CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 settembre 2017, n. 20818
Imposte indirette – Imposta di registro – Imposta di successione – Indennità per l’occupazione dell’immobile
Esposizione dei fatti di causa
1. L’agenzia delle entrate notificava a N.M. un avviso di liquidazione ed irrogazione di sanzioni in materia di imposta di registro avente ad oggetto l’imposta dovuta per la registrazione della sentenza del tribunale di Roma numero 22938 pronunciata l’8 novembre 2006 con cui era stata disposta la condanna di D.P.G., erede di G.N., a versare a M.N. la somma di euro 309.449,62, oltre agli interessi, corrispondente al conferimento per imputazione dell’eccedenza sulla quota spettante a G.N. e, per esso, alla sua erede D.P.G. su di un immobile sito in Roma a seguito della successione di E.N.. Con la stessa sentenza D.P.G. era stata condannata a pagare alla stessa M.N. la somma di euro 428.144,07 a titolo di indennità per l’occupazione dell’immobile.
N.M. impugnava l’avviso di liquidazione sostenendo che non era dovuta l’imposta di registro ai sensi dell’articolo 8, lett. b, della Tariffa, parte prima, allegata al d.p.r. 131/86 poiché non si trattava di una sentenza di condanna al pagamento di somme ma di una sentenza che aveva disposto la collazione per imputazione di un bene oggetto di donazione, effettuata in vita dal de cuius E.N. in favore del figlio G.N., che doveva ritenersi neutra ai fini dell’imposta di registro. La commissione tributaria provinciale di Roma rigettava il ricorso. Proposto appello da parte della contribuente, la commissione tributaria regionale del Lazio lo accoglieva sul rilievo che la controversia non aveva ad oggetto la riparazione di una lesione di legittima bensì la collazione ereditaria che era stata effettuata con il conferimento per imputazione di una somma di denaro equivalente all’eccedenza sulla quota spettante a D.P.G. sull’immobile di cui era stato chiesto il rientro nell’asse ereditario al momento dell’apertura della successione. Ne derivava che trovava applicazione l’esenzione fiscale prevista per i conferimenti in collazione.
2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione l’agenzia delle entrate affidato ad un motivo. La contribuente si è costituita in giudizio con controricorso illustrato con memoria. Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte ai sensi dell’art. 380 bis. 1 cod. proc. civ..
3. Con l’unico motivo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, numero 3, cod. proc. civ., in relazione all’articolo 37 del d.p.r. 131/86 ed all’articolo 8, lettera b, della Tariffa, parte prima, allegata al d.p.r. 131/86. Sostiene che l’imposta di registro è un’imposta che va applicata sugli atti che definiscono il giudizio sicché è irrilevante, nel caso di specie, il fatto che le ragioni sottese alla sentenza di condanna di cui si tratta inerissero a collazione per imputazione.
Esposizione delle ragioni della decisione
1. Osserva la Corte che il ricorso è fondato. Ciò in quanto l’art. 37 del d.p.r. 131/86 prevede che sono soggetti ad imposta gli atti dell’autorità giudiziaria in materia di controversie civili che definiscono anche parzialmente il giudizio, i decreti ingiuntivi esecutivi, i provvedimenti che dichiarano esecutivi i lodi arbitrali e le sentenze che dichiarano efficaci nello Stato sentenze straniere. E l’art. 8, lettera b, della Tariffa, parte prima, allegata al d.p.r. 131/86 prevede che le sentenze recanti condanna al pagamento di somme o valori sono assoggettate al pagamento dell’imposta di registro con l’aliquota del 3%. Ne consegue che la sentenza di cui si controverte, in quanto recante condanna al pagamento di somme di denaro, è soggetta all’imposta di registro prevista per la registrazione delle sentenze, a nulla rilevando il fatto che il trasferimento di somme per effetto della collazione per imputazione sia esente dall’imposta sulle successioni, nel cui ambito è previsto che del valore delle donazioni soggette a collazione si tiene conto soltanto ai fini della determinazione delle aliquote e la base imponibile si determina sulla base del valore netto dell’asse ereditario e delle singole quote. L’imposta di registro su atti giudiziari e l’imposta di successione, invero, hanno presupposti diversi poiché l’imposta conseguente alla sentenza ha come presupposto l’atto giudiziale ed è dovuta per il costo connesso alla fruizione del servizio pubblico dell’ammimstrazione della giustizia mentre l’imposta di successione ha la funzione di colpire il trasferimento di ricchezza a titolo derivativo in capo all’erede, sicché la concorrenza delle due imposte, laddove sussistano i presupposti per l’imposizione, è legittima e non contrasta col divieto di doppia imposizione.
Quanto alla circostanza, esposta dalla controricorrente con la memoria depositata, secondo cui la sentenza di condanna al pagamento della somma di euro 428.144,07 a titolo di indennità per l’occupazione dell’immobile è stata revocata con decisione passata in giudicato, si osserva che trattasi di evenienza successiva alla registrazione della sentenza di cui si tratta e, perciò, irrilevante in questa causa.
2. Il ricorso va, dunque, accolto e l’impugnata sentenza cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, a norma dell’art. 384, comma 2, cod. proc. civ., ed il ricorso originario della contribuente va rigettato. Le spese processuali dei giudizi di merito si compensano tra le parti per la particolarità della questione trattata e quelle di questo giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario della contribuente. Compensa le spese processuali relative ai giudizi di merito e condanna la ricorrente a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese processuali di questo giudizio che liquida in complessivi euro 5.600,00, oltre alle spese prenotate a debito.
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