeguato la propria difesa in sede giurisdizionale.
Il primo motivo è infondato a va rigettato.
Questa Corte (cfr. Cass. sez. 5, 18 maggio 2009, n. 11459) ha avuto modo di chiarire che in tema di accertamento del reddito dei soci di società di persone, la produzione in giudizio di sentenza passata in giudicato riguardante accertamento svolto nei confronti della società, pur non avendo efficacia vincolante nei confronti del socio a causa dei limiti soggettivi del giudicato, comporta che il contenuto della stessa debba formare oggetto di autonoma valutazione e di specifica motivazione, come accade per qualsiasi documento rilevante.
Il motivo come formulato dall’Amministrazione ricorrente, impostato sulla violazione del giudicato esterno, va dunque rigettato, ferma restando la necessità da parte del giudice di merito di procedere ad adeguata valutazione di detta pronuncia, con le consequenziali ricadute in punto di obbligo di motivazione.
Appare opportuno in proposito precisare che, avendo l’altra socia titolare della residua quota dell’1% definito la propria posizione in via di accertamento con adesione, non è ravvisabile nella fattispecie in esame alcun vizio di contraddittorio.
Il secondo motivo è invece manifestamente fondato.
La decisione impugnata ha annullato l’atto impositivo perché – pur avendo l’Ufficio, a base della motivazione dell’accertamento notificato nei confronti del socio, assunto gli allegati al processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza a carico della società partecipata – non ha materialmente allegato all’avviso di accertamento notificato allo S. in qualità di socio la documentazione in forza della quale era stato emesso l’accertamento presupposto nei riguardi della compagine sociale.
In tal modo, peraltro, la decisione impugnata ha omesso di considerare che di detta documentazione lo S., quale amministratore della società cui era stato notificato il relativo accertamento, aveva già acquisito legale conoscenza.
Trova pertanto applicazione, nella fattispecie in esame, il principio di diritto affermato da questa Corte (cfr., tra le altre, Cass. sez. 5, 2 luglio 2008, n. 18073; si veda anche, più di recente, Cass. sez. 5, 14 gennaio 2015, n. 407) secondo cui «in tema di motivazione per relationem degli atti d’imposizione tributaria, l’art. 7, comma 1, della L. 27 luglio 2000, n. 212 (cosiddetto Statuto del contribuente), nel prevedere che debba essere allegato all’atto dell’amministrazione finanziaria ogni documento richiamato nella motivazione di esso, non intende certo riferirsi ad atti di cui il contribuente abbia già integrale e legale conoscenza per effetto di precedente notificazione», ponendosi altrimenti un’interpretazione puramente formalistica in contrasto con il criterio ermeneutico che impone di dare alle norme procedurali una lettura che, nell’interesse generale, faccia sì salva la funzione di garanzia loro propria, limitando al massimo le cause d’invalidità chiaramente irragionevoli.
Il ricorso va pertanto accolto in relazione al secondo motivo, rigettato il primo.
La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al motivo accolto e la causa rimessa per nuovo esame alla CTR dell’Emilia – Romagna in diversa composizione, che, uniformandosi al principio di diritto dinanzi citato, provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso limitatamente al secondo motivo, rigettato il primo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia – Romagna in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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