CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 dicembre 2017, n. 29186
Imposte dirette – IRPEF – Accertamento – Cessione terreni – Piano di lottizzazione – Plusvalenza
Ritenuto che
L’Agenzia entrate ricorre con due motivi per la cassazione della sentenza della C.T.R. della Lombardia, n. 54/43/11 dep. 3 maggio 2011, che su impugnazione di avvisi di accertamento (ai fini Irpef per gli anni 1999, 2001, 2002), per la maggiore plusvalenza derivante da vendita di terreni inseriti in un piano di lottizzazione, rigettava l’appello dell’Ufficio, confermando la decisione di primo grado.
In particolare la C.T.R. ha ritenuto errato il calcolo della maggiore imposta accertata dall’Ufficio in base al calcolo dell’Invim, contro la prova fornita dal contribuente sulla definizione per condono dell’Invim e sui pagamenti effettuati, su cui nulla ha provato l’Ufficio.
L’intimato non si è costituito.
Considerato che
1. Col primo motivo si deduce nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 36 del d.lgs. 546/92, per avere la C.T.R. condiviso le motivazioni della sentenza impugnata senza esaminare le questioni controverse dell’accertamento e la valenza presuntiva degli elementi addotti dall’Ufficio.
2. Col secondo motivo si deduce omessa motivazione sul maggior valore accertato e definito ai fini Invim nel 2002 in via di sanatoria ex I. 289/2002, nonché in ragione della scarsa attendibilità del prezzo dichiarato.
I due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati e vanno respinti.
2.1. È infondata la dedotta violazione di legge, avendo la C.T.R. comunque indicato, ancorché sinteticamente, il percorso argomentativo che l’ha condotta al rigetto dell’appello dell’Ufficio, condividendo la decisione impugnata laddove “ha giustamente rilevato che non vi era alcuna prova che gli incassi fossero stati diversi da quelli dichiarati e, soprattutto, che non deve essere il contribuente, ma l’Ufficio, a dare le prove contrarie al dichiarato”.
2.2.Né sussiste il vizio di motivazione sulla inattendibilità del prezzo dichiarato, dedotto peraltro in modo generico e non autosufficiente, non riportando gli atti di causa in cui detta doglianza è stata espressa, avendo sul punto la CTR sufficientemente motivato e non avendo, per contro, l’Agenzia ricorrente fornito alcun elemento idoneo a suffragare un diverso e più elevato valore.
3. Col terzo motivo si denunzia violazione di legge (37, 38, 41 bis d.p.r. 600/73) per erroneo riparto dell’onere della prova, spettando al contribuente, a fronte degli elementi presuntivi indicati dell’Ufficio, fornire la prova contraria.
4. Anche questo motivo è infondato e va respinto.
4.1. In tema di plusvalenza tassabile con riguardo al valore evinto dalla lite sull’INVIM definita in via agevolata dal contribuente, la disciplina contenuta nel TUIR e nel d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, si interpreta nel senso che per le cessioni di immobili e di aziende nonché per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l’esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347.
4.2. Questa Corte ha di recente, affermato che in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’art. 5, comma 3, del d.lgs. n. 147 del 2015 – che, quale norma di interpretazione autentica, ha efficacia retroattiva – esclude che l’Amministrazione finanziaria possa ancora procedere ad accertare, in via induttiva, la plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito di cessione di immobile o di azienda solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro (Cass. nn. 12265/2017, 11543/2016).
4.3. Tale condiviso principio soccorre anche nel caso in cui, come il presente, la presunzione sia stata fondata sul valore accertato ai fini dell’INVIM, atteso che anche questa imposta ha come base imponibile il valore dell’immobile.
Invero, alla luce della norma interpretativa prima ricordata non residua alcuno spazio per presumere ai fini fiscali l’esistenza di un maggior corrispettivo soltanto sulla base del valore, e ciò indipendentemente dalla tipologia di imposta in relazione alla quale sia stato in concreto accertato, di guisa che il riferimento all’imposta di registro ed alle imposte ipotecarie e catastali non integra un catalogo inderogabile di imposte, ma assolve ad una funzione essenzialmente esemplificativa, volta a rimarcare la ratio della norma incentrata sulla non assimilabilità della differente base impositiva (valore) rispetto a quella prevista per l’IRPEF (corrispettivo).
4.4. Ne consegue che nella controversia in esame trova applicazione il disposto dell’art. 82 del T.U.I.R. (oggi art. 62) che prevede, al comma 1, in relazione al precedente art. 81, comma 1, lett. b) del T.U.I.R. (oggi art. 61, comma 1, lett. b) che le plusvalenze realizzate mediante cessione di terreni sono costituite dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo.
4.5. Tale conclusione non può essere revocata in dubbio nemmeno della intervenuta definizione agevolata della lite sull’INVIM, priva di effetti di giudicato sostanziale e quindi inidonea a vincolare la determinazione della plusvalenza tassabile ai fini IRPEF (Cass. nn. 19227/2017; 8782/2017; 8376/2013).
4.6. Va quindi confermato il principio di diritto secondo cui in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’art. 5, comma 3, del D.Lgs. n. 147 del 2015 – che, quale norma di interpretazione autentica, ha efficacia retroattiva – esclude che l’Amministrazione finanziaria possa ancora procedere ad accertare, in via induttiva, la plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito di cessione di immobile o di azienda solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini di altra imposta commisurata al valore del bene, posto che la base imponibile ai fini IRPEF è data non già dal valore del bene, ma dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto del ben ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo. Il riferimento contenuto nella norma all’imposta di registro ed alle imposte ipotecarie e catastali svolge una funzione esemplificativa, volta esclusivamente a rimarcare la ratio della norma incentrata sulla non assimilabilità della differente base impositiva – valore – rispetto a quella prevista per l’IRPEF – corrispettivo – (cfr. Cass. 19227/2017 cit.).
5. In conclusione il ricorso va rigettato.
6. Nulla sulle spese, non avendo il F. svolto attività difensiva in questa sede.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
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