CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 dicembre 2017, n. 29370
Imposte dirette, Iva e Irap – Meccanismo dell’interposizione fittizia – Non sussiste
Fatti di causa
L’Agenzia delle entrate in relazione all’anno d’imposta 1999 recuperò a tassazione nei confronti della s.r.l. P. S., ai fini delle imposte dirette, dell’iva e dell’irap, componenti positivi non contabilizzati per l’importo di un miliardo di lire.
L’accertamento era scaturito dalla ricostruzione di un’operazione di trasferimento di dieci assegni circolari per il complessivo corrispondente ammontare, di cui cinque tratti su conto corrente bancario intestato a D. R. e cinque su conto corrente bancario intestato al figlio L. G., rispettivamente presidente e componente del consiglio di amministrazione della s.p.a. G., di cui la prima era altresì socia di maggioranza; la s.p.a. G. controllava la s.r.l. G. F., poi fusa per incorporazione nella s.r.l. P. S..
La verifica fiscale svolta dalla Guardia dì finanza aveva consentito di accertare che i dieci assegni, emessi all’ordine di tale L. C., in realtà rispondevano al versamento anticipato di parte dei canoni dovuti alla figlia di costei, tale V. E., per l’affitto di un’azienda ubicata in Capri; azienda, oggetto del contratto di affitto stipulato dalla s.r.l. G. F. e da V. E.. Ed in relazione a quest’affitto la documentazione contabile della s.r.l. G. F. dava conto del versamento, a cadenza semestrale, di ulteriori importi, per un ammontare dì un miliardo e duecentosessantamilioni di lire.
L’Agenzia ritenne che la provvista non contabilizzata di un miliardo di lire, oggetto dei dieci assegni bancari, benché tratta dai conti correnti bancari riferibili a D. R. ed a L. G., fosse in realtà imputabile alla s.r.l. G. F., in virtù della presunzione fissata dal terzo comma dell’art. 37 del d.P.R, n. 600/73.
La società impugnò il relativo avviso di accertamento, ottenendone l’annullamento dalla Commissione tributaria provinciale. Quella regionale ha rigettato l’appello dell’Ufficio.
Il giudice del gravarne ha premesso che l’operazione rispondeva al precipuo interesse del l’affittante, la quale aveva in questo modo sottratto ad imposizione parte del reddito ricavato dall’affitto, giacché ha indotto la controparte a versare anticipatamente parte dei canoni, senza consentirle di dedurne i relativi costi, in mancanza di contabilizzazione. Ha inoltre escluso la ravvisabilità dell’interposizione fittizia nel contratto di affitto d’azienda, poiché, ha considerato, l’operazione si è tradotta nella simulazione relativa dell’ammontare del corrispettivo dell’affitto d’azienda realizzata tra la titolare dell’azienda e l’affittuaria, la quale avrebbe delegato D. R. e L. G. a pagare l’importo in questione alla madre dell’affittante.
In quest’operazione, ha soggiunto il giudice d’appello, D. R. aveva specifico interesse a favorire la controllata G. F. in un affare considerato particolarmente vantaggioso; non è quindi possibile escludere che D. R. ed il figlio abbiano finanziato un’operazione che, secondo le pretese dell’affittante, doveva avvenire parzialmente in nero.
Contro questa sentenza propone ricorso l’Agenzia per ottenerne la cassazione, che affida a due motivi, cui la contribuente reagisce con controricorso.
Ragioni della decisione
1.- Con i due motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente perché connessi, l’Agenzia delle entrate lamenta:
-ex art. 360, comma 1°, n, 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 37 del d.P.R. n, 600/73, là dove la Commissione tributaria regionale ha escluso la configurabilità dell’interposizione fittizia di D. R. e di L. G. nel complessivo accordo simulatorio intercorso, quanto al prezzo dell’affitto d’azienda, tra la contribuente, ì soggetti ad essa collegati che hanno erogato in nero l’importo aggiuntivo e l’affittante -primo motivo;
-ex art. 360, comma 1°, n. 5, c.p.c., la contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata, con riguardo al fatto controverso e decisivo costituito dalla sussistenza di uno specifico interesse e vantaggio della s.r.l. G. F., in quanto la Commissione tributaria regionale si è limitata ad ascrivere rilievo alla sussistenza dell’interesse personale di D. R. e di L. G. alla positiva conclusione di quell’affare – secondo motivo.
