CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 settembre 2017, n. 20861

Sanzioni per impiego non regolarizzato di lavoratori – Libri paga e matricola – Effetto probatorio – Irrilevanza se non tenuti in modo regolare e completo

Rilevato che:

Con sentenza in data 5 ottobre 2015 la Commissione tributaria regionale della Campania, sezione distaccata di Salerno, quale giudice del rinvio, accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n. 484/1/05 della Commissione tributaria provinciale di Avellino che aveva parzialmente accolto il ricorso di N.P. contro il provvedimento di irrogazione sanzioni per impiego non regolarizzato di lavoratori.

La CTR osservava che il N. non aveva dato prova contraria adeguata alla presunzione legale relativa di cui all’art. 3, comma 3, d.l. 12/2002 – conseguente alla pronuncia di incostituzionalità parziale di cui alla sentenza n. 144/2005 della Corte costituzionale- secondo la quale nel caso, come quello in esame, di rivenimento di lavoratori irregolari da parte degli Ispettori dell’INPS, la decorrenza del periodo di computo della sanzione amministrativa è fissata al primo gennaio dell’anno in cui la violazione di legge è stata constatata, salva appunto la prova contraria -spettante all’autore dell’illecito- di una diversa e più ravvicinata decorrenza effettiva. In particolare il giudice tributario di appello affermava sia che i libri paga e matricola non potevano avere effetto probatorio alcuno sia che tale effetto poteva riconnettersi alla denuncia di inizio lavori inoltrata all’INAIL per il cantiere presso il quale i lavoratori non regolarizzati erano stati trovati intenti al lavoro. Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione il No via deducendo due motivi.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Considerato che:

Con il primo motivo -ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- il ricorrente lamenta violazione/falsa applicazione degli artt. 20, 21, d.P.R. 1124/1965, 2709, 2710, cod. civ., poiché la CTR ha affermato l’irrilevanza probatoria dei libri paga e matricola, in quanto provenienti dalla parte.

La censura è fondata.

Va infatti ribadito che «I libri contabili che il datore di lavoro privato è obbligato a tenere, cioè il libro matricola e il libro paga, previsti dagli artt. 20 e 21 del d.P.R. n. 1124 del 1965 (sostituiti dal libro unico del lavoro ai sensi dell’art. 39 del d.l. n. 112 del 2008, conv. in legge n. 133 del 2008), essendo formati dallo stesso datore di lavoro, possono fare prova a suo favore soltanto se tenuti in modo regolare e completo, ferma comunque la facoltà della controparte di contestarne le risultanze con mezzi contrari di difesa o, semplicemente, con specifiche deduzioni e argomentazioni volte a dimostrarne l’inesattezza, la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice» (Sez. L, Sentenza n. 6501 del 26/04/2012, Rv. 622310 – 01).

La CTR ha statuito in modo contrastante con tale principio di diritto, non prendendo nemmeno in considerazione la questione, pregiudiziale, della regolarità formale delle scritture de quibus, ma semplicemente negandone l’idoneità probatoria tout court.

Ciò implica sia una falsa applicazione della norma correlativa sia un’erronea interpretazione della stessa.

Con il secondo mezzo -ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.- il ricorrente si duole di omesso esame di un fatto decisivo controverso, poiché la CTR non ha concretamente valutato le prove contrarie alla presunzione legale relativa di cui all’art. 3, comma 3, d.l. 12/2002 circa la durata del rapporto di lavoro irregolare in oggetto.

La censura è fondata.

Va infatti ribadito che «La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.

Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione» (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830).

La sentenza impugnata si colloca ben al di sotto del “minimo costituzionale” individuato da tale principio di diritto come soglia di legittimità non valicabile delle pronuncie di merito, limitandosi ad affermare, apoditticamente, che «Nemmeno è probante la denuncia di inizio lavori all’INAIL relativamente al cantiere sul quale sono stati rivenuti intenti al lavoro il L. e lo I.

Tanto, infatti, è solo idoneo a provare che il lavoro su quel cantiere è iniziato nel settembre 2003, ma non affatto idoneo ad escludere che il rapporto lavorativo sia intercorso con il N. già precedentemente per la realizzazione di altri lavori».

La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione ad entrambi i motivi dedotti, con rinvio al giudice a quo per nuovo esame.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.