CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 dicembre 2017, n. 29161
Imposte dirette – IRPEF – Accertamento – Redditi di partecipazione – Società di persone
Rilevato che
1. In controversia relativa ad impugnazione di avviso di accertamento emesso ai fini Irpef relativamente all’anno di imposta 2003 nei confronti di F. C., per i maggiori redditi di partecipazione al medesimo imputati per trasparenza ex art. 5 d.P.R. n. 917 del 1986, quale socio della s.n.c. B. di C. & C. (ora B. di M. A. L. & C. s.a.s.) ed in conseguenza del maggior reddito di impresa accertato nei confronti di tale società, destinataria di separato avviso di accertamento, la CTR della Sicilia con la sentenza in epigrafe rigettava l’appello dell’Agenzia delle entrate, ritenendo che l’annullamento dell’atto impositivo emesso nei confronti della società determinasse l’annullamento anche di quello consequenziale emesso nei confronti del socio.
2. Avverso tale statuizione ricorre per cassazione l’Agenzia delle entrate sulla base di due motivi cui replica l’intimato con controricorso.
3. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ. (come modificato dal d.l. 31 agosto 2016, n. 168, convertito con modificazioni dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197) risulta regolarmente costituito il contraddittorio.
4. Il Collegio ha deliberato la redazione della motivazione della ordinanza in forma semplificata.
Considerato che
1. Nel caso di specie è pacifico — ed in ogni caso risulta dalla documentazione prodotta in allegato al controricorso (al riguardo, v. Cass. n. 11365 del 2015) — che l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società di persone, da cui è scaturito — ex art. 5 d.P.R. n. 917 del 1986
– quello emesso nei confronti del socio M. C., sia stato annullato dalla CTR sicula a seguito di separata impugnazione da parte della società e dei soci, con le sentenze n. 742 e n. 743 del 26/02/2015, divenute definitive, per mancanza di impugnazione, in data successiva alla pronuncia della sentenza qui impugnata, pubblicata in quella stessa data.
1.1. Orbene, benché la CTR abbia annullato l’avviso di accertamento impugnato sulla base di una sentenza, non passata in giudicato, di annullamento dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della società di persone, il giudicato successivamente intervenuto, per mancata impugnazione di quella sentenza, è stato correttamente e tempestivamente eccepito nel presente giudizio di legittimità dal controricorrente, che l’ha adeguatamente documentato mediante allegazione al controricorso delle suindicate sentenze della CTR, corredate della relativa attestazione (produzione, consentita in questa sede, in quanto l’art. 372 c.p.c. è norma riferibile soltanto ai documenti che potevano essere prodotti nelle fasi di mento – cfr. Cass. n. 5360/09, n. 26041/10, n. 23063 del 2012 e n. 24901 del 2013). Peraltro, in forza dei principi costituzionali del giusto processo e della sua ragionevole durata (in tal senso. Cass. sez. lav. n. 6102 del 2014), il giudicato – interno o esterno — poteva essere rilevato d’ufficio da questa Corte perché formatosi successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata (cfr. Cass. 6102 citata, nonché S.U. n. 26041 del 2010, Cass. sez. trib. n. 16675 del 2011, n. 28247 del 2013, n. 21170 del 2016, nonché le già citate sent. n. 23063 del 2012 e n. 24901 del 2013).
1.2. Va, quindi, dato seguito al consolidato orientamento di questa Corte secondo cui l’annullamento dell’avviso di accertamento notificato alla società, sancito con sentenza passata in giudicato, pronunciata, come nel caso di specie, per motivi attinenti al merito della pretesa tributaria e non per vizi della notifica dell’atto impositivo o per altra causa non rapportabile ai soci, spiega i suoi effetti a favore di tutti i soci, i quali possono quindi opporlo all’amministrazione finanziaria che è stata parte in causa nel relativo processo (Cass., Sez. U., n. 14815 del 2008, in motivazione, Cass. n. 17368 del 2009 e n. 8155 del 2015).
2. Pertanto, la pretesa fiscale, concernente il “reddito di partecipazione” a fini IRPEF, formulata dall’Amministrazione finanziaria nei confronti del socio F. C. sulla base dei medesimi presupposti di fatto e di diritto sui quali era fondata la pretesa impositiva avanzata nei confronti della società di persone, va ritenuta infondata in conseguenza dell’annullamento, con forza di giudicato, dell’atto impositivo emesso nei confronti della società.
3. Dal rilievo d’ufficio del giudicato consegue che è del tutto superflua la trattazione, oltre che la specificazione, dei motivi di ricorso proposti dall’Agenzia ricorrente, nessuno dei quali involge la questione del giudicato.
4. La circostanza che nel caso in esame il giudicato si è formato successivamente alla proposizione del ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate, giustifica l’integrale compensazione delle spese processuali. Non sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, poiché a favore della amministrazione ricorrente opera il meccanismo di prenotazione a debito (v. Cass. S.U. n. 9338/14; confi Cass. n. 1778, n. 18893 e n. 22267 del 2016).
P.Q.M.
Pronunciando sul ricorso, lo rigetta compensando le spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, co. 1-quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pan a quello dovuto per il ncorso, a norma del comma 1- bis dello stesso art. 13.
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