CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 dicembre 2017, n. 29194
ICI – Accertamento fiscale – Immobile di interesse storico-artistico
Rilevato
che la controversia concerne l’impugnazione di due avvisi di accertamento ICI, per le annualità 2002 e 2003, con i quali il Comune di Milano riteneva di dovere determinare l’imposta con applicazione della disposizione di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 6, relativamente ad immobile di interesse storico-artistico, ex L. n. 1089 del 1939, per il quale la I.P.T. s.r.l., utilizzatrice del bene in forza di contratto di leasing, aveva intrapreso un importante intervento di risanamento conservativo e di ristrutturazione ad uso alberghiero, debitamente autorizzato dalla Soprintendenza per i Beni Ambientali ed Architettonici e dal Comune di Milano, stante l’equiparazione, operata dall’ente impositore, del predetto immobile ad un’area fabbricabile;
che la Commissione Tributaria Provinciale di Milano, adita dalla contribuente con separati ricorsi, riteneva che il Comune non avesse correttamente operato ed annullava gli avvisi impugnati, ma le decisioni di primo grado sono state riformate dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che in accoglimento dei riuniti appelli del Comune, con sentenza n. 30/49710, depositata I’11/3/2010, ha dichiarato legittimi gli atti di accertamento oggetto di causa, sul rilievo che l’area fabbricabile, sulla quale insiste il fabbricato oggetto dell’intervento di ristrutturazione “da ufficio ad hotel”, ai sensi dell’art. 5, comma 6, D.Lgs. n. 504 del 1992, “assume una rilevanza autonoma ai fini dell’applicazione dell’imposta e, pertanto, è soggetta a tassazione sulla base del valore di mercato ai sensi della disposizione testé citata”; che la contribuente propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, illustrato con memoria, resiste mentre l’intimato Comune resiste con controricorso e memoria;
che il P.G. ha concluso per il rigetto del ricorso;
Considerato
che con il motivo d’impugnazione la società ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 2, comma 5, D.L. n. 16 del 1993, conv. con L. n. 75 del 1993, 5, comma 6, D.Lgs. n. 504 del 1992, giacché il Giudice di appello non ha considerato che, quest’ultima disposizione subisce esplicita deroga ad opera della prima, speciale rispetto all’altra, e che dalla disposizione agevolativa discende che la base imponibile ai fini ICI è costituita dal valore che risulta applicando appositi coefficienti alla rendita catastale, questa determinata mediante l’applicazione della tariffa d’estimo di minor ammontare tra quelle previste per le abitazioni site nella medesima zona censuaria, valore largamente inferiore a quello venale dell’area su cui insiste l’immobile soggetto a vincolo, ed evidenzia che l’esattezza di siffatta conclusione trova conforto sia nella giurisprudenza costituzionale, che in quella di legittimità;
che la questione posta all’esame del Collegio ha trovato soluzione con la sentenza n. 5518/2011 delle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui “In tema tassazione ai fini ICI degli immobili di interesse storico o artistico, l’art. 2, comma 5, del d.l. 23 gennaio 1993, n. 16, convertito nella legge 24 marzo 1993, n. 75, come interpretato dall’art. 74, comma 6, della legge 21 novembre 2000, n. 342, prevede un regime di natura speciale – giustificato dai pesanti oneri manutentivi che il riconoscimento della specifica qualità comporta per tale tipologia di immobili – applicabile in via esclusiva anche se gli immobili stessi siano oggetto degli interventi edilizi indicati dalle lettere c), d) ed e) dell’art. 31, comma 1, della legge 5 agosto 1978, n. 457 (restauro, risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia e ristrutturazione urbanistica), in quanto i criteri di determinazione della base imponibile ICI previsti per tali interventi dall’art. 5, comma 6, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, costituiscono un’eccezione (o agevolazione fiscale) interna al regime ordinario di tassazione degli immobili non altrimenti qualificati, che non può avere, per sua natura e collocazione, applicazione in altri regimi di tassazione caratterizzati da specialità propria, connessa ad una qualità specifica (e sostanzialmente intrinseca) dell’immobile oggetto dell’imposta”; che l’intimato Comune ha evidenziato negli scritti difensivi che la esaminata fattispecie è diversa da quella considerata nella sopra richiamata sentenza, in quanto il vincolo storico-artistico è posto solo su una porzione dell’immobile sito in Milano, di Via (…), il quale vanta una “decorosa facciata della fine del XIX secolo, con basamento a bugnato in pietra, paramento in mattoni e decorazioni dipinte nel sottogronda”, rappresentando “con gli altri il continuare degli edifici della Galleria Vittorio Emanuele”;
che, tuttavia, all’immobile oggetto di causa è applicabile esclusivamente la sopra ricordata regola stabilita dal D.L. n. 16 del 1993, art. 2, comma 5, perché risulta non contestato che gli interventi di risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia cui è stato sottoposto il fabbricato ne hanno mantenuto la facciata, né del resto può sostenersi che a seguito della esecuzione degli stessi siano venuti a cessare gli effetti del vincolo originario, circostanza neppure prospettata dall’Ente impositore, per cui giova il richiamo alla giurisprudenza di questa Corte, formatasi in tema di ICI, con riferimento ad immobili di interesse storico od artistico riferito ad una sola porzione dell’immobile, secondo la quale “l’agevolazione prevista dal D.L. 23 gennaio 1993, n. 16, art. 2, comma 5, convertito in L. 24 marzo 1993, n. 75 per gli immobili dichiarati di interesse storico o artistico, ai sensi della L. n. 1089 del 1939, art. 3, perseguendo l’obiettivo di venire incontro alle maggiori spese di manutenzione e conservazione che i proprietari sono tenuti ad affrontare per preservare le caratteristiche degli immobili vincolati, si applica anche nel caso in cui l’interesse riguardi solo una porzione dell’immobile, in quanto anche in quest’ultima ipotesi gravano a carico del proprietario gli oneri di conservazione citati.”(Cass. n. 11794/2010, n. 12024/2006, quest’ultima in tema di imposta di registro);
che, conclusivamente, in applicazione dei principi sopra riportati, la sentenza impugnata, la quale aveva disconosciuto l’applicabilità del regime agevolativo di natura speciale all’immobile sottoposto a vincolo, “ex lege” n. 1089 del 1939, in favore della società I.P.T., va cassata senza rinvio, in quanto la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con l’accoglimento del ricorso originario della contribuente;
che il consolidarsi della richiamata giurisprudenza in epoca successiva alla proposizione del ricorso giustifica la compensazione delle spese dell’intero giudizio;
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie il ricorso originario della contribuente. Compensa le spese dell’intero giudizio.
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