La complessiva censura è infondata.
1.1. Erroneamente l’Agenzia evoca il meccanismo dell’interposizione fittizia, che si realizza ogniqualvolta raccordo simulatorio ha ad oggetto l’attribuzione della qualità di parte del contratto ad un soggetto che resta estraneo al contratto e presta soltanto il proprio nome.
Correttamente, dunque, il giudice d’appello ha considerato che l’accordo, se interpositorio, avrebbe dovuto prevedere l’affitto dell’azienda <<…apparentemente ella Soc, G. F., ma in realtà alla R. ed ai G., che poi l’avrebbero dovuta gestire >>. Ciò perché è pacifico che il contratto d’affitto d’azienda sia stato stipulato dalla s.r.l. G. F. con V. E. e che D. R. e L. G. si siano limitati a corrispondere la somma indicata in narrativa mediante i dieci assegni circolari.
2. Al fondo della pretesa dell’Ufficio sta la presunzione che la provvista utilizzata da D. R. e L. G., benché proveniente dai conti correnti loro intestati, fosse in realtà riferibile alla s.r.l. G. F., e per conseguenza identificasse componenti positivi del reddito di questa. Ciò in base ai 3° comma dell’art. 37 del d.P.R. n. 600/73, secondo il quale <<in sede di rettifica o di accertamento d’ufficio sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne è l’effettivo possessore anche per interposta persona>>.
2.2. – In questo contesto, diversamente da quanto eccepito in controricorso, su un piano diverso, logicamente e cronologicamente successivo, e comunque estraneo al perimetro del giudizio, si pone la distinta questione della conseguente rilevanza come costi, in quanto componenti negativi di reddito deducibili, degli importi impiegati per il versamento anticipato di parte dei canoni d’affitto.
3. – La portata del terzo comma dell’art. 37 è senz’altro ampia, in quanto la norma è volta a contrastare l’uso improprio, ingiustificato o deviante di legittimi strumenti giuridici mediante il quale s’intenda superare il regime fiscale di riferimento (tra varie, vedi Cass. 3 marzo 2017, n. 5408).
Ma occorre pur sempre che l’Ufficio dimostri che i redditi di cui risultino titolari soggetti che reputa interposti (nel caso in questione, D. R. e L. G.) siano in realtà riferibili ad altro soggetto interponente (nel caso in esame, la s.r.l. G. F.).
Nella fattispecie, non risulta adeguatamente contrastata, mediante l’indicazione di elementi dì prova pretermessi, la statuizione contenuta in sentenza secondo cui la tesi che la somma di un miliardo di lire provenisse da profitti non contabilizzati della G. F. non è <<…fondata su indizi gravi, precisi e concordanti ed anzi essendo caratterizzata da embiguità>>.
Né l’Agenzia ha indicato elementi idonei a superare il dato dell’intestazione dei conti correnti bancari per mezzo della dimostrazione, anche tramite presunzioni, della natura fittizia dell’intestazione o, comunque, della sostanziale riferibrlità alla società dei conti medesimi o di alcuni loro singoli dati (tra molte, Cass. 22 aprile 2016, n. 8112; ord. 2 luglio 2013, n. 16575).
3.2. – Il punto è che il giudice d’appello ha valutato i fatti ed ha escluso che l’Ufficio abbia fornito la suddetta prova; anzi, ha valorizzato in senso contrario l’interesse che i titolari dei conti correnti dai quali è stata tratta la provvista potessero nutrire per il felice esito dell’affare, potenzialmente vantaggioso per la s.r.l. G. F., che la s.p.a. G. controllava.
4. – La censura proposta s’infrange dunque contro questa valutazione: con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, poiché l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità (orientamento pacifico, per l’espressione del quale vedi, tra varie, Cass., ord. 7 aprile 2017, n. 9097).
5. – Ne deriva il rigetto del ricorso.
Le peculiarità della vicenda, tuttavia, comportano la compensazione delle spese.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e compensa le spese.
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