Tributi – Riscossione – Esecuzaione esattoriale – Condanna dell’agente di riscossione soccombente al pagamento delle spese di lite
Svolgimento del processo
E’ stata depositata in cancelleria relazione ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., e regolarmente notificata ai difensori delle parti, relativa al ricorso avverso la sentenza del Tribunale di Roma, n. 11369 del 21 maggio 2015 del seguente letterale tenore:
1. Equitalia sud S.p.a. ricorre affidandosi ad un motivo, per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata che l’ha condannata alle spese del giudizio.
2. Resiste con controricorso G.G.. Roma Capitale intimata non svolge attività difensiva.
3. Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio – ai sensi degli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c. anche in relazione all’art. 360 bis c.p.c.- potendosi dichiarare inammissibile.
4. Con l’unico motivo di ricorso la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 97 c.p.c. artt. 12, 24 e 25 D.p.r. 602/73 (art. 360, co. 1, n. 3) perché è stata condannata alle spese nel giudizio dalla stessa promosso contro il G. per la riscossione di una cartella esattoriale.
Il motivo è infondato.
Il giudice del merito ha motivato secondo il principio di soccombenza ed in linea con la giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 23459/2011; Cass. 24154/2007).
Motivi della decisione
Non sono state presentate conclusioni scritte, il ricorrente ha depositato memoria.
A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, reputa il Collegio di condividere, con le seguenti precisazioni, le conclusioni cui perviene la detta relazione.
Va comunque applicato il seguente principio di diritto: nella controversia con cui il debitore contesti l’esecuzione esattoriale, in suo danno minacciata o posta in essere, non integra ragione di esclusione della condanna alle spese di lite, né – di per sé sola considerata – di compensazione delle stesse, nei confronti dell’agente della riscossione la circostanza che l’illegittimità dell’azione esecutiva sia da ascrivere all’ente creditore interessato; restano peraltro ferme, da un lato, la facoltà dell’agente della riscossione di chiedere a quest’ultimo di manlevarlo anche dall’eventuale condanna alle spese in favore del debitore vittorioso e, dall’altro, la possibilità, per il giudice, di compensare le spese del debitore vittorioso nei confronti con l’agente della riscossione e condannare al pagamento delle spese del debitore vittorioso soltanto l’ente creditore interessato o impositore quando questo è presente in giudizio, ove sussistano i presupposti di cui all’art. 92 cod. proc. civ., diversi ed ulteriori rispetto alla sola circostanza che l’opposizione sia stata accolta per ragioni riferibili all’ente creditore interessato o impositore.
Pertanto, ai sensi degli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ., il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza.
Trova infine applicazione l’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della 1. 24 dicembre 2012, n. 228, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore della controricorrente che liquida in complessivi Euro 510, di cui 200 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1-quater, d.P.R. 115/02, come modif. dalla l. 228/12, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del co. 1 -bis dello stesso art. 13